Storia dell’Istituto Cavanis – Congregazione delle Scuole di Carità 1772-2020 (parte quarta)

INDICE

Sigle e abbreviazioni

Ringraziamenti

Introduzione


Parte Prima

Breve biografia dei fondatori 1772-1858

Box: la situazione veneziana

1. I fratelli Anton’Angelo e Marcantonio Cavanis

1.1 Infanzia e adolescenza

Box: un ritratto infantile e uno giovanile di P. Anton’Angelo Cavanis

1.2 Inizio produttivo

1.3 Dalla prima comunità all’erezione canonica

1.4 I fondatori e la scuola nel loro tempo

1.5 I fondatori nella formazione dei seminaristi

1.6 Terza età, lotte e preparazione della successione

1.7 La vecchiaia e le malattie. Morte e fama di santità

1.8 La causa di beatificazione

1.9 Sull’origine dei Cavanis a Cornalba (Bergamo) e sul loro stemma

1.10 Il nome dei Cavanis nei toponimi stradali del mondo

2. Del nome della Congregazione delle Scuole di Carità

2.1 Del significato del nome “Scuole”

2.2 Del significato del nome “Carità”

3. Dell’abito della Congregazione delle Scuole di Carità

4. La situazione numerica della Congregazione nel XIX secolo

Tabella: situazione numerica e lista dei membri dell’Istituto Cavanis all’inizio della comunità della “casetta” (27 agosto 1820)

Tabella: situazione numerica e lista dei membri dell’Istituto Cavanis l’8  dicembre 1830

4.1 La situazione numerica della Congregazione nel 1838

Tabella: religiosi e seminaristi Cavanis alla fine del 1835, cinque mesi dopo l’erezione canonica dell’Istituto Cavanis

4.2 Lista dei religiosi e seminaristi Cavanis il 10 settembre 1841

4.2.1 Sacerdoti nella casa di Venezia

4.2.2 Sacerdoti nella casa di Lendinara

4.2.3 L’Istituto femminile nel 1841

Tabella: religiosi e seminaristi Cavanis il 12 novembre 1856

Tabella: religiosi e seminaristi Cavanis il 1° novembre 1864

4.3 Lista dei religiosi sacerdoti Cavanis nel febbraio 1868

4.3.1 Casa di Venezia

4.3.2 Casa di Lendinara

4.3.3 Casa di Possagno

4.4 Lista dei religiosi sacerdoti Cavanis il 12 marzo 1877

4.4.1 Casa di Venezia

4.4.2 Casa di Lendinara

4.4.3 Casa di Possagno

4.5 Numero dei religiosi preti il 16 aprile 1886

4.6 Lista dei patriarchi di Venezia ai tempi della Congregazione

4.7 Lista dei vescovi della diocesi di Adria ai tempi della casa Cavanis di Lendinara

4.8 Lista dei vescovi della diocesi di Treviso nei tempi della Congregazione Cavanis

4.9 Lista degli arcivescovi dell’arcidiocesi di Lucca nei tempi della Congregazione Cavanis

4.10 Lista dei papi nei tempi della Congregazione Cavanis

5. La casa di Venezia 1820-2020

5.1 La nuova casa di residenza della comunità di Venezia

5.2 L’ala “nuova” delle scuole di Venezia

Box: a proposito di caléte

5.3 La storia della casa di Venezia, dopo la prepositura di P. Sebastiano Casara

Tabella: costruzioni, acquisti e affitti della casa di Venezia

Tabella: mappali e numeri anagrafici della casa di Venezia

6. La Chiesa di s. Agnese (1866-2020)

6.1 Origine e vicende

6.2 Scuole e confraternite relative alla parrocchia di s. Agnese

6.3 Gli altari antichi della chiesa di s. Agnese

6.3.1 Presbiterio

6.3.2 Navata di destra

6.3.3 Navata di sinistra

6.3.4 Sagrestia

Box: Il fonte battesimale di S. Agnese, ora a S. Maria del Rosario

6.4 Il rifacimento della chiesa

6.5 Si pensa al ripristino

6.6 La Soprintendenza all’opera

6.7 II risultato

6.8 Il nuovo organo

6.9 Il collaudo dei restauri e del nuovo organo

Box: P. Giuseppe Panizzolo e l’acqua alta

6.10 Nota sulle chiese e cappelle dell’Istituto Cavanis di Venezia

Tabella: cronologia delle chiese e cappelle della casa-madre di Venezia

Tabella: la comunità di Venezia dal 1820 al 2020

7. La casa di Lendinara 1833-1896

Box: gli archivi e il diario della casa di Lendinara

7.1 La casa di Lendinara dal 1833 al 1866

Tabella: comunità di Lendinara dal 1834 al 1866

7.2 La casa di Lendinara dal 1866 al 1896

7.2.1 I Padri Cavanis a Lendinara e Alberto Mario

Tabella: comunità di Lendinara dal 1866 al 1896

Tabella: le case (comunità e scuola) di Lendinara

Tabella: le chiese e cappelle di Lendinara utilizzate dall’Istituto

Tabella: le proprietà immobiliari della comunità di Lendinara

7.3 La passione e la morte della casa di Lendinara nella prospettiva generale italiana

8. Excursus sulle devozioni e sui santi dei Cavanis

8.1 San Giuseppe Calasanzio (1557-1648)

8.2 Maria SS. ma, Madre di Dio

8.3 San Vincenzo de’ Paoli (1581-1660)

8.4 San Gaetano Thiene (1480-1547)

8.5 Sant’Alfonso de’ Liguori (1696-1787)

8.6 San Giuseppe

8.7 Sacra Famiglia

8.8 Sacro Cuore di Gesù

8.9 Santi e altari

8.10 Santi Scolopi e della Famiglia Calasanziana

8.11 Le preghiere e pratiche devote dei Padri Cavanis

8.12. La rete mirabile


Parte Seconda

Seconda fase della vita della Congregazione 1848-1884

Box: il Risorgimento d’Italia

Box: Prima Guerra d’Indipendenza (1848-1849)

Box: la Repubblica di San Marco (22 marzo 1848-24 luglio 1849)

Tabella: lista dei prepositi generali dell’Istituto Cavanis

1. I tempi dei prepositi generali Frigiolini, Casara e Traiber

1.1 P. Vittorio Frigiolini, secondo preposito generale (1852)

1.2 Modalità di elezione/nomina del terzo preposito generale, P. Sebastiano Casara

2. L’epoca di P. Sebastiano Casara, il “secondo fondatore” nella
Congregazione e nel mondo

2.1 La prima serie di mandati di P. Sebastiano Casara (1852-1863)

2.2 La seconda serie di mandati di P. Sebastiano Casara (1866-1884)

Box: la Seconda Guerra d’Indipendenza d’Italia (1859) e l’inizio del Regno d’Italia (1861)

2.3 Il mandato di P. Giovanni Battista Traiber (1863-1866)

Box: la terza Guerra d’Indipedenza d’Italia (1866)

Box: il beato Antonio Rosmini Serbati, prete e filosofo

2.4 Possibilità di fusione tra la Congregazione delle Scuole di Carità e un’altra

3. La casa di Possagno

3.1 La prima fase (1856-1869)

3.1.1 Le trattative (1856-1857)

3.1.2 Vita della comunità di Possagno e del Collegio Canova (1857-1869)

3.2 La seconda fase (1869-1881)

3.3 La terza fase: anni di assenza e di silenzio (1881-1889)

3.4 La quarta fase: tre anni d’incertezze e la riapertura (1889-1892)

3.5 La quinta fase: la casa di Possagno attuale (1892-2019)

3.6 Il Liceo Calasanzio dagli anni Cinquanta ad oggi

3.6.1 Relazione storica sull’edificio

3.6.2 II nuovo Liceo Calasanzio

3.6.3 Evoluzione dei corsi e della popolazione scolastica

Tabella: la comunità di Possagno (1857-2020)

 

Terza fase della storia della Congregazione. Il “dopo Casara” (1885-1900)

Terza fase della storia della Congregazione. Il “dopo Casara” (1885-1900)

1. Padre Domenico Sapori, preposito generale (1885-1887)

2. L’era di papa Leone XIII

3. Padre Giuseppe Da Col, preposito generale (1887-1900)

Tabella: i sacerdoti Cavanis nell’agosto 1891

4. L’era del cardinal Sarto, patriarca di Venezia

Box: il corredo per entrare nella comunità Cavanis nell’Ottocento

5. I principali discepoli e compagni dei fondatori

6. Biografie dei religiosi Cavanis del secolo XIX

6.1 Diacono don Angelo Battesti

6.2 Seminarista Giuseppe Scarella

6.3 Seminarista Bartolomeo Giacomelli

6.4 Chierico Francesco Minozzi

6.5 Fratel Francesco Dall’Agnola

6.6 Seminarista Antonio Spessa

6.7 P. Angelo Minozzi

6.8 Chierico Giovanni Giovannini

6.9 Fratel Domenico Ducati

6.10 Fratel Filippo Sartori

6.11 Fratel Giovanni Avi

6.12 Fratel Pietro Rossi

6.13 P. Pietro Spernich

6.14 P. Matteo Voltolini

6.15 I padri Angelo Cerchieri e Giovanni Battista Toscani e il laico Pietro Zalivani

6.16 P. Giovanni Luigi Paoli

6.17 P. Alessandro Scarella

6.18 Padre Vittorio Frigiolini

6.19 P. Eugenio Leva

6.20 P. Domenico Luigi Piva

6.21 P. Giovanni Francesco Mihator

6.22 P. Giuseppe Rovigo

6.23 Fratel Francesco Luteri

6.24 P. Narciso Emanuele Gretter

6.25 P. Pietro Maderò

6.26 P. Vincenzo Brizzi

6.27 Fratel Luigi Tommaso Armanini

6.28 P. Giuseppe Marchiori

6.29 P. Antonio Fontana

6.30 Fratel Francesco Avi

6.31 P. Tito Fusarini

6.32 P. Nicolò Morelli

6.33 Fratel Giacomo Barbaro (Fratel Giacometto)

6.34 P. Giovanni Maria Spalmach

6.35 P. Giuseppe Bassi

6.36 P. Giovanni Battista Larese

6.37 Fratel Giovanni Cherubin

6.38 P. Andrea Berlese

6.39 P. Francesco Bolech

6.40 P. Giovanni Battista Fanton

7. Biografie di religiosi Cavanis del XX secolo

7.1 P. Giovanni Tomaso Ghezzo

7.2 Fratel Pietro Sighel

7.3 Fratel Clemente Dal Castagné

7.4 Fratel Giovanni Cavaldoro

7.5 P. Enrico Calza

7.6 Seminarista Carlo Trevisan

7.7 Fratel Bartolomeo (Bortolo) Fedel

7.8 Fratel Corrado Salvadori

7.9 P. Agostino Santacattarina

7.10 Novizio Nazzareno De Piante

7.11 P. Carlo Simeoni

7.12 P. Arturo Zanon

7.13 P. Mario Miotello

7.14 P. Michele Marini

7.15 P. Giuseppe Miorelli

7.16 Fratel Giuseppe Vedovato

7.17 Fratel Filippo Fornasier

7.18 P. Giuseppe Borghese (P. Bepi)

7.19 P. Giovanni Tamanini

7.20 P. Luigi D’Andrea e fratel Enrico Cognolato

7.21 P. Luigi D’Andrea

7.22 Fratel Enrico Cognolato

7.23 P. Amedeo Fedel

7.24 Fratel Angelo Furian

7.25 P. Carlo Donati

7.26 P. Cesare Turetta

7.27 P. Agostino Menegoz Fagaro

7.28 Fratel Vincenzo Faliva

7.29 Il Venerabile P. Basilio Martinelli

7.30 P. Francesco Saverio Zanon

7.31 Fratel Italo Guzzon

7.32 P. Michele Busellato

7.33 P. Antonio Eibenstein

7.34 P. Giovanni D’Ambrosi

7.35 P. Augusto Taddei

7.36 P. Alessandro Vianello

7.37 P. Luigi Sighel

7.38 Fratel Olivo Bertelli

7.39 P. Federico Sottopietra

7.40 P. Gioacchino Sighel

7.41 P. Marco Cipolat

7.42 P. Luigi Janeselli

7.43 P. Andrea Galbussera

7.44 P. Valentino Pozzobon

7.45 Fratel Edoardo Bartolamedi

7.46 Fratel Ausonio Bassan

7.47 P. Angelo Trevisan

7.48 P. Ferruccio Vianello

7.49 P. Giosuè Gazzola

7.50 P. Valentino Fedel

7.51 P. Giuseppe Pagnacco

7.52 P. Bruno Marangoni

7.53 Fratel Guerrino Zacchello

7.54 P. Angelo Pillon

7.55 P. (Vescovo) Giovanni Battista Piasentini

7.56 P. Vincenzo Saveri

7.57 P. Pellegrino Bolzonello

7.58 P. Mario Janeselli

7.59 P. Lino Janeselli

7.60 P. Mansueto Janeselli

7.61 P. Luigi Ferrari

7.62 P. Guido Cognolato

7.63 Fratel Giorgio Vanin

7.64 Fratel Sebastiano Barbot

7.65 P. Vittorio Cristelli

7.66 P. Pio Pasqualini

7.67 Fratel Luigi Santin

7.68 P. Giuseppe Cortelezzi

7.69 P. Giuseppe Da Lio

7.70 P. Angelo Sighel

7.71 P. Luigi Candiago

7.72 P. Marcello Quilici

7.73 P. Francesco Rizzardo

7.74 P. Ermenegildo Loris Zanon

7.75 P. Luis Enrique Navarro Durán (P. Lucho)

7.76 P. Giuseppe Fogarollo

7.77 P. Aldo Servini

7.78 P. Riccardo Janeselli

7.79 P. Siro Marchet

7.80 P. Narciso Bastianon

7.81 P. Luigi Toninato

7.82 Fratel Ettore Perale

7.83 Fratello e diacono don Aldo Menghi

7.84 P. Antonio Turetta

7.85 P. Franco Degan

7.86 P. Ugo Del Debbio

7.87 P. Livio Donati

8. Biografie dei padri Cavanis defunti nel secolo XXI

8.1 Fra Luigi Gant

8.2 P. Riccardo Zardinoni

8.3 P. Giulio Avi

8.4 P. Cleimar Pedro Fassini

8.5 P. Danilo Baccin

8.6 Fra Roberto Feller

8.7 P. Giuseppe Simioni

8.8 P. Federico Grigolo

8.9 P. Guerrino Molon

8.10 P. Alessandro Valeriani

8.11 P. Angelo Zaniol

8.12 P. Rito Luigi Cosmo

8.13 P. Attilio Collotto

8.14 P. Aldino Antonio da Rosa

8.15 P. Amedeo Morandi

8.16 P. Diego Beggiao

8.17 P. Fiorino Francesco Basso

8.18 P. Norberto Artemio Rech

8.19 P. Armando Manente

8.20 P. Angelo Guariento

8.21 P. Giuseppe Maretto

8.22 P. Emilio Gianola

8.23 P. Raffaele Pozzobon

8.24 Fratello e diacono don Giusto Larvete

8.25 P. Giovanni De Biasio

8.26 P. Sergio Vio

8.27 P. Enrico Franchin

8.28 P. Giuseppe Colombara

8.29 P. Giovanni Carlo Tittoto

8.30 P. Mario Zendron

8.31 P. Luigi Scuttari

8.32 P. Lino Carlin

8.33 P. Artemio Bandiera

8.34 P. Angelo Moretti

8.35 P. Primo Zoppas

8.36 P. Rocco Tomei

8.37 P. Bruno Lorenzon

8.38 P. Antonio (Tonino) Armini

8.39 P. Natale Sossai

8.40 P. Silvano Mason

8.41 P. Mario Merotto

8.42 P. Marino Scarparo

8.43 P. Nicola Zecchin

Tabella: religiosi Cavanis defunti in ordine alfabetico

Tabella: religiosi Cavanis defunti in ordine di anno di morte

Tabella: religiosi Cavanis defunti (sepolture e cimiteri)

9. Principali amici e collaboratori dei fondatori

9.1 Don Federico Bonlini

9.2 Il beato Luigi Caburlotto (1817-1897)

9.3 Ricordando Mons. Daniele Canal

9.4 Ricordando i fratelli Passi

10. Benefattori e benefattrici dei Cavanis

10.1 Benefattori e benefattrici dei fondatori della prima metà del XIX secolo

10.1.1 Marchesa Santa Maddalena di Canossa (vedi capitolo sull’istituto delle Scuole di Carità femminile)

10.1.2 Sig. Francesco Marchiori (vedi il capitolo sulla casa di Lendinara)

10.1.3 Conte Giacomo Mellerio

10.1.4 Contessa Carolina Durini Trotti

10.1.5 Cav.r Pietro Pesaro, Londra

10.1.6 Canonico Angelo Pedralli di Firenze

10.2 Benefattori e benefattrici dell’Istituto della seconda metà del XIX secolo

10.2.1 Mons. Giovanni Battista Sartori Canova (Vedi capitolo sulla casa di Possagno)

10.2.2 Contessa Loredana Gatterburg-Morosini

10.2.3 Mons. Luigi Bragato di Vienna

10.2.4 Don Giuseppe Ghisellini

10.2.5 Principe Giuseppe Giovanelli e sua madre, la principessa Maria Buri-Giovanelli

11. I capitoli generali dell’Istituto Cavanis del XIX secolo

11.1 I capitoli del XIX secolo più in dettaglio

Tabella: prepositi, vicari, definitori e consiglieri generali (1852-2019)

Tabella: capitoli generali (1855-2019)

 

Parte Terza – Il XX secolo

1. L’inizio del XX secolo

1.1 I tempi del pontificato di papa Pio X nella chiesa e nel mondo

1.1.1 Missioni e colonie

1.2 L’inizio del XX secolo nel mondo

1.3 L’inizio del XX secolo in Europa

1.4 L’inizio del XX secolo in Italia

1.5 Padre Giovanni Chiereghin, preposito generale (1900-1904)

1.6 Padre Vincenzo Rossi, preposito generale (1904-1910)

1.7 Padre Antonio dalla Venezia, preposito generale (1910-1913)

Box: Sfogliando i verbali

Box: Censimento della Congregazione mariana di Venezia 1952

1.8 Padre Augusto Tormene, preposito generale (1913-1921)

2. La prima guerra mondiale: “La prima carneficina mondiale” (8 luglio 1914 -11 novembre 1918)

2.1 Venezia e la prima guerra mondiale

2.2 L’Istituto Cavanis durante la prima guerra mondiale

2.3 Le testimonianze nel Diario di Congregazione

2.4 I diari di guerra dei religiosi-soldati Cavanis

2.4.1 Diario di guerra e prigionia di Pellegrino Bolzonello, novizio Cavanis: “I miei ricordi di guerra 1915-1918”.
– Offensive sul fronte dell’Isonzo
– Questo era il mio fronte, il fronte goriziano
– La grande offensiva del maggio 1917
– Seconda azione – Quota 126 – Cimitero di Gorizia
Sugli Altipiani di Bainzizza
Sul Monte S. Gabriele
– La ritirata di Caporetto
– Dal fiume Isonzo a Codroipo
– La prigionia
– Piccoli episodi
– Vicende del campo

2.4.2 Diario di guerra e prigionia del novizio Alessandro Vianello

2.5 Monumenti e lapidi dei caduti

3. La chiesa tra le due guerre mondiali

3.1 I tempi di Benedetto XV nella chiesa e nel mondo

3.2 La politica femminile dell’Istituto Cavanis

3.3 I tempi di Pio XI nella chiesa e nel mondo

3.3.1 Papa Pio XI e l’Istituto Cavanis

3.4 Padre Agostino Zamattio, preposito generale (1922-1928)

3.5 Padre Giovanni Rizzardo, preposito generale (1928-1931)

4. Il ventennio fascista

4.1 L’Istituto Cavanis nel periodo fascista

Box: attività della Centuria Balilla e Avanguardisti

4.2 Padre Aurelio Andreatta, preposito generale (1931-1949)

4.2.1 Il riconoscimento giuridico dell’Istituto

Tabella: proposte di fondazioni non accettate

Tabella: religiosi Cavanis nel luglio 1939

4.3 I tempi di Pio XII nella chiesa e nel mondo dal 1939 al 1958

4.4 Pio XII e l’Istituto Cavanis

4.5 Padre Aurelio Andreatta preposito generale (seconda parte)

5. La seconda guerra mondiale: “La seconda carneficina mondiale”
(1939-
1945)

5.1 La seconda guerra mondiale e l’Istituto Cavanis

5.2 La resistenza dei Cavanis

5.3 Bilancio di guerra

5.4 Vita di una comunità Cavanis nell’Italia in guerra nel 1943

5.5 Microstorie Cavanis nella macrostoria della seconda guerra mondiale

5.5.1 La guerra e la prigionia di Edoardo Bortolamedi

5.5.2 Memorie di guerra di Armando Soldera, un noviziato diverso

5.5.3 La guerra di Marino Scarparo

5.5.4 La guerra e la cappella votiva di S. Giuseppe a Coldraga

5.5.5 Vita di seminario nel Probandato di Possagno (1940-1945)

5.5.6 La guerra a Porcari, annotazioni di P. Vincenzo Saveri

5.5.7 Ricordi del Probandato di Vicopelago

5.5.8 Memorie di guerra di P. Giuseppe Leonardi

5.6 La casa di Roma – Casilina

5.6.1 Illustrazione del progetto “Renosto” dell’erigendo Istituto Cavanis Pio XII a Roma

5.7 Le catacombe dei santi Marcellino e Pietro ad duas lauros

5.7.1 Il martirio di Marcellino e Pietro

5.8 Il mausoleo di sant’Elena

5.8.1 L’apertura del mausoleo di sant’Elena

5.9 La curia generale a Roma

6. Il Dopoguerra

6.1 Il mandato di P. Aurelio Andreatta continua dopo la guerra

6.2 Cronaca della vita della Congregazione dal 1947

6.3 Lo sviluppo dell’Istituto Cavanis sotto i pontificati di Pio XI e Pio XII e
l’ambiente cattolico in Italia (1922-1958)

Tabella: apertura di case dal 1919 al 1968

Tabella: ordinazioni presbiterali 1795-2019

Tabella: date su professioni e ordinazioni

Tabella: seminari Cavanis in Italia dal 1918 al 1970

7. La seconda metà del XX secolo

7.1 Padre Antonio Cristelli, preposito generale (1949-1955)

7.2 Il padre Gioachino Tomasi, preposito generale (1955-1961)

7.2.1 Precisazioni istituzionali definite all’inizio del mandato di P. Tomasi

Tabella: numeri dei religiosi Cavanis nel luglio 1958

8. Dal 1958 al 1970: anni che hanno cambiato la Chiesa e il mondo

8.1 Il papa Giovanni XXIII e l’Istituto Cavanis

8.2 Angelo Giuseppe Roncalli, Giovanni XXIII

8.3 Continuando la relazione sui fatti della prepositura del P. Gioachino Tomasi.

Tabella: numeri dei religiosi Cavanis nel luglio 1960

8.4 Padre Giuseppe Panizzolo, preposito generale (1961-1967)

Tabella: numeri dei religiosi Cavanis nel luglio 1967

8.5 Padre Orfeo Mason, preposito generale (1967-79): apertura dei Cavanis in
Brasile e nel mondo

8.6 Il capitolo generale straordinario speciale (1969-1970) e le Costituzioni e direttorio

8.6.1 Breve storia dei lavori capitolari

8.6.2 Breve cronologia delle Costituzioni

8.7 I tempi di papa Paolo VI nella Chiesa e nel mondo

8.8 I capitoli generali del XX e XXI secolo

8.9 I capitoli generali ordinari del XX e XXI secolo

8.10 I capitoli generali straordinari del XX secolo

9. Alcuni collaboratori e benefattori dell’Istituto Cavanis defunti nel XX-XXI secolo

9.1 Pietro Baio

9.2 Don Giovanni Andreatta

9.3 Don Costante Dalla Brida

9.4 Angelo (Lino) Architetto Scattolin

9.5 Maria Pianezzola

9.6 Professor Andrea Tognetto

9.7 Don Luigi Feltrin

9.8 Don Felice Del Carlo

9.9  Alberto Cosulich e famiglia

9.10 Professor Antonio Lazzarin, restauratore

9.11  Suore della Pia Società del Santo Nome di Dio

9.12   Le assistenti  della nostra casa di riposo di Possagno

 

Parte Quarta

Le case d’Italia fondate nel XX secolo

1. La casa di Porcari – Lucca

1.1 “Porcari: la chiesetta dell’Immacolata”

1.2 “Testimonianze di anziani”

1.3 Inaugurazione della chiesa

1.4 Il duplice giubileo del collegio Cavanis di Porcari

Tabella: la casa di Porcari

2. La casa del Probandato di Possagno (1919)

3. La casa di Pieve di Soligo (1923)

4. La casa di Conselve

5. La casa del Sacro Cuore e il noviziato annesso

5.1 Una gita dei padri a Coldraga e benedizione della “villa”

5.2 La posa della prima pietra e l’inaugurazione della casa

5.3 Lo sviluppo della casa

5.4 Gli esercizi spirituali – gli incontri di preghiera

5.5 La chiesa del Sacro Cuore

5.5.1 Il comitato

5.5.2 La benedizione e la posa della prima pietra della chiesa (5 giugno 1938)

5.5.3 La prima pietra

5.5.4 Consacrazione della chiesa (2 giugno 1939)

5.5.5 Inaugurazione solenne nella domenica di Pentecoste (4 giugno 1939)

5.5.6 Il pontificale del vescovo

5.6 Uno sguardo al complesso delle costruzioni in Col Draga

5.7 Altri edifici e avvenimenti

6. La casa di Santo Stefano di Camastra (1938)

7. La casa di Fietta del Grappa – Villa Buon Pastore (1940)

8. La casa di Vicopelago e poi di s. Alessio (1941)

9. La casa di Costasavina (Pergine-Trento) e poi di Levico (Trento)
(1943-1948)

10. L’Istituto “Dolomiti” di Borca di San Vito di Cadore – Belluno (1945)

11. La casa di Roma –Torpignattara (1946)

12. La casa dell’Istituto Tata Giovanni –Roma (1953)

13. La casa di Capezzano Pianore (1953)

14. La casa di Chioggia (1954)

15. La casa di Cesena (1958-1959)

16. La casa di Solaro –Milano (1962)

17. La casa di Sappada (1962)

18. La casa (parrocchia) di Corsico

19. La casa di Asiago (1971)

20. La casa di Mestre (1982)

 

Parte Sesta

Le parti territoriali

1. Le missioni Cavanis: storia degli inizi

2. La provincia italiana, la Pars Italiae

3. Breve storia della provincia del Brasile, la Pars Brasiliae

Tabella: religiosi Cavanis Italiani attivi nella Provincia Antônio e Marcos Cavanis do Brasil

Tabella: i governi della Pars Brasiliae

3.1 Le case della Pars Brasiliae

Tabella: case del Brasile

3.2 La casa (le case) di Castro-Paraná-Brasile

Tabella: casa di Castro

3.3 La casa di Ortiguera-Paraná-Brasile

3.4 La casa di Ponta Grossa-Paraná-Brasile

3.5 La Parrocchia de Nossa Senhora de Fátima di Vila Cipa e la Sua “Casa do Menor”

3.6 Il centro della pastorale universitaria di Ponta Grossa – Oásis
– Primi passi
– Le cose cominciano a funzionare
– Espansione della PU
– Momenti forti
– “Assessoria” nazionale
– Conclusione

3.7 Il seminario maggiore Antônio e Marcos Cavanis e il noviziato di Ponta Grossa

Tabella: case riunite di Ortiguera (1969-2019) e Ponta Grossa (1980-2019)- Paraná -Brasile

Tabella: la casa di Ortigueira (autonoma)

Tabella: la casa di Ponta Grossa (autonoma)

Tabella: centro di Pastorale Universitaria Oásis-Ponta Grossa-Paraná-Brasile

3.8 La casa di Realeza-Paraná-Brasile

3.9 La casa di Pérola d’Oeste-Paraná-Brasile

3.10 La casa di Planalto-Paraná-Brasile

Tabella: le casa di Realeza (1971-2019) e di Pérola d’Oeste (1994-2019)- Paraná-Brasile

Tabella: casa di Realeza (separata dalle altre)-Paraná-Brasile

Tabella: casa di Pérola d’Oeste, parrocchia Sagrado coração de Jesus

Tabella: casa di Planalto (separata da Realeza)-Paraná-Brasile (1988-2010)

3.11 L’arcidiocesi di Belo Horizonte-Minas Gerais-Brasile

Tabella: le case di Belo Horizonte-Minas Gerais-Brasile (1984-2019)

3.12 I Cavanis a Brasília-Brasile

3.13 La casa di Uberlândia-Brasile

Tabella: la casa di Uberlândia

3.14 La Casa di Celso Ramos – santa Catarina (1998-2019)

3.15 La casa di parrocchia São José a São Paulo (1994-2019)

3.16 La casa di Mossunguê – Curitiba (1996-2008)

3.17 La casa della parrocchia di São Mateus do Sul (1995-2004)

3.18 La casa di Novo Progresso, parrocchia Santa Luzia – Pará – Brasile (1998-2019)

3.19 La casa di Maringá-Paraná-Brasile (2001-2019)

3.20 La casa di Guarantã do Norte, parrocchia Nossa Senhora do Rosário – Mato Grosso

3.21 La casa di Castelo de Sonhos-Pará-Brasile

Tabella: seminaristi Cavanis del Brasile nel 1999

Tabella: religiosi e seminaristi Cavanis brasiliani nel 2018

3.22 Le case do Menor o da Criança-Brasile

Tabella: case do Menor o da Criança

4. La regione andina, la Pars andium

Tabella: i governi della Pars andium

4.1 Ecuador

4.1.1 La casa di Esmeralda (1982-1996)

4.1.2 La casa di Quito, seminario (1984-2019)

4.1.3 I seminario filosofico e teologico Hermanos Cavanis e il “Taller de Nazaret” a Cotocallao, Quito-Ecuador

4.1.4 Casa del Collegio Borja III

4.1.5 Casa di Valle Hermoso (1992-2019)

4.2 Colombia

4.2.1 La casa di Bogotá, seminario “Virgen de chiquinquirá”-Colombia

4.3 Bolivia

4.3.1 La casa di Santa Cruz de la Sierra -Bolivia

4.4 Perù

4.4.1 La casa di Éten-Chiclayo-Perù

5. La delegazione delle Filippine (2000-2019)

Tabella: delegazione delle Filippine

5.1 Casa del collegio Letran di Tagum (2000-2019)

5.2 Seminari di Tibungco – Davao City (2003-2019)-Repubblica delle Filippine

5.3 Parrocchia di San José di Braulio E Dujali-Davao de Norte-Repubblica
delle Filippine

6. Delegazione della Casa di Romania

6.1 La città di Paşcani e la Romania

Tabella: delegazione della Romania

7. Delegazione Cavanis nella Repubblica Democratica del Congo (2004-2019)

Tabella: governi della delegazione della Repubblica Democratica del Congo

Tabella: membri della delegazione della Repubblica Democratica del Congo

8. La casa Cavanis di Macomia in Mozambico (2016-2019)

9. Comunità di Dili-Lessibutak, Timor Leste

 

Parte Settima

Breve storia della Congregazione delle “Maestre delle Scuole di Carità”

1. Le tre sedi dell’Istituto femminile Cavanis

1.1 La prima residenza

1.2 La seconda residenza

1.3 La terza e definitiva residenza

2. Elenco delle Maestre e delle ragazze dell’Istituto femminile Cavanis il 10 settembre 1811

3. Alcuni episodi notevoli della Pia Casa di educazione delle Scuole di Carità

4. I venerabili Cavanis e Santa Maddalena di Canossa

4.1 Maddalena di Canossa chiamata a Venezia

4.2 Lettera di accompagnamento

4.3 Regole generali per la Scuole di Carità

4.4 Approvazione dell’Istituto femminile da parte dell’Imperatore d’Austria e del patriarca  di Venezia

4.5 Elenco delle maestre nel locale delle Eremite in parrocchia dei SS. Gervasio e Protasio

4.6 Anni opachi

4.7 L’Istituto femminile confluisce nell’Istituto Figlie di Carità Canosina

5. Breve storia delle Suore della Pia Società del Santo Nome di Dio, dette “Suore Cavanis”

6. Considerazioni conclusive

7. Appendici

Appendice 1 – L’opera dei fondatori

1. (Appendice 1.1) Preghiera attribuita ai fondatori dell’Istituto Cavanis

2. (Appendice 1.2) La gratuità delle Scuole dei fondatori e dei Cavanis

3. (Appendice 1.3) Commento di P. Antonio Cavanis al punto delle costituzioni sui doveri dei congregati nel ministero dell’educazione dei giovani

3.1 Pueros et juvenes paterna dilectione complecti

3.2 Gratis educare

3.3 Sollicita vigilantia a saeculi contagione tueri

3.4 Spiritu intelligentiae ac pietatis quotidie erudire

4. (Appendice 4) I fondatori e la parola di Dio: corrispondenza del viaggio di P. Marcantonio Cavanis a Roma

4.1 Il metodo

4.2 Le costituzioni e la Bibbia

4.3 I fondatori e la Bibbia

4.4 Generalità

4.5 Statistica

4.6 I libri biblici preferiti

4.7 I temi biblici preferiti

4.8 Testi biblici nelle lettere dei fondatori

5. (Appendice 5) Edifici storici

Appendice 5.1. Il palazzo natale dei fondatori

5.1.1 Il palazzo veneziano

5.1.2 Il palazzo dei Cavanis

Appendice 5.2. Breve storia della “casetta”

Appendice 5.3. La cappella del Crocifisso a S. Agnese. Memoriale dei fondatori

6. (Appendice 6) Le missioni all’estero

Appendice 6.1. Spiritualità Cavanis in Brasile

6.1.1 Introduzione

6.1.2 La congiuntura veneziana

6.1.3 I Cavanis

6.1.4 La spiritualità Cavanis

6.1.4.1 Opzione per i poveri e opzione per i giovani

6.1.4.2 Il nome della Congregazione: paternità e carità

6.1.4.3 L’educazione

6.1.4.4 La gratuità

6.1.4.5 La povertà e i mezzi poveri

6.1.4.6 L’ingenuità e la semplicità

6.1.4.7 La piccolezza dell’Istituto

6.1.4.8 Fiducia in Dio

6.1.4.9 Amore per la Croce

6.1.4.10 L’orazione

6.1.4.11 La gioia, la libertà e la pace

6.1.4.12 “Uniforme vocazione” e la comunità

6.1.5 La congiuntura del Brasile nel 1988

6.1.5.1 Congiuntura generale

6.1.5.2 La gioventù

6.1.6 Il Progetto educativo Cavanis in Brasile

6.1.6.1 Stile Cavanis in Brasile. Una proiezione nel futuro

6.1.6.2 Future attività educative dei Cavanis in Brasile
– La scuola
– “Casas do Menor”
– Centri di Pastorale Universitaria e della Gioventù
– “Assessoria”
– La catechesi

6.1.7 Conclusione

Appendice 6.2. Uno sguardo dei Cavanis sull’Africa

6.2.1 Africa e Vangelo

6.2.2 L’Istituto Cavanis e l’Africa

6.2.3 Il viaggio in Africa

6.2.3.1 Il Camerun

6.2.3.2 L’Angola

6.2.3.3 Il Senegal

6.2.3.4 La Guinea Bissau

Appendice 6.3. La lista dei Mani-Kongo ai tempi dei fondatori e della Congregazione delle Scuole di Carità-Istituto Cavanis

Appendice 7 – Sistemi di riferimento

Appendice 7.1. Glossario dei termini viari (toponimi) veneziani

Appendice 7.2. Excursus sui selciati veneziani

Appendice 8 La biblioteca dell’Istituto Cavanis a Venezia

Riferimenti bibliografici

Parte Quarta

Le case d’Italia fondate nel XX secolo

1. La casa di Porcari – Lucca (1919)

Il 9 novembre 1919 nella borgata di Porcari in provincia di Lucca, ci fu l’apertura formale dell’opera dell’Istituto Cavanis, con il primo oratorio per i bambini che erano circa una trentina, nella nostra nuova casa, che era ancora all’inizio della sua organizzazione ed era ancora “casa non formata”. Così si diceva a quei tempi per le case con meno di cinque religiosi. Nel pomeriggio si tenne una modesta celebrazione, benedizione e ricreazione. “Quod felix faustumque sit!” si scrisse nell’occasione. Era senza dubbio una cosa fausta: la prima fondazione di una casa dei Cavanis fuori dal Veneto.

La fondazione della casa di Porcari era una conseguenza positiva della prima guerra mondiale, tra tante conseguenze negative. Infatti, un prete diocesano di Lucca, diventato cappellano militare, don Mario Del Carlo, conosciuto da P. Vincenzo Rossi e in seguito ospite dei padri Cavanis a Venezia durante la grande guerra, finita questa, rientrò a Porcari. Là giunto, consigliò a una possidente locale, la signora Cherubina Giometti vedova di Anselmo Toschi, che era senza figli, di chiamare i padri Cavanis e di compire il suo sogno – e il sogno a quanto pare del suo defunto marito Anselmo – di fondare una scuola gratuita maschile nella piccola cittadina, che ne era priva. Era favorevole a questo progetto e lo appoggiò anche il sindaco, che in quegli anni era l’avvocato Felice Orsi.

A quanto pare, le cose andarono così. Cherubina Giometti vedi Toschi (5 marzo 1839-4 aprile 1928), donna profondamente cristiana e che guardava lontano, ci teneva a fornire alla gioventù e all’infanzia di Porcari un futuro, tramite l’educazione. Già esisteva a Porcari, dal 16 gennaio 1887, l’istituto delle suore Dorotee per l’educazione e l’insegnamento delle bambine e ragazze del paese, e a Villa Stringari (ora palazzo comunale) le suore avevano aperto una casa a questo scopo; mancava però un istituto religioso che accettasse di dedicarsi all’educazione dei maschietti di famiglie carenti, che non avevano la possibilità di mandare i figli a studiare a Lucca. La signora Cherubina era disposta a rinunciare alla sua casa, localmente chiamata palazzo, e ad alcuni poderi di sua proprietà per questa istituzione e a donarli a un istituto religioso che accettasse di praticare l’educazione gratuita della gioventù maschile porcarese. Ne parlò con il parroco, il Proposto Don Antonio Marracini e questi discusse la cosa con don Mario Del Carlo.

Da notare, come fa Giampiero Della Nina, stimato storiografo porcarese, che una tale preoccupazione per l’educazione della gioventù e principalmente di quella più carente, era un caso raro, da parte di una persona laica e privata; l’unico caso comunque nella Lucchesia di quei tempi. Ella “sceglieva di liberare i ragazzi e il paese dalla schiavitù dell’ignoranza; intendeva rendere giustizia a chi fosse costretto, per miseria, a rinunciare alla conoscenza e alla realizzazione di sé stesso”.

Si erano già invitati i salesiani di Liguria, ma senza successo. I salesiani, almeno a quel tempo, non accettavano volentieri di aprire case in paesi e in genere in piccoli centri

Don Mario Del Carlo, conoscendo le pie intenzioni della signora Cherubina, a marzo 1919, da Venezia, “le scrisse una lettera dove la informava di aver preso contatto sia con i Padri Cavanis che con il Superiore, di aver loro fornito informazioni sia sul locale sia sul paese e di averli lasciati contenti e interessati alla realizzazione di un’istituzione che avesse per scopo istruire gratuitamente i ragazzi. Don Mario riferiva poi alla signora Giometti che sperava di poter cominciare i lavori già a Giugno del 1919”. Ecco il testo completo della lettera, che Della Nina aveva trovato a suo tenpo presso l’Archivio dei Padri Cavanis di Porcari e riportato nel suo libro:

«Venezia 10/3/1919.

Carissima Cherubina, come vi promisi, appena arrivato a Venezia, e come vi avrà già detto anche il Proposto, mi sono occupato della cosa che vi sta tanto a cuore e che desiderate vedere compiuta quanto prima. Ho parlato con i PP. Cavanis e il Superiore mi ha detto che sarebbe ben contento di poter fare una Casa a Porcari. Siccome poi uomini non gliene mancano, appena potrò io congedarmi, verrà un Padre a Porcari per vedere il locale. Io intanto gli ho dato tutte le informazioni possibili, sia del locale, che del paese ed è rimasto contento. L’istituzione dei PP. Cavanis è un’istituzione che ha per iscopo di istruire gratuitamente i ragazzi e potrà fare molto bene. Sono come i Salesiani e anche Angelina potrà esserne contenta. II Padre che verrà a vedere il locale, riferirà al capitolo e appena presa la decisione si potranno cominciare i lavori per l’adattamento. Io spero che nel giugno, come mi ha detto anche il Superiore, si potrà cominciare il lavoro. Intanto a nome dello stesso Superiore debbo ringraziarvi della vostra offerta, di cui poi il Signore ve ne renderà gran merito, perché veramente è un’opera, quella che si sta per fare, altamente meritevole presso Iddio e presso gli uomini, che comprenderanno quanto possa giovare per l’educazione morale della gioventú. Intanto possiamo ringraziare il Signore che vi ha fatto trovare gli uomini proprio adatti, e continuiamo a pregarlo affinché ci faccia condurre l’opera a buon termine. Non vi dico altro per ora, nella speranza di poter venire presto a Porcari e allora potremo parlare più a lungo. Vi auguro intanto che il Signore vi mantenga in ottima salute tanto Voi che Angelina e mi confermo. Vostro aff.mo Sac. Mario Del Carlo».

Ci fu uno scambio di corrispondenza e poi una visita preliminare. Questa è poco conosciuta e vale la pena di parlarne. P. Augusto Tormene, preposito generale, e P. Vincenzo Rossi, preposito  emerito e ora primo consigliere e vicario generale, verso la fine di giugno 1919 (nei giorni 23-29) andarono a Roma soprattutto per un’udienza privata con il papa Benedetto XV, concessa il 25 giugno, e ripartirono il 30 giugno per Venezia via Firenze, dove sostarono nella casa dei padri Scolopi; in seguito, prima di ritornare a Venezia, fecero un’importante puntata a Porcari, in treno. Questo fu il primo contatto di persona con questa cittadina. Il Diario della Congregazione dice così: “… quindi si ripartì per Porcari sulla linea di Lucca. Quivi c’erano alla stazione il Proposto e don Mario Del Carlo, quello che Soldato a Venezia, fatta conoscenza col P. Rossi nella Casa del Soldato, riferì al suo Paese dell’Istituto nostro e ci propose l’apertura di una Casa che una pia Signora da parecchio tempo desiderava cedere a un Istituto Religioso per l’educazione della gioventù. L’impressione del luogo e delle persone fu assai felice. Si trattò seriamente la questione e dopo il Capitolo se ne darà risposta definitiva. Intanto preghiamo!”. I due padri Tormene e Rossi rimasero a Porcari soltanto parte del 30 giugno e la mattina del 1° luglio, ripartendo per Venezia alle 13 ½. Già nel luglio seguente, il capitolo generale (17-18 luglio e, dopo una breve sospensione per attendere una ratifica da Roma, 31 luglio-1° agosto 1919) approvava l’apertura di una casa a Porcari, cui venivano assegnati dal preposito con il suo capitolo definitoriale i padri Vincenzo Rossi e Giovanni D’Ambrosi ; P. Augusto Tormene comunicava allora al proposto di Porcari che la fondazione era approvata e annunciava anche i nomi dei due padri incaricati dell’inizio dell’opera. Il 9 novembre 1919 avvenne in forma molto modesta l’apertura formale di quella casa. La signora Giometti aveva regalato, all’inizio, una metà soltanto del suo palazzo e il terreno circostante per farne un cortile di gioco, e aveva promesso di lasciare alla sua morte l’altra metà del palazzo e tutti i suoi beni, che poi in realtà non lascerà all’Istituto Cavanis, ma alla nipote, che li ripasserà all’Istituto in cambio di un vitalizio, come si dirà.

Com’era Porcari nel 1919?

Porcari era “un grosso paese (diremmo volentieri una piccola città), al bordo orientale della fertile e ridente pianura lucchese, e a ridosso di una propaggine collinosa delle Pizzorne, a 10 chilometri da Lucca”, capoluogo dell’omonima provincia cui il comune appartiene. II territorio conta 8.760 abitanti (dati 2022) ha una superficie di circa 18 chilometri quadrati e sorge a 32 metri sopra il livello del mare. II comune di Porcari ha fatto registrare un incremento di popolazione censita dal 2001 al 2011 pari a 1.495 abitanti. II territorio del comune di Porcari risulta compreso tra 8 e 107 metri sul livello del mare e dunque l’escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 99 metri. II paese sorge lungo la riva destra del rio Leccio, nella parte Sud Orientale del territorio della provincia di Lucca. Le frazioni del territorio sono: La Fratina, Padule e Rughi. Fra i monumenti di maggior rilievo di Porcari sono da segnalare la Chiesa di San Giusto, l’Area Archeologica “Fossa nera” e l’ambito naturalistico della collina della Torretta.

L’attuale chiesa parrocchiale, intitolata a San Giusto, che prese il posto dell’antica chiesa di San Giovanni, fu costruita nel XV secolo e ricostruita quasi integralmente nel 1745, quando assunse l’attuale struttura a tre navate; ancora più tarda è la facciata, che si propone con aspetto neo-medievale, ultimata nel 1884. All’ interno dell’edifício, i lavori di ristrutturazione furono completati agli inizi del Novecento da un ciclo ad affresco, opera di Michele Marcucci.

L’Area Archeologica “Fossa Nera” era situata in età antica sulla sponda sinistra del basso corso dell’Auser, cioè del Serchio dei romani; l’area archeologica di Fossa Nera conserva consistenti resti di due abitazioni rurali di età romana, edificate nel II secolo a.C., costruite su più antiche fondamenta etrusche, e occupata fino all’età tardoantica. Le indagini archeologiche, con sistematiche campagne di scavo condotte dal 1987, hanno individuato anche tracce di precedenti fasi insediative: in particolare, resti di un villaggio dell’età del Bronzo e di un abitato etrusco del V secolo a.C. Recentemente inoltre, è stato scoperto un secondo insediamento romano, edificato sempre nel II secolo a.C. sulla sponda opposta del fiume, e attualmente in corso d’indagine. Come in altri siti della piana lucchese (Chiarone), anche a Fossa Nera, l’alternanza tra periodi di abbandono e fasi di occupazione da parte delle popolazioni è strettamente connessa con il particolare contesto ambientale del basso corso dell’Auser (l’odierno Serchio) tendente, in periodi climaticamente sfavorevoli e in assenza di consistenti opere di regimazione, ad esondare nella piana, allagando e impaludando ampie zone. Alcuni dei reperti ritrovati sono stati conservati dal 1998 in alcuni spazi all’ interno dell’edificio del Cavanis ed esposti poi nella Mostra Archeologica Permanente di Porcari presso la Biblioteca Comunale, al piano terra dello stesso edificio.

Il centro abitato di Porcari è antico: si sono ritrovati utensili e altre testimonianze del Paleolitico superiore antico. Il lago di Sesto (ora scomparso), le zone acquitrinose (vedi i nomi locali di Padule e simili) i boschi ricchi di selvaggina e gli specchi d’acqua ricchi di pesce attiravano la presenza umana. Già prima della dominazione romana, in tempo etrusco (almeno) c’erano piccoli abitati attorno alla collina di S. Giusto e della Torretta. L’antichissima via Romea, che molto più tardi diventerà la via Francigena erano un corridoio obbligato del passaggio dei viaggiatori, delle merci, degli scambi, del commercio. Lungo questa via, Porcari cominciò ad essere una tappa per i viaggiatori e per il servizio di posta, come documentano testi del 780 e 990 d. C., già con questo nome – certamente non bello – o con piccole varianti. Il borgo, dominato a quei tempi dai Longobardi e più tardi controllato dai Franchi e quindi dai Carolingi, fu chiamato così perché l’attività principale nelle campagne era l’allevamento di porci, anche per via della presenza di ampi boschi di querce e di lecci, che fornivano ghiande abbondanti per questi animali. L’interpretazione alternativa di Forum Carolis per l’origine del nome del borgo sembra poco probabile.

Durante il medio evo il borgo divenne un castello, se non lo era già prima, cioè se non era stato un castrum romano o anche più antico; un castello longobardo sito sul colle della Torretta, buon punto di avvistamento e di arroccamento. Castello e borgo appartennero successivamente a varie famiglie nobili lucchesi, tra cui principalmente la famiglia dei Porcaresi. Non mancarono le divisioni e le lotte tra famiglie, tra nobili e popolo, tra guelfi e ghibellini.

Nel secolo XIV Porcari fu il punto di preparazione per Castruccio Castracani per la battaglia e la vittoria detta di Altopascio, combattuta però in buona parte nel territorio porcarese, in cui Castruccio condusse i lucchesi a sbaragliare i fiorentini. Nel secolo XV Porcari fu attaccata dai Pisani, dai Fiorentini, più spesso dipese stabilmente da Lucca. È il periodo dell’organizzazione delle infrastrutture, dell’inizio delle bonifiche, della divisione in poderi, della costruzione di alcuni palazzi e ville ancora esistenti. Nel secolo successivo Porcari perse importanza, a causa della diminuzione del traffico lungo la via Romea-francigena che, controllata dai lucchesi ad evitarne il passaggio dei fiorentini, cambiava percorso allontanandosi dal borgo di Porcari. Fu un tempo di decadenza. Il castello fu distrutto almeno tre volte, e ne restano soltanto alcune tracce sulla collina.

In conseguenza a questo, il territorio di Porcari diventò marginale ed il quadro generale della comunità si presentò statico e ripetitivo: era una comunità agricola modesta, composta di famiglie di coloni spesso indebitati che lavorava le terre prese in affitto da pochi “signori” residenti in città, priva di risorse da investire nelle opere di miglioria e nella regimentazione delle acque, soggetta, di conseguenza, a ricorrenti carestie e difficoltà derivanti dallo straripamento dei corsi d’acqua e dalle esondazioni del “Padule”. A tali esondazioni e in genere alla paludosità di questa piana si pose rimedio molto più tardi, soprattutto nel ventennio fascista.

Successivamente i grandi cambiamenti che si verificarono sul territorio lucchese, dalla fine della Repubblica aristocratica all’instaurazione a Lucca del Ducato Borbonico nel 1817, non sembrano aver coinvolto il territorio di Porcari, che rimase stabilmente sotto tutela della famiglia Di Poggio, la quale in seguito fornì, addirittura nella sua fattoria, il quartier generale al movimento insurrezionale contadino sviluppatosi nel 1849 contro il regime anticlericale filo-mazziniano di Guerrazzi, Montanelli e Mazzoni che aveva sostituito il dominio del granduca Leopoldo II. Dopo le giornate turbolente della rivolta, Porcari non farà più parlare di sé fino all’11 marzo 1860, quando sarà annessa con Lucca ed il suo contado al nuovo Regno d’ Italia.

Nell’ultimo quarto dell’800 cominciò a configurarsi a Porcari il pesante fenomeno migratorio che contribuì a diminuire la popolazione in modo consistente. Questo fenomeno dette tuttavia anche un ritorno positivo, con le rimesse di denaro da parte degli emigrati il che provocò – ma con quanto lavoro e con quanti sacrifici da parte degli emigranti! – una certa ripresa della città e del contado. Fu possibile in questo clima completare la costruzione e il restauro della chiesa parrocchiale.

Intorno al 1900 Porcari si era ormai tanto arricchito dal punto di vista economico da venir considerato la componente più sviluppata e dinamica del vasto Comune di Capannori, di cui faceva parte e da cui si distaccherà nel 1913.

Nel 1919, con circa 6.000 abitanti, il comune di Porcari era un comune fondamentalmente agricolo, con la presenza di famiglie benestanti che potevano inviare i figli a studiare in collegi maschili e eventualmente femminili a Lucca o in altre città; ma anche una maggioranza di famiglie modeste e povere di lavoratori, artigiani, contadini piccoli proprietari, mezzadri, braccianti che non avevano questa possibilità. I mezzi di trasporto dell’epoca non consentivano a queste famiglie di inviare a Lucca i figli tutti i giorni per la scuola. Il livello culturale era quindi piuttosto basso, e la scalata sociale quasi impossibile per le classi più disagiate. Mancava tra l’altro la scuola popolare e gratuita.

È in questa situazione socio-economica e culturale che si presentano sulla scena di Porcari la generosa e illuminata Cherubina Giometti ved. Toschi e la comunità dei padri Cavanis. L’azione di questa pia donatrice, e la disponibilità dei Cavanis a impiantare e a condurre nel paese una scuola gratuita ebbe il vantaggio di formare gradualmente un gruppo di giovani preparati, con competenze e aspirazioni intellettuali, capaci di intraprendere a poco a poco iniziative di carattere industriale. Non è per caso se oggi Porcari è uno dei comuni a più alta concentrazione industriale della Lucchesia; e se nel 1987 “è stato indicato tra i cento comuni d’Italia, che maggiormente avevano contribuito alla rinascita e allo sviluppo economico nazionale ed è stato scelto quale simbolo delle realtà imprenditoriali della provincia di Lucca”.

L’operazione dell’apertura del collegio a Porcari fu più complicata del previsto: “A Porcari sorge qualche difficoltà dal proprietario d’una casetta adiacente al Palazzo e che bisognerebbe comperare, e anche per lo sloggio delle Maestre che abitano una parte del Palazzo. Il Preposito risponde oggi in proposito al Parroco smettendo l’idea dell’acquisto della casetta, lasciando fare a Dio, e insistendo sullo sloggio delle Maestre”.

Ci furono anche varie difficoltà burocratiche da parte dell’Ufficio scolastico della provincia di Lucca, in cui il provveditore comunicava al sindaco di Porcari che alla pratica per l’apertura della scuola mancavano documenti, specialmente quelli referenti ai titoli di studio e di abilitazioni degli insegnanti della nuova scuola. In questa storia, il sindaco e la giunta di Porcari appoggiarono più volte l’Istituto Cavanis davanti al provveditorato, con un forte desiderio di veder compiersi l’inizio e la continuità dell’opera.

L’apertura della nuova casa di Porcari avvenne senza una cerimonia ufficiale. P. Vincenzo Rossi, nominato pro-rettore, perché la casa non era ancora “casa formata”, e non aveva un numero sufficiente di religiosi per essere considerata tale; era andato a studiare e a risolvere alcuni problemi e a organizzare la casa, e vi si era istallato stabilmente, il 6 ottobre 1919; fu raggiunto il 21 ottobre da P. Giovanni D’Ambrosi accompagnato dal sacerdote don Pietro Rover di Bonisiolo (frazione di Mogliano Veneto, Treviso), già arciprete di Biadene (frazione di Montebelluna, Treviso), che voleva andare ad essere ospite e collaboratore dei padri. Don Rover aveva ottenuto dal vescovo di Treviso una “lunga licenza di riposo dopo una grave malattia avuta l’inverno scorso “. Nella stessa pagina del diario, P. Tormene conclude: “I nostri Ven.di Fondatori impetrino dal Signore ogni benedizione alla nuova Casa di Porcari!”

Il 19 ottobre giunse a Venezia per P. Tormene un espresso inviato da P. Vincenzo Rossi, contenente “copia del Decreto Arcivescovile per l’apertura della nuova Casa con le prerogative concesse dai SS. Canoni. Così col permesso e benedizione di quell’Arcivescovo monsignor Arturo Marchi, in data 17 corr[ente] possiamo dire iniziata la nuova Opera di educazione che funzionerà presto, avendo potuto il P. Rossi in questi giorni di sua permanenza a Porcari eliminare alcune difficoltà, sollecitare le pratiche e principiare i lavori di restauro, come da sue frequenti e affettuose corrispondenze”.

Tra l’altro, uno degli ambienti a pianterreno era stato adattato a cappella domestica a partire dal 20 ottobre. P. Tormene commenta così: “P. Rossi scrive da Porcari in data 20 al P. Preposito che il 21 avrebbe celebrato la S. Messa nel nuovo Oratorietto benedetto da lui solennemente il 20. E aggiunge: “E tu benedici e me e a questa Casetta, che tutto e sempre sia fatto in casa a maggior gloria di Dio e per la salute di tante anime così care al Cuore amabilissimo di Gesù.” Riferisce pure che ora finalmente le maestre hanno sgombrato l’appartamento che adesso è tutto a nostra disposizione: che giunsero il 18 due carri di mobili di don Piero Rover da Pistoia, dove provvidenzialmente egli li aveva mandato durante la guerra senza poter neppure lontanamente pensare che lì vicino si sarebbe aperta da noi una Casa che ancora non ci era stata offerta; e che il padrone delle adiacenze discende ora a più miti pretese per la vendita di una casetta attigua alla nostra. Dio Benedica e ci provveda! Sursum corda: fede, preghiera e lavoro!”

Il preposito P. Augusto Tormene raggiunse e visitò i confratelli della nuova casa il 1° novembre 1919, e il 3 seguente fu con i due padri a visitare e a presentarli all’arcivescovo di Lucca, allora monsignor Arturo Marchi. L’arcivescovo fu cordialissimo con i padri, pieno di “paterna amorevolezza”. Si disse felice di avere la nuova comunità e la nuova opera nell’arcidiocesi. Aveva fatto pubblicare la notizia del loro arrivo sul Bollettino diocesano, aveva concesso ai padri e a don Rover l’autorizzazione a confessare, l’uso della cappella sacramentale in casa, promise il suo appoggio e una sua visita a breve termine, fece dono a tutti di una medaglia del Volto Santo che aveva fatto coniare egli stesso.

Nell’occasione della sua visita a Porcari, P. Tormene scrive un lungo testo nel Diario di Congregazione, che ci risolve anche un dubbio, cioè se la famiglia Toschi c’entrava in qualche modo, o se l’iniziativa era solo della signora Cherubina Giometti vedova Toschi. Infatti in Congregazione la fondatrice della casa di Porcari è più conosciuta come signora Toschi che come signora Giometti. Scrive così il Padre: “Il Preposito, giunto jersera a Porcari, celebrò stamattina la S. Messa nella nuova Cappella della Casa, dove attivamente si sta preparando ogni cosa per l’apertura del Ricreatorio festivo e scuola serale ai fanciulli e giovani del paese. La Signora Cherubina Toschi e la nipote Angelina sono felici di veder attuato il desiderio del defunto Sig. Anselmo, e si prestano con la più grande cordialità tenendo anche a tavola loro i Padri e don Piero finché giungerà un Fratello Laico. In paese l’opera nuova è bene intesa ed aspettata: il proposto e il cappellano don Mario Del Carlo sono lieti di aver raggiunto il loro scopo a lungo bramato.” Prosegue poi dando notizie sulla questione dell’acquisto desiderato ma difficile della casetta contigua.

Dopo la visita all’arcivescovo a Lucca, il preposito seguì per Pistoia-Bologna e Venezia, mentre i padri e don Rover ritornarono a Porcari per riprendere il loro lavoro.

Il giorno di apertura formale della casa si considera tuttavia definito “col primo oratorio per fanciulli la mattina della domenica 9 corr. [novembre] alle ore 8 ½, con una trentina di ragazzi”. P. Tormene qui parla anche dell’intenzione di cominciare un doposcuola, e disserta sulla necessaria gratuità della scuola e dell’opera dei Cavanis a Porcari, nonostante la Congregazione avesse ricevuto dalla signora Toschi soltanto metà dell’edificio e £ 5.000. P. Tormene aveva ricevuto notizia dettagliata dell’inizio dell’opera da una lettera di P. Rossi, che egli definisce “una bella e consolantissima pagina di Archivio”.

“Il 21 novembre dettero inizio all’insegnamento con l’apertura di una scuola ginnasiale e tecnica e doposcuola”.

Il contratto (fittizio, perché in realtà era una donazione di Cherubina Toschi, non si trattava di compra-vendita) di acquisto del Palazzo, cortile, cascina e orto, per un valore dichiarato di £ 15.000,00, si firmò davanti al notaio il 29 novembre 1919, e i beni furono intestati ai padri Rossi e D’Ambrosi, non potendoli intestare all’Istituto.

La comunità iniziale era costituita dal direttore o pro-rettore, P. Vincenzo Rossi, già preposito generale, dal P. Giovanni D’Ambrosi e dal buon fratello laico Vincenzo Faliva, che si aggiunse agli altri raggiungendo Porcari il 20 novembre; e all’inizio c’era anche il suddetto don Pietro Rover come aiuto temporaneo.

Il rapporto con il clero locale continuava buono, come si evince tra l’altro dalla lettera del proposto con gli auguri per il capodanno e per congratularsi con il preposito e ringraziarlo per l’edificante e preziosa attività della comunità Cavanis di Porcari. Il proposto visitò durante le vacanze estive 1920 la comunità di Venezia e quella di Possagno, dove rimase un periodo a riposarsi; e visitò anche a Biadene don Piero Rover, che si trovava nella sua antica sede.

Nei giorni 10-14 agosto 1920, una sessione del capitolo definitoriale, cioè il consiglio generale, come si direbbe oggi, si tenne a Porcari, quasi per onorare e solennizzare la presenza e l’opera della nuova comunità.

Purtroppo il P. Vincenzo Rossi rimase pro-rettore della nuova casa solo per circa 10 mesi, perché vi fu raggiunto dalla morte il 17 settembre 1920. Sul suo decesso, che tanto rattristò la famiglia Cavanis e anche la popolazione di Porcari, si veda la biografia di questo caro padre. Il doloroso evento ebbe anche la conseguenza di interrompere l’iniziativa, già decisa proprio nel capitolo definitoriale tenuto un mese prima a Porcari, di aprire la tanto desiderata casa a Roma.

Da notare che don Pietro (o Piero) Rover, che aveva aiutato con la sua presenza e opera l’Istituto Cavanis di Porcari, avendo ottenuto licenza da vescovo per malattia, si fu aggravando, lasciò Porcari e passò ospite dei padri a Possagno nel maggio 1921, ove morì il 13 ottobre dello stesso anno, dopo aver ricevuto visita dal preposito P. Tormene.

Il 6 dicembre 1922, il Diario di Congregazione riporta questa notizia: “Stasera il P. Preposito partì per Porcari per ivi, il giorno dell’Immacolata, porre, per delegazione dell’arcivescovo di Lucca, la prima pietra per una nuova Chiesa erigenda per quella casa religiosa e per la comunità educativa della scuola. La carità dei devoti ha principiato e continuerà, speriamo nella Provvidenza, sempre più”. Può sembrare strano che il testo non accenni a un invito da parte della comunità di Porcari o a una precedente decisione da parte del preposito e del suo consiglio definitoriale; e anche che il tono sia piuttosto secco e non festoso.

La cosa si capisce meglio se si legge la notizia dal punto di vista di Porcari. Così scrive Tiziana Vannucci: “Nel 1922 fu proposto di costruire la Chiesa del Collegio, con costituzione di un Comitato paesano che ebbe come presidente il farmacista Nicodemo Piegaia e si riunì per la prima volta il 18 Novembre del 1922, non senza discussioni in paese sull’opportunità di edificare una nuova chiesa, visto che esisteva già quella parrocchiale (terminata non molto tempo prima). E nonostante l’iniziativa fosse stata presa da Don Marracini [il proposto]. Le discussioni furono comunque presto superate in considerazione dell’importanza riconosciuta all’opera di educazione della gioventù iniziata dai Padri Cavanis e tenendo conto del fatto che effettivamente l’Oratorio appariva del tutto insufficiente.

Più esattamente, sembra che le cose siano andate così. A partecipare al comitato erano state invitate una sessantina di persone, ma all’inizio vi aderirono soltanto 26; sembra che gli altri fossero rimasti perplessi dopo l’affissione in paese di un manifesto il giorno stesso della prima riunione, il 18 novembre 1922, “in cui si biasimava sul progetto di fabbricare una chiesa, bastando quella della Parrocchia, e mentre è ancora in azione un comitato che lavora per raccogliere somme per fare il Monumento ai Caduti”.

Una decina di giorni dopo (3 dicembre 1922), il comitato pro erigenda chiesa dei Cavanis affisse un altro manifesto, in cui tra l’altro si diceva: “L’Istituto dei Padri Cavanis, nel breve corso di tre anni ha così bene meritato al paese da riscuotere la simpatia e a fiducia di tutti. La loro opera di educazione della gioventù deve essere assicurata al paese, mettendo l’Istituto nelle condizioni di bastare a sé stesso. Non è possibile pensare a un tale sviluppo senza l’edificazione di una chiesa capace, che sia come il fondamento di una vasta opera la quale tornerà certamente a decoro del paese nonché a suo vantaggio morale e materiale”.

L’8 dicembre fu posta la prima pietra della chiesa in un clima di grandi festeggiamenti da parte di tutti i paesani: «Giornata magnifica: un bellissimo sole, un tepore primaverile nell’atmosfera cristallina…. C’è animazione in Porcari fin dalle prime ore del giorno: all’Istituto dove si celebrerà la solenne funzione tutto è all’ordine; brilla l’altare da campo; sull’area dell’erigenda chiesa è uno sventolio di bandierine dai colori nazionali e fantastici, spiccano i flabelli di verde con scritte inneggianti alle autorità religiose e civili, a Maria, al comitato, ai porcaresi. Sul luogo dove sorgerà l’Altare Maggiore campeggia solennemente una Grande Croce. Dopo le dieci dal piazzale della Chiesa parrocchiale si muove il corteo: in testa è una schiera lunga di fanciulli, dietro la rappresentanza municipale con bandiere, poi la Società Cattolica ed il Circolo Giovanile coi loro vessilli, e dietro lo stuolo fittissimo di fanciulle del paese. La sfilata imponente attraversa la via centrale e si ferma all’Istituto. In un attimo lo spazio della nuova Chiesa, il cortile, le adiacenze e il vicino orto sono occupati dal folto popolo…».

Ci furono molti discorsi, tra cui quello del farmacista Nicodemo Piegaia, Presidente del Comitato per l’erezione della Chiesa del Collegio, in cui questo benemerito collaboratore dell’opera dei padri elogiò il loro agire, e concluse: «È con orgoglio che noi dobbiamo dedicare tutti i nostri sforzi affinché l’opera dell’Istituto non venga a mancare di nulla di quanto è necessario per educare ed istruire i nostri figli. Chi sacrificando la propria libertà, il proprio avvenire dedica tutto all’educazione dei figli del popolo, tutto donano, niente chiedono, credo possa dire ad un paese come il nostro: desideriamo una chiesa capace di contenere i vostri figliuoli affidati alla nostra educazione imperniata sui principi cristiani».

“All’erezione della chiesa, ancora una volta contribuirono tutti, con offerte e con opere. II 4 maggio 1922, il Padre Rettore viene chiamato al capezzale di un morente «che dice di volersi confessare e dire una parola». È Giovannino Di Santoro «che desidera consegnargli il frutto della sua vita di lavoro perché sia devoluta al servizio del Signore. II Padre Rettore gli propone la fondazione della chiesa, ed egli accetta la proposta con lacrime di commozione…». Altro lascito era stato fatto dalla signora Drusolina, ved. Giannini: una casetta con un po’ di terreno annesso. Altre offerte pervenivano all’Istituto da moltissime famiglie del paese. Com’era successo per la chiesa parrocchiale, anche in questa circostanza, chi non poté dar soldi, contribui con il proprio lavoro. Ne abbiamo conferma dal diario Cavanis: «2 Febbraio 1923. Col concorso gratuito di alcuni uomini e molti ragazzi, abbiamo oggi terminato il lavoro delle fondamenta per la nuova chiesa».

Sembra di capire che, magari su suggerimento dei due padri residenti a Porcari – di cui però qui non si parla – si sia trattato soprattutto di un’iniziativa del paese più o meno completo, con a capo un farmacista (una categoria spesso anticlericale a quei tempi) e con lo stimolo del parroco stesso.

L’AREA GEOGRAFICA DELL’EDIFIClO DELL’ISTITUTO CAVANIS A PORCARI

L’edificio originario, che apparteneva alla signora Cherubina Giometti, si trova nell’area tra via Sbarra e via Roma (tratto di strada intermedio fra la via Romana Ovest e la via Romana Est) ma, come si può notare consultando il Catasto Borbonico di Lucca (Archivio di Stato di Lucca, Catasto Vecchio-Faldone 23-Porcari V-9-n.1183), nella seconda metà dell’Ottocento le strade si chiamavano diversamente: infatti la via Sbarra era in origine la Strada sezionale e la via Roma si chiamava in realtà Strada Postale detta dell’Altopascio. II luogo si trova nella piana ai piedi della collina di Porcari e la zona dove viene edificata la prima parte dell’edificio del Collegio Cavanis è quella “sul lato destro della via dei Bertolli (quella definita sul Catasto Borbonico Strada sezionale) nel luogo detto Torrone”, come si ricava dai documenti analizzati. I nomi moderni delle strade che individuano l’area compaiono negli anni trenta del Novecento.

La comunità Cavanis aveva bisogno di fondi per continuare a restaurare, completare ed ammobiliare la nuova piccola scuola e naturalmente per la costruzione della chiesa. Nel marzo 1920 chiesero al piccolo Credito Toscano “di essere ammessi allo sconto di effetti cambiari per sostenere spese di adattamento ed ingrandimento per uso scuole della loro attuale abitazione, detta la Fattoria, in Porcari, fino alla somma di lire ventimila”.

Sebbene in visite precedenti del preposito – che era P. Augusto Tormene – i commenti fossero più positivi sullo sviluppo dell’opera Cavanis a Porcari, con la morte di quest’ultimo (21 dicembre 1921) e l’elezione a preposito del P. Agostino Zamattio, i giudizi sulla casa di Porcari, almeno inizialmente, diventano più severi. Gli alunni (convittori ed esterni insieme) erano “solo 32”, durante una visita del preposito Agostino Zamattio del 19-21 dicembre 1923. Già in precedenza, il 28 novembre, davanti a questo numero così ridotto, il preposito si era espresso in una lettera che se la cosa continuava così, la casa di Porcari si sarebbe limitata ad essere solo un patronato. Il “ricreatorio” come pure l’oratorio domenicale erano in realtà sempre pieni di bambini e ragazzi, specie nei giorni festivi. Tale lettera aveva provocato una risposta risentita – e anche piena di speranza – del rettore P. D’Ambrosi. Nel 1924 però la situazione rimane più o meno la stessa, con soli 30 alunni e un solo convittore.

Durante il periodo 1922-24 viene innalzata gradualmente, come si è detto, la chiesa del collegio; si arriva a completare la copertura del tetto il 14 aprile 1924; essa è inaugurata (anche se ancora non del tutto completata nei dettagli; fu conclusa del tutto nel 1927) l’8 dicembre 1924 con una santa messa celebrata dal P. Giovanni D’Ambrosi, che tanto si era prodigato per costruirla e in certo modo anche a farne il progetto “spirituale”, mentre il progetto vero e proprio era dell’Ing. Arch. Eugenio Pergola di Lucca, che l’aveva preparato “per amor di Dio”.

Alla celebrazione per l’inaugurazione della chiesa partecipò anche la signora Cherubina Giometti, ormai anziana, a 85 anni. Giancarlo Della Nina la descrive così, con sincero affetto: “… quella piccola, oscura benefattrice dal nome di sapore un po’ crepuscolare. Cherubina Giometti, vedova Toschi, ormai anziana, dai capelli bianchi, stretti in un ciuffo essenziale dietro la nuca, dal volto segnato dagli anni, dalle grandi mani nelle quali si poteva leggere, come in un libro, il suo passato di lavoro e di tribolazioni…”; e ancora: colei “dalla quale era partita l’idea e che aveva fornito i mezzi affinché anche i ragazzi di Porcari avessero la loro scuola; affinché non avessero più a subire le umiliazioni dell’analfabetismo e dell’ignoranza. Non solo la scuola giovò e giova ai ragazzi di Porcari: la frequentarono e la frequentano i giovani provenienti da tutti i paesi della Lucchesia”.

Stranamente, non risulta dai documenti di cui disponiamo, che la chiesa del Collegio Cavanis sia mai stata consacrata, cioè che sia stata fatta la dedicazione della stessa da parte del vescovo. Così pure si può notare che essa è chiamata sempre “la chiesa”, ma non si cita il patrono eponimo, anche se, nella tradizione locale, si considerava una specie di santuario mariano, particolarmente dedicato alla Madonna Immacolata. Anche nelle pagine della rivista Charitas degli anni dal 1924 (data della posa della prima pietra) al 1927 (data dell’inaugurazione) non si forniscono questi dati, anzi in questi anni gli accenni alla nuova fondazione di Porcari sono purtroppo rarissimi.

Si diceva sopra che P. D’Ambrosi aveva stilato il “progetto spirituale” di questa chiesa. In Congregazione si diceva, e chi scrive queste pagine lo ha udito personalmente più volte, ma su questo non trova nessun documento scritto a riprova, che P. D’Ambrosi avrebbe stabilito la struttura generale e le dimensioni assolute e relative dell’edificio sacro a partire da meditazioni personali e soprattutto dalle supposte “rivelazioni” di una persona religiosa, forse una suora, che si diceva veggente. Questa gli avrebbe comunicato i dati relativi a struttura e dimensioni della chiesa, che avrebbero avuto un significato simbolico a me sconosciuto. Certo, a opinione di chi scrive, le proporzioni della chiesa non sono armoniche e non piacciono.

Il progetto tecnico e particolarmente il disegno della facciata si devono assegnare però all’architetto Eugenio Pergola. Oggi questo disegno si potrebbe attribuirlo – sbagliando di qualche decennio – allo stile di architettura “Postmoderna”; ma lo sbaglio non sarebbe grave, se si ricorda che altri nomi di questo stile, proprio soprattutto degli anni ’70-’80 del secolo XX (con prodromi nel decennio dei ’50) sono architettura neo-eclettica e/o citazionista. Con le sue abbondanti linee curve, forse il progettista voleva rifarsi all’architettura della rinascenza veneziana, sullo stile di Mauro Codussi (o Coducci; 1450-1504; si pensi per puro esempio alle facciate delle chiese di San Zaccaria o di San Michele al cimitero di Venezia); ma la porta principale è neogotica. La parete di fondo e la sua abside sono semplicemente in cotto; l’abside, priva di catino absidale, è poligonale (semiottagonale).

Più tardi, ma comunque prima del 1934, la chiesa avrà i tre altari, in pietra di Pietrasanta (LU), l’altare maggiore su disegno dello scultore Antonio Tonetti; e le relative pale per gli altari laterali, ambedue a firma di Umberto Martina, di S. Giuseppe Calasanzio e di S. Gabriele dell’Addolorata.

Sull’origine della chiesa del Collegio Cavanis di Porcari, vale la pena di riprodurre qui integralmente due preziosi testi anonimi (che fanno uso della prima persona plurale nell’introduzione, quindi redatti da un gruppo di persone) scritti nella rivista Charitas per conto della Casa di Porcari, nello spazio riservato a quella casa, in due numeri successivi. Il primo testo si diffonde sull’idea, il progetto, e la ricerca di permessi e di fondi per costruire la chiesa; il secondo parla della posa della prima pietra, con un cenno alla continuazione dei lavori.

1.1 Porcari: la chiesetta dell’Immacolata

“La parrocchia di Porcari, con tanta dignità, ha celebrato il Centenario della sua Chiesa monumentale. La nostra chiesetta dell’lmmacolata quando è sorta? Come è sorta? Un’occhiata all’Archivio di casa. C’è un quaderno-diario che inizia cosi:

«3 maggio 1922: Patrocinio di S. Giuseppe, sposo di M. Vergine…alla sera istessa il P. Rettore viene inviato al letto di un vecchio che dice di volersi confessare e dire una parola. II giorno dopo ci va, e sente che egli – Giovannino di Santoro – desidera consegnargli il frutto della sua vita di lavoro perché sia devoluta a servizio del Signore.

II Padre Rettore gli propone la fondazione della chiesa ed egli accetta la proposta con lagrime di commozione, disponendosi a regolare gli affari in modo che la sua sostanza, fra i 30 e 40 mila lire, possa passare, non è ben definito quando, nelle mani nostre senza essere sfruttata da tasse di eredità. Egli ha un male irrimediabile ed è in età di 70 anni, ed ha soltanto di parenti stretti la moglie. Abita oltre la Pineta, a metà strada che lungo il Leccio va a Colle S. Martino, pochi passi dopo il piccolo bosco a destra sopra un rialto collinoso, luogo detto a Carbone».

18 settembre 1922: Ho sollecitato da parte del nostro futuro benefattore, Giovannino di Santoro, la prima offerta per la creazione della Chiesa, consistente in un libretto al portatore che ammonterà cogli interessi a L. 4.000.

7 ottobre 1922: Dietro indirizzo di Suor Paola, suora delle Dorotee, al secolo Nella Da Prato, riuscito vano il tentativo di invitare un suo nipote Ettore, mi sono recato oggi a Lucca a invitare l’ingegnere Architetto Eugenio Pergola a fare un progetto di Chiesa gotica del Rinascimento, dietro misure e schema presentato da me su indicazioni datemi da suor Paola stessa.

II Pergola accettò l’incarico, e lo farà per amor di Dio.

15 ottobre 1922: Al vangelo della messa del popolo ho fatto parola della Chiesa erigenda ed ho invitato il popolo a concorrere colle limosine.

16 ottobre 1922: Mi sono recato dal S[ignor]. Proposto e gli ho annunciato – ormai l’aveva sentito dal popolo – la stessa cosa e n’ebbi promessa di pieno appoggio.

15 novembre 1922: Per spontanea mediazione di Don Mario Del Carlo presso l’Arcivescovo mediante il Vicario Generale, ottenemmo di poter porre la prima pietra per la erezione della nostra Chiesa l’8 Dicembre, festa della Immacolata, anche senza aver raccolti i fondi necessari per condurla fino al coperto, condizione che l’Arcivescovo mi aveva dichiarato necessaria prima di iniziare le fondamenta, nell’udienza del 31 ottobre trascorso.

21 novembre 1922: Festa della Presentazione di Maria V[ergine].

In data di questo giorno l’Arcivescovo spedisce una lettera autografa in cui loda e approva la creazione di una Chiesa per l’Istituto Cavanis, e delega per la posa della prima pietra il Preposito Generale.

26 novembre 1922: Per ispirazione del Rev. Proposto fu istituito un comitato paesano perché curi la edificazione della Chiesa. Esso fu convocato per la prima volta la sera di sabato 18 per le ore 7.30; si radunò anche, più formato, questa sera, domenica, alle ore 5. Della sessantina invitati vi aderirono soltanto 26, perché gli altri forse furono intimiditi da un manifesto che fu esposto stamattina in paese, in cui si biasimava il progetto di fabbricare una Chiesa, bastando quella della Parrocchia, e mentre è ancora in azione un Comitato che lavora per raccogliere somme per fare il Monumento ai Caduti.

Contuttociò la adunanza ebbe esito felice, e si vanno sempre meglio delineando i propositi della popolazione.

30 novembre 1922: È venuto l’ingegnere Pergola a mostrare il lavoro non ancora compiuto del progetto e a prendere visione del terreno sul quale erano state già preparate due fosse.

8 dicembre 1922: La Posa della Prima Pietra fu proprio una manifestazione solenne di adesione e di simpatia. Vi accorsero persone di ogni tinta (sic!); molti di quelli che non si erano visti frequentare la chiesa. La funzione fu aperta da un corteo preceduto da uno stuolo grande di fanciulli, e seguito dalle fanciulle colle suore. Partì dal piazzale della chiesa parrocchiale dopo la messa delle 10, e formato dal Consiglio Comunale, dalla Società Cattolica e dal Circolo giovanile colle loro bandiere e da grandissima folla, discese all’Istituto sull’area della futura chiesa, dove altra folla l’attendeva. Le fosse erano preparate e all’intorno bandierine e verde (=piante o frasche). L’altare da campo era ridosso del muro lungo la strada.

La funzione fu compiuta dal P. Preposito. Prima due belle parole del Presidente del Comitato, poi Messa, discorso, rito con lettura della pergamena scritta in italiano antico e firmata dal Preposito, Sindaco, Proposto, Ingegnere, Presidente, Rettore della Casa: fu collocata nel pilastro dell’altare maggiore in cornu evangelii.”

1.2 Testimonianze di anziani

“Nel numero del Charitas 2-1981 parlando della nostra Chiesetta dell’Immacolata avevamo annunciato una seconda puntata “Testimonianze di Anziani”.

Ce l’ha detta una testimone attiva che allora aveva vent’anni; oggi ne ha ottanta (ma non pare affatto), suor Luisa Matteoni della Congregazione del Santo Nome.

Scrive: Fatte le fondamenta e posata la prima pietra, non mancava che dar inizio alla costruzione. II Padre D’Ambrosi si rivolse, nella Messa domenicale, ai fedeli chiedendo la loro collaborazione per alcune proposte che aveva in mente. Le sue parole unite alla Grazia Divina fecero eco negli animi. Appena dato l’avvio alla costruzione alcuni uomini cominciarono a muoversi e con carri e cavalli portarono sassi, pietre, mattoni, calce… Alcuni andarono a Lucca nel fiume Serchio a tirare su ghiaia e rena. Chi aveva demolito qualche ambiente, cercava i pezzi migliori e tutto veniva utilizzato.

Anche l’ambiente femminile fu coinvolto. II P. D’Ambrosi convocò la scrivente con altre ragazze e le invitò a passare di famiglia in famiglia per raccogliere un’offerta mensile. La proposta fu accettata assai volentieri. Ogni primo venerdì del mese, dopo aver ascoltato la S. Messa, consegnavano al Padre il frutto della loro raccolta.

Poi ci venne in mente un’altra iniziativa. A quel tempo quasi tutte le famiglie allevavano i bachi da seta. Ecco la nostra idea: fare un giro in più al riguardo. E la corrispondenza non mancò. Intanto la costruzione progrediva interessando un po’ tutti. Se diamo importanza a queste risorse, non si deve dimenticare la preghiera. In proposito il Padre D’Ambrosi aveva tanta fiducia nella Madonna che, quando in qualche momento sembrava che dovesse mancare il materiale, scendeva in cortile; chiamava i ragazzi e intonava la Salve Regina. E il materiale non mancò mai. Questo fatto si ripeté più volte.”

Concludo con un’altra iniziativa benefica. Vedendo che la muratura progrediva (era quasi al tetto) un gruppetto di Figlie di Maria cominciarono a preparare la suppellettile. La domenica, dopo le funzioni parrocchiali, si riunivano in casa di Toschi Marietta e, da lei aiutate, facevano pizzi, ricamavano tovaglie, camici, cotte… La tela era fornita da pie donne.

1.3 Inaugurazione della chiesa

Dal Diario d’Archivio di Porcari: 15.12.1924 La mattina dell’8 Dicembre, Festa dell’Immacolata, il P. Rettore ha benedetto la nuova Chiesa e la nuova Immagine dell’Immacolata. Quantunque la funzione fosse stata fatta in forma privata e solo con l’invito dei Figli e delle Figlie di Maria, e la Messa fosse quella solita della domenica, alle ore 6, il concorso di popolo fu grande e l’affluenza dei devoti e dei curiosi continuò durante il giorno.”

Fin qui la riproduzione dei due testi sulla chiesetta del Collegio Cavanis di Porcari.

L’attività educativa e scolastica proseguiva, anno dopo anno. Nel gennaio 1925 gli alunni di 3ª e 4ª elementare erano insieme una trentina, e dieci quelli della 3ª e 4ª ginnasiale. P. D’Ambrosi tiene una scuola di disegno ben avviata, alla domenica. Era il suo campo di specializzazione. Il patronato festivo va bene e così la catechesi (la dottrina cristiana, viene detto, con il termine che si usava fino agli anni ’60 del XX secolo). Per il resto, osserva P. Zamattio, che probabilmente – prima di diventarne rettore nel 1928 – non moriva d’amori per questa casa, le cose vanno bene: comunità (si fa per dire, erano tre religiosi, cioè due padri e un fratello) era affiatata, disciplinata e orante, ma troppo impegnata nel lavoro. Dalla relazione scritta da P. Zamattio in questa stessa pagina del diario, si apprende che P. D’Ambrosi e P. Valentino [Fedel, si immagina, ma non è scritto nel diario] “devono preparare gli esami di Magistero”. Aveva dunque ragione il provveditorato di Lucca se, come si diceva sopra, si lamentava che gli insegnanti dell’Istituto Cavanis non avevano fino ad allora i titoli convenienti.

Nel triennio 1925-28 il preposito tuttavia aveva cambiato il personale della casa. Il rettore ora era P. Luigi Janeselli (detto, in veneto, P. Gigio); buon religioso, scrive sostanzialmente P. Zamattio nel diario, ma disordinato e incapace di presentare un bilancio economico!

Nel 1926-27 il preposito P. Zamattio aveva assegnato due seminaristi alla casa di Porcari per aiutare i padri; tuttavia si lamenta più volte che essi lavorano troppo e non hanno tempo sufficiente per il loro studio.

All’inizio del 1926 i convittori erano ancora piuttosto pochi: solo 14. Naturalmente erano più numerosi gli esterni, per i quali la scuola era del tutto gratuita, come in tutte le case dell’Istituto Cavanis fino alla metà degli anni Settanta del secolo scorso (XX secolo), ma su questi non abbiamo dati numerici per ora. Per gli interni o convittori, la scuola era pure gratuita, ma evidentemente pagavano vitto e alloggio. Nell’arco degli anni Venti, si vede spesso nel diario che il preposito di turno, nelle sue frequenti visite è solo moderatamente soddisfatto della performance del collegio e della piccola comunità, qualche volta anche del suo rettore.

Detta situazione era però nettamente migliorata e la popolazione studentesca chiaramente aumentata nel 1928, con l’apertura delle elementari e specialmente delle classi 4ª e 5ª “in funzione preparatoria alle riattivate classi ginnasiali; furono istituite la prima classe ginnasiale e la prima Istituto Inferiore.”

“Nell’anno scolastico 1930-31 vi erano 27 convittori e 120 alunni esterni, con tutte le classi elementari, l’Istituto Tecnico Inferiore al completo e le prime due classi ginnasiali”.

Sta di fatto che fu una casa che prese vigore, sia pure piano piano. E, tutti considerano che il paese si sviluppò in cittadina (con quasi 9.000 abitanti nel 2022 secondo i dati INSTAT) e in cultura e possibilità di trovare lavoro meglio retribuito proprio grazie al collegio Cavanis.

Il 4 aprile 1928 morì la “fondatrice” della casa, cioè la benefattrice che aveva donato l’edificio e un fondo per mantenere una scuola per l’educazione e l’istruzione della gioventù del paese di Porcari: la signora Cherubina Giometti ved. Toschi. Questo evento è ricordato nel diario in questa data e nei giorni successivi, con menzione e descrizione dei funerali, che videro tutto il paese schierato in chiesa, e dell’apertura del testamento, con la cessione di tutto il patrimonio all’Istituto, tramite P. Giovanni D’Ambrosi, con l’impegno di un vitalizio in favore della nipote Angelina Della Maggiora. Essendo celebrato il funerale il giovedì santo, non si poté celebrare la S. Messa per la defunta – senza dubbio ne furono celebrate molte nei giorni seguenti -; ma si iniziarono le esequie con l’ufficio dei defunti cantato nella chiesa dell’Istituto, si continuò con il trasporto della cara salma fino alla porta della chiesa parrocchiale, sul colle, alla porta della quale il Preposito P. Agostino Zamattio pronunciò l’elogio funebre della defunta; poi si cantarono le esequie nella stessa chiesa parrocchiale.

Il Diario di Congregazione, compilato come al solito in questo periodo da P. Agostino Zamattio, scrive con maggiore  esattezza così:

“4 [aprile 1928] Morte Signora Cherubina –

“Questa mattina venne la notizia della morte della Signora Cherubina di Porcari – dopo un periodo di degenza a 88 anni – piena di meriti e fondatrice del nostro Istituto in Toscana. Mi reco oggi con P. D’Ambrosi pei funerali.

“Funerali – Essendo Giovedì Santo, non si poté celebrare la S. Messa. Il trasporto fu verso le 4 ½ del pomeriggio – dopo recitato l’intero ufficio dei Morti nella nostra chiesa, con carro la salma fu trasportata alla Parrocchia, dove si continueranno le esequie. Fuori della porta della Chiesa il Padre lesse un breve elogio – Molto concorso di popolo –

Disposizioni testamentarie – La Def.a aveva fatto due testamenti – In uno lasciava come erede universale P. D’Ambrosi – Nell’altro la nipote Angelina Della Maggiora – Si giudicò più economico pubblicare il 2° per evitare tasse forti di successione e contemporaneamente fu fatto un regolare contratto vitalizio tra la signora Angelina Della Maggiora e la nostra Società “Georgica” – La sostanza passa alla “Georgica” e questa s’impegna per lire 7000 all’anno da dare alla vitaliziata – Però la signora riceverà solo lire 3000 e pane – vino – legna – come da intesa in secondo contratto – Il Signore conceda il meritato premio alla nostra insigne Benefattrice “.

Giancarlo Della Nina fornisce inoltre questo importante dato: “Nel Diario Cavanis (A[rchivio]. P[orcari].C[Avanis].), troviamo l’annotazione di moltissime offerte in denaro fatte da Cherubina Giometti; quindi la benefattrice non si limitò ad offrire solo il proprio patrimonio immobiliare, ma contribuì insieme alla nipote Angelina Della Maggiora ad alleviare notevolmente i disagi dei Padri Cavanis nella restituzione dei debiti fatti per operare gli ampiamenti della scuola.”

La lapide della sua tomba nel cimitero di Porcari recita di lei così: “Donna veramente cristiana, dell’Istituto Cavanis in Porcari fondatrice”. “La signora Cherubina è raffigurata insieme a un ragazzo nelle pitture di Paolo Maiani in cima alla sala consiliare del Comune di Porcari e nello sfondo si intravede anche il Collegio Cavanis che ha contribuito a fondare”.

Il graduale sviluppo dell’Istituto o Collegio Cavanis a Porcari dette buon risultato specialmente per i bambini e ragazzi della Borgata, ma non escludeva ragazzi di altri paesi, eventualmente anche fuori provincia di Lucca, il che accadde puntualmente più tardi.

Si rendeva necessario un miglioramento dei trasporti pubblici, e questo fu un vantaggio in più portato indirettamente dall’Istituto. La società S.I.T.A. già nel 1920 contattò l’amministrazione comunale per istituire un servizio automobilistico con percorso Bagni di Montecatini-Altopascio- Porcari-Lucca; a nord del paese era già in servizio la linea tramviaria Lucca-Monsummano Terme; del resto già da prima Porcari aveva la propria stazione ferroviaria sulla linea Lucca-Firenze.

Nel 1928 la Congregazione inviò a Porcari come si è accennato (assieme al P. Michele Busellato) il Padre Agostino Zamattio, già preposito generale dell’Istituto Cavanis dal 1922 al 1928, e uomo di grande capacità organizzativa, che prese a petto l’iniziativa e insistette con il nuovo preposito e con il suo consiglio per aprire un vero e proprio Collegio-Convitto. A tal fine, era chiaro che il palazzo offerto dalla fondatrice non era più sufficiente, anche se prima ospitava alcuni convittori, e che gradualmente bisognava costruire nuove ali dell’edificio.

Nell’ottobre del 1928 fu iniziata anche la prima elementare e furono accolti alunni di quarta e di quinta, in funzione preparatoria alle riattivate classi ginnasiali; furono poi istituite la prima classe ginnasiale e la prima Istituto Tecnico Inferiore.

È quanto meno sorprendente che, esaminando le pagine dei primi numeri della rivista Charitas, sorta nel 1922 con il suo primo numero del 2 maggio 1922, quasi tre anni dopo l’apertura della casa di Porcari, il prima riferimento a questa casa appare con un brevissimo cenno di augurio a P. Zamattio, in 10 righe, nel numero del 15 dicembre 1928. Finora la rivista aveva parlato molto delle case di Venezia e poi di Possagno; aveva introdotto qualche cenno alle case minori (ed effimere) di Pieve di Soligo e di Conselve; ma non di Porcari. Il motivo forse si deve trovare nel fatto che il Charitas, propriamente, non era la rivista della Congregazione, ma l’“Organo dell’Associazione Ex-allievi dell’Istituto Cavanis”, come si legge sulla testata. Forse si aspettava dunque che ci fossero degli ex-allievi adulti del collegio di Porcari per occuparsi di quella casa.

Il primo vero articolo su Porcari si trova nel numero IX (16 luglio 1930), 4: 3-5; e parla dell’inaugurazione del Collegio Cavanis, in realtà dell’ala neogotica, inaugurata il 9 giugno 1930 a Porcari, come si dirà più sotto. D’altra parte, dal Charitas apprendiamo che il collegio di Porcari aveva il suo proprio foglietto “Il nostro Avvenire”.

Il 7 marzo 1929 P. Agostino Zamattio riuscì ad ottenere dal preposito e consiglio definitoriale l’approvazione del progetto di un nuovo grande edificio per il collegio a Porcari, progetto redatto dall’architetto Lino Scattolin, le cui “tavole” erano state più volte esaminate e successivamente approvate dal preposito e dal suo consiglio. Era chiaro che il collegio cominciava ad avere successo, e che i convittori – e ancor più gli esterni – erano ormai numerosi.

Nel luglio 1929 (8-14 di questo mese) P. Giovanni Rizzardo realizzò ciò che sembra stata la sua prima visita a Porcari, dopo la sua elezione dell’anno precedente; come visita canonica. In realtà si scopre che, arrivato a Porcari la sera dell’8 luglio, fece il 9 una gita a Lucca, il 10 una gita a Montecarlo, l’11 parte per Firenze, scrivendo sul Diario di Congregazione, in margine, in latino, secondo una sua abitudine, “visitatione peracta”; il 12 fa una gita a Fiesole; il 13 una gita a Vallombrosa; il 14 sera arriva a Venezia, dopo aver visitato Bologna, ove si era fermato la notte precedente presso i Barnabiti. Di visita canonica c’era stato ben poco! A Porcari era stato soltanto tre tarde serate. Le sue visite a Possagno, e dintorni, risultano al contrario molto frequenti.

Nel 1931 il preposito andrà a Lucca due volte, per discutere di persona l’eventuale accettazione del collegio reale di Lucca e passerà brevemente a Porcari. Nello stesso anno però inviò il vicario generale a compiere la visita annuale a quella casa, prevista dalle regole, ed evitò di andarci personalmente anche se a Lucca si celebrava l’ordinazione presbiterale del diacono Gioacchino Sighel.

L’anno successivo, 1929, si dette inizio alla costruzione del Collegio-Convitto, o meglio della seconda ala di quello che sarà il complesso definitivo. Questa seconda ala (la prima essendo il palazzo di Cherubina Giometti), che prevedeva tre piani fuori terra, era di stile (se così si può dire) neogotico toscano, costruito secondo il gusto del tempo, ma senza dubbio di aspetto poco estetico, anche se molto funzionale. Il gotico era stato rivissuto – pare su progetto anche in quest’ala come per la chiesa, dell’ing. Carlo Pergola di Lucca – in modo molto provinciale. L’inaugurazione di quest’ala si celebrò l’8 giugno 1930 con la presenza dell’arcivescovo di Lucca monsignor Antonio Torrini e del vicario generale della Congregazione, P. Giovanni D’Ambrosi, che era stato il primo rettore della casa di Porcari. Questo fabbricato del 1929-1930 può essere ormai solo intravisto dal lato di via Sbarra, dove la facciata dell’edificio mantiene le sue caratteristiche originarie.

Nell’anno scolastico 1930-31 vi erano tutte le classi elementari, l’Istituto Inferiore al completo e le prime due classi ginnasiali. Gli alunni, in tutto, erano 150, e apprendiamo quest’ultimo numero dal Charitas. Nel 1934 ormai gli alunni, tra convittori, semiconvittori ed esterni, erano 300. E sono, probabilmente solo i convittori, 113 nel 1935.

Dal 1928 al 1937 vi fu un grande fervore costruttivo e ad animare i lavori fu soprattutto Padre Agostino Zamattio.

Nel 1932 inizia il cantiere per i lavori di costruzione di una terza ala del collegio, questa volta su progetto dell’architetto Lino Scattolin di Venezia, ex-allievo dell’Istituto Cavanis, secondo un progetto in stile tipico degli anni ’30: stile che a volte si chiama stile fascista, ma in realtà era soltanto lo stile dell’epoca: disadorna opera di stile razionalista, ricca di proporzioni perfette, e senza alcuna allusione o concessione di carattere politico. Il cantiere dei lavori era stato diretto dall’Ing. Pergola di Lucca.

Dei lavori, parla, durante la costruzione, un ex allievo di Venezia, l’avvocato Luigi Frizziero, in un discorso tenuto a Porcari, durante una riunione con la nuova sezione degli ex-allievi Cavanis di Porcari, sorta in quel paese l’anno precedente, a 13 anni dopo l’inizio della presenza Cavanis in Toscana e Lucchesia.

Questa terza ala fu costruita rapidamente, inaugurata il 31 marzo 1935 alla presenza del Prefetto, del sindaco, del preposito generale P. Aurelio Andreatta e di un rappresentante dell’arcivescovo. Non mancavano altre autorità, inoltre rappresentati delle comunità e delle associazioni ex-allievi di Venezia e di Possagno. L’edificio ottenne l’abitabilità il 9 aprile 1935. Essa, oltre alla chiesa e alla seconda ala, veniva a dare l’aspetto definitivo al complesso del Collegio Cavanis.

Un’ampia relazione dell’inaugurazione accompagnata da molte fotografie, si trova sulla rivista Charitas, NS, II, 3, maggio-giugno 1935: 76-82. Fotografie dell’edificio, nel progresso dei lavori, si trovano anche nel numero precedente, della fine del 1934. È interessante leggere anche la lettera del P. Agostino Zamattio, che, rispondendo agli auguri dei bambini della IV elementare dell’Istituto Cavanis di Venezia, dà una descrizione dei lavori in corso del nuovo edificio, la “grandiosa fabbrica di stile 900”. La fabbrica è solo al primo piano quando P. Zamattio scrive e ne dice meraviglie (nel gennaio 1934).

Secondo quanto affermato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nella Motivazione di interesse storico-artistico, espressa il 16 maggio 2003 dall’Architetto M. Ferretti ed allegata all’autorizzazione alla vendita dell’edificio stesso nel 2008: “Lo stabile ad uso convitto viene risolto con criteri compositivi di conclamata essenzialità, pur con l’uso seriale di inserzioni in stile, mentre la chiesa assume particolare enfasi nell’individuazione di un modello tipologico che ripropone gli elementi caratteristici dell’architettura sacra di matrice veneta. Nell’accurato disegno della facciata, marcata è l’impronta conferita dalle quattro nervature costituite da pilastri in cotto con capitelli marmorei che, nella parte mediana, si raccordano in sommità nel timpano archivoltato; inoltre particolare enfasi viene conferita all’intaglio del portale che rimanda ai modi di un ricco gotico fiorito…L’ ampliamento, con la costruzione di un ampio braccio che accoglie, oltre alle aule, un ambiente adibito a teatro…segue i criteri di un razionalismo aggiornato e maturo, severo nelle linee ma largo e arioso nel taglio delle superfici entro le quali si dispone, in posizione centrale, la torre quadrata dell’orologio coperto a terrazza e conclusa dal cupolino di un piccolo osservatorio. Particolare enfasi viene conferita nel nuovo fabbricato al prospetto laterale, opposto alla chiesa, caratterizzato dalla presenza di un elegante doppia scalinata a forbice.”

Bisognerebbe aggiungere – a modesto giudizio di chi scrive –, che purtroppo il complesso edilizio dell’ex-collegio Cavanis è stato costruito, nel breve spazio di 10 anni (1924-34) in una miscela di stili architettonici eccessivamente discordante: neorinascimentale per la chiesa, neogotico per la seconda ala e per il portale della chiesa, stile anni ’30 per la terza ala, con la torre dell’orologio e il cupolino. Ed è senza dubbio quest’ultima sezione quella più interessante e di buon gusto, nella sua disadorna semplicità.

In genere si cita la torretta che si erge al centro della facciata principale dell’ala “nuova” del collegio; ma quasi mai si parla della cupoletta che si trova sulla sua cima. Essa contenne un osservatorio meteorologico e a volte anche astronomico, secondo una tradizione dell’Istituto Cavanis, che è quello di non accontentarsi di trasmettere la cultura ai giovani, ma anche di produrne. Di questo osservatorio meteorologico parla un numero del Charitas del 1943; senza dire che poco dopo l’osservatorio avrebbe servito ai tedeschi per avvistare l’arrivo degli alleati; non si poteva ancora saperlo.

Ci furono lavoro minori: costruzione di una pensilina dietro la chiesa, per permettere un passaggio coperto (1931), il miglioramento delle latrine e dei pozzi neri, con il sistema dei watter closs (sic!) (1932), di un cordolo di cemento con ritti in ferro e rete metallica per chiudere la proprietà verso la via Provinciale per Altopascio (1932), di un muro di cinta per il campo sportivo (1934); lo scavo di un pozzo (1935), l’adattamento di un ambiente interno come teatro, per uso dei convittori, degli altri scolari e forse anche dei bambini e ragazzi del “ricreatorio festivo” (1935); l’apertura di porte e cancelli per usi vari (1935 e altri anni); l’acquisto del terreno per il campo da calcio e per altri giochi e sport (un appezzamento a est del collegio, 1938).

Nel frattempo – come era inevitabile e come nota acutamente Vannucci, le attività scolastiche che si svolgono all’interno dell’Istituto Cavanis vengono di nuovo messe sotto controllo dal Provveditorato degli Studi di Firenze 1’ 8 aprile 1935, quando il Provveditore chiede al Podestà di Porcari di informarlo “se e da quando funzioni costì un ginnasio privato, con annesso convitto” e di inviargli tutte le informazioni in suo possesso riguardo alle attività svolte nell’Istituto stesso. Il Podestà risponde spiegando che funziona effettivamente nel Comune di Porcari un ginnasio privato che va sotto il nome di Istituto Cavanis ed è tenuto e diretto dai padri Cavanis, spiega inoltre che l’Istituto funziona dal 1920 con interruzioni di breve durata e precisa che gli risulta che il ginnasio abbia funzionato di anno in anno “previ accordi della Direzione con l’Ispettore Scolastico e, tramite questo con il Provveditorato”; egli specifica inoltre che i Padri attendevano di regolarizzare definitivamente il funzionamento del ginnasio dopo aver ultimato i lavori di ampliamento e adattamento del locale, dunque entro la fine dell’anno 1935, ma che dalle sue informazioni tutto sembra essere a posto. Il 9 aprile 1935, in seguito alla domanda avanzata dal Rettore nell’interesse dell’Istituto Cavanis di Porcari, l’Ufficio Sanitario del Comune stesso procede alla visita dello stabile per verificarne l’abitabilità.

Nonostante i continui controlli – prosegue la Vannucci – e nonostante che non tutte le richieste di padre Zamattio ricevessero risposta positiva, egli continua nella sua frenetica attività creativa volta al miglioramento delle caratteristiche funzionali dell’edificio.

Naturalmente – e forse necessariamente – bisognava pagare lo scotto al regime dominante durante il ventennio fascista. Forse non c’era la possibilità di resistere; forse non c’era il senso critico; bisogna vedere caso per caso qual era la situazione. Così anche a Porcari, alla presenza del provveditore agli studi e di altre autorità, nella solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, l’8 dicembre 1936, si istallarono… non immagini sacre, ma dei busti marmorei collocati nell’atrio del Collegio, “di Pio XI, di “S[ua] M[aestà] il Re Imperatore” e del Duce, sintesi mirabile della educazione religiosa e civile che viene impartita ai giovinetti, in perfetta armonia colla volontà del Regime Fascista.” Gli alunni naturalmente salutavano romanamente. P. Zamattio nel discorso, forse “per necessità familiari”, si intende della famiglia del collegio e della famiglia religiosa, inneggiava: “L’Abissinia è oggi Impero di Roma”.

Nel collegio Cavanis però non si istallavano solo dei busti, che nel tempo comunque sono scomparsi, opportunamente ritirati alla fine della guerra. Lo stesso numero del Charitas ci informa dell’Azione Cattolica molto fiorente, di gite sciistiche sull’Abetone – che diventeranno poi abituali, ogni anno -, con gli alunni tutti provvisti di ottimi “scì” (sic), per commemorare Piergiorgio Frassati, di gite, della festa della Congregazione mariana, celebrata per l’Immacolata alcuni giorni dopo, cioè il 13 dicembre, in forma del tutto ed esclusivamente religiosa. Stupisce, alla pag. 73 del n° 3 del Charitas dello stesso anno, che tra i componimenti in lingue straniere da parte degli alunni, si scriva (a stampa e a chiare lettere) che nella festa dell’onomastico del P. Rettore (P. Agostino Zamattio) nell’Accademia organizzata dagli alunni e dai professori, tra i componimenti scritti e letti in varie lingue straniere, un tale alunno Paoli leggesse un componimento in ebraico. Si parla anche della banda musicale o fanfara del collegio, delle Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli.

A proposito di Azione Cattolica, a Porcari questa associazione della Gioventù Italiana di Azione Cattolica era molto fiorente; più volte, come risulta da vari numeri del Charitas, gruppi di giovani porcaresi erano andati a Roma a ritirare il gagliardetto in premio delle attività. Un momento particolarmente importante fu la celebrazione proprio nel collegio Cavanis del primo Convegno studentesco di A.C. della Toscana, nei giorni 24 a 27 settembre 1936.

Padre Agostino Zamattio nel 1938 lasciò Porcari, una borgata che aveva profondamente amato e al cui progresso aveva validamente contribuito, perché fu inviato dai superiori ad aprire la nuova casa religiosa e scuola di Santo Stefano di Camastra in provincia di Messina, diocesi di Patti. Ivi, dopo un inizio brillante, si ammalò gravemente e fu trasportato a Venezia dove morì il 2 maggio 1941, compianto da tutti.

Nel frattempo, era diventato Rettore dell’Istituto di Porcari, nel settembre 1938, Padre Antonio Eibenstein, che continuò la diligente operosità finalizzata a migliorare il Collegio Cavanis, che ormai era lanciato in pieno, sia come scuola esterna per i bambini e ragazzi di Porcari e dintorni, cui la scuola come si è detto era del tutto gratuita, sia come convitto (a pagamento) e scuola (gratuita) per ragazzi provenienti da centri più lontani, anche fuori provincia. P. Eibenstein con i suoi collaboratori continuò a impegnarsi per il miglioramento delle infrastrutture del collegio e ad occuparsi di un’infinità di problemi burocratici.

Bisogna aggiungere, tra i progressi del Collegio Cavanis di Porcari, il raggiungimento della parifica delle classi ginnasiali (31 luglio 1939), e l’ulteriore e progressivo sviluppo numerico degli alunni. Nell’Ottobre del 1939 all’inizio dell’anno scolastico risultavano 141 iscritti e nell’anno successivo gli alunni erano in totale 234: 153 “convittori”, 15 “semiconvittori” (che partecipavano alla mensa ma non restavano a dormire) e 66 “esterni” (esonerati dal pagamento delle rette).

Già differente il tono verso la casa di Porcari sarà quello del successore di P. Rizzardo, cioè P. Aurelio Andreatta. Si veda per esempio la descrizione positiva della situazione della casa (anche se “ancora in assestamento”) nella visita del preposito del 5-6 gennaio 1932.

Nell’estate 1935 a Porcari si dette inizio a una nuova attività: la colonia marina e quindi le vacanze al mare per i convittori del collegio, con sede nella pineta e spiaggia del Cinquale, frazione di Montignoso presso Massa Marittima (Provincia di Massa e Carrara). Si era cominciato con un accampamento, poi gradualmente si costruirono delle baracche in legno, compresa una cappella, in seguito una vera casa al mare, probabilmente in legno anche questa. Non era soltanto una concessione per la colonia, ma di una proprietà della casa di Porcari e della Congregazione. I ragazzi si davano al nuoto e all’abbronzatura, i padri invece, come si usava ancora a quel tempo e come si può vedere nelle fotografie pubblicate nel 1935 sul Charitas, portavano anche in spiaggia l’abito religioso completo, compreso il cappello da prete a larghe tese, tutto in nero, ma tutto ricoperto, a volte, da vestaglie e copri-cappello bianchi!

Il podere del Cinquale soffrì molto quando si venne a trovare in corrispondenza del fronte, nella seconda guerra mondiale, come si dirà più sotto; fu infine venduto, come pure si dirà, per acquistare la casa e il parco di Capezzano Pianore.

La casa di Porcari dunque gradualmente aveva raggiunto la maturità e cominciò la sua vita di routine, tuttavia con momenti di emozione, di pericolo, di commozione, situazioni che saranno ricordate in dettaglio. Passarono i decenni; dopo i mandati dei rettori Vincenzo Rossi (il fondatore, vissuto solo 10 mesi circa dopo la fondazione, dal 6 ottobre 1919 al 17 settembre 1920); Giovanni D’Ambrosi (1920-25); Luigi Janeselli (1925-28); i tre importanti mandati di P. Agostino Zamattio (1928-37); e il mandato Antonio Eibenstein (1937-1940), si annunciavano, in tempo di guerra, i futuri mandati: Vincenzo Saveri (1940-46); Gioachino Tomasi (1946-52); il secondo mandato Saveri, con la fondazione del “Marianum Cavanis” di Capezzano Pianore con il suo liceo scientifico; Valentino Pozzobon, con l’inizio della costruzione del nuovo edificio scuole (1955-58); Luigi Ferrari (1959-61); Mario Merotto (1961-67); Angelo Zaniolo (1967-74): il secondo e breve mandato di Gioachino Tomasi (1974-75); Fiorino Basso (1975-79); Remo Morosin (1979-1985); Artemio Bandiera (1985-1994); Giuseppe Francescon (1994-2000); per concludere con il mandato più che altro simbolico di P. Amedeo Morandi (~2000-2007).

Notevole anche la breve presenza (1940-41) del P. Basilio Martinelli, professore di latino e greco, ma soprattutto uomo di grandi capacità educative cristiane e di esimie virtù, come si sa, virtù dichiarate “eroiche” dalla Santa Sede il 1° luglio 2010, quando fu dichiarato Venerabile.

A Porcari si continuava a celebrare ogni anno le feste tradizionali: di S. Giuseppe Calasanzio, di S. Luigi Gonzaga, degli Angeli Custodi, della Madonna Immacolata, come festa annuale principale; e ancora la festa del Papa. Si era poi aggiunta la festa di san Gabriele dell’Addolorata. Non mancava quella dell’onomastico e del compleanno del rettore, che nei collegi Cavanis era ben più solenne che negli esternati.

Durante le vacanze, con una iniziativa piuttosto rara, i padri del collegio fissavano degli incontri in varie città toscane con in convittori in vacanza: nel 1952 a Viareggio, Pistoia, Pisa, Fucecchio, “a ricordare loro di essere buoni”.

Domenica 30 aprile 1939, si celebrò anche a Porcari l’anno centenario dell’erezione canonica dell’Istituto (avvenuta il 16 luglio 1838 a Venezia); anno che si celebrava dal 16 luglio 1938 al 16 luglio 1939. Nell’occasione, nel collegio Cavanis a Porcari, venne inaugurata una statua della Madonna: “una Madonnina, posta a custodia dei fanciulli nel cortile centrale, e nella chiesa due statue dei Fondatori della Congregazione, i Servi di Dio Anton’Angelo e Marcantonio Conti Cavanis, opere pregevoli dello scultore Bruno Bendoni di Pietrasanta”, che sono tra le migliori opere di riproduzione del volto e dell’aspetto dei due venerabili fratelli, tra quante ce ne sono esposte negli istituti Cavanis. Erano presenti l’arcivescovo e altre autorità. “I convittori inquadrati dalle organizzazioni della G.I.L. rendono omaggio alla nuova statua della Madonna”, e lo fanno in modo ambiguo, come era di abitudine nella chiesa italiana dell’epoca, formando con tutti i membri della centuria disposti a disegno, una grande “M” davanti alla parete su cui era stata situata la nuova statua della Madonna: M per Maria, la cara Madre maria dell’Istituto Cavanis e della Chiesa; ma anche M per…Mussolini, per triste dovere d’ufficio!

Dal 1944 in poi e fino al 1994, il collegio Cavanis di Porcari contò, oltre alla comunità Cavanis in senso stretto e ai suoi rettori, e oltre ai pochi primi insegnanti laici, poi via via più numerosi a partire dagli anni ’70 e ’80, su un personaggio importante, cioè su un giovane sacerdote porcarese, diocesano di Lucca, che iniziò in quell’anno ad essere segretario del collegio, pur mantenendo anche altri incarichi pastorali assegnatigli dalla diocesi: don Felice del Carlo (un cognome tutto porcarese!). Don Felice, per 50 non fu soltanto segretario, ma animatore della pastorale giovanile, consigliere e direttore spirituale, confessore, prete in una parola, amico della comunità, dei padri e dei ragazzi.

Nel 1944 l’Istituto acquistò un edificio settecentesco con parco e poderi (oliveti e vigne) a Vicopelago (Lucca): si chiamava la « Villa dell’orologio », per via del grande orologio che spicca al sommo della facciata; che fu chiamata poi dai nostri “Villa S. Giuseppe”. Secondo una versione, l’immobile fu acquistato dal rettore di Porcari dopo decisione favorevole del preposito e del suo consiglio definitoriale del 7 giugno 1941, e tale casa fu aperta il 19 ottobre 1941, all’inizio con lo scopo di farne la casa di villeggiatura per i convittori di Porcari, in luogo della più lussuosa villa a Marlia, cui si era pensato; poi la villa venne adibita a probandato (seminario minore) della Toscana, diretto da P. Carlo Donati, come pro-rettore; senza escludere l’uso estivo come casa di ferie per i convittori.

La casa di S. Alessio invece fu presa in affitto nel 1940, e divenne pure un piccolo seminario alternativo, ma ebbe anche altri usi secondo i periodi e le situazioni a volte difficile.

Durante la seconda guerra mondiale, la casa di Porcari conobbe l’occupazione prima da parte dei tedeschi e poi degli alleati. A Venezia se ne avevano poche notizie, ma si trova un accenno all’occupazione nel Charitas. “Le ultime notizie giunte al P. Preposito dalla Toscana portavano la data del 3 settembre 1944; seguì un silenzio totale, che non si poté rompere nemmeno ricorrendo alla Croce Rossa Internazionale o agli uffici d’informazione aperti dal Vaticano.” Del riallacciamento a sorpresa del contatto si parlerà più avanti.

Degli avvenimenti della seconda guerra mondiale, in particolare sulla casa di Porcari, si parla ampiamente in questo libro nel capitolo sulla seconda guerra mondiale. Qui accenniamo al fatto che nel 1944, essendo stato l’edificio del collegio occupato dalle forze armate tedesche, più particolarmente da un comando di tappa, in una fase della loro continua e umiliante, anche se agguerrita, ritirata verso nord, contendendo duramente il terreno agli alleati, i ragazzi convittori erano stati installati provvisoriamente nella Villa dell’Orologio di Vicopelago. “I soldati delle S.S. avevano riempito di attrezzature belliche il cortile del Cavanis ed i locali tra la sala del teatro e la chiesetta dell’Istituto. Il 20 e 21 Gennaio [1944] il Collegio Cavanis corse il rischio di essere bombardato proprio per la presenza del comando tedesco, ma venne poi risparmiato, pare grazie all’intervento dei Partigiani, di cui molti ex-allievi del Cavanis, appartenenti al gruppo ‘Poggiocaro’ comandato da Arcangelo Toschi, che intervenne mediando con gli Alleati”. Il Charitas, nel suo articolo «Bilancio di guerra» così racconta le cose nella parte che tratta delle case di Toscana:

«I tedeschi occuparono il Collegio di Porcari quasi di sorpresa poco dopo l’inizio dell’anno scolastico 1943-44 e d’allora esso fu adibito ininterrottamente a quartiere delle SS. e di altre truppe dirette o provenienti dal fronte, finché la battaglia si portò sulla cresta dell’Appennino tosco-emiliano.

Vi sostarono anche per breve tempo dopo il settembre 1944 gli Inglesi con un ospedale indiano e con truppe pure indiane.

I nostri Padri, ad eccezione di qualche religioso rimasto nella casa attigua al Collegio per compiti di sorveglianza e per servizio della Chiesa, si ritirarono a Vicopelago, dove poterono continuare la scuola ad un gruppo dì allievi interni e dove rimasero, assistendo alle varie fasi dell’avanzata anglo-americana, finché prima del Natale 1944 riebbero il Collegio. Ma in quali condizioni! I muri e pavimenti malconci, vetri infranti, la caldaia del termosifone e la macchina della lavanderia rovinate, i motori dell’acqua inservibili, la suppellettile non potuta occultare, sparita o guasta, più di cento letti asportati!… Ma bisognava ancora ringraziare la Provvidenza, perché eravamo sfuggiti al peggio ed all’irreparabile. S’era infatti risaputo che il Collegio doveva esser oggetto di un bombardamento di grossi apparecchi anglo-americani, appena i patrioti operanti sui Monti Pisani avessero segnalato l’arrivo della colonna di paracadutisti «Hermann Goering», che nella ritirata da Montecassino aveva ricevuto l’ordine di raggiungere il Collegio. Invece giunta all’Arno essa cambiò direzione e la grave iattura si abbatté sopra un’altra località.»

Quando i Cavanis rientrarono nel collegio dopo la vandalica e pericolosa occupazione tedesca, dovettero restaurare e rifornire di mobilio e di tutto il complesso degli edifici. La scuola poté riprendere l’11 novembre 1944, il che ci dà anche un’idea della data della ritirata dei tedeschi sull’Appennino, un mese o un paio di mesi prima. Gli inglesi poi abbandonarono il collegio, che avevano trasformato in ospedale militare, il 12 gennaio 1945.

Della fine di questo periodo bellico, rimase storico il coraggioso viaggio di P. Antonio Turetta in bicicletta, per portare alla casa-madre di Venezia e al preposito (P. Aurelio Andreatta) la lieta notizia che la bufera era passata e che i religiosi erano tutti viventi e in buona salute, nonostante i pericoli passati, anche se con molti danni per gli edifici e le cose. Così scrive il Charitas: “Il riallacciamento [dei contatti] avveniva il 2 maggio [1945], quando inaspettatamente giungeva a Venezia, dopo un viaggio rischioso fatto in bicicletta tra le colonne avanzanti degli Alleati, il P. Antonio Turetta. Inutile dire la festa con cui venne accolto dai Confratelli! Il muro di separazione era finalmente caduto”.

A Porcari, come altrove, gli anni del dopoguerra furono duri, con gravi difficoltà economiche per le famiglie e per il collegio Cavanis. Pochi potevano concedersi di mettere il figlio come convittore. Si parla di un grande numero di alunni esterni, più che nell’anteguerra, e che funzionava anche un semiconvitto per i ragazzi che abitavano nei paesi vicini. I Padri del Collegio si impegnavano anche nell’insegnamento della religione nelle scuole elementari del comune. Si parla anche di sessioni di cinema e di teatro nel salone del collegio, e di una gita in treno a Possagno, Padova e Venezia. Per quei tempi, era uno sforzo notevole. All’inizio dell’anno scolastico 1947-48 si comincia una seconda sezione delle medie, con una 2ª B. Nel 1948-49 gli alunni del collegio raggiungono tutti insieme il numero di 240.

Molto dopo la fine della guerra, il 23 maggio 1948, a Porcari si tenne la prima riunione degli ex-allievi locali, che non si incontravano da quasi dieci anni. Un avvenimento speciale del 1948 fu la messa solenne (la prima messa) che P. Ugo Del Debbio, dei Cavanis, ex-alunno di Porcari, venne a celebrare per i suoi antichi compagni.

Nel 1948-49 il Collegio diede inizio al Liceo Scientifico, “in sostituzione del Ginnasio Superiore Parificato”, portandolo alla parifica (giugno 1949). Il numero di alunni nel liceo non era per la verità, all’inizio, molto numerosi; nella maturità del 1955 si parla di 11 studenti, dei quali dieci riuscirono bene all’esame di stato. Nel frattempo, si lavorava per aumentare lo spazio per la scuola: una galleria e un nuovo corpo a tre piani che riuniva il “palazzo” della Cherubina Giometti con la chiesa, fornendo tre nuovi ambienti: a pianterreno la sala da gioco per i collegiali, e anche come sede per i Figli di Maria del paese che avevano sede in Collegio. Nel 1952 si aggiunsero nuovi spazi per il gioco e lo sport, con la pista di pattinaggio a rotelle e con tutti gli impianti necessari per l’atletica leggera, tanto che i ragazzi chiamavano il complesso di campi sportivi “lo stadio Cavanis”. Accanto allo sport, tanto ben curato e stimolato a Porcari, a partire dal 1955 tra gli altri svaghi, rimase famoso il “Lascia o raddoppia”, concorso di cultura – o piuttosto di erudizione –, ripreso dagli anni eroici e iniziali della TV, entrata in Italia nel 1954. La rivista Charitas nella seconda metà degli anni ’50 riporta spesso foto e testi su questo concorso.

Ci si accorse tuttavia che a Porcari i ragazzi delle scuole e del convitto non ci stavano veramente più, e non c’era più spazio, questa volta, per costruire una nuova ala dell’edificio del Collegio. Si cominciò a guardarsi attorno, dato che era anche un momento buono nel mercato edilizio. Ci fu allora l’iniziativa da parte della casa di Porcari, e particolarmente del suo rettore P. Vincenzo Saveri, di aprire la nuova casa di Capezzano Pianore, pure in provincia di Lucca e più esattamente in comune di Camaiore, non lontano da Viareggio, quindi in Versilia. Lì si era voluto sistemare con più ampiezza e spazio il liceo scientifico. Se ne parla più in dettaglio nel capitolo su quella nuova casa. Per due o tre anni il rettore di Porcari, P. Vincenzo Saveri, abitò sempre meno a Porcari e sempre più a Capezzano, fino a quando la nuova comunità versiliese fu formalizzata, e ognuna della due case ebbe il suo rettore. A Porcari rimanevano la quinta elementare e le medie.

La nuova casa di Capezzano causò, a fianco di notevoli vantaggi, anche dei problemi per la casa di Porcari. P. Arcangelo Vendrame sostiene che separare le medie dal liceo, già avviato nel collegio di Porcari, e di portarlo a Capezzano Pianore fu un errore che spezzò l’opera e tolse forza a tutti e due i suoi segmenti. È possibile, ma è difficile giudicare oggi e distanza di quasi 70 anni. Bisogna anche considerare che ambedue le case, pur separate hanno continuato a vivere per quasi una cinquantina d’anni e che la loro chiusura al passaggio del millennio è stata dovuta al cambiamento di tutto un mondo. Certo non tutti i religiosi Cavanis a quel tempo furono d’accordo sulla divisione delle case e sulla fondazione del Marianum Cavanis e sulla sua confusione amministrativa.

Interessante leggere, tra l’altro, la lettera che P. Valentino Pozzobon, nuovo rettore di Porcari, scriveva al preposito e suo consiglio il 13 settembre 1955, anche perché essa indica i rapporti che si stavano creando – e si erano creati in antecedenza, fra le tre o quattro case toscane:

“J.M.J

13 settembre 1955

Al Rev.mo P. Preposito e, per suo mezzo, al Capitolo Definitoriale

1. Situazione economica della casa di Porcari.

A tutt’oggi, 13 settembre, non mi è stato possibile avere nessun preciso ragguaglio sulla situazione economica della casa di Porcari. P. Vincenzo Saveri, da me interrogato, rispose: “Ti dirà tutto P. Mansueto [Janeselli]. Però non aspettarti da lui grandi spiegazioni perché è un uomo di poche parole”. P. Mansueto a sua volta mi disse: “Non c’è niente da dire; quando entrerà in vigore la separazione delle due case di Toscana, l’Istituto di Porcari partirà da zero, senza nessun attivo”. Nessun registro mi fu presentato.

In un seguente colloquio tenutosi nella sede di Capezzano Pianore la sera di venerdì 19 agosto la questione emerse di nuovo. Erano presenti il Rev.mo P. Preposito, il M. R. P. Vincenzo Saveri, il M. R. P. Mansueto Janeselli, e il sottoscritto P. Valentino Pozzobon. Alla mia richiesta di conoscere su quali basi iniziava l’attività della casa di Porcari, fu risposto che naturalmente detta casa, anziché partire da zero, senza crediti, parte con debiti. Ad esempio i debiti dovuti a forniture non ancora pagate (farmacia, viveri, varie) che comunque il Capitolo definitoriale di settembre avrebbe determinato la misura di questi debiti.

Come allora a voce, così ora in iscritto credo opportuno fare due osservazioni:

a. Effettivamente posso supporre che ci siano da pagare (dati non ne ho) delle fatture per forniture fatte alla casa di Porcari. Ma, in ultima analisi, perché non furono pagate queste fatture? Perché non c’erano i mezzi? Io ritengo (e non a torto, credo) che, anziché a pagare questi debiti, gli introiti furono impiegati ad aiutare la casa di Capezzano Pianore. E quindi chiedo che i debiti pendenti per forniture alla casa di Porcari relative all’anno decorso, siano a carico della casa delle Pianore. Fu essa infatti che beneficiò degli introiti di Porcari. Poiché non credo che il movimento delle Pianore consentisse spese non trascurabili quali l’acquisto di castorini, lo scavo di pozzi per l’acqua, la sistemazione di un campo da gioco e di un tronco di strada asfaltata. Non discuto sulla necessità di questi lavori. La mia richiesta va soltanto a toccare l’impiego dei fondi.

b. Dall’anno scorso ogni alunno che entra a Porcari versa una cauzione di 20.000 lire, che rimangono di proprietà dell’alunno stesso. Se la casa di Porcari parte da zero, e addirittura con debiti, dove sono questi soldi? Eppure, quando l’alunno lascia il Collegio, le 20.000 lire devono essere rimborsate.

In conclusione io chiedo che ogni debito riferentesi al periodo che precede il 1° agosto 1955 vada a carico delle Pianore, e che a Porcari sia consegnato un deposito corrispondente ai versamenti cauzionali degli alunni attualmente iscritti.

2. Situazione patrimoniale – La casa di Vicopelago è proprietà dell’Istituto di Porcari: così mi fu detto. Ora, questa sede di Porcari, gravata di oneri (versamento alla Curia Generalizia, mantenimento quotidiano delle Suore di Vicopelago – sul quale ci sarebbe parecchio da dire -) ha in mano un capitale completamente infruttuoso.

Desidero conoscere ciò che ha stabilito il Capitolo Generale, ciò che ha deciso il Capitolo definitoriale (domando che almeno ora sia stabilito qualcosa ben preciso) in merito a quest’ultimo briciolo di patrimonio.

Ad esempio, sarà possibile (e quando?) che l’Istituto di Porcari venda quella villa con annesso parco per comperare un terreno più accessibile, con casa colonica, in modo da ricavarne almeno il fabbisogno quotidiano di latte?

Le relazioni economiche tra Porcari e Vicopelago sono tutt’altro che chiare. Non esiste nessun documento delle convenzioni stipulate tra la casa di Porcari e l’Istituto delle Figlie del Santo Nome? E se non esiste, non è possibile formularlo di comune accordo?

Queste sono le mie modeste domande, alle quali spero sarà data una risposta. Confido inoltre che mi sarà data facoltà di vedere i registri e i bilanci dell’esercizio economico precedente alla mia nomina.

P. Valentino Pozzobon”

Tale situazione permaneva ancora il 7 luglio 1958, quando il rettore della casa di Porcari, P. Valentino Pozzobon inviava al preposito un rapporto triennale in cui fa riferimento a una situazione di “animosità”, vera o presunta, da parte dei religiosi di Porcari verso quelli delle Pianore. La divisione delle due case e comunità non era avvenuta bene, a quanto pare, soprattutto nel toccante gli aspetti economici e patrimoniali. Porcari ne era uscita – a detta di P. Pozzobon, ma anche probabilmente nella realtà – impoverita e un po’ abbandonata. La grandeur della sede cosiddetta ducale del liceo scientifico di Capezzano Pianore (e del suo rettore) umiliava in qualche modo la comunità di Porcari e ancor più il suo rettore, P. Pozzobon; e dava a tutti un complesso di inferiorità. Il clima comunque, da una parte e dall’altra, era di un certo negativismo; anche la relazione triennale di P. Vincenzo Saveri, datata dell’8 luglio 1958 trasuda un certo pessimismo e qualche po’ di aggressività – come era naturale dell’uomo –, anche se non si fa cenno al rapporto con la casa di Porcari.

Negli anni successivi (1958-61?) fu costruita a Cappezzano Pianore una nuova grande ala con classi e altri ambienti scolastici e inoltre camere per i convittori; dato che i grandi e gloriosi ambienti dell’ex-palazzo ducale borbonico erano sì sontuosi, ma erano anche molto poco pratici per essere utilizzati come classi, dormitori ecc.

Una caratteristica statua di marmo della Madonna con il bambino tra le braccia fu istallata nel campo sportivo all’inizio del 1955. Una statua di san Roberto vescovo, invece, sita leggermente a monte del palazzo, risaliva al tempo del duca Roberto.

Secondo quanto riferito da P. Pietro Luigi Pennacchi, alla fine del 1956, accadde a Porcari un fatto doloroso: P. Giuseppe Colombara, presente a Porcari dal 1954 al 1961, oltre all’insegnamento, si occupava anche delle attività ricreative, e specialmente degli spettacoli cinematografici, organizzati ogni fine settimana nella sala del teatro per gli studenti del convitto. Durante una di queste proiezioni, mentre maneggiava un segmento di pellicola cinematografica, probabilmente tagliata per motivo di censura, come si faceva spesso a quei tempi, la faceva per inavvertenza venire a contatto con la fiamma dell’arco voltaico del proiettore. Il nastro, che era ancora di celluloide ossia di nitrocellulosa, materiale altamente infiammabile, si incendiò e, cadendo a terra, propagò l’incendio a una “pizza” ossia a una pellicola completa; si sprigionò un violento incendio che avrebbe potuto propagarsi alla cabina e all’intera sala cinematografica. P. Colombara cercò di spegnere l’incendio come poteva (non c’era estintore), alcuni dicono che si gettò con il corpo sopra la pellicola in fiamme. Bruciarono i vestiti, in parte, ma la fiamma attinse soprattutto le mani, il volto e la testa in genere. Mal curato di emergenza a Lucca, qualcosa poté essere migliorato con la chirurgia estetica a Milano, ma il padre rimase comunque orribilmente sfigurato e le sue mani rimasero impressionanti. Mi dicevano i confratelli che lo avevano conosciuto da giovane – e lo confermano le fotografie dell’epoca – che prima dell’incidente era un giovane molto bello e che la disgrazia lo abbatté moltissimo. Era per lui difficile entrare in un ambiente dove non era conosciuto e dove non si conosceva questa storia.

Un aspetto interessante dell’educazione cristiana impartita nel collegio Cavanis di Porcari è la cura delle vocazioni sacerdotali e religiose. La lista che si allega, fornita da P. Arcangelo Vendrame, riporta all’incirca una trentina di ex-allievi del collegio di Possagno che sono sacerdoti, soprattutto diocesani (specie della diocesi di Lucca) o alcuni padri Cavanis:

P. Marcello Quilici, Cavanis;

P. Angelo Moretti, Cavanis;

P. Riccardo Zardinoni, Cavanis;

Don Angiolo Pellegrini, diocesano;

P. Leonello Gradi, religioso;

P. Ugo Del Debbio, Cavanis;

Don Dante Mattoni, diocesano;

Don G. Della Maggiora, diocesano;

Don Vittorio Di Cesare, diocesano in Toscana;

Don Felice Del Carlo, diocesano;

Don Pietro Della Nina, diocesano;

Don Giuseppe Tocchini, diocesano;

Don Egidio Picchi, diocesano;

Don Arcangelo Del Carlo, diocesano;

Don Fosco Orlandi, diocesano;

Don Egidio Cortesi, diocesano;

Don Marino Mori, diocesano;

Don Mauro Fenili, diocesano;

Don Giancarlo Da Valle, diocesano;

Don Gianfranco Lazzareschi, diocesano;

P. Pietro Luigi Pennacchi, Cavanis;

Mons. Marcello Brunini, diocesano;

Don Mario Visibelli, diocesano;

Don Giorgio Guidi di Modena, missionário;

Mons. Pierluigi Dantraccoli, diocesano;

Don Giorgio Bestini di Modena, missionário;

Don Paolo Dalle Mura, diocesano;

Mons. Damiano Pacini, diocesano;

Mons. Remo Pantaloni, diocesano, dal seminário Cavanis di S. Alessio;

Mons. Stefano Serafini, della diocesi di Pisa.

A questa lista si può ben aggiungere almeno un diacono permanente, anche lui ex-allievo:

Don Pierluigi Puccinelli, tra l’altro segretario della scuola media di Porcari.

Il 2 novembre 1958 fu una data triste per il Collegio di Porcari: morì a Lucca, e senza dubbio raggiunse la casa del padre, don Mario Del Carlo, il prete lucchese che aveva fatto il contatto tra i padri Cavanis e la cittadina lucchese, tramite la bontà della signora Cherubina Giometti-Toschi e il suo personale interessamento.

Nel 1960 si celebrò il 40° anniversario dell’inizio del collegio e al tempo stesso il 25° dall’inaugurazione del grande edificio maggiore del collegio.

Ecco come l’evento è ricordato nella rivista Charitas, con un reportage che ci sia concesso registrare qui integralmente:

Charitas, XXVI (maggio-giugno 1960), 2: 38-41.

1.4 Il duplice giubileo del collegio Cavanis di Porcari

II “Giornale del Mattino, in data 28 maggio [1960] pubblicava:

La folla impreveduta che, giovedì sera, gremì il gran cortile dell’Istituto Cavanis di Porcari, era lì per aderire ad una festa che aveva un duplice significato, meglio ricordava, da vicino, un duplice giubileo: i quaranta anni dacché i bravi e buoni Padri Cavanis da Venezia erano scesi a Porcari, chiamàtivi da quella santa anima di benefattrice che fu Cherubina Toschi ed i venticinque da quando era stato inaugurato il vasto collegio che ancor oggi domina la bellissima vallata.

Ha resistito, alla meno peggio, alle aggressioni della guerra ed ha visto. dopo la bufera, aumentare tanto la sua popolazione scolastica — fra interni ed esterni — che i superiori decisero il trasferimento del liceo scientifico. Questo oggi si trova nella principesca villa dei Borboni-Parma a Capezzano Pianore. A Porcari è rimasta la scuola media come sono restate le due classi elementari del corso superiore.

La giornata era magnifica. Dappertutto quel bel sole che di per se stesso è incentivo alla festa. Fiori, drappi policromi e dovunque una serena letizia che si notava dallo stesso «indaffaramento» dei buoni e bravi P.P. Cavanis. Alla folta comunità di Porcari, si erano uniti i Padri giunti da Venezia, da Possagno e da Capezzano: in genere la rappresentanza di tutte le Case d’Italia. Da Venezia era arrivato apposta anche il Preposito Generale della Congregazione. P. prof. Gioachino Tomasi che del Collegio di Porcari fu indimenticabile Rettore dal 1946 al 1952. C’erano anche tutti i Padri che, in questi lunghi anni, del Collegio stesso avevano avuta la direzione. Mancava chi ne fu il fondatore ed il promotore. Costruttore il caro e amato P. Agostino Zamattio, purtroppo scomparso da vari anni. A Porcari, vivi sono la sua memoria ed il suo ricordo di impareggiabile educatore e padre.

La folla era composta in massima parte di ex allievi, i quali sono giunti al Collegio da ogni parte. Molti col carico delle loro famiglie; qualcuno ci aveva anche i nipoti… Svariata questa rappresentanza di ex allievi giovani e non giovani: professionisti, impiegati, sacerdoti e chierici del Seminario, tutti fusi in un sentimento di ammirazione e di riconoscenza per gli ottimi Padri Cavanis che hanno rinunciato alla famiglia ed alla seduzione della vita per dedicarsi unicamente, sulla scia dei santi fondatori della loro Congregazione i Fratelli Anton’Angelo e Marcantonio dei conti Cavanis di Venezia, alla educazione e preparazione dei giovani. Ha fatto gli onori di casa il Rettore P. Luigi Ferrari. Tutto era stato festosamente disposto nel cortile maggiore, un lato del quale veniva occupato interamente dai trecento allievi del collegio di cui 176 interni.

Applausi, allorché sono giunte le autorità che la banda di Porcari ha salutato coll’Inno di Mameli. In testa il bellissimo nuovo Labaro del comune di Porcari; poi le bandiere del Collegio di Porcari e del Marianum di Capezzano Pianore. Indi le autorità che hanno preso posto sul palco tutto festoni coi colori di Italia e del Papa. In alto le immagini dei due Fondatori.

Autorità e Rappresentanze

Sono intervenuti: Sua Ecc. Mons. Arcivescovo [Antonio Torrini], Sua Ecc. Mons. Ausiliare, il v. prefetto dott. D’Amelio-Guacci, il sen. Angelini, l’on. Biagioni, l’on. Lucchesi, il Preposito Generale padre Tomasi, il prof. Barsanti per il Provveditorato agli Studi, il Sindaco di Porcari dott. Da Massa, il Rettore prof. Ferrari, l’on. Carignani, il dott. Del Frate. Stupenda davvero la visione che palco e platea presentavano: una festa che non può essere dimenticata e che di per sé stessa costituisce una novella luminosa ed efficacissima dimostrazione dell’affetto riconoscente che i P.P. Cavanis si sono conquistati non solo in Lucchesia, ma addirittura in tutta la Toscana. È proprio da tutte le zone della Toscana infatti che al Collegio di Porcari ed a quello di Capezzano, arrivano i giovanissimi studenti.

Il Padre Prof. Ferrari

Ha preso per primo la parola il Rettore P. Luigi Ferrari il quale ha elevato anzitutto un ringraziamento alla Provvidenza Divina per il continuo progresso dei Collegio preservato prodigiosamente dalla distruzione decretata nell’ultima guerra. Poi un pensiero di riconoscenza alla benefattrice Cherubina Toschi ed a tutte le persone che, in questi quaranta anni, hanno dimostrato di prediligere il collegio. Indi ha dato lettura del telegramma col quale il card. Tardini comunicava la Benedizione del Santo Padre. Comunicava poi il plauso e la adesione del Presidente della Repubblica, on. Gronchi. II P. Ferrari ha ringraziato 1’Arcivescovo, l’Ausiliare, il Preposito Generale, i Parlamentari, mons. Del Carlo Vicario Generale — era presente mischiato fra la folla — il Sindaco di Porcari ed il caro e buon prof. dott. Di Cesare che. oltre ad essere ottimo insegnante, è anche Presidente dell’Associazione ex allievi.

Comunicava poi le alte adesioni degli Em.mi Cardinali: Tardini, Pizzardo. Valeri, Siri. di tutti gli Arciscovi e Vescovi della Toscana, di Mons. Gianfranceschi. vescovo di Cesena. Dell’Assistente Centrale dell’A. C. Mons. Castellani e di Mons. Alfredo Pacini nunzio apostolico in Svizzera. Inoltre le adesioni dei ministri Tambroni, Segni, Medici, Gonella. Tupini, e degli on. Fanfani e Baccelli. della Associazione ex-allievi di Venezia e di Possagno ed ha poi salutato l’ex allievo Gino Sorteni di Venezia che, ancor oggi presente, tenne trenta anni fa il discorso ufficiale per la inaugurazione del collegio.

Il sindaco di Porcari dott. Vincenzo Da Massa ha parlato come ex allievo e come capo della comunità ed ha esaltato la benefica opera dei Padri volta sempre alla preparazione morale, spirituale e culturale della gioventù. Ha dato lettura del telegramma che il ministro Togni gli ha inviato scusandosi per la assenza dovuta a imprescindibili doveri di Governo, Il Ministro esaltava le benemerenze dei PP. Cavanis che si sono acquistate nel vasto campo della educazione cristiana della gioventù toscana.

Il discorso ufficiale lo ha tenuto il chiarissimo e colto prof. dr. Otello Di Cesare docente nel collegio e presidente dell’associazione ex allievi. Ha iniziato col celebre verso dantesco “Poca favilla gran fiamma seconda», rifacendosi da quel 1802 in cui i fratelli Cavanis dettero inizio alla loro opera concretata nel 1838. Poi ha parlato del gesto della benefica signora Toschi, per il quale i PP. Cavanis vennero a Porcari alloggiando nelle poche stanze di una modesta casa. II complesso degli edifici è sorto gradatamente fra il 1919 ed il 1935. II loro sviluppo è andato sempre di pari passo con quello della formazione ed educazione della gioventù che qui ha trovato — e la constatazione è anche per i più restii — una seconda famiglia.

II prof. Di Cesare si è soffermato a parlare dello sviluppo del Collegio, ma soprattutto ha insistito nella particolare e limpida illustrazione del metodo pedagogico dei fondatori Anton’Angelo e Marcantonio Cavanis sempre valido ed operante. Anzi quel metodo che asserisce essere la educazione della gioventù un problema complesso per gli educatori, ha dato modo al prof. Di Cesare di parlare dottamente e lungamente sulla riforma della scuola in relazione ai progetti che sono in discussione presso il Parlamento: riforma che deve essere fondata essenzialmente sulla libertà. La dottissima ed opportuna dissertazione ispirata specialmente al senso pratico della necessaria riforma, è stata seguita con interesse ed in fine vivamente applaudita.

L’ On. Biagioni

L’on. Biagioni ha parlato anche a nome dei colleghi parlamentari ed ai PP. Cavanis ha portato il saluto e I’ augurio suo e loro. Ha aggiunto che trovandosi alla partenza del presidente Gronchi per la Sicilia, il capo dello Stato lo incaricò di rinnovare il suo compiacimento ed «un augurio ai Padri Cavanis. agli alunni e alle loro famiglie”. Lo stesso lo incaricavano di fare i ministri Togni e Angelini. Riprendendo quanto felicemente aveva affermato il prof. Di Cesare, a proposito della riforma della scuola il cui progetto di legge pende dinanzi al Parlamento, l’on. Biagioni ha melanconieaniente detto che finché in Parlamento le forze marxiste e le forze massoniche sono unite, «a noi non riuscirà purtroppo a prevalere e ciò significherà che le forze delle tenebre sono più forti di quelle della luce». Riportandosi alle immagini dei fondatori che recano una simbolica fiaccola, L’on. Biagioni ha dichiarato che questa fiaccola è amore; amore cristiano. ma è anche scienza inspirata agli ideali cristiani. Noi abbiamo lottato e lotteremo, ha concluso l’on. Biagioni, per consegnare a voi giovani un mondo più sereno e più tranquillo. Un’Italia meno matrigna di quella che abbiamo avuto noi.

Parla l’Arcivescovo

Infine ha parlato Sua Eminenza monsignor Arcivescovo il quale ha espresso la sua paterna gioia di trovarsi fra tanti giovani educati e diretti dai buoni Padri. Ha ringraziato il Signore per il gran bene che l’Istituto ha profuso e diffonde per la nostra diocesi e per la stessa Toscana e per quanto i Padri hanno fatto e fanno per la educazione cristiana della gioventù.

L’arte dell’educatore è difficile, ma è importante per il bene della famiglia e della società intera L’Arcivescovo ha terminato esprimendo la sua riconoscenza ai Padri. Voglia Iddio benedir sempre alla loro benemerita opera, per l’avvenire religioso e morale della nostra gioventù e della nostra Italia. Vivi applausi hanno accolto i discorsi, ma in modo speciale le brevi paterne parole dell’Arcivescovo.

Prima che parlasse l’on. Biagioni aveva luogo la premiazione degli alunni che si sono distinti nelle gare di cultura religiosa, nel profitto e nello sport. Applausi, quando il rettore ha annunciato che la classe vincitrice della bandiera è stata la seconda media sez. C e che alfiere è stato eletto il giovane Luigi Rovai e guardia d’onore gli allievi Marino Pera e Renzo Regoli.

Applausi vivissimi a tutti quando l’Arcivescovo, l’Ausiliare, il V. Prefetto e le altre autorità hanno consegnato medaglie e diplomi.

I canti

II robusto coro costituito da tutti gli alunni. diretto dal P. Ottorino Villatora, che è anche insegnante di lettere, ha eseguito durante la bella cerimonia, l’Inno al Collegio (parole e musica del prof. P. Valentino Pozzobon), l’Inno del maestro D. Federico Caudana e l’Inno alla bandiera italiana del maestro Antonio Muzzi. Esecuzione eccellente e vivamente applaudita.

Più tardi nella Chiesa il solenne Te Deum colla benedizione eucaristica ed ancor più tardi uno spettacolo pirotecnico offerto dagli ex allievi di Porcari.” Fin qui la cronaca dell’evento come registrata nella rivista Charitas.

Il 1963 vide un impegnativo rinnovamento di tutto il reparto dei servizi, il rifacimento delle scale in marmo “nostro”, cioè Apuano, per iniziativa e impegno della comunità e del suo rettore. L’inaugurazione si tenne l’8 dicembre 1963.

In questi anni, continuano ad avere molto spazio nelle cronache, registrate nelle diverse annate e numeri della rivista Charitas, le celebrazioni dell’inizio e della fine degli anni scolastici, queste ultime con le relative premiazione sia catechistica, sia di profitto generale, con ampia distribuzione di medaglie e diplomi; le riunioni annuali degli ex-allievi, sempre molto frequentate, le attività, le feste e i pellegrinaggi anche a Roma dell’Azione Cattolica, associazopone molto forte a Porcari; le feste della famiglia, le gite scolastiche che, nei primi anni si realizzavano nei dintorno, a Lucca, a Pisa o Livorno, in Garfagnana, sulle Apuane o al Passo delle Radici; più tardi gradualmente si viene a sapere di gite o escursioni didattiche e a pellegrinaggi a Venezia, a Roma, a Milano e in altre grandi mete della cultura e della devozione cristiana e Cavanis. Gruppi organizzati del Collegio Cavanis di Porcari partecipano  anche periodicamente ai Congressi Eucaristici Nazionali e ai grandi incontri regionali e nazionale della Gioventù Italiana di Azione Cattolica-GIAC. Altre attività caratteristiche erano ogni anno le Olimpiadi Missionarie, le feste dei santi patroni e così via.

L’8 dicembre 1965 vide l’inaugurazione degli affreschi che venivano ad abbellire la chiesa del collegio: particolarmente il grande affresco di m 15 x 6, racchiuso in uno spazio a mezzaluna sul fondo della chiesa, dipinto, poco prima della sua morte, dal prof. Anchise Bianchi; mentre altri affreschi sono stati realizzati da suoi allievi. Nel grande affresco semilunare, sullo sfondo del paesaggio di Porcari, con la Torretta, la chiesa parrocchiale di S. Giusto e il Collegio Cavanis, si impone al centro l’immagine carissima di Gesù che accoglie i bambini e ragazzi e li copre in parte con il suo manto. Sul fianco si notano alla destra i Gesù le figure dei due fratelli Antonio e Marco Cavanis e alla sua sinistra (a destra di chi guarda) il P. Agostino Zamattio.

Sul finire degli anni ’60 e tanto più nei decenni successivi, il collegio di Porcari cominciò, come tutti i collegi, a soffrire di una forte diminuzione dei convittori, dovuta alla diffusione del numero di scuole medie statali anche nei piccoli centri e dovette differenziare l’offerta, con l’istituzione di un Istituto tecnico per ragionieri e geometri. Le difficoltà divennero ancora molto più serie negli anni ’80 e ’90 del secolo XX.

Una giornata particolarmente significativa per il collegio di Porcari fu il 1° maggio 1966, con uno straordinario raduno degli ex-allievi, anche e specialmente organizzato in occasione del 25° anniversario della morte del P. Agostino Zamattio, rettore del collegio dal 1928 e 1937, importante responsabile dello slancio che ebbe il collegio in quel decennio, sia dal punto di vista del complesso di edifici, sia come ambiente educativo. Nell’occasione, si propose agli ex-allievi di contribuire a istituire completamente un’aula di scienze, fisica e chimica della scuola, necessaria per l’insegnamento corretto nella scuola media della materia « Osservazioni scientifiche », da poco introdotta allora nella scuola italiana. L’aula di scienze si realizzerà tuttavia un’anno più tardi.

Nel 1969 il complesso di edifici e di istallazioni del collegio continuava ancora a crescere; in quest’anno ci fu infatti una ristrutturazione completa e un notevole aumento degli impianti sportivi: campi di tennis, pallavolo e pallacanestro. Era un segno che il collegio era ancora lanciato e che l’equipe di religiosi e di altri professori era fiduciosa del futuro.

Giunse il momento del cinquantenario dell’opera, che fu celebrato nel 1970, con un anno di ritardo, a partire dal 27 settembre, ma con una quantità di attività e manifestazioni, organizzate dalla comunità, con il rettore P. Angelo Zaniolo e dagli ex-allievi. Ne parla lungamente il Charitas, con una serie di servizi. La celebrazione era stata in primo luogo liturgica, con una messa solenne di ringraziamento presieduta dall’arcivescovo di Lucca, Mons. Enrico Bartoletti, poi culturale, con una mostra e concorso di pittura «Premio di Pittura Cavanis 1970» e con un altro concorso «Premio di Cultura Cavanis 1970». Si era pubblicato anche un numero unico speciale sull’anniversario e sulla storia della casa e della scuola, dal suo inizio nel 1919. Alle celebrazioni, oltre all’arcivescovo, avevano partecipato il preposito generale P. Orfeo Mason, il sindaco di Porcari e alcuni predecessori che avevano occupato la stessa carica, altre autorità civili di livello nazionale, regionale e locale, il proposto (=arciprete) di Porcari, una folla di ex allievi, che avevano collaborato a fondo nell’organizzazione delle festività, padri e rappresentanze delle altre case dell’Istituto Cavanis in Italia, e naturalmente tutto il corpo docente e discente, ancora ben numeroso a quel tempo.

Interessante, tra i vari discorsi tenuti nell’occasione, quello del sindaco pro tempore, il dott. Aldo Visibelli. Diceva tra l’altro: « Se non ci fossero stati i Padri Cavanis, molti di noi non ci troveremmo nella posizione in cui siamo ».

Il collegio ricevette nell’occasione una targa di attestazione di benemerenza nel campo dell’educazione da parte dell’Amministrazione Provinciale.

Dell’articolo del giornalista Giuseppe Bianchi, ex-allievo del collegio, vale la pena di citare la conclusione: « Come è bello, allora, ripeter qui, anche per l’Istituto Cavanis, l’augurio che saluta sempre il sorgere delle istituzioni di cultura e di preparazione per la gioventù! È un augurio che si proietta nel tempo perché, se andiamo al lontano 1920 ed arriviamo fino ad oggi, lo troviamo in gran parte avverato ed ormai lietamente avviato verso il più sicuro avvenire: vivat, floreat, crescat ».

In realtà, però si avvertiva già da allora qualche segno di debolezza presente, a fronte delle glorie passate. Il liceo (scientifico) come si sa era localizzato a Capezzano Pianore; a Porcari c’erano le elementari e le medie. I due istituti erano collegati e si sperava che i ragazzi passassero dall’uno all’altro, dopo l’esame di terza media. Anche a questo fine si organizzavano con una certa frequenza gite da una casa (e scuola) all’altra, campionati di calcio e altri sport, sia misti, sia divisi: i « piccoli » contro i « grandi », o « i nuovi » contro i « vecchi », tra le due popolazioni di studenti, attività comuni.

Ebbene: anche se lo stile della rivista Charitas negli anni ’70 favoriva l’aspetto di fotocronache, con brevissime didascalie, rispetto agli articoli e alla documentazione, dalle foto di può arguire che nell’anno scolastico 1970-71, quello all’inizio del quale si era celebrato il cinquantenario, le terze medie avenano due sezioni, rispettivamente di 27 e 25 allievi (totale: 52); la seconda media sembra essere a sezione unica, con 22 allievi (totale: 22); e le prime medie (due sezioni), avevano rispettivamente 15 e 17 allievi (totale: 32): Si andava diminuendo. Nelle foto si nota anche che il numero dei professori laici andava aumentando, rispetto alle foto degli anni precedenti nella stessa rivista.

Una realtà che stava continuando a Porcari, era che il Collegio « sfornava » ancora religiosi e sacerdoti: così, il 1° aprile 1971 l’arcivescovo di Lucca Mons. Enrico Bartoletti imponeva le mani, per l’ordinazione diaconale di un ex-allievo del collegio Cavanis, don Pietro Luigi Pennacchi, di Castelnuovo Garfagnana e di Passo delle Radici, più tardi prete dei Cavanis e lungamente, tra l’altro, economo generale della Congregazione delle Scuole di Carità. Continuava la lista di preti e religiosi che si è pubblicata più sopra.

Significativa, tuttavia la frase pubblicata nel Charitas nel 1973: « La legislazione italiana finisce per negare ogni sovvenzione alla scuola non statale, costringendola, evidentemente, ad una morte lenta, ma inesorabile ». La frase si trova nella relazione di un incontro di ex-allievi di Porcari, anche se potrebbe applicarsi a tutte le altre scuole non statali e, in particolare, alle scuole Cavanis in Italia.

La casa di Porcari tuttavia, ormai da qualche anno in stato di debolezza, cominciò il processo di decadenza e di svuotamento delle attività Cavanis già sul finire degli anni ’70 e progressivamente la situazione si aggravò negli anni ‘90 del secolo scorso. Della debolezza del collegio di Porcari fa fede tra l’altro (in mancanza dell’archivio della casa di Porcari, considerato smarrito o distrutto, come si diceva all’inizio di questo capitolo) la scarsità di articoli e notizie sulla rivista Charitas da dopo della celebrazione del 50° anniversario della casa; e l’assenza totale di Porcari nei numeri della rivista dal 1972 alla fine del 1979, con l’eccezione di un solo articolo nel 1973. Gli articoli e fotoreportage da Porcari ricominciano dal 1979/4, con la gestione del nuovo rettore, P. Remo Morosin, sotto la quale si nota una rinascita, non solo “giornalistica”, e tra l’altro, un viaggio degli allievi porcaresi a Londra.

Un primo tentativo di supplire alla scarsità di allievi, e anche di attendere favorevolmente alle richieste delle famiglie, era stato quello di aprire nel 1975-76 (con decisione del preposito e suo consiglio del 12 giugno 1975) la scuola mista, con le classi aperte a ragazzi e ragazze. Se ne vede traccia fotografica però per la prima volta soltanto nel Charitas 1979/4; da questo raro reportage si può vedere che la presenza femminile aveva rinforzato la presenza di studenti nelle medie di Porcari: nelle due prime medie è presente un totale di 57 allieve e allievi (sezione A, 30 allievi; sezione B, 27).

Il convitto, un tipo di istituzione educativa ormai definitivamente fuori moda, fu chiuso nel 1977-78. Da notare che fino alla metà (o poco oltre) degli anni Settanta, la scuola di Porcari era stata completamente gratuita per gli esterni, mentre ovviamente i convittori dovevano pagare vitto e alloggio. A partire da questa data un po’ vaga – non ne abbiamo dati precisi – anche a Porcari come nelle altre scuole Cavanis gli esterni ora dovevano versare una retta, perché gli insegnanti religiosi – che non ricevevano alcun tipo di stipendio o ricompensa, erano in netta diminuzione, ed aumentavano gli insegnanti laici e laiche; per tanti versi la scuola progressivamente diventava più esigente e più cara.

Nell’anno scolastico 1975-76 alcune aule dell’edificio furono date in affitto all’Istituto Tecnico “F. Carrara” di Lucca, venendosi così a creare il primo nucleo di ciò che più tardi sarebbe stato l’Istituto Tecnico, Commerciale e per Geometri “A. Benedetti” di Porcari. Questo primo nucleo si sviluppò fino a ottenere il riconoscimento dal Ministero nel 1979-80; all’Istituto verrà poi dato il nome del giornalista e editorialista lucchese Arrigo Benedetti nel 1986-87. Il Benedetti si sviluppava dunque a fianco dell’Istituto Cavanis, che continuava a esistere, come esternato.

Nell’anno successivo (1980-81) il Benedetti aprì anche una scuola serale per adulti. È senza dubbio interessante l’osservazione che fa Tiziana Vannucci, quando suggerisce che, così facendo, il preside del Benedetti (in quegli anni il prof. Vittorio Barsotti) recuperava “la tradizione di attenzione generale all’istruzione per adulti che era stata tipica del Cavanis.” Come pure quando scrive: “In vari momenti l’Istituto di Porcari, sempre sulla scia di quanto in passato avevano fatto i Padri Cavanis, ha attivato percorsi di doposcuola per gli studenti che risultavano più in difficoltà ed anche oggi, compatibilmente con le poche risorse a disposizione, continua ad attivare attività di sportello su richiesta degli studenti per rispondere ad esigenze individuali in specifici ambiti disciplinari”.

Ma la vita dell’Istituto Cavanis a Porcari per il momento continuava. Dall’inizio del 1981 all’8 dicembre 1983, la comunità, gli alunni, il popolo di Porcari con il suo prevosto in testa, con varie attività, celebravano il “sessantesimo dell’inizio della nostra Chiesetta dell’Immacolata”.

Nel 1984-85 le cose non sembrano andare così male se c’è anche una Prima Media C (tre sezioni quindi), tanto che nevica due volte in quell’inverno, cosa assolutamente eccezionale in Lucchesia, e per di più c’è un terremoto in Garfagnana! Tra l’altro, in quest’anno scolastico, sono iniziati i corsi di informatica nella scuola media Cavanis di Porcari, con grande anticipo su tante altre.

Alla fine dell’anno scolastico 1985-86, un cambiamento importante è la partenza di P. Remo Morosin, destinato dai superiori ad altra casa, dopo un ventennio intero trascorso laboriosamente a Porcari (1967-1986), essendone anche rettore, di nuovo, negli anni 1979-85 e preside dal 1979 al 1986. L’Istituto Cavanis di Porcari, anche per suo merito, ha conosciuto l’ultimo periodo di prosperità pastorale. Le cose sembravano andare bene, con tre sezioni nelle medie e in tutto 234 alunni. Nell’anno scolastico successivo, le medie constano di nove classi in tre sezioni “sature di alunni ed alunne” L’anno dopo (1987-88) si comincia a celebrare il 70° anniversario della fondazione del Collegio Cavanis; gli alunni erano in tutto ben 236, con una media di 26 alunni per ciascuna delle nove classi. Si progetta un restauro generale del complesso di edifici dell’Istituto. Nel 1989-90 le classi della scuola media continuavano ad essere nove.

Merita di essere riprodotto, con simpatia e gratitudine, in massima parte, un articolo anonimo, certamente di un ex-allievo di Porcari, apparso nella rivista Charitas nel 1991:

“Attualmente le Medie, rette dai Padri. ospitano 222 iscritti, suddivisi in tre sezioni e, fino ad ora, non hanno conosciuto grosse flessioni a causa del fenomeno della denatalità, come sta avvenendo un po’ dappertutto nelle scuole medie pubbliche.

Ma i Padri Cavanis per noi Porcaresi e per gli altri alunni dell’Istituto non sono solo una fredda elencazione di date e di avvenimenti.

La loro presenza non può essere quantificata, come del resto i sentimenti non possono essere racchiusi in soli numeri. Per noi sono i ricordi della nostra giovinezza, i timori e le prime paure dello studio “vero”, il Latino, i libretti della Santa Messa, i silenzi degli esercizi spirituali, i clamori delle ricreazioni, i sudori delle partite di calcio del campionato tra le varie classi, la campanella. le prime delusioni, i “grandi” nostri problemi, i consigli, le amicizie.

Ci hanno accompagnato nel periodo più bello della nostra vita, ma soprattutto sono stati “la nostra educazione”. Ritornano alla memoria i cento e più Padri passati: facce a volte austere, severe, a volte bonaccione ed allegre: uomini che parlavano dolci dialetti di altre “Italie”, nei periodi nei quali tutto non era così vicino.

Riaffiorano nomi di uomini, che hanno cercato di incanalare e di dare un senso alle nostre fantasie di adolescenti. Questo ed altro ancora è stato e rimane il Collegio Cavanis per la nostra e per altre generazioni.

I nostri figli ricorderanno forse di esso cose più moderne, diverse e cosi i figli dei nostri figli. Resterà però per tutti l’impronta di un modo diverso ed originale “di fare scuola”.”

Nello stesso anno scolastico e all’inizio del successivo (1990-91), troviamo sulla rivista Charitas un simpatico riferimento alla convivenza tra scuole medie dell’Istituto Cavanis di Porcari e le scuole medie e superiori statali dell’Istituto Tecnico e per geometri “A. Benedetti”, conviventi nello stesso complesso di edifici dell’antico Collegio Cavanis; ciò in un articolo senza dubbio scritto da uno dei padri, probabilmente il rettore, P. Artemio Bandiera (rettore e preside a Porcari dal 1985 al 1994). A quanto sembra, le sezioni delle medie Cavanis sono ancora tre, con circa 70 ragazzi nella terza e altrettanti nella prima media.

Un aspetto della scuola Cavanis a Porcari che non è stato sufficientemente messo in risalto fin qua, è l’importanza data alla formazione fisica e allo sport, parallelamente allo straordinario lavoro svolto in questo senso dalle suore del S. Nome di Dio, pure a Porcari, nel campo della pallavolo. Lo dice chiaramente un articolo pubblicato nel Charitas del 1991, che ci fa sapere tra l’altro che la squadra di calcio del Cavanis aveva partecipato al campionato interregionale guadagnandosi l’accesso alle finali, anche se poi “qualche episodio sfortunato ha impedito che il sogno diventasse realtà”.

Un paio d’anni dopo, l’edificio del “Collegio Cavanis” si era dato un nuovo look, grazie anche a una completa ripulitura e dipintura esterna e interna.

Uno degli atti simbolici della fase prossima alla chiusura, fu l’8 dicembre 1994 la consegna del titolo di “Cavanis Onorario” a don Felice Del Carlo, prete diocesano della diocesi di Lucca, da 50 anni collaboratore prezioso del collegio Cavanis di Porcari, e più in genere dei Cavanis e della gioventù. Si veda più in dettaglio questo tema più sotto, nel capitolo sui collaboratori e benefattori dellì’Istituto Cavanis nel XX secolo..

Il 21 maggio 1995 a Porcari si festeggiò l’anniversario dei 75 anni dalla fondazione; tre quarti di secolo. Era domenica, e l’eucaristia solenne, di ringraziamento come dice il nome del sacramento, fu presieduta nella chiesa parrocchiale di S. Giusto dall’arcivescovo monsignor Bruno Tommasi; concelebravano il parroco, il preposito generale P. Giuseppe Leonardi, numerosi preti amici dell’istituto e molti religiosi Cavanis che in quell’anno o negli anni e decenni precedenti avevano prestato la loro opera a Porcari in favore della gioventù. Non mancavano le autorità civili: il Prefetto, il sindaco, rappresentanti dei comuni della Lucchesia, numerosi ex-allievi, gli allievi e gruppi organizzati di rappresentanza delle altre scuole cattoliche della città e della zona.

Monsignor Tommasi nella sua omelia ha tenuto a sottolineare il ruolo di servizio non solo spirituale, ma anche umano e culturale svolto dagli educatori Cavanis, senza nascondere le difficoltà anche di ordine finanziario che la Scuola Cattolica incontra oggi.

P. Leonardi, nel saluto finale e ringraziamento finale, si era arrischiato a lanciare un auspicio che purtroppo non si compì: augurò infatti che dopo altri 75 anni si potesse celebrare il 150° anniversario della fondazione.

Più interessante fu il messaggio del sindaco di Porcari, rag. Giuseppe Della Nina: prese atto che il Comune aveva raggiunto in tutti questi [75] anni un tasso di scolarità tra i più elevati della provincia e che per tale ragione fu uno dei primi a decollare sull’onda del boom economico che investì la nostra penisola negli anni Sessanta; e consegnò una targa d’argento al rettore della casa, P. Giuseppe Francescon, come segno della gratitudine della popolazione e sua personale. Altri discorsi furono tenuti dal prefetto, dal presidente dell’Associazione Ex-Allievi. Questi, tra l’altro, l’avvocato Marcello Carignani, aveva curato e presentò nell’occasione il “Numero unico” celebrativo dei 75 anni di vita e attività del Cavanis a Porcari.

Il Collegio, o meglio Istituto, Cavanis di Porcari intanto, con la diffusione della scuola media in tutti i centri minori, vedeva progressivamente diminuire il numero degli iscritti (nel 1998-99 ci sono solo 53 allievi e allieve nelle tre classi della scuola media, con una sola sezione, come si dice nella lettera all’arcivescovo di Lucca che si citerà tra qualche riga); inoltre nel frattempo cominciava a diminuire il numero dei religiosi Cavanis in Italia. Era opportuno ammettere che non era più possibile né conveniente continuare così e che bisognava chiudere la veneranda istituzione.

Su queste motivazioni, è interessante una frase di un articolo nella rivista Charitas: “Oggi le cose sono cambiate. La Scuola Cavanis, come del resto tutte le scuole pubbliche non statali, sta attraversando un momento di grande difficoltà, sia per ragioni economiche, sia per mancanza di personale religioso causata da carenza di vocazioni.” Alle motivazioni economiche e di diminuzione dei religiosi Cavanis bisognava aggiungere anche quella demografica (la diminuzione dei figli nelle famiglie) e quella della diminuzione dell’interesse per l’offerta formativa di una scuola cristiana.

Il 12 gennaio 1999 infatti il preposito generale P. Pietro Fietta si rivolse all’arcivescovo di Lucca, monsignor Bruno Tommasi, con lettera con prot. 01/99, spiegando la difficile situazione e chiedendo di poter chiudere l’istituto di Porcari. Annunciava al contempo l’intenzione espressa di cedere gratuitamente alla parrocchia S. Giusto di Porcari la chiesa e gli ambienti abitati fino a quel giorno dalla comunità Cavanis.

L’Istituto dunque fu chiuso come scuola Cavanis e come comunità Cavanis formale al termine dell’anno scolastico 1999-2000.

In seguito, per qualche anno, rimase aperta una scuola media, sotto la gestione della Cooperativa scolastica “Insieme per la scuola e dintorni“, il cui responsabile è stato il Sig. Massimo Del Grande. Anche questa tuttavia fu chiusa alla fine dell’anno scolastico 2006-07, più esattamente il 1° novembre 2007; quasi simbolicamente, moriva tragicamente il P. Amedeo Morandi il giorno dopo.

Alla parrocchia locale S. Giusto fu concessa in forma di comodato la parte più antica della casa, ossia il palazzo originario, già di proprietà di Cherubina Giometti ved. Toschi e famiglia, che era stata donato nel 1919 alla Congregazione; e inoltre la chiesa. Gli ambienti della scuola furono invece venduti dalla Provincia Italiana dell’Istituto Cavanis al Comune di Porcari, a prezzo sociale. Da notare che nello stesso anno e semestre, la Provincia italiana decideva per la progressiva chiusura (con la non apertura della prima liceo) della casa di Capezzano Pianore, che era stata filiale di quella di Porcari.

Progressivamente, “all’interno dell’edificio del Cavanis hanno trovato ospitalità anche alcune strutture e alcuni uffici comunali. Alla fine del ‘900 infatti è stato momentaneamente collocato in una stanza al primo piano dell’Istituto il Museo Archeologico contenente i reperti degli scavi di Fossa Nera. (…) Nelle stanze a piano terra è stato collocato dal 2005 il Centro Culturale Cavanis, di cui fa parte la Biblioteca e medioteca comunale”. Un segno della gratitudine del comune è che questo ha intestato al nome dell’Istituto Cavanis tale centro culturale. Nella biblioteca di detto centro culturale era confluito anche il materiale della biblioteca dell’antico collegio e quella della comunità religiosa.

Dal punto di vista della comunità religiosa, già da una decina di anni prima della chiusura definitiva, il 1° novembre 2007, la casa aveva una famiglia religiosa puramente simbolica, mirata più che altro alla conservazione e guardiania dell’edificio, come pure alla permanenza sul posto di alcuni religiosi anziani che difficilmente avrebbero voluto abbandonare l’ambiente e ricoverarsi nella casa di riposo dell’istituto a Possagno. Il rettore durante quel decennio, era stato P. Amedeo Morandi, che però risiedeva nella parrocchia di S. Gennaro. Parallelamente, si stava spegnendo anche la casa (originariamente filiale) di Capezzano Pianore; e si stavano chiudendo o abbandonando anche le parrocchie assunte dall’Istituto, ma soprattutto, come si diceva, come parrocchie “ad personam”. Finiva così, dopo 88 anni, la storia delle nostre case di Toscana.

Poche parole più in dettaglio sul tema delle parrocchie in Lucchesia. Parallelamente alla graduale interruzione dell’attività e poi alla chiusura di fatto delle due case toscane, cioè Porcari e Capezzano Pianore, e anche in seguito, la Provincia italiana (e più tardi la Delegazione che la sostituì) accettò temporaneamente, con l’autorizzazione del preposito generale e del suo consiglio, alcune parrocchie nell’arcidiocesi di Lucca. Si tratta particolarmente della parrocchia di S. Lorenzo a Massaciuccoli nel 1998; la parrocchia del borgo di S. Gennaro, frazione di Capannori (nel 2000-2007), dove fu parroco P. Amedeo Morandi, ancora rettore di Porcari, fino alla fine della casa; e parroco fino alla sua morte a S. Gennaro nel 2007 appunto; le parrocchie di Piano di Conca e Piano di Mommio, ambedue frazioni del comune di Massarosa (LU), dal 17 gennaio 2010 e fino alla quaresima (febbraio) del 2015. In genere, questa accettazione della cura pastorale di queste parrocchie non corrispondeva a un programma della provincia o della Congregazione, ma piuttosto alla risoluzione di situazioni particolari di religiosi. Erano insomma parrocchie ad personam. Inoltre, al passaggio del millennio, e per breve tempo (attorno al 2000-2001) P. Nicola Del Mastro, pur essendo membro della comunità di Capezzano Pianore, era stato anche parroco di S. Lucia, molto prossima alla casa di sua residenza e appartenenza.

È rimasto tuttavia fino ad oggi (dal 2007 al 2020) a Porcari, a preservare acceso il sacro fuoco, un padre Cavanis, nella fattispecie il venerando P. Arcangelo Vendrame, come padre spirituale e cappellano della comunità della casa-madre dell’Istituto del S. Nome di Dio, o “Suore Cavanis”. P. Arcangelo, del resto, era già stato attivo a Porcari dal 1982 al 1991 e dal 1994 al 2000.

L’assenza fino ad oggi dell’archivio della casa e scuola di Porcari, che sembra veramente (e tristemente) disperso, con gravi responsabilità da parte di chi ne era responsabile, e particolarmente la perdita dei diari di quella comunità, impediscono di scrivere con maggior larghezza la storia di questa che è stata una della più antiche case dell’Istituto: la quarta.

Non si può parlare naturalmente della vita dell’Istituto Cavanis a Porcari, senza parlare delle “Suore Cavanis”, cioè dell’Istituto del Santo Nome di Dio. Alle sorelle e madri e al loro Istituto è dedicato più avanti un capitolo speciale.

Tabella: della casa di Porcari

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1919-20

Vincenzo Rossi, pro-rettore di “casa non formata”

Vincenzo Rossi, Giovanni D’Ambrosi (e nei primi tempi don Pietro Rover di Biadene-TV)

Vincenzo Faliva

 

1920-21

Giovanni D’Ambrosi pro-rettore

Giovanni D’Ambrosi, Luigi Janeselli (e don Pietro Rover come ospite e collaboratore)

Sebastiano Barbot

Il 17.09.1920 muore P. Vincenzo Rossi.

Il 13 ottobre 1921 muore don Pietro Rover.

1921-22

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Luigi Janeselli, Enrico Perazzolli

Sebastiano Barbot

 

1922-23

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Luigi Janeselli, Aurelio Andreatta

Sebastiano Barbot, fino al gennaio 1923

poi passa a Possagno

1923-24

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Luigi Janeselli, Aurelio Andreatta

Filippo Fornasier, dal 5 marzo 1923

 

1924-25

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Luigi Janeselli, Aurelio Andreatta, Pellegrino Bolzonello

Filippo Fornasier

Seminaristi Marco Cipolat e Basilio Dalla Puppa.

P. Aurelio Andreatta viene trasferito da Porcari in dicembre 1924.

1925-26

Luigi Janeselli

Luigi Janeselli, Mansueto Janeselli, Valentino Fedel.

Filippo Fornasier

Vi sono stati assegnati due aspiranti dal probandato di Possagno per aiutare i padri. In più, due sono aspiranti locali, che hanno già compiuto il servizio militare.

NB: Il consiglio definitoriale del 20.7.1925 è stato particolarmente confuso e così il suo verbale. Rimangono molti dubbi sulla distribuzione dei religiosi nelle case

1926-27

Luigi Janeselli

Luigi Janeselli, Mansueto Janeselli

Filippo Fornasier; e  Enrico Cognolato

Marco Cipolat, Angelo Pillon, come chierici di stanza a Porcari per quest’anno scolastico.

1927-28

Luigi Janeselli

Luigi Janeselli, Mansueto Janeselli, Valentino Fedel

Filippo Fornasier

Marco Cipolat, Angelo Pillon, chierici di stanza a Porcari

1928-29

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Valentino Fedel, Aurelio Andreatta, Mansueto Janeselli, Michele Busellato

Angelo Furian, Filippo Fornasier

Porcari viene eretta in casa formata

1929-30

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Valentino Fedel, Aurelio Andreatta, Mansueto Janeselli, Michele Busellato

Angelo Furian, Filippo Fornasier

 

1930-31

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Valentino Fedel, Aurelio Andreatta, Mansueto Janeselli, Alessandro Vianello

Angelo Furian, Filippo Fornasier, (Vincenzo Faliva?)

Chierico Gioacchino Sighel

1931-32

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Mansueto Janeselli, Michele Busellato, Giovanni Tamanini, Gioacchino Sighel

Vincenzo Faliva, Enrico Cognolato

Per un breve tempo fu a Porcari nel 1931 anche il P. Amedeo Fedel, che per il resto si trovava di solito a Venezia. Cf. DC, vol. IX.

1932-33

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Mansueto Janeselli, Michele Busellato, Giovanni Tamanini, Gioacchino Sighel

Vincenzo Faliva, Enrico Cognolato

 

1933-34

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Mansueto Janeselli, Tamanini, Gioacchino Sighel, Angelo Pillon, Luigi Ferrari

Vincenzo Faliva, Enrico Cognolato

 

1934-35

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Mansueto Janeselli, Gioacchino Sighel, Giovanni Tamanini, Angelo Pilon (sic), Marco Cipolat, Lino Janeselli

Vincenzo Faliva, Luigi Gant

 

1935-36

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Mansueto Janeselli, Gioacchino Sighel, Giovanni Tamanini, Angelo Pilon (sic), Marco Cipolat, Lino Janeselli, Cesare Turetta

Vincenzo Faliva, Luigi Gant, Filippo Fornasier

 

1936-37

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Giovanni Tamanini, Angelo Pilon (sic), Marco Cipolat, Lino Janeselli, Vincenzo Saveri (vicario), Luigi Ferrari, Cesare Turetta

Vincenzo Faliva, Luigi Gant

 

1937-38

Antonio Eibenstein

Antonio Eibenstein (rettore e prefetto), Mario Janeselli (vicario ed economo), Alessandro Vianello, Marco Cipolat, Giovanni Tamanini, Lino Janeselli, Cesare Turetta, Guido Cognolato, Luigi Ferrari, Antonio Turetta

Luigi Gant, Pietro Busato

 

1938-39

Antonio Eibenstein

Antonio Eibenstein (rettore e prefetto), Mario Janeselli (vicario ed economo), Alessandro Vianello, Marco Cipolat, Giovanni Tamanini, Lino Janeselli, Cesare Turetta, Guido Cognolato, Luigi Ferrari, (Antonio Turetta), Pio Pasqualini

Luigi Gant, Pietro Busato

Luigi Sighel, suddiacono

1939-40

Antonio Eibenstein

Antonio Eibenstein (rettore e prefetto), Mario Janeselli, Alessandro Vianello, Marco Cipolat, Giovanni Tamanini, Lino Janeselli, Cesare Turetta, Guido Cognolato, Luigi Ferrari, Livio Donati, Pio Pasqualini

Luigi Gant, Pietro Busato

Don Luigi Sighel, diacono, poi prete

1940-41

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri, Mansueto Janeselli (Vicario ed economo), Basilio Martinelli (2° cons.), Alessandro Vianello, Michele Busellato, Amedeo Fedel, Alessandro Valeriani, Livio Donati, Luigi Candiago, Cesare Turetta, Pio Pasqualini, Luigi Sighel, Francesco Rizzardo

Luigi Gant, Pietro Busato

 

1941-42

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri, Mansueto Janeselli (Vicario ed economo), Mario Janeselli, Alessandro Vianello, Livio Donati, Michele Busellato, Amedeo Fedel, Gioacchino Sighel, Cesare Turetta, Enrico Franchin, Luigi Sighel, Francesco Rizzardo

Luigi Gant, Pietro Busato

 

1942-43

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri, Mansueto Janeselli (Vicario ed economo), Alessandro Vianello, Marco Cipolat, Luigi Candiago, Cesare Turetta, Pio Pasqualini, Luigi Sighel, Livio Donati, Francesco Rizzardo

Luigi Santin, Luigi Gant, Pietro Busato

 

1943-44

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri, Mansueto Janeselli (Vicario ed economo), Michele Busellato, Valentino Fedel, Bruno Marangoni, Luigi Ferrari, Gioachino Tomasi, Antonio Turetta, Luigi Candiago, Angelo Guariento, Luigi Sighel

Luigi Gant, Olivo Bertelli

Chierico Pietro Carraro

1944-45

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri, Mansueto Janeselli (Vicario ed economo), Michele Busellato, Valentino Fedel, Bruno Marangoni, Luigi Ferrari, Gioachino Tomasi, Antonio Turetta, Luigi Candiago, Angelo Guariento, Luigi Sighel

Aldo Piotto, in prova.

Chierico Pietro Carraro

1945-46

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri, Mansueto Janeselli (Vicario ed economo), Michele Busellato, Valentino Fedel, Bruno Marangoni, Luigi Ferrari, Gioachino Tomasi, Antonio Turetta, Luigi Candiago, Angelo Guariento, Luigi Sighel

Aldo Piotto, in prova, e probabilmente altri.

 

1946-47

Gioachino Tomasi

Gioachino Tomasi, Mansueto Janeselli (vicario ed economo), Valentino Fedel (2° cons.), Federico Grigolo, Luigi Sighel, Marco Cipolat.

Aldo Piotto, in prova, e probabilmente altri. Il primo fu dimesso i 20.6.1947.

Ermenegildo Loris Zanon

1947-48

Gioachino Tomasi

Gioachino Tomasi, Mansueto Janeselli (vicario ed economo), Valentino Fedel (2° cons.), Federico Grigolo, Luigi Sighel, Marco Cipolat. Ferruccio Vianello, Vittorio Cristelli

  

1948-49

Gioachino Tomasi

Gioachino Tomasi, Mansueto Janeselli (vicario ed economo), Valentino Fedel (2° cons.), Angelo Sighel (Delegato per l’Istituto del S. Nome), Luigi Janeselli, Federico Grigolo, Marco Cipolat, Ferruccio Vianello, Vittorio Cristelli

  

1949-50

Gioachino Tomasi

Gioachino Tomasi (rettore e prefetto delle scuole), Mansueto Janeselli (vicario ed economo), Vittorio Cristelli (2° cons.), Valentino Fedel, Carlo Donati, Enrico Franchin, Luigi Sighel, Andrea Galbussera, Giovanni De Biasio, Ermenegildo Zanon,

Olivo Bertelli, Luigi Di Ricco

 

1950-51

Gioachino Tomasi

Gioachino Tomasi (rettore e prefetto delle scuole), Mansueto Janeselli (vicario ed economo), Vittorio Cristelli (2° cons.), Valentino Fedel, Enrico Franchin, Luigi Sighel, Andrea Galbussera, Ermenegildo Zanon, Giuseppe Da Lio, Riccardo Zardinoni (trasferito a Borca a dicembre 1950), Giorgio Dal Pos (da dicembre 1950)

Olivo Bertelli, Luigi Di Ricco?

 

1951-52

Gioachino Tomasi

Gioachino Tomasi (rettore e prefetto delle scuole), Mansueto Janeselli (1° cons., vicario ed economo), Valentino Fedel (2° cons.), Enrico Franchin, Luigi Sighel, Cesare Turetta, Andrea Galbussera, Ermenegildo Zanon, Giuseppe Da Lio, Giorgio Dal Pos, Ugo Del Debbio, Antonio Magnabosco

Luigi Gant, Giusto Larvete

 

1952-53

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri (rettore), Mansueto Janeselli (vicario, preside ed economo), Andrea Galbussera (2° cons.), Valentino Fedel, Enrico Franchin, Cesare Turetta, Ermenegildo Zanon, Giuseppe Da Lio, Giorgio Dal Pos, Ugo Del Debbio, Antonio Magnabosco

Luigi Gant, Giusto Larvete

 

1953-54

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri (rettore), Mansueto Janeselli (vicario, prefetto delle scuole ed economo), Mario Janeselli, Valentino Fedel, Angelo Sighel, Marco Cipolat, Alessandro Valeriani, Francesco Rizzardo, Andrea Galbussera (2° cons.), Igino Pagliarin, Giuseppe Da Lio, Giuseppe Colombara, Giovanni De Biasio, Giorgio Dal Pos, Luigi Toninato, Antonio Magnabosco, Nicola Zecchin

Olivo Bertelli, Luigi Santin

 

1954-55

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri (rettore), Mansueto Janeselli (vicario, preside ed economo), Mario Janeselli, Valentino Fedel, Angelo Sighel, Marco Cipolat, Alessandro Valeriani, Francesco Rizzardo, Andrea Galbussera (2° cons.), Igino Pagliarin, Giuseppe Da Lio, Giuseppe Colombara, Giovanni De Biasio, Giorgio Dal Pos, Luigi Toninato, Antonio Magnabosco, Nicola Zecchin

Olivo Bertelli, Luigi Santin. Edoardo Bortolamedi

 

1955-56

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore e prefetto delle scuole), Mansueto Janeselli (1° cons. e vicario), Bruno Marangoni, Angelo Guariento, Riccardo Zardinoni, Giuseppe Colombara (economo), Giovanni De Biasio (2° cons.), Antonio Magnabosco, Tullio Antonello

Luigi Santin

 

1956-57

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore e prefetto delle scuole), Mansueto Janeselli (1° cons. e vicario), Bruno Marangoni, Angelo Guariento, Riccardo Zardinoni, Giuseppe Colombara (economo), Giovanni De Biasio (2° cons.), Antonio Magnabosco, Tullio Antonello

Luigi Santin

 

1957-58

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore e prefetto delle scuole), Mansueto Janeselli (1° cons. e vicario), Bruno Marangoni, Angelo Guariento, Riccardo Zardinoni, Giuseppe Colombara (economo), Giovanni De Biasio (2° cons.), Antonio Magnabosco, Tullio Antonello

Luigi Santin

 

1958-59

Luigi Ferrari

Luigi Ferrari (rettore), Mansueto Janeselli (1° cons., vicario e prefetto delle scuole), Angelo Guariento (economo), Enrico Franchin, Giuseppe Colombara, Ugo Del Debbio, Giovanni De Biasio, Antonello Tullio, Antonio Magnabosco, Giulio Avi

Luigi Santin

 

1959-60

Luigi Ferrari

Luigi Ferrari (rettore), Mansueto Janeselli (1° cons., vicario e prefetto delle scuole), Enrico Franchin, Guerrino Molon, Giuseppe Colombara (2° cons.), Ugo Del Debbio, Artemio Bandiera, (Antonello Tullio?), (Giulio Avi?), Ottorino Villatora

Luigi Santin

 

1960-61

Luigi Ferrari

Luigi Ferrari (rettore), Mansueto Janeselli (1° cons., vicario e prefetto delle scuole), Angelo Guariento (economo), Enrico Franchin, Giuseppe Colombara, Ugo Del Debbio, Giovanni De Biasio, Antonello Tullio, Antonio Magnabosco, Giulio Avi

Luigi Santin

 

1961-62

Mario Merotto

Mario Merotto (rettore), Enrico Franchin (1° cons., e vicario), Ugo Del Debbio (2° cons.), Guerrino Molon (economo), Alessandro Vianello, Giovanni De Biasio, Attilio Collotto, Artemio Bandiera, Angelo Moretti

???

 

1962-63

Mario Merotto

Mario Merotto (rettore), Enrico Franchin (1° cons., e vicario), Alessandro Valeriani, Guerrino Molon (economo), Alessandro Vianello, Giovanni De Biasio, Attilio Collotto (2° cons.), Artemio Bandiera, Augusto Taddei, Angelo Moretti, Mario Zendron

Luigi Di Ricco

 

1963-64

Mario Merotto

Mario Merotto (rettore), Giuseppe Fogarollo (1° cons, e vicario), Vittorio Cristelli (2° cons.), Enrico Franchin, Angelo Pillon,  Mario Zendron (?economo), Augusto Taddei

???

 

1964-65

Mario Merotto

Mario Merotto (rettore), Giuseppe Fogarollo (1° cons, e vicario), Bruno Marangoni, Vittorio Cristelli (2° cons.), Enrico Franchin, Giovanni De Biasio, Raffaele Pozzobon,  Mario Zendron (economo), Augusto Taddei

Giusto Larvete

 

1965-66

Mario Merotto

Mario Merotto (rettore), Giuseppe Fogarollo, Vittorio Cristelli, Enrico Franchin, Angelo Pillon, Giovanni De Biasio, Augusto Taddei, Mauro Verger, Mario Zendron

Giusto Larvete

 

1966-67

Mario Merotto

Mario Merotto (rettore), Giuseppe Fogarollo, Vittorio Cristelli, Enrico Franchin, Angelo Pillon, Giovanni De Biasio, Augusto Taddei, Mauro Verger, Mario Zendron

Giusto Larvete

 

1967-68

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore e prefetto delle scuole), Alessandro Valeriani (1° cons. e vicario), Artemio Bandiera (2° cons.), Mario Zendron (economo), Angelo Pillon, Enrico Franchin, Fiorino Basso, Giuseppe Francescon, Remo Morosin

Olivo Bertelli

 

1968-69

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore), Alessandro Valeriani (1° cons. e vicario), Artemio Bandiera (2° cons.), Mario Zendron (economo), Angelo Pillon, Enrico Franchin, Fiorino Basso, Giuseppe Francescon, Remo Morosin

Giuseppe Corazza

 

1969-70

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore), Alessandro Valeriani (1° cons. e vicario), Artemio Bandiera (2° cons.), Mario Zendron (economo), Angelo Pillon, Enrico Franchin, Remo Morosin, Giuseppe Francescon, Remo Morosin

Giuseppe Corazza

 

1970-71

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore), Angelo Sighel, Angelo Pillon, Alessandro Valeriani (1° cons., vicario e padre spirituale), Enrico Franchin (2° cons.), Vincenzo Saveri, Giuseppe Pagnacco (economo), Giuseppe Francescon, Remo Morosin, Liberio Andreatta

Giuseppe Corazza

 

1971-72

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore), Angelo Sighel, Angelo Pillon, Alessandro Valeriani (1° cons., vicario e padre spirituale), Enrico Franchin (2° cons.), Tullio Antonello, Giuseppe Francescon, Remo Morosin

Edoardo Bartolamedi

 

1972-73

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore), Angelo Pillon, Enrico Franchin (Padre spirituale e 2° cons.), Tullio Antonello, Giuseppe Francescon, Remo Morosin (1° cons. e vicario)

Edoardo Bartolamedi

 

1973-74

Gioachino Tomasi

Gioachino Tomasi (rettore), Angelo Pillon, Enrico Franchin, Giuseppe Francescon, Remo Morosin

Edoardo Bartolamedi

 

1974-75

Gioachino Tomasi

Gioachino Tomasi (rettore), Angelo Pillon, Enrico Franchin, Giuseppe Francescon, Remo Morosin

Edoardo Bartolamedi

 

1975-76

Fiorino Basso

Fiorino Basso (rettore), Angelo Pillon, Enrico Franchin (1° cons., vicario e Padre spirituale), Giuseppe Francescon (economo), Remo Morosin (2° cons.)

Edoardo Bartolamedi

 

1976-77

Fiorino Basso

Fiorino Basso (rettore), Angelo Pillon, Enrico Franchin (1° cons., vicario e Padre spirituale), Giuseppe Francescon (economo), Remo Morosin (2° cons.)

Edoardo Bartolamedi

 

1977-78

Fiorino Basso

Fiorino Basso (rettore), Angelo Pillon, Enrico Franchin (1° cons., vicario e Padre spirituale), Giuseppe Francescon (economo), Remo Morosin (2° cons.)

 

1978-79

Fiorino Basso

Fiorino Basso (rettore), Angelo Pillon, Enrico Franchin (1° cons., vicario e Padre spirituale), Giuseppe Francescon (economo), Remo Morosin (2° cons.)

 

1979-80

Remo Morosin

Remo Morosin (rettore), Angelo Pillon (padre spirituale), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Giuseppe Fogarollo (2° cons.), Feliciano Ferrari (economo)

 

1980-81

Remo Morosin

Remo Morosin (rettore), Angelo Pillon (padre spirituale), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Giuseppe Fogarollo (2° cons.), Feliciano Ferrari (economo)

 

1981-82

Remo Morosin

Remo Morosin (rettore), Angelo Pillon (padre spirituale), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Giuseppe Fogarollo (2° cons.), Feliciano Ferrari (economo)

 

1982-83

Remo Morosin

Remo Morosin (rettore), Angelo Pillon (padre spirituale), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Giuseppe Fogarollo, Arcangelo Vendrame, Amedeo Morandi (econ.)

 

1983-84

Remo Morosin

Remo Morosin (rettore), Angelo Pillon (padre spirituale), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Giuseppe Fogarollo, Arcangelo Vendrame

 

1984-85

Remo Morosin

Remo Morosin (rettore), Angelo Pillon (padre spirituale), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Giuseppe Fogarollo, Arcangelo Vendrame

 

1985-86

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore), Angelo Pillon (padre spirituale), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Arcangelo Vendrame, Amedeo Morandi, Remo Morosin (preside)

Luigi Gant

 

1986-87

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore e preside), Angelo Pillon (padre spirituale), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Arcangelo Vendrame, Amedeo Morandi

Luigi Gant

 

1987-88

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore e preside), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Arcangelo Vendrame, Sergio Vio, Giulio Avi.

Luigi Gant

 

1988-89

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore e preside), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Ugo Del Debbio, Arcangelo Vendrame, Giulio Avi.

Luigi Gant

 

1989-90

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore e preside), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Narciso Bastianon, Arcangelo Vendrame, Giulio Avi.

Luigi Gant

 

1990-91

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore e preside), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Sergio Vio, Giulio Avi.

 

1991-92

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore e preside), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Narciso Bastianon, Sergio Vio

 

1992-93

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore e preside), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Narciso Bastianon

 

1993-94

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore e preside), Enrico Franchin (1° cons. e vicario), Narciso Bastianon

 

1994-95

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Enrico Franchin, Arcangelo Vendrame, Gianni Masin

  

1995-96

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Enrico Franchin, Arcangelo Vendrame, Rito Luigi Cosmo, (Gianni Masin)

  

1996-97

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore di Capezzano e Porcari riunite), Enrico Franchin, Arcangelo Vendrame, Rito Luigi Cosmo, (Gianni Masin)

  

1997-98

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore di Capezzano e Porcari riunite), Enrico Franchin, Arcangelo Vendrame, Rito Luigi Cosmo

  

1998-99

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore di Capezzano e Porcari riunite), Enrico Franchin, Arcangelo Vendrame, Rito Luigi Cosmo

  

1999-2000

Remo Morosin

Remo Morosin (rettore), Enrico Franchin, Arcangelo Vendrame, Rito Luigi Cosmo

  

2000-01

Amedeo Morandi

Amedeo Morandi (rettore e parroco a S. Gennaro), Enrico Franchin, Rito Luigi Cosmo.

  

2001-02

Amedeo Morandi

Amedeo Morandi (rettore e parroco a S. Gennaro), Enrico Franchin, Rito Luigi Cosmo

  

2002-03

Amedeo Morandi

Amedeo Morandi (rettore e parroco a S. Gennaro), Enrico Franchin, Rito Luigi Cosmo

  

2003-04

Amedeo Morandi

Amedeo Morandi (rettore e parroco a S. Gennaro), Enrico Franchin,

  

2004-05

Franco Cadorin

Franco Cadorin, (rettore e parroco), Amedeo Morandi (parroco a S. Gennaro), Enrico Franchin, Armando Soldera, Bruno Consani

  

2005-06

Amedeo Morandi

Amedeo Morandi (rettore e parroco a S. Gennaro), Enrico Franchin, Artemio Bandiera

  

2006-07

Amedeo Morandi

Amedeo Morandi (rettore e parroco a S. Gennaro), Enrico Franchin, Artemio Bandiera

 

La casa chiude formalmente il 1° novembre 2007. P. Amedeo Morandi muore a S. Gennaro il 2.11.2007

2007 fino al 2020

 

Rimane P. Arcangelo Vendrame, come cappellano delle “Suore Cavanis”, residente nella loro casa generale.

 

La casa di Porcari come tale non esiste più.

2. La casa del Probandato di Possagno (1919)

Un piccolo seminario a Possagno era esistito praticamente dall’inizio di quella casa (dal 1860), ma era stato chiuso naturalmente quanto i padri si erano dovuti ritirare da Possagno dopo le leggi eversive del 1866. Si era ricominciato più tardi, al rientro, costruendo anche una piccola ala apposita del collegio, per uno dei seminaristi minori, ma non si trattava di una casa distinta.

  • Si decide all’unanimità di creare un seminario (che sarà poi chiamato prima “collegetto”, più tardi sarà il probandato) per aspiranti Cavanis a Possagno, separati però dai collegiali.

Il 25 marzo 1925 usciva, per iniziativa locale ma con l’incentivo e la soddisfazione del preposito P. Zamattio, il foglietto “I piccoli fiori della Madonna del Carmine”, edito dal Probandato di Possagno. Di solito si dice in Congregazione che il promotore fu P. D’Ambrosi, ma in questi anni egli si trovava come pro-rettore della casa di Porcari, quindi la cosa sembra poco probabile.

La comunità del probandato iniziò come comunità informale residente nell’edificio stesso del probandato nell’autunno 1937, con un pro-rettore, ma i religiosi inizialmente appartenevano alla comunità di Possagno-Collegio Canova fino al 9 luglio 1940, quando la piccola comunità del Probandato fu eretta come casa formale. in questa prima fase ebbe particolare importanza la presenza e l’azione del P. Ambrosi.

La chiesetta del Probandato fu inaugurata domenica 27 ottobre 1940, solennità di Cristo re; la prima pietra era stata posta il 16 luglio 1939. Il progetto della chiesetta era dell’architetto Fausto Scudo di Crespano del Grappa. Più tardi l’altare maggiore sarebbe stato arricchito dal grande musaico di Cristo re.

Per una quarantina d’anni il probandato di Possagno funzionò ininterrottamente, come seminario minore principale dell’Istituto, ricevendo seminaristi dai seminari minori di Toscana (quando presenti) e del Trentino e fornendo regolarmente novizi al noviziato della Casa del S. Cuore. Dopo il Concilio ecumenico Vaticano II e soprattutto dopo la diffusione della scuola media e superiore italiana anche nei paesi più piccoli, e a causa dell’inizio della rivoluzione demografica, l’utilità del probandato fu messa in dubbio dalla realtà; fu anche criticata la sua posizione, fuori del paese di Possagno o al suo margine, troppo lontana, come si diceva, dal mondo reale, come se fosse un monastero. Questa del resto erano stati l’intenzione e lo stile iniziale, non solo per il nostro istituto.

Dopo lunghe discussioni, dibattiti, disamina delle varie possibilità alternative, sia in sede del seminario, sia nelle riunioni del Consiglio generale durante gli anni 1976-77, il probandato o seminario minore di Possagno viene chiuso definitivamente il 3 luglio 1977. I pochi seminaristi che ancora esistevano, sei o sette, e che accettarono di essere trasferiti, passarono al seminario di Fietta del Grappa “dove almeno si vedeva passare un’automobile sulla strada della pedemontana”, come si usava dire. L’immobile, di proprietà della società di comodo “Georgica”, fu alienato e venduto alla Fondazione Canova di Possagno nel luglio 1978, e trasformato in scuola alberghiera. La cappella fu trasformata in palestra; il grande e bel mosaico di Cristo Re fu imbiancato, ad evitare profanazioni.

Attualmente, chiusa anche la scuola alberghiera già dal 2005 (circa), l’edificio rimane abbandonato e senza scopo.

Un aspetto strano della struttura di questa comunità, è che, anche dopo gli inizi e anche quando la comunità era composta da cinque o anche più religiosi, il superiore locale molto spesso era classificato pro-rettore, anziché rettore, contro ogni regola.

Inoltre, in molti periodi e occasioni, il probandato stava in situazione di inferiorità e a volte di dipendenza dal collegio Canova.

Anno scolastico

(Pro-)Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1937-38

Giovanni D’Ambrosi Pro-rettore

Giovanni D’Ambrosi, Pillon, Alessandro Valeriani

Probabilmente un fratello laico, ma non se ne trova il nome.

Trattandosi di un seminario, vi furono sempre dei seminaristi in formazione. A volte anche seminaristi del teologato di Venezia, durante le vacanze o in altre situazioni.

1938-39

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Angelo Pillon (vicario), Alessandro Valeriani

Id.

 

1939-40

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Pillon (vicario), Alessandro Valeriani

Id.

 

1940-41

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Lino Janeselli, Ferruccio Vianello

Id.

 

1941-42

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Lino Janeselli, Federico Sottopietra, Guerrino Molon

Id.

 

1942-43

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Angelo Sighel, Giuseppe Fogarollo

Giusto Larvete

 

1943-44

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Angelo Sighel, Giuseppe Fogarollo

  

1944-45

Giovanni D’Ambrosi

Giovanni D’Ambrosi, Angelo Pillon, Giuseppe Simioni

  

1945-46

Alessandro Valeriani

Alessandro Valeriani, Angelo Pillon, Giuseppe Simioni

  

1946-47

Alessandro Valeriani

Alessandro Valeriani, Angelo Pillon, Giuseppe Simioni

  

1947-48

Alessandro Valeriani

Alessandro Valeriani, Angelo Pillon, Giuseppe Simioni

  

1948-49

Alessandro Valeriani

Alessandro Valeriani, Angelo Pillon, Giuseppe Maretto, Ermenegildo Zanon

  

1949-50

Angelo Guariento

Angelo Guariento (pro-rettore), Michele Busellato, Angelo Pillon, Giuseppe Maretto

  

1950-51

Angelo Guariento

Angelo Guariento (pro-rettore), Michele Busellato, Angelo Pillon, Giuseppe Maretto

  

1951-52

Angelo Guariento

Angelo Guariento (pro-rettore), Michele Busellato, Giuseppe Maretto, Fiorino Basso

  

1952-53

Angelo Guariento

Angelo Guariento (pro-rettore), Luigi Ferrari (Cons. e vicario), Michele Busellato, Fiorino Basso

  

1953-54

 

(? pro-rettore), Fiorino Basso (Cons. e vicario), Michele Busellato, Bruno Marangoni, Giuseppe Cortelezzi, Artemio Bandiera

  

1954-55

Cesare Turetta

Cesare Turetta (pro-rettore), Luigi Ferrari (cons., vicario e incaricato dei seminaristi liceali) e altri non specificati

  

1955-56

Cesare Turetta

Cesare Turetta (pro-rettore), Luigi Ferrari (cons., vicario e incaricato dei seminaristi liceali), Michele Busellato, Nicola Zecchin, Armando Bandiera, Arcangelo Vendrame

  

1956-57

Cesare Turetta

Cesare Turetta (pro-rettore), Luigi Ferrari (cons., vicario e incaricato dei seminaristi liceali), Michele Busellato, Nicola Zecchin, Armando Bandiera, Amedeo Morandi

  

1957-58

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (pro-rettore), Luigi Ferrari (cons. e vicario), Michele Busellato, Armando Bandiera, Amedeo Morandi

  

1958-59

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (pro-rettore), Armando Soldera (cons. e vicario), Michele Busellato, Armando Bandiera, Arcangelo Vendrame

Guerrino Zacchello

 

1959-60

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (pro-rettore), Armando Soldera (cons. e vicario), Michele Busellato, Armando Bandiera, Arcangelo Vendrame

Guerrino Zacchello

 

1960-61

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (pro-rettore), Armando Soldera (cons. e vicario), Michele Busellato, Armando Bandiera, Arcangelo Vendrame

Guerrino Zacchello

 

1961-62

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Armando Soldera (1° cons, e vicario), Francesco Giusti (2° cons. ed economo), Franco Degan, Emilio Gianola

 

1962-63

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (pro-rettore), Armando Soldera (1° cons, e vicario), Francesco Giusti (2° cons. ed economo), Franco Degan, Fabio Sandri.

 

1963-64

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (pro-rettore ed economo), Alessandro Vianello, Artemio Bandiera, Franco Degan, Edoardo Ferrari

 

1964-65

Franco Degan

Franco Degan (rettore, economo), Armando Soldera, Alessandro Vianello, Artemio Bandiera, Edoardo Ferrari

 

1965-66

Franco Degan

Franco Degan (rettore, economo), Alessandro Vianello, Armando Soldera, Artemio Bandiera, Edoardo Ferrari

 

1966-67

Franco Degan

Franco Degan (rettore, economo), Alessandro Vianello, Armando Soldera, Artemio Bandiera, Edoardo Ferrari

 

1967-68

Augusto Taddei

Augusto Taddei (rettore, prefetto delle scuole e economo), Giosuè Gazzola 1° cons. e vic. e maestro degli studenti di liceo), Armando Soldera (2° cons.), Alessandro Vianello, Natale Sossai

 

1968-69

Augusto Taddei

Augusto Taddei (rettore, ed economo), Giovanni De Biasio (1° cons. e vic. e maestro degli studenti di liceo), Armando Soldera (2° cons.), Alessandro Vianello, Natale Sossai

 

1969-70

Augusto Taddei

Augusto Taddei (rettore, ed economo), Giovanni De Biasio (1° cons. e vic. e maestro degli studenti di liceo), Armando Soldera (2° cons.), Alessandro Vianello, Natale Sossai

 

1970-71

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (rettore ed economo), Natale Sossai (1° cons., vicario e padre spirituale), Antonio Armini (2° cons.)

 

1971-72

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (rettore ed economo), Natale Sossai (1° cons., vicario e padre spirituale), Fabio Sandri, Diego Spadotto

 

1972-73

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (rettore ed economo), Natale Sossai (1° cons., vicario e padre spirituale), Fabio Sandri, Diego Spadotto

 

1973-74

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (rettore ed economo), Fabio Sandri, Diego Spadotto, Paolo Calzavara

 

1974-75

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (rettore ed economo), Rocco Tomei, Fabio Sandri

 

1975-76

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (rettore ed economo), Giuseppe Simioni, Rocco Tomei

 

1976-77

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (rettore ed economo), Giuseppe Simioni, Rocco Tomei

Il probandato o seminario minore di Possagno viene chiuso definitivamente il 3 luglio 1977.

3. La casa di Pieve di Soligo (1923)

Dopo aver ricevuto nel 1922 l’invito da parte del vescovo della diocesi di Ceneda (ora diocesi di Vittorio Veneto) allora monsignor Eugenio Beccegato e averne discusso più volte in consiglio definitoriale, nel 1923 l’Istituto Cavanis aveva accettato la direzione della Fondazione Collegio Balbi Valier a Pieve di Soligo (Provincia di Treviso e diocesi di Ceneda). Il primo religioso Cavanis che fu inviato (assieme a un fratello laico) a reggere il collegio, fu il P. Agostino Menegoz.

La casa di Pieve di Soligo fu dunque aperta il 30 settembre 1923, con l’arrivo dei padri il 24 settembre precedente, per l’esattezza un padre e un fratello, nella parrocchia di Pieve di Soligo (in provincia di Treviso). All’inizio del 1925 (22 gennaio), il collegio accoglieva cinque convittori, 15 semiconvittori e con gli esterni un numero di 87 alunni.

L’esperienza di Pieve di Soligo sarà tuttavia purtroppo di breve durata, con grave danno morale e anche economico per l’Istituto. A seguito di eventi spiacevoli, la casa Cavanis sarà chiusa e l’esperienza interrotta il 16 marzo 1927; lo sgombero di fatto avvenne il 16 aprile dello stesso anno.

Una notizia su una parrocchia vicina si trova il 23 luglio 1928: “Questa mattina, colla 1ª corsa rispettivamente da Possagno e da Venezia i PP. Piasentini e Andreatta per Soligo, dove si fermeranno alcuni giorni presso quel R.mo Arciprete, amicissimo nostro, che affidò loro (in particolare al P. Aurelio Andreatta) la compilazione, ora quasi terminata, d’un opuscolo storico sulla Parrocchia di Soligo”.

1923-24

Agostino Menegoz

Agostino Menegoz

un fratello laico

1924-25

Agostino Menegoz

Agostino Menegoz

un fratello laico

1925-26

Agostino Menegoz

Agostino Menegoz

un fratello laico

1926-27

?

La casa fu chiusa ufficialmente, in quanto casa Cavanis, il 16 marzo 1927; lo sgombero di fatto avvenne il 16 aprile 1927.

1927-28

(Basilio Martinelli)

(Basilio Martinelli e Valentino Fedel, quest’ultimo poi sostituito da Vincenzo Saveri)

(un fratello laico)

Questi religiosi erano stati proposti per il caso di una eventuale riapertura della casa da parte dell’Istituto, ma non se ne fece nulla e con buon motivo.

4. La casa di Conselve (1924)

Su invito della diocesi di Padova e dell’arciprete di Conselve, il preposito con il suo capitolo definitoriale decise di accettare di aprire un’attività a Conselve, in questa diocesi. Si trattava di dirigere un patronato parrocchiale, con doposcuola. Ci furono alcune incertezze, varie discussioni sui dettagli, qualche difficoltà per arrivare a una convenzione chiara. Ci furono anche alcune visite preliminari in situ.

La decisione di accettare la fondazione e di aprire la casa fu presa nel consiglio definitoriale dell’11 ottobre 1924.

L’entrata solenne avvenne il 23 novembre 1924 La casa Cavanis fu eretta canonicamente, con regolare decreto della curia diocesana di Padova, il 10 dicembre seguente. Le cose all’inizio vanno discretamente. Si viene a sapere però in seguito che la proprietà dell’edificio del patronato è dei padri Giuseppini (Del Murialdo?) che si erano ritirati perché l’opera era poco promettente. I padri trovarono strano di non essere stati informati di questo dettaglio importante, e commentarono che l’arciprete era stato poco sincero. Il problema della casa di Conselve sembra essere stata però la scarsa disponibilità del P. Giuseppe Borghese, che si lagnava di tutto e che aveva troppa nostalgia della vita più movimentata di Venezia, dove aveva molte amicizie e contatti con allievi ed ex-allievi.

Il Diario di Congregazione riporta il 18 marzo 1925: “Ho scritto all’Arciprete di Conselve, osservando come non vengano osservati i patti che sia provvista la Casa del necessario mobilio e come si sia troppo diffusa la fama che noi non possiamo ricevere offerte. L’ho pregato a provvedere il mobilio conveniente, a rifondere la spesa fatta e a precisare in che consiste la nostra regola”. P. Borghese non era disposto a consegnare la lettera all’arciprete, ma P. Zamattio, preposito, lo obbligò a farlo.

Il capitolo generale ordinario, tenuto il 17-18 luglio 1925 a Venezia, decise la chiusura della casa di Conselve, appena aperta da meno di un’anno, ufficialmente “perché la Congregazione non è in caso di sostenerla essendosi ammalati alcuni individui. Ho scritto e inviato P. Andreatta”, scrive P. Agostino Zamattio nel diario.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1924-25

Giuseppe Borghese, pro-rettore

Giuseppe Borghese

Vincenzo Faliva

5. La casa del Sacro Cuore e il noviziato annesso (1936)

Chi dal piazzale del Tempio di Possagno volge lo sguardo verso la croce che si erge a 1300 m sulla cima del monte Palon ha alla sua sinistra la valle di S. Rocco, la valle della Gheda, le Nasarole, il monte dei Campini, e, sotto il monte Palon e sotto la quota immediatamente sottostante, chiamata Castel Cesìl, vede Col Draga, detto anche Coldraga o Col di Draga, a circa 600 m s.l.m.; alla sua destra le dorsali del monte Tomba, del Monfenera: luoghi tutti tormentati dalla guerra del 1915-18, nella sua ultima e cruciale fase dopo la disfatta di Caporetto.

Sul “Col Draga” furono erette, in varie fasi successive, la Casa Alpina o Villa Alpina e poi la Casa del S. Cuore con le sue ali e la chiesa, oltre ad alcuni capitelli, sacelli e altri annessi.

Il podere di Col Draga ebbe vari proprietari, come Cunial, Socal e ultimo, prima dei Cavanis, un certo Miotto, oriundo dal Polesine. Il Miotto si era preparato sul colle uno spiazzo per una sua villetta: aveva piantato una pineta (come si dirà, era piuttosto un’abetina), un giardinetto con abbondanti piantine di fiori; sentieri nel pendio verso Cavaso, con muriccioli a secco; vi aveva scavato un pozzo e una piccola cantina (tutte cose tuttora esistenti); tutta la cima del colle era cintata da un muro a secco e vi si entrava per un cancello, di cui rimangono ancora i due pilastri, davanti a quella che sarà poi la Casa Alpina e poi il noviziato. Miotto aveva costruita una casetta, prospiciente la Val Cavasia e il Piave, quale abitazione del custode della proprietà. Con ogni probabilità, intendeva costruire una casa da villeggiatura per sé e per la famiglia, anche perché essendo ammalato di tisi, aveva bisogno di respirare un’aria più asciutta e più fresca di quella del Polesine.

Il signor Miotto non poté realizzare il suo piano perché si ammalò e, andato a Napoli, ivi morì. I padri del Collegio Canova, volendo avere una meta e poi una base per escursioni in montagna dei giovani, misero gli occhi su quel colle, molto opportuno allo scopo, e ne fecero l’acquisto dagli eredi del Miotto.

Il passaggio di proprietà di Col Draga ai Padri avvenne al principio del mandato di P. Augusto Tormene come rettore della casa di Possagno, verso il 1904.

5.1 Una gita dei padri a Coldraga e benedizione della villa

Nell’archivio della Casa del S. Cuore, si trova la fotocopia di una lettera di P. Francesco Saverio Zanon, datata 17 agosto 1907, diretta al preposito, P. Vincenzo Rossi, dando relazione non formale anzi del tutto informale, fresca, scherzosa e alquanto divertente ed entusiastica, relativa a una visita alla nuova proprietà dell’Istituto, cioè il culmine del Coldraga. La fotocopia è accompagnata da una lettera di P. Fabio Sandri, a quel tempo prezioso e accurato archivista della casa di Possagno-Collegio Canova, come sarà più tardi archivista altrettanto accurato della casa del S. Cuore, di Venezia e così via. Nella lettera di accompagnamento presenta ai religiosi della casa del S. Cuore la fotocopia della lettera di P. Zanon, in occasione della festa dei PP. Fondatori, celebrata il 12 marzo 1986. Ecco la trascrizione qui originale del testo della lettera:

JMJ.

Villa “Imperiale”, 17-8-907

M. R. Padre,

Le scrivo, come si legge nella data, dall’alto del Col di Draga, a m. 590 sul livello del mare, avendo per scrittorio la porta, di larice, della ideale cantina situata a Sud-Est della palazzina Svizzera all’ombra della quale or ora abbiamo preso un moka, dopo il pranzo ed il relativo riposo sotto i castagni.

Alla mia destra c’è il P. Carlo con davanti due fazzoletti, la scatola del tabacco, la scodella del caffè, il bicchiere e il temperino che gli ha servito a trinciare a pranzo il suo quarto di pollo. Poi viene il Sig. Censore (?) che se ne sta fumando pacificamente un Sella. Alla mia sinistra il P. Vicario in cappello di paglia ammira i panorami del Piave, di fronte, Basilio col fazzoletto bianco attorno al collo, gioca coll’orologio e beve …. Acqua della nostra cisterna. Sopra il mio capo, il R.mo P. Tormene dorme ancora i sonni dell’innocenza nei vasti dormitori della villa.

Ci fa da cameriere il grazioso Gaetanino, profumando l’ambiente cogli aromi delle sue scarpe. Per dove egli passa rimane veramente …. Un solco di mestizia.

Tutto ciò per introdurmi ad annunziarLe che oggi c’è stata la solenne benedizione della villa. Partiamo all’alba delle …, a piccole comitive e cominciamo la salita. Io fui accompagnato dal P. Calza, ed arrivammo in tre quarti d’ora per la via più lunga ma ombrosa. Penetrammo al recinto delle nostre possessioni. Oh cielo!

Parlando fuori di scherzo, è veramente un bell’acquisto. Vasto l’ho scoperto, che diventerà un bel parco quando saranno cresciute le numerose conifere piantatevi: delizioso il profumo delle rose, gradevoli i fiori variopinti, graziosa nella sua piccolezza l’abitazione. Insomma il valore reale della piccola possessione è di gran lunga superiore alla somma pagata.

Burlone! Il P. Tormene si è svegliato ed ha gettato fuori della finestra un catino d’acqua che ha messo lo scompiglio nella quieta brigata. Tutti ci moviamo, ma intanto il medemo da un’altra finestra, senza guardare (ignoranza affettata, dicono i moralisti) getta fuori un’altra catinella che va ad annaffiare, naturalmente, il più fortunato che è il P. Vicario. Si vide dunque ma poco.

Concludiamo mandando riverenti saluti a Lei ed ai Confratelli.

Benedica il Suo aff.mo figlio in G. C.

P. F. S. Zanon

PS. Il P. Carlo raccomanda al P. Borghese il [illeggibile] e al P. Rizzardo l’Osservatorio. Il P. Fanton riverisce Lei e tutti: veramente Egli non istà bene. Sono appianate le cosette di Arturo di cui Ella mi aveva parlato?

Da Paravia, è venuto nulla?”

LA VILLA ALPINA “S. GIUSEPPE CALASANZIO”

Il podere di

A VOI

ANTONANGELO E MARCANTONIO DE CAVANIS

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

Il primo anno scolastico poté cosí essere avviato già a partire dal 1949/50. La posa della prima pietra dell’edificio è documentata da un’iscrizione che si trova su una lapide posta accanto all’ingresso principale, in Via degli Impianti Sportivi, n. 8. In essa, oltre alla dedica al Santo patrono delle Scuole di Carità, è riportata la data del 12 giugno 1949 (die duodecima junii A.D. 1949). La dedica e la data furono strettamente collegate fin dagli inizi e dall’origine stessa dell’idea. Le edizioni del Charitas – il bollettino dell’Associazione ex Allievi dell’Istituto – accompagnano passo passo e sono in grado di renderne conto quali fonti autorevoli di tali sviluppi.

II bollettino ci ricorda alcuni dei padri che costituivano la comunità di Possagno:

L’edificio

Presidi nel liceo Calasanzio

7.70 P. Angelo Sighel

TRASFORMAZIONE DEL BOLLETTINO

“Sfogliando una vecchia agenda

“Prime avvisaglie

La cosa comincia a farsi più seria

Inizia l’occupazione tedesca

Illusione e delusione

SEGRETERIA Dl STATO DI SUA SANTITÀ

N. 7354

Dal Vaticano, 15 gennaio 1959

L’AREA GEOGRAFICA DELL’EDIFIClO DELL’ISTITUTO CAVANIS A PORCARI

Autorità e Rappresentanze

Il Padre Prof. Ferrari

Senza voler descrivere i primi anni del suo mandato come preposito generale della Congregazione, trattandosi di un mandato attualmente in corso e di avvenimenti del tutto recenti, si ricordano qui le difficoltà di governare la Congregazione negli anni in cui, a partire almeno dall’inizio del 2020 e fino a oggi (2023) il mondo intero è stato colpito dalla pandemia di  SARS-CoV-2, malattia più conosciuta popolarmente come quella del Covid-19; l’insorgere, in dipendenza da questa, di crisi di violenza e asocialità, particolarmente tra i giovani; e, per altro verso, forti difficoltà economico-finanziarie per tutti e a tutti i livelli. Sono aumentate negli anni di questo mandato le guerre, particolarmente la grande guerra di invasione della Russia contro l’Ucraina (dal 24 febbraio 2022 al presente), senza contare la continuazione della guerra pluridecennale del Congo RDC orientale, della Siria e altre. Il clima di violenza, nervosismo, insicurezza, ha prodotto crisi nelle famiglie, nella chiesa di Dio, negli Istituti Religiosi, tra cui l’Istituto della cui Storia si parla. Vi si aggiunge in molti paesi il problema demografico della forte diminuzione della natalità, come pure della caduta verticale delle vocazioni presbiterali e soprattutto religiose; e la crisi di tanti religiosi; parallelamente alla crisi di tanti matrimoni e di tante famiglie.

Se qui non è il caso di tentare una sintesi della storia degli anni di mandato come preposito generale del P. Manoel Rosalino Pereira Rosa, in seguito questo mandato sessennale dovrà essere esaminato sullo sfondo di tante sofferenze dell’umanità, che si potranno comparare ad altre grandi crisi mondiali del passato.

Assessoria nazionale

La ” Villa alpina S. Giuseppe Calasanzio”, nei mesi estivi, funzionava regolarmente a completo beneficio degli alunni del Collegio, a scopo ricreativo. L’assistenza ai giovani in questo periodo di villeggiatura era affidata ai Padri, ma l’animatore di tutto il movimento giornaliero di giuochi e di gite era il “prefetto” o assistente Giulio Tomasetto, che esercitò verso i giovani un’opera educativa con grande passione e amore. Era un camminatore instancabile e un animatore di gite, inesauribile. Il maestro Tommasetto rimase attivo in istituto a Possagno per decenni. Tutti i giovani lo ricordavano sempre con grande affetto e alcuni, ancora viventi, tra cui chi scrive queste pagine, lo ricordano ancora.

LA CASA DEL S. CUORE

A VOI

ANTONANGELO E MARCANTONIO DE CAVANIS

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

Il primo anno scolastico poté cosí essere avviato già a partire dal 1949/50. La posa della prima pietra dell’edificio è documentata da un’iscrizione che si trova su una lapide posta accanto all’ingresso principale, in Via degli Impianti Sportivi, n. 8. In essa, oltre alla dedica al Santo patrono delle Scuole di Carità, è riportata la data del 12 giugno 1949 (die duodecima junii A.D. 1949). La dedica e la data furono strettamente collegate fin dagli inizi e dall’origine stessa dell’idea. Le edizioni del Charitas – il bollettino dell’Associazione ex Allievi dell’Istituto – accompagnano passo passo e sono in grado di renderne conto quali fonti autorevoli di tali sviluppi.

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Senza voler descrivere i primi anni del suo mandato come preposito generale della Congregazione, trattandosi di un mandato attualmente in corso e di avvenimenti del tutto recenti, si ricordano qui le difficoltà di governare la Congregazione negli anni in cui, a partire almeno dall’inizio del 2020 e fino a oggi (2023) il mondo intero è stato colpito dalla pandemia di  SARS-CoV-2, malattia più conosciuta popolarmente come quella del Covid-19; l’insorgere, in dipendenza da questa, di crisi di violenza e asocialità, particolarmente tra i giovani; e, per altro verso, forti difficoltà economico-finanziarie per tutti e a tutti i livelli. Sono aumentate negli anni di questo mandato le guerre, particolarmente la grande guerra di invasione della Russia contro l’Ucraina (dal 24 febbraio 2022 al presente), senza contare la continuazione della guerra pluridecennale del Congo RDC orientale, della Siria e altre. Il clima di violenza, nervosismo, insicurezza, ha prodotto crisi nelle famiglie, nella chiesa di Dio, negli Istituti Religiosi, tra cui l’Istituto della cui Storia si parla. Vi si aggiunge in molti paesi il problema demografico della forte diminuzione della natalità, come pure della caduta verticale delle vocazioni presbiterali e soprattutto religiose; e la crisi di tanti religiosi; parallelamente alla crisi di tanti matrimoni e di tante famiglie.

Se qui non è il caso di tentare una sintesi della storia degli anni di mandato come preposito generale del P. Manoel Rosalino Pereira Rosa, in seguito questo mandato sessennale dovrà essere esaminato sullo sfondo di tante sofferenze dell’umanità, che si potranno comparare ad altre grandi crisi mondiali del passato.

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5.2 La posa della prima pietra e l’inaugurazione della casa del Sacro Cuore

La prima pietra fu posta il 24 maggio 1936, giornata che ricorda la ricorrenza della Madonna Ausiliatrice e il 24 settembre dello stesso anno, giorno dedicato alla Madonna della Mercede, fu fatta l’inaugurazione della Casa con l’inizio del primo corso di Esercizi Spirituali, predicati dal P. Agostino Zamattio e dal P. Piasentini, rettore del Collegio.

Queste due ricorrenze meritano di essere ricordate per quello spirito con cui furono vissute dal Rettore del Collegio di allora e dal Rev.mo Preposito dell’Istituto, P. Aurelio Andreatta e da tutti coloro che parteciparono al primo corso in quel lontano settembre. Per capire l’entusiasmo di quel tempo basta pensare che appena sorta l’idea della Casa degli Esercizi, non fu frapposto alcun indugio, e la Casa divenne una realtà in pochi mesi.

In occasione della benedizione della Casa e dell’inizio del primo corso di Esercizi, il Rettore del Collegio, P. Giovanni Battista Piasentini pronunciò in sintesi il seguente discorso:

” Prima che la benedizione della Casa, per le mani del Rev.mo nostro Padre Preposito, Aurelio Andreatta, scenda sul nuovo edificio, desidero che il nostro pensiero si sollevi in questo momento al S. Cuore. Malgrado tutte le difficoltà e le contrarietà, la Casa degli Esercizi dai benedetti Padri Fondatori tanto sognata e da noi tanto desiderata, è oggi una realtà, ed il ringraziamento umile, ma insieme ardente salga al S. Cuore di Gesù, che perfino nelle minime, nelle insignificanti cose ci ha mostrato davvero la Sua Provvidenza, la Sua approvazione. Per questo la Casa degli Esercizi è sua e si chiamerà la ” Casa del S. Cuore”. Che Egli la illumini della Sua luce, la inondi del suo Suo Spirito, la renda Casa delle Sue misericordie. E accanto a Lui splenda oggi nella nostra gioia, Maria.

La posa della prima pietra era avvenuta il 24 settembre 1936, nella festa della Madonna Ausiliatrice; e la benedizione della Casa e l’inizio del primo Corso di Esercizi Spirituali avvenuti nella festa della Madonna della Mercede sono documenti irrefragabili e soavi che Ella ci vuol bene, e che è esatto il motto dei nostri Padri: “Le cose nostre tutte per Maria”.

Dopo queste commosse espressioni, il Rev.mo Preposito procedette alla benedizione dell’immagine del S. Cuore. Indi pronunciò la formula di benedizione sopra la nuova Casa, di cui asperse poi con l’acqua lustrale l’esterno e ad uno ad uno tutti gli ambienti interni.

Suggella infine la cerimonia con queste parole: “Haec dies quam fecit Dominus: exsultemus in ea“. Oggi, confratelli carissimi, si scrive sotto i nostri occhi commossi una pagina d’oro nella storia del nostro Istituto. La benedizione di Dio è scesa sopra la “Casa degli Esercizi Spirituali che reca auspicio dell’immancabile luminoso avvenire nel suo stesso nome: Casa del S. Cuore, “in quo sunt omnes thesauri sapientiae et scientiae“. Sopra questa Casa che abbiamo benedetta, aleggiano certo lieti e benedetti gli spiriti dei nostri Venerati Padri Fondatori. Si è aperta oggi una sorgente di grazia, di spiritualità cristiana, di misericordia divina. I nostri venerati Fondatori hanno auspicato l’Opera degli esercizi chiusi, sino a darne nelle regole ragione di fine accanto a quello primario della scuola, solo per alimentare maggiormente il fervore dei pii e far dono del bene supremo della grazia alle anime travolte nelle oscure tempeste della colpa. Per questo è sorta la Casa degli Esercizi e per questo ospiterà stasera un primo nucleo di anime desiderose di lumi e di forze per levarsi franche e sicure al volo delle virtù cristiane”.

La sera stessa del 24 settembre salirono in Col Draga i partecipanti al primo Corso di Esercizi Spirituali. (segue la lista dei partecipanti al primo corso.)

Parole di compiacenza di P. Giovanni Rizzardo – Preposito generale – al P. Piasentini

” Carissimo P. Rettore,

dopo la cerimonia di questa mattina, io, lieto di offrirti un particolare dettaglio di affettuoso significato e consolante auspicio, un gruppo di ex-allievi di Venezia, preso atto del mio invito a considerare con simpatia la notizia dell’iniziativa “pro Esercizi”,

A VOI

ANTONANGELO E MARCANTONIO DE CAVANIS

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

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Senza voler descrivere i primi anni del suo mandato come preposito generale della Congregazione, trattandosi di un mandato attualmente in corso e di avvenimenti del tutto recenti, si ricordano qui le difficoltà di governare la Congregazione negli anni in cui, a partire almeno dall’inizio del 2020 e fino a oggi (2023) il mondo intero è stato colpito dalla pandemia di  SARS-CoV-2, malattia più conosciuta popolarmente come quella del Covid-19; l’insorgere, in dipendenza da questa, di crisi di violenza e asocialità, particolarmente tra i giovani; e, per altro verso, forti difficoltà economico-finanziarie per tutti e a tutti i livelli. Sono aumentate negli anni di questo mandato le guerre, particolarmente la grande guerra di invasione della Russia contro l’Ucraina (dal 24 febbraio 2022 al presente), senza contare la continuazione della guerra pluridecennale del Congo RDC orientale, della Siria e altre. Il clima di violenza, nervosismo, insicurezza, ha prodotto crisi nelle famiglie, nella chiesa di Dio, negli Istituti Religiosi, tra cui l’Istituto della cui Storia si parla. Vi si aggiunge in molti paesi il problema demografico della forte diminuzione della natalità, come pure della caduta verticale delle vocazioni presbiterali e soprattutto religiose; e la crisi di tanti religiosi; parallelamente alla crisi di tanti matrimoni e di tante famiglie.

Se qui non è il caso di tentare una sintesi della storia degli anni di mandato come preposito generale del P. Manoel Rosalino Pereira Rosa, in seguito questo mandato sessennale dovrà essere esaminato sullo sfondo di tante sofferenze dell’umanità, che si potranno comparare ad altre grandi crisi mondiali del passato.

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di inizio, siano ricordati a suffragio gli accennati ed indimenticabili Padri. A te di esaudire i buoni amici e figliuoli, a me di consegnarti il modesto importo; frutto del loro attaccamento e del loro sacrificio.

Il Signore poi, come sa fare Lui, retribuat! – in Cristo       P. G. Rizzardo”

Così ebbe inizio questa Casa del S. Cuore, che doveva poi per anni ed anni continuare nello spirito con cui è sorta, a beneficio di innumerevoli anime, che sarebbero venute quassù, ad attingere dal S. Cuore, come da una fonte inesauribile, vita e santità.

5.3 Lo sviluppo della casa

La Casa del S. Cuore nel suo inizio (e nella sua prima piccola ala) non era come la vediamo ora: era una costruzione di sole 3l camere; senza refettorio, senza cucina e senza chiesa: tutto questo era offerto nella “Casa Alpina S. Giuseppe Calasanzio”.

Eppure, e questo è un dato nuovo e molto interessante, questo piccolo edificio è stato fin da subito sede non soltanto di corsi di esercizi spirituali e di ritiri, ma anche di incontri e riunioni di chiesa di più ampio respiro e anche di maggiore prestigio. Ciò dipende dal fatto che a quel tempo non c’erano in zona le numerose case per ritiri attualmente presenti ma anche dalla novità dell’ambiente. Già nell’estate e autunno 1937 la casa del S. Cuore vide realizzati un incontro degli uomini cattolici “propagandisti” della diocesi di Treviso, una riunione dei rappresentanti delle giunte diocesane delle Tre Venezie, la settimana per i presidenti e delegati degli Aspiranti di Azione Cattolica (di Treviso, sebbene la fonte citata non lo dica), la settimana studenti di Azione Cattolica della diocesi di Treviso e, in combinazione tra la casa del S. Cuore e il Collegio Canova, il convegno diocesano di Treviso di tutti i giovani di A. C., con 4.000 partecipanti. Il Charitas di questo periodo riporta articoli entusiasti su queste iniziative e sulle case dei padri Cavanis e particolarmente sulla casa del S. Cuore e ci sono stati articoli sia de “L’Osservatore romano”, sia de “L’Avvenire d’Italia”.

Nel 1938-39 fu costruita la Chiesa, di cui si parlerà più innanzi. Nel 1944 fu iniziato l’ampliamento della Casa del S. Cuore con la nuova ala con 50 camere, con la cucina e il refettorio.

L’8 dicembre 1944, pur nella fase più triste e più crudele della seconda guerra mondiale, il P. Giovanni Battista Piasentini, direttore della Casa, pose coraggiosamente la prima pietra di questo ampliamento. Erano presenti i giovani del Noviziato col loro Maestro, P. Alessandro Vianello. Durante la funzione della posa della pietra – la tradizione orale racconta – vi fu un forte tuono e scoppio di fulmine insolito, tale da incutere in tutti un vero spavento, senza alcun segno precedente di temporale. Era forse indice della rabbia dello spirito infernale? Non si sa: certo che il diavolo osteggia queste opere di bene!

La pietra, visibile alla base della parete, sul parcheggio inferiore a fianco dei refettori, porta questa iscrizione:

IMPETU FIDEI

IN COR SACRATISSIMI JESU EIUSQUE     MATRIS DULCISSIMAE

HIC PRIMUS LAPIS

ALTERIUS DOMUS PARTIS

DIE OCTAVA DECEMBRIS

ANNO DOMINI MCMXXXXIV

INTER ARMORUM FURORES

POSITUS EST

5.4 Gli esercizi spirituali – gli incontri di preghiera

Sono la nostra vita! La Casa del S. Cuore esiste per questo e lavora ininterrottamente in tutte le stagioni dell’anno.

Non vogliamo fare un bilancio numerico, che talora ha un valore relativo. Ma ci vogliamo fermare nella sintesi di anni ed anni di attività considerando il grande bene fatto alle anime di qualsiasi categoria di persone, in particolare ai giovani e ai sacerdoti.

Noi Padri per vocazione ci dedichiamo alla gioventù. E questa è l’eredità che ci hanno lasciato i nostri venerati Fondatori; P. Antonio e P. Marco Cavanis. Ora è logico che anche la Casa del S. Cuore, che è scuola di vera e autentica spiritualità accolga di preferenza la gioventù; e sembra che la Provvidenza abbia voluto questa Casa in un luogo il più attraente da attirare l’attenzione dei suoi ospiti, ma specialmente della gioventù.

Il ricordo che i giovani riportano della Casa è così vivo che a distanza di anni vi ritornano per visitare gli ambienti che li hanno ospitati. Il ritornarvi è per loro un rivivere il bene ricevuto.

5.5 La chiesa del Sacro Cuore

In Col Draga le due attività – villeggiatura alpina ed Esercizi Spirituali – procedevano di pari passo, con adattamento di orario e calendario, usando per la preghiera la stessa piccola cappella interna al secondo piano della Casa Alpina. Il disagio, come si può notare, venne a poco a poco, a farsi sentire e per gli uni e per gli altri.

Fu questo disagio che spinse il Rettore del Collegio a pensare alla costruzione di una chiesa per lo svolgimento regolare degli Esercizi Spirituali.

Dopo quasi un anno di incontri, di corrispondenza col Rev.mo P. Preposito Generale della Congregazione si giunse ai primi di gennaio del 1938, data in cui venne finalmente dal Superiore il permesso di costruire la Chiesa del S. Cuore. Ecco il primo documento:

Congregatio Clericorum Scholarum Charitatis (Istituto Cavanis)

” Autorizzo col consenso del Definitorio, la costruzione della Chiesetta su Col Draga, con piano sottostante, secondo progetto dell’Architetto Lino Scattolin e conforme al prestito di circa £ 80.000 (ottanta mila lire), a condizione che per le spese ci si attenga unicamente alle offerte dei buoni, non si facciano debiti e non si tocchi il bilancio del Collegio e della Casa religiosa ad esso annessa.

In fede

                                 P. Aurelio Andreatta – Preposito Generale”                                

Questo fu il primo passo, il più importante e il più difficile. Segue il secondo, compiuto dal Rettore con la domanda inoltrata a S. Ecc. Rev.ma il Vescovo di Treviso, di poter costruire detta Chiesa su Col Draga. La risposta venne affermativa con queste parole:

“In virtù della nostra facoltà ordinaria, acconsentiamo che il P. Giovanni Battista Piacentini edifichi su Col Draga, in podere dell’Istituto Cavanis, nella Parrocchia di Possagno, in questa Diocesi, un Oratorio semi-pubblico a vantaggio spirituale ed educativo dei giovanetti presso la Casa Alpina ivi eretta passeranno lassù le vacanze estive.

In fede

Treviso, 26 maggio 1938

Il Vescovo di Treviso

+ Mantiero Antonio

Con questo atto fu aperta la via alla costruzione della Chiesa del S. Cuore.

5.5.1 Il comitato

Superati tutti gli ostacoli per l’erezione della Chiesa, il Rettore del Collegio trasmise un suo progetto dalle linee già quasi definite all’Architetto Lino Scattolin, ex-allievo, il quale disegnò un progetto di chiesa ambientata nello spazio (fra gli edifici pre-esistenti), nel paesaggio e per le opportune finalità spirituali.

A questo punto era naturale e logico che si procedesse alla formazione di un Comitato promotore “pro erigenda chiesa”.

Perciò, mentre in Col Draga simpatiche schiere di giovanetti, con spontaneo ardore e commovente giocondità, durante qualche tempo/sottratto alla ricreazione, levavano in aria il piccone per i primi lavori di sterramento, mentre pure in Collegio, in certa saletta, era in corso una febbrile e fortunata pesca di beneficenza per lo stesso scopo alpestre, il Rettore credette di procedere alla nomina del Comitato nelle persone dei segmenti signori:

Presidente: Ing. Pietro Motta

Vice-presidente: Avv. Bortolo Galletto

Membri: Conte Ancillotto Francesco – sig. Bonato Giuseppe – sig. Conte Lino – ing. Dall’Armi Guido – rag. Luciani Alberto – sig. Paulon Giovanni – avv. Kavelli Giovanni – ing. Saccardo Girolamo – arch. Scudo Fausto – dott. Zanon Giovanni – avv. Bellati Francesco – rag. Molinari Roberto – colonn. Bortoli Antonio – dott. Degan Attilio – avv. Gasparini Giuseppe – Sig. Rizzo Giuseppe – dott. Ziliotto Antonio – Avv. Rossi Mario – sig. Stacchino Raimondo – ing. Tomatis Domenico.

Non era un comitato di onore, ma un comitato che si assunse l’impegno della realizzazione della Chiesa e fu di grande aiuto al Rettore, dal quale nelle sue adunanze il comitato era sempre presieduto.

Il comitato non aveva soltanto l’intenzione di provvedere la casa del S. Cuore di una Chiesa, ma anche di costruire, in qualche modo, un monumento religioso che contribuisse a solennizzare l’anno del centenario dell’erezione canonica della Congregazione, anno che sarebbe stato celebrato dal 16 luglio 1938 al 16 luglio 1939. Tale intenzione fu dichiarata il 2 maggio 1937, sulla cima del colle di Col Draga, durante una riunione-gita delle due Congregazioni Mariane di Venezia e Possagno, alla presenza del preposito generale.

Allo scopo appariva più che mai propizia la costruzione della chiesetta del S. Cuore che avrebbe sancito, in via definitiva l’opera (da poco più d’un anno eretta in Col Draga) degli Esercizi Spirituali, secondo fine dell’attività specifica dell1Istituto. Tutto ciò fu oggetto dell’entusiastico interessamento da parte degli amici d’un programma totalitario (sic) “PP. Cavanis in Possagno”.

5.5.2 La benedizione e la posa della prima pietra della chiesa del Sacro Cuore (5 giugno 1938)

Il 21 maggio 1938 fu inoltrata a S.E. Rev.ma il vescovo dì Treviso Mons. Antonio Mantiero la domanda dal Rettore P. G.B. Piasentini di benedire e di porre la Prima Pietra della Chiesetta del S. Cuore.

La risposta positiva giunse il 27 maggio 1938 a mezzo del Delegato vescovile Mons. Vitale Gallina. Il Rettore, già pregustando i frutti spirituali che sarebbero sorti da questa costruzione, seppe così mirabilmente trasfondere in tutti quelli che lo circondavano questa speranza, che il giorno della cerimonia fu un avvenimento che raccolse sul colle centinaia di persone, compresi i convittori e le loro famiglie.

5.5.3 La prima pietra

Chi visita la Chiesa del S. Cuore ed entra nella cripta, scorge, come sostegno basale del pilastro di destra, vicino al corridoio che immette nelle celle confessionali, la prima pietra, sulle cui quattro facciate sono scolpite le seguenti frasi in latino:

I. Cor Jesu, in sinu Virginis Matris – a Spiritu Sancto formatum, miserere nobis.

II. Nonis Juniis – die solemni Pentecostes – Anno Domini millesimo nongentesimo tricesimo octavo – a fascibus restitutis XVI – hic lapis positus est.

III. A Congregatione Scholarum Charitatis “Cavanis” iuxta Canones constituta – ineunte saeculo secundo.

IV. Divo Josepho Calasantio – ac Vincentioa Paulo intercedentibus.

Vogliamo riportare qui l’articolo di cronaca che il benemerito Settimanale Diocesano “La Vita del Popolo” di Treviso pubblicò in questa fausta occasione:

” Sul Col Draga, dove splende fra il verde la “Casa del S. Cuore” e la “Casa Alpina” dei Padri Cavanis, ebbe luogo domenica mattina, festa dello Spirito Santo [il 5 giugno 1938], la benedizione e la posa della prima Pietra dell’alpestre Chiesetta che sorgerà, dedicata al S. Cuore, su disegno dell’architetto Prof. Lino Scattolin, per commemorare il 1° Centenario dalla fondazione canonica dell’Istituto Cavanis.

Alle ore 10, più di mezzo migliaio di persone, padri insegnanti, alunni interni ed esterni, ex-allievi, famiglie, amici vari, dopo aver ascoltato la S. Messa, celebrata nella Grotta di Lourdes, discese fino al recinto delineato e sterrato per la costruzione, e qui si svolse il sacro rito.

Il Rettore del Collegio P. Giovanni Battista Piasentini, circondato dai confratelli, compì il rito denso di sublimi significati; mentre gli alunni e la folla, su apposito libretto, accompagnavano il testo delle preghiere ed eseguivano con bell’effetto i canti.

5.5.4 Consacrazione della chiesa del Sacro Cuore (2 giugno 1939)

Venerdì, 1° Giugno 1939

La vigilia della Consacrazione – La Via Crucis.

Il primo giugno gli alunni del Collegio Canova, con a capo la Comunità di Possagno, avevano accompagnato, per l’erta del colle, il grande Crocifisso. Questo, benedetto dal Rettore davanti alle squadre, nel cortile, ordinate per il corteo, era stato recato a spalle da alterni gruppi di maggiori, mentre alle soste, in distribuzione di stazioni, un alunno rappresentante della sua squadra esprimeva devoti affetti al Martire Divino.

Chiudeva l’ultima stazione sulla vetta il Rettore e poi si introdusse nella chiesetta il Crocifisso, che fu elevato sopra l’altare, a capo della navata, in cui si diffuse un mistico senso di pietà e di confidenza.

La dedicazione o consacrazione della nuova chiesa ebbe luogo per le mani di S.E. Rev.ma Mons. Antonio Mantiero, vescovo di Treviso. Egli arriva alle ore 9, sulla sua cavalcatura ed è felice di trovarsi lassù circondato da una giovinezza piena di fede e di vita. Il rito commovente e simbolico ha la durata di quattro ore. Erano assistenti al Vescovo Mons. Enrico Pozzobon, direttore di “La Vita del Popolo” e l’arciprete di Possagno D. Teodoro Agnoletto. Sono presenti tutti gli allievi del Collegio con ì loro Padri, gli artisti decoratori della chiesa, gli operai e lo stesso architetto Prof. Lino Scattolin.

Dopo la consacrazione della chiesa, il P. Rettore celebrò in atto di ringraziamento al S. Cuore e di propiziazione e di pace, la S. Messa.

5.5.5 Inaugurazione solenne: domenica di Pentecoste (4 giugno 1939)

Alle ore 7.30 il Preposito celebra la S. Messa davanti alla massa dei collegiali (erano 250) del collegio e degli esterni, degli insegnanti, degli aspiranti e di un nucleo sempre più crescente di accorrenti alla solennità.

Al vangelo il Padre (preposito) tenne un elevato discorso in cui volle esprimere tutta la sua gratitudine al Signore per le meraviglie realizzate nella creazione della chiesa del S. Cuore, monumento vivo e parlante di pietà, innanzitutto verso Dio, e poi verso gli uomini e anche di pietà filiale in omaggio ai fratelli Cavanis da parte dei loro figli, perché ai Fondatori risale il bene che nel campo dell’educazione e del ministero delle anime ha potuto compiere nel primo secolo dalla sua esistenza canonica.

Mentre si attendeva il Vescovo, P. Rettore volle dire tutta la sua gratitudine a Dio, agli oblatori rivolgendo dall’altare due semplici parole: ” Un punto occorre fissare ed è questo: quanto quassù fu fatto è opera esclusiva del S. Cuore: nessuno più di me può dirvi che la Sua Grazia fu infaticabile, travolgente tutti gli ostacoli”.

5.5.6 Il pontificale del vescovo

Dopo le brevi parole del P. Rettore si iniziò il solenne Sacrificio. La S. Messa dell’AntoneIli fu eseguita con fine gusto dagli alunni del collegio, sotto la direzione del benemerito Maestro Pagnin. All’ omelia S.E. il Vescovo iniziava con le parole del Salmo “Levavi oculos meos in montes, unde veniet auxilium mihi”. La giovinezza per essere sempre serena e pura deve tenere lo sguardo verso il cielo, poiché soltanto il lume che viene dall’alto non può essere tenebra. Perché questo fervore, se non perché un lievito veniva direttamente dalla fede e dalla santità dei due apostoli, Fratelli Cavanis, che qui a Possagno trapiantarono un rampollo, il quale cresciuto e rinvigorito ha dato e dà frutti copiosi? Dopo aver lumeggiato con ardente parola le figure del P. Antonio e del P. Marco Cavanis, terminava: “Qui si insegna l’amore e si pratica la virtù, qui si suda nella povertà e nel nascondimento, donando alla patria giovinezze sane. Godiamo di tanto bene!”

Invitati i presenti a leggere la vita dei venerati fratelli Cavanis, chiudeva auspicando che queste due Stelle orientatrici, in un tempo non lontano, siano glorificate e poste a splendere nel candelabro della Chiesa.

Giunti a questo punto della esposizione degli argomenti che riguardano le costruzioni compiute in Col Draga, credo sia opportuno fermarsi a parlare delle persone che ebbero parte attiva nel realizzare quanto fu fatto.

Diciamo subito che l’anima di ogni iniziativa fu il Rettore del Collegio, il P. Giovanni Battista Piasentini; fu l’ideatore dell’Opera, fu colui che ha saputo trasmettere in tutti coloro che gli furono a fianco l’entusiasmo che gli ardeva nel cuore, per cui creò una identità di vedute da poter superare ogni difficoltà che si fosse presentata. Di lui parla tutta l’Opera della Casa del S. Cuore: si deve dire che egli, coadiuvato e incoraggiato specialmente dal Rev.mo Preposito Generale, P. Aurelio Andreatta, ne fu il fondatore.

Ma parecchie persone collaborarono con lui in una forma essenziale, è doveroso quindi per noi il riconoscere il loro merito. Sono da ricordare in modo particolare i seguenti:

  • Il Comm. Prof. Lino Scattolin, che stilò i progetti di tutti gli splendidi ed originali edifici di Coldraga; si può considerare il primo benefattore della Casa con la sua generosità di geniale artista di tutto il complesso dei padiglioni in Col Draga, compresa la Chiesa del S. Cuore. È un ex-allievo dell’Istituto Cavanis di Venezia, compagno di scuola del Rettore del Collegio, P. Piasentini.
  • Il Comm. Ing. Pietro Motta; di Campocroce di Mirano, che aiutò e incentivò in mille maniere l’opera di P. Piasentini; tra l’altro eseguì a sue spese l’impianto idraulico che fa risalire l’acqua dal paese di Possagno alla Casa del S. Cuore, acquedotto che fu inaugurato il 2 maggio 1937; come pure sostenne economicamente quasi del tutto la spesa della realizzazione del grande musaico della controfacciata della chiesa, rappresentante la parabola del Padre buono e del figlio prodigo e di suo fratello.
  • il Prof. Luigi Tito di Venezia che diede alla chiesa del S. Cuore lo splendore dell’arte musiva classica. Il suo lavoro fu compiuto in due tempi: al primo appartengono le immagini di santi delle nove nicchie del tiburio del presbiterio; al secondo, il mosaico della parete dì fondo, di cui si diceva; inoltre il piccolo, ma significativo, mosaico nell’arco sopra la porta d’entrata della Chiesa. Senza contare la copertura di mosaico in vetro e foglia d’oro che copre tutta le pareti del presbiterio e del relativo tiburio, e i piccoli musaici, quasi invisibili ma interessanti, situati sugli archi. Da notare che Luigi Tito offrì i cartoni di tutti i musaici in modo del tutto gratuito!
  • Il capomastro Pietro Vardanega (detto Piero Miet, e così conosciuto in congregazione) è l’ultimo benefattore, qui ricordato, il più umile, il meno in vista e il meno ricordato, ma in ragione di merito e di sacrifici dovrebbe essere il primo. Quello che stiamo per dire di lui lo confermerà. Fu padre di numerosa famiglia: i quattro figli furono alla sua scuola da capomastro: delle figlie, due si fecero religiose. Fu il vero lavoratore, dì una onestà a tutta prova e di una capacità non comune nel leggere e interpretare ì progetti dell’architetto. Possiamo classificarlo tra la categoria di quelle persone d’antico stampo ormai scomparse e che forse non ritornano più. Col Draga, per anni ed anni, sentì il picchiare del martello e dello scalpello di quella squadra di muratori, guidata dall’occhio sagace, dalla parola sobria e calma, dall’esempio di Piero Miet, il tipo caratteristico del capomastro, sul modello dei capomastri delle cattedrali medievali. La Villa Alpina S. Giuseppe Calasanzìo, la Casa e la Chiesa del S. Cuore parlano di lui, della sua abilità di muratore; il materiale di costruzione, tutto di pietra viva, pazientemente scheggiato e sovrapposto con una linea perfetta; archi, angoli, volte a vela, muri, non una pietra fuori sposto: dovunque si vede l’abile mano del capomastro che non aveva bisogno della presenza dell’architetto: era lui, là sulle armature aggrovigliate, il responsabile, era lui che interpretava le carte; l’architetto, nelle sue rare e fugaci comparse non aveva che da osservare ciò che lui aveva fatto o stava facendo. Piero Miet amò la Casa del S. Cuore e perché l’amava non risparmiò sacrifici. Negli anni di lavoro saliva e discendeva a piedi, dalla casa al colle ogni giorno. Non volle fermarsi a dormire, mai! Col passo da montanaro, attraverso scorciatoie, raggiungeva Col Draga, puntuale; non so se precedesse la squadra dei figli e degli operai; Pietro Vardanega, Piero Miet, capomastro, sarà ricordato per varie generazioni sia in Possagno sia dai Padri Cavanis.
  • P. Pellegrino Bolzonello, nel suo documento, aggiunge a questi benefattori anche P. Giovanni Andreatta. Si veda a parte la sua biografia, tra le biografie dei più stretti collaboratori dei padri Cavanis.

5.6 Uno sguardo al complesso delle costruzioni in Coldraga

Chi dal basso del colle di Draga o da altro lato lontano guarda verso il monte, vede la Casa del S. Cuore come

un castello posto sulla cima circondato da un verde perenne, lo si direbbe “un Nido d’aquila”.

La strada che sale è ripida. Divenne carreggiabile solo dal 1949. Prima era una mulattiera, che aveva visto risalire battaglioni di soldati, artiglieria di montagna someggiata, innumerevoli muli, durante la grande guerra; senza contare le innumerevoli generazioni di possagnesi boscaioli e mandriani.

Tutto il materiale manufatto, pietra, legname e anche vettovaglie veniva trasportato a schiena di mulo, e anche a schiena di uomo. Ne sanno qualche cosa tutti, coloro, operai e non operai, che cooperarono personalmente alla costruzione.

La strada fu tracciata e realizzata con lopera di parecchi cantieri di lavoro in varie riprese, essendo rettori della Casa i padri Livio Donati, Angelo Pillon, Antonio Turetta e altri. Chi seguiva i cantieri era in genere il P. Antonio Turetta. I cantieri erano organizzati dal governo (ministero del lavoro) per aiutare (o sfruttare?) i disoccupati, comunque per aiutare il riavvio del paese nel dopoguerra e in genere nelle aree depresse. L’ultimo di questi cantieri si compì nel 1958-59; ma i lavori di miglioramento della strada continuarono anche in seguito. Più di recente, qualche decennio fa, essa fu asfaltata.

L’impressione per chi le si accosta è di grande sorpresa per l’aspetto esterno della stessa costruzione, in pietra viva, con piccole finestre, che corrispondono all’interno a tante camerette per gli ospiti.

Stiamo qui ai piedi della Madonnina del Grappa: la visuale delle costruzioni è completa: Casa del S. Cuore, costituita di due ali, la Chiesa del S. Cuore, l’antica Casa Alpina S. Giuseppe Calasanzio, che in seguito è stata noviziato, fino ai primi anni Ottanta, poi è stata inglobata nella Casa del S. Cuore, come terza ala. È un insieme veramente armonico, tutto in pietra viva. La facciata della Chiesa è severa; ha i quattro simboli degli Evangelisti, scolpiti su veri massi sporgenti dalla parete di pietra del muro della facciata. Nel mezzo della facciata, un grande rosone che dà luce all’interno, grazie alle lastre di alabastro; e una scala a doppia rampata di gradini sale verso la porta centrale; ci sembra – per alcuni aspetti – di trovarci dinanzi ad una chiesa di stile romanico medioevale.

Sopra la porta d’entrata della chiesa c’è una lunetta o lunotto con il mosaico (cartoni di Lino Scattolin) che rappresenta lo Spirito Santo, in forma di colomba, che depone il Cuore di Gesù in un giglio bianco aperto, su sfondo di musaico dorato. La scritta spiega: “Cor Jesu, in sinu Virginis Matris a Spiritu Sancto formatum” (Cuore di Gesù formato dallo Spirito Santo nel seno della Vergine Madre).

Tutte le costruzioni sono unite da un passaggio coperto, da qualche decennio chiuso da vetrate. Dal terrazzo esterno, davanti all’entrata della chiesa, come dal “poggiolo” che si sporge davanti alla torretta, dove si trovava l’entrata principale della casa all’inizio, si gode di una vista bellissima, sulla pianura veneta, sui Colli Asolani, sui Colli Euganei e sui Monti Berici; come pure sul paese di Possagno e i suoi dintorni, e sul massiccio del monte Grappa e le sue falde sud-orientali. Nelle giornate assolutamente limpide d’inverno, in genere dopo una nevicata, si arriva a vedere da Coldraga la cima del monte più alto degli Appennini, il M. Cimone, al di là della Pianura Padana. Dall’altra parte, verso est, di là dal Piave e del Montello, si vedono con frequenza le lacune venete; nelle giornate più limpide, si riesce a vedere ad occhio nudo la città di Venezia e addirittura il campanile di S. Marco, alberi permettendo.

A VOI

ANTONANGELO E MARCANTONIO DE CAVANIS

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

Il primo anno scolastico poté cosí essere avviato già a partire dal 1949/50. La posa della prima pietra dell’edificio è documentata da un’iscrizione che si trova su una lapide posta accanto all’ingresso principale, in Via degli Impianti Sportivi, n. 8. In essa, oltre alla dedica al Santo patrono delle Scuole di Carità, è riportata la data del 12 giugno 1949 (die duodecima junii A.D. 1949). La dedica e la data furono strettamente collegate fin dagli inizi e dall’origine stessa dell’idea. Le edizioni del Charitas – il bollettino dell’Associazione ex Allievi dell’Istituto – accompagnano passo passo e sono in grado di renderne conto quali fonti autorevoli di tali sviluppi.

II bollettino ci ricorda alcuni dei padri che costituivano la comunità di Possagno:

L’edificio

Presidi nel liceo Calasanzio

7.70 P. Angelo Sighel

TRASFORMAZIONE DEL BOLLETTINO

“Sfogliando una vecchia agenda

“Prime avvisaglie

La cosa comincia a farsi più seria

Inizia l’occupazione tedesca

Illusione e delusione

SEGRETERIA Dl STATO DI SUA SANTITÀ

N. 7354

Dal Vaticano, 15 gennaio 1959

L’AREA GEOGRAFICA DELL’EDIFIClO DELL’ISTITUTO CAVANIS A PORCARI

Autorità e Rappresentanze

Il Padre Prof. Ferrari

Senza voler descrivere i primi anni del suo mandato come preposito generale della Congregazione, trattandosi di un mandato attualmente in corso e di avvenimenti del tutto recenti, si ricordano qui le difficoltà di governare la Congregazione negli anni in cui, a partire almeno dall’inizio del 2020 e fino a oggi (2023) il mondo intero è stato colpito dalla pandemia di  SARS-CoV-2, malattia più conosciuta popolarmente come quella del Covid-19; l’insorgere, in dipendenza da questa, di crisi di violenza e asocialità, particolarmente tra i giovani; e, per altro verso, forti difficoltà economico-finanziarie per tutti e a tutti i livelli. Sono aumentate negli anni di questo mandato le guerre, particolarmente la grande guerra di invasione della Russia contro l’Ucraina (dal 24 febbraio 2022 al presente), senza contare la continuazione della guerra pluridecennale del Congo RDC orientale, della Siria e altre. Il clima di violenza, nervosismo, insicurezza, ha prodotto crisi nelle famiglie, nella chiesa di Dio, negli Istituti Religiosi, tra cui l’Istituto della cui Storia si parla. Vi si aggiunge in molti paesi il problema demografico della forte diminuzione della natalità, come pure della caduta verticale delle vocazioni presbiterali e soprattutto religiose; e la crisi di tanti religiosi; parallelamente alla crisi di tanti matrimoni e di tante famiglie.

Se qui non è il caso di tentare una sintesi della storia degli anni di mandato come preposito generale del P. Manoel Rosalino Pereira Rosa, in seguito questo mandato sessennale dovrà essere esaminato sullo sfondo di tante sofferenze dell’umanità, che si potranno comparare ad altre grandi crisi mondiali del passato.

Assessoria nazionale

Accanto a lei, dal lato destro S. Giuseppe, di

A VOI

ANTONANGELO E MARCANTONIO DE CAVANIS

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

M. R. P. SEBASTIANO CASARA

Il primo anno scolastico poté cosí essere avviato già a partire dal 1949/50. La posa della prima pietra dell’edificio è documentata da un’iscrizione che si trova su una lapide posta accanto all’ingresso principale, in Via degli Impianti Sportivi, n. 8. In essa, oltre alla dedica al Santo patrono delle Scuole di Carità, è riportata la data del 12 giugno 1949 (die duodecima junii A.D. 1949). La dedica e la data furono strettamente collegate fin dagli inizi e dall’origine stessa dell’idea. Le edizioni del Charitas – il bollettino dell’Associazione ex Allievi dell’Istituto – accompagnano passo passo e sono in grado di renderne conto quali fonti autorevoli di tali sviluppi.

II bollettino ci ricorda alcuni dei padri che costituivano la comunità di Possagno:

L’edificio

Presidi nel liceo Calasanzio

7.70 P. Angelo Sighel

TRASFORMAZIONE DEL BOLLETTINO

“Sfogliando una vecchia agenda

“Prime avvisaglie

La cosa comincia a farsi più seria

Inizia l’occupazione tedesca

Illusione e delusione

SEGRETERIA Dl STATO DI SUA SANTITÀ

N. 7354

Dal Vaticano, 15 gennaio 1959

L’AREA GEOGRAFICA DELL’EDIFIClO DELL’ISTITUTO CAVANIS A PORCARI

Autorità e Rappresentanze

Il Padre Prof. Ferrari

Senza voler descrivere i primi anni del suo mandato come preposito generale della Congregazione, trattandosi di un mandato attualmente in corso e di avvenimenti del tutto recenti, si ricordano qui le difficoltà di governare la Congregazione negli anni in cui, a partire almeno dall’inizio del 2020 e fino a oggi (2023) il mondo intero è stato colpito dalla pandemia di  SARS-CoV-2, malattia più conosciuta popolarmente come quella del Covid-19; l’insorgere, in dipendenza da questa, di crisi di violenza e asocialità, particolarmente tra i giovani; e, per altro verso, forti difficoltà economico-finanziarie per tutti e a tutti i livelli. Sono aumentate negli anni di questo mandato le guerre, particolarmente la grande guerra di invasione della Russia contro l’Ucraina (dal 24 febbraio 2022 al presente), senza contare la continuazione della guerra pluridecennale del Congo RDC orientale, della Siria e altre. Il clima di violenza, nervosismo, insicurezza, ha prodotto crisi nelle famiglie, nella chiesa di Dio, negli Istituti Religiosi, tra cui l’Istituto della cui Storia si parla. Vi si aggiunge in molti paesi il problema demografico della forte diminuzione della natalità, come pure della caduta verticale delle vocazioni presbiterali e soprattutto religiose; e la crisi di tanti religiosi; parallelamente alla crisi di tanti matrimoni e di tante famiglie.

Se qui non è il caso di tentare una sintesi della storia degli anni di mandato come preposito generale del P. Manoel Rosalino Pereira Rosa, in seguito questo mandato sessennale dovrà essere esaminato sullo sfondo di tante sofferenze dell’umanità, che si potranno comparare ad altre grandi crisi mondiali del passato.

Assessoria nazionale

S. Ignazio di Loyola, maestro e fondatore degli Esercizi Spirituali; e la mistica S. Scolastica, protettrice invocata più volte durante la costruzione della casa e della chiesa stessa, in situazioni meteorologiche preoccupanti. Manca, stranamente, S. Giuseppe Calasanzio, patrono dell’Istituto.

È interessante far notare la scelta dei colori dei marmi del presbitero: in primo luogo, in questa parte più sacra della chiesa ci sono marmi levigati anziché pietre grezze; in secondo luogo, c’è una simbologia cromatica occulta, ma prepositale: dai gradini di marmo bianco, si passa al pavimento di marmo grigio del presbiterio, da questo, si passa ai gradini di pavonazzetto rosso; per arrivare infine al marmo candido dell’altare. L’allegoria è quasi trasparente, per chi ha spirito di osservazione: si passa dal bianco dell’innocenza battesimale, al grigiore della nostra mediocrità e dei nostri peccati; avvicinandosi però all’altare si attraversa il sangue di Cristo che ci purifica e ci riporta alla innocenza seconda, tramite la grazia sacramentale.

Nel triangolo sostenuto dall’architrave del presbiterio c’è l’affresco dell’apparizione del S. Cuore a S. Margherita Maria Alacoque, pittura fatta da una signorina di Trieste, Neera Gatti, in omaggio al S. Cuore. Tale affresco era stato coperto negli anni dopo il 2000 da un dipinto su tavola di qualità molto discutibile, che per fortuna è stato recentemente eliminato, portando alla luce l’affresco suddetto.

L’architrave porta, in mosaico policromo (blu con scritta tessere d’oro), la scritta in latino che esprime il motivo dell’erezione della Chiesa, con la seguente frase:


A CONGREGATIONE SCHOLARUM CHARITATIS CAVANIS IURE FUNDATA INEUNTE ALTERO SECULO POSSANEENSIS SODALIUM DOMUS PERPETUAE MEMORIAE ERGO HOC TEMPLUM PIORUM AERE CONLATO EXCITANDUM CURAVIT DEO UNI TRINOQUE FERIA SEXTA POSTRIDIE KALENDAS JUNII A. D. MCMXXXIX RITE CONSECRATUM

L’archivio della casa del S. Cuore conserva in un faldone intitolato “Chiesa” e in altro faldone in sui è scritto assurdamente “P. Artemio Bandiera” (è quindi una busta di risulta, riutilizzata), un vero tesoro storico e di valore documentario ma anche artistico, e cioè i piani architettonici per la chiesa del S. Cuore disegnati dall’architetto Lino Scattolin (Angelo Angelino Lino), molti tra essi approvati con firma e timbro dalla commissione liturgica diocesana: sbozzi, disegno della facciata e dei lati, struttura generale, piante dettagliate, sezioni, prospetti; e ancora sbozzi e disegni alternativi della via o scala di accesso; disegni di dettagli; disegni dei mobili, per esempio del bancone della sagrestia della chiesa stessa; disegni delle due porticine del tabernacolo (solenne e feriale). Parte delle piante sono in carta da lucido, parte in eliografie, parte sono schizzi originali, fatti per buttar giù un’idea, su carta. Da notare che Lino Scattolin, che come si diceva sopra si chiamava e spesso si firmava Angelo Scattolin ed era figlio di Leone Scattolin, tutti e due ex-allievi dell’Istituto, faceva i progetti di tutte queste cose – e analogamente per altre case dell’Istituto – in modo del tutto gratuito. I disegni, mappe, progetti di cui sopra si devono attribuire tutti a lui dal punto di vista intellettuale ed artistico, alle maestranze della sua ditta per quanto riguarda la rifinitura, i calcoli ingegneristici e la versione finale.

È da notare come sia interessante questa cura del P. Giovanni Battista Piasentini da una parte (rettore allora del Collegio Canova, ma anche responsabile e costruttore della nuova casa del S. Cuore) e dell’architetto Lino Scattolin di costruire ed arredare tutta la casa, nelle sue parti, in una grande unità di stili, e con un buon gusto straordinario.

Il faldone contiene ancora il progetto delle edicole della Via Crucis, che originariamente percorreva la via di accesso alla casa; il progetto della cappella di S. Giuseppe; il disegno dello Spirito Santo che depone il cuore di Gesù nel giglio che rappresenta Maria, per la lunetta musaicata della porta centrale d’accesso alla chiesa; e ancora progetti di seggi che poi non si sono realizzati. Tutti questi progetti presentano una straordinaria unità di stile.

Questo ci invita e ci insegna a non aggiungere o togliere facilmente oggetti, suppellettili, mobili, da un complesso così unitario; e a far studiare da una specialista (architetto arredatore) il modo migliore di aggiungere (se occorresse) mobilio o adorni o modificare la situazione originaria. Un caso tipico di cui si è parlato è quello del triangolo dipinto malamente su tavola e sostituito per una decina d’anni all’affresco originario, rappresentante il S. Cuore che appare a S. Margherita Maria Alacoque; un altro è l’eccesso di immagini collocate nella cripta, che in origine aveva l’intenzione di essere un luogo di meditazione “pura” e penitenziale, come si è detto sopra; un altro è il fatto di disfare un trittico del Martina e di lasciarne la parte centrale (la Madonna Immacolata) in cripta e e le due antine nella cappella del noviziato, stracarica di immagini disparate, dal tempoin cui era maestro dei novizi P. Orfeo Mason (seconda maniera); e ancora si ricordi un grande cuore rosso di cartoncino rimasto per una decada, incongruamente, appeso sulla parete frontale della cripta, e fortunatamente eliminato da qualche anno.

Nella chiesa del S. Cuore c’è un bel mosaico della Madonna al centro del tiburio, proprio sopra l’altare maggiore, come si accennava sopra; si tratta della “Cara madre Maria”, madre e regina delle scuole di Carità; madre perché è rappresentata con Gesù bambino in braccio; regina perché rappresentata con un diadema di 12 stelle (non in forma di corona ma, appunto, di diadema gemmato); e delle Scuole di Carità perché i due bambini o meglio preadolescenti che sono ai suoi piedi sono rappresentati uno immerso nello studio, l’altro nella preghiera. È un riferimento all’apostolato tipico della congregazione che è quello di educare l’infanzia e la gioventù e “formarli ogni giorno nell’intelligenza e nella pietà”. Alcuni vogliono vedere nei due ragazzi il ministero dell’educazione e quello degli esercizi spirituali. Tuttavia, non è sembrato sufficiente questo bel mosaico; da una trentina d’anni si è aggiunta un’altra immagine della Madonna, ignorando l’altra, e le si è messo dietro come sfondo una modestissima e rattristante lastra di plastica bianca.

È un caso che ritorna non solo nelle nostre case e chiese dei Cavanis, ma anche in basiliche famose. Così nella Basilica dei Frari a Venezia, la parrocchia nativa di chi scrive, non bastavano le tante splendide e commoventi immagini di Maria di Paolo Veneziano (1339), di Giovanni Bellini (1488), Bartolomeo Vivarini (1487), Tiziano Vecellio (Assunta, 1518; e Madonna di Ca’ Pesaro, 1526) e di tanti altri grandiosi e famosi pittori: come non bastasse, si è voluto aggiungere una statua di Maria in legno di zirmolo dipinto, dalla Val Gardena, ed è intorno a questa statua che si concentra da qualche decada la devozione mariana popolare, è qui che si accendono candele e lumini, messaggi di richiesta di preghiere e soprattutto che si espongono fotografie di persone malate o comunque bisognose di preghiere e dell’intercessione di Maria.

Si potrebbe desiderare che i cristiani avessero più buon gusto e pregassero davanti a queste splendide opere d’arte, fatte proprio per stimolare la preghiera; eppure forse ha ragione P. Apollonio Tottoli, Minore Conventuale della comunità dei Frari da molti anni, in una sua recente opera bellissima. Il caro frate chiama questa modesta statua lignea moderna “La Madonna dei piccoli”, e precisa che non intende piccoli specialmente nel senso di bambini, ma nel senso nuovo testamentario di seguaci semplici e poveri di Gesù. Le immagini di pregio artistico sarebbero però, forse, più apprezzate da semplici fedeli, se fossero illustrate e valorizzate e mostrate a dito durante la predicazione, la liturgia e la catechesi – che ahimè non si fa – degli adulti.

Il faldone “Chiesa” contiene anche numerose piante topografiche e soprattutto mappe catastali della zona del Coldraga o Col di Draga o Col Draga, dove si trova il complesso di edifici e il fondo stesso della casa del S. Cuore. Purtroppo su queste mappe catastali sono sì disegnati gli edifici della casa stessa, e, essendo non datati, si può dunque calcolare il dato post quem, ossia che i terreni su cui sono costruiti furono acquistati prima dell’inizio della costruzione; e che nel complesso tutti i terreni corrispondenti ai mappali suddetti erano stati acquisiti prima del 1945, data della conclusione degli edifici antichi; purtroppo non ne ho trovato nessuno che indichi i limiti della proprietà dell’Istituto e/o della Casa del S. Cuore. Sulle mappe catastali sono segnati tutti i mappali. Vi si dice che i terreni appartenenti all’Istituto sul colle di cui si parla corrispondono a ettari 18, 54, 25. Intestataria risulta essere la Società Georgica; di questa superficie, c’è scritto in una delle mappe, 15 ettari appartengono al Collegio Cavanis Canova (alla comunità Cavanis di quel collegio) e 3 alla casa del S. Cuore. Inoltre si scrive che quest’area detta sopra deve essere considerata “escluse le aree coperte”, il che sembra strano. Tutti questi ultimi dati corrispondono ad annotazioni scritte dal rettore della casa, allora il P. Fabio Sandri, il 23 novembre 1982, in modo informale e a mano.

La busta “Chiesa” contiene anche mappe catastali da cui risulta quale parte del Colle di Draga appartenga al comune di Possagno e quale al Comune di Cavaso. Il confine è, nel complesso, una linea diagonale che corre da ~NW a ~ SE. Per quanto riguarda i terreni dell’Istituto, quello che interessa è che il confine tra i due comuni è adiacente alla cappella-grotta di Lourdes, rimanendo però tale cappella in comune di Possagno; la casa del Peck, attualmente chiamata Cenacolo, invece, con i terreni adiacenti, sta in Comune di Cavaso. L’antico Noviziato, già Casa Alpina, attualmente ala Est della Casa di Spiritualità del S. Cuore, giace completamente in Comune di Possagno, ma il confine passa prossimo all’angolo della casa. Questa divisione del colle nei territori dei due comuni confinanti, è stato uno dei problemi che ha reso difficile negli anni Novanta, durante la prepositura Leonardi, costruire un’ala nuova per la casa dei ritiri, tra l’ala del vecchio Noviziato e il Cenacolo, perché la nuova ala si sarebbe trovata attraversata dal confine tra comuni; uno di questo non era favorevole alla costruzione.

La Casa del Sacro Cuore non aveva all’inizio una comunità residente. Il direttore della casa di esercizi era membro della comunità del collegio di Possagno dove anche risiedeva di fatto; e a piedi, per sentieri e carrereccie si recava alla casa del S. Cuore anche quotidianamente, come più tardi P. Angelo Pillon, P. Pellegrino Bolzonello e altri. Non esisteva in quegli anni una strada percorribile da vetture automobilistiche.

Per la strada, da Possagno paese a Coldraga si impiegano circa 40 minuti per salire a piedi, una mezz’ora se si cammina svelti; per sentieri ripidi, da novizi e chierici, ci impiegavamo in salita con circa 300 m di dislivello, anche 20 minuti, con record di 15 minuti.

La comunità di questa casa comincia ad esistere dal 1944, e nello stesso anno cominciò anche il noviziato, che prese sede eretta canonicamente nell’ex-Casa Alpina. Dopo la costruzione e la dedicazione della chiesa del S. Cuore, la cappella della Casa Alpina era stata destituita dall’uso liturgico ed era diventata un ambiente per uso profano. Ma alla fine del 1949 lo stesso ambiente venne di nuovo apprestato come cappella, ad uso esclusivo dei novizi.

ESEMPIO DI ATTIVITÀ DELLA CASA DEL S. CUORE (sessennio 1973-79)

tipi di attività

n° attività

media presenze

totale presenze

Corsi di esercizi

120

32,51 persone

3.902

Ritiri brevi

229

21,30 persone

7.269

incontri

177

27,96 persone

4.949

convegni

45

33,13 persone

1.491

incontri di preghiera

10

18,30 persone

183

Totale

581

30,63 persone

17.794

5.7 Altri edifici ed avvenimenti

Si diceva che la casa comprendeva anche alcuni capitelli ed edicole sacre: bisogna ricordare i crocifissi molto numerosi, tutti in legno di cirmolo (pino cembro), prodotti in Val Gardena, tra cui alcuni di grande valore e bellezza; situati sia all’interno della casa sia all’aperto.

Poi cominciando dalla strada si accesso, bisogna ricordare poco sopra l’abitato di Possagno, la statua di S. Giuseppe Calasanzio ai primi tornanti; il capitello della Madonna al bivio con il sentiero CAI (Club Alpino Italiano) n° 189 o 185; la grande croce di pietra Rosso Ammonitico nell’ultimo tornante, a segnalare la prossimità dell’entrata della casa, croce innalzata il 31 maggio 1942; il viale di cedri a nord della proprietà, che porta attualmente le stazioni della Via Crucis, scolpite in bassorilievo in legno e culmina con la cappellina con la grotta della Madonna di Lourdes, inaugurata e benedetta il 30 maggio 1937, realizzata con pietra locale: con pietra della Formazione Maiolica o Biancon la cappella; con pietre di travertino l’imitazione della grotta.

C’è anche la bella riproduzione della statua della Madonna del Grappa, scolpita in pietra tenera dei Berici, detta anche Pietra di Vicenza, e situata al centro della piccola rotonda davanti alla torretta. Tale rotonda, in forma di baluardo, viene chiamata “sperone che guarda il Monte Sacro, vigilato dalla Madonna del Grappa; lo “sperone” e la statua della Madonna furono inaugurati nell’estate 1935.

Sulla parete della torretta sopra la porta d’ingresso (a quel tempo la porta principale d’accesso alla casa) fu apposto un bassorilievo rettangolare del S. Cuore, rappresentato efficacemente con le braccia aperte ad accogliere gli esercitandi e gli ospiti in generale, su uno sfondo stellato, e con la scritta “Ego sum via, veritas et vita”.Tale bassorilievo era opera di Francesco Rebesco (1897-1985), modesto scultore di S. Zenone degli Ezzelini /Treviso).

Del sacello votivo di S. Giuseppe, si è detto altrove, nel capitolo sulla seconda guerra mondiale e l’Istituto Cavanis; l’altare fu consacrato e il sacello benedetto e inaugurato da Mons. Giovanni Battista Piasentini il 5 giugno 1956; l’affresco è opera del pittore e scultore locale Francesco Rebesco di S. Zenone degli Ezzelini. Esso rappresenta S. Giuseppe col Bambino in braccio; ai lati i graffiti, molto apprezzati (secondo scrive P. Pellegrino) con scene della vita del Santo; in alto è dipinta la Madonna del Grappa, la Casa del S. Cuore e il tempio del Canova. In basso, l’affresco rappresenta la scena principale, che ha dato origine al voto a S. Giuseppe e al sacello votivo: l’incendio delle casere alle falde del Grappa da parte dei nazi-fascisti nel settembre 1944.

Bisogna ricordare ancora il bassorilievo di S. Giuseppe Calasanzio scolpito dal suddetto Francesco Rebesco e benedetto il 2 maggio 1935, incassato nella parete verso valle della ex-Casa Alpina, che portava appunto il nome di questo santo, patrono dell’Istituto e delle sue Scuole e opere di educazione: e il bassorilievo di S. Vincenzo de’ Paoli, patrono degli Esercizi Spirituali, incassato nel muro orientale della prima ala della casa del S. Cuore; dello stesso Rebesco. A lui deve essere attribuita anche la statua di S. Giuseppe Calasanzio che si trova a uno dei primi tornanti della strada che da Possagno conduce a Coldraga.

Non è male ricordare qui la cripta della chiesa: un ambiente costruito di proposito assolutamente spoglio, in pietra grezza (Biancon di color bianco appunto, con noduli di selce nera; , e costituito da una piccola navata allungata in senso trasversale (con il soffitto in cemento (solaio) e un ambulacro sul fondo, separato dalla navata con archi, e coperto da tetti a volta a vele. Sul lato sinistro un piccolo corridoio conduce a due piccoli confessionali in pietra, con una piccola e bella nicchia in musaico dorato, che contiene un crocifisso. Era un ambiente destinato alla preghiera e alla meditazione silenziosa, particolarmente alla preghiera penitenziale e di conversione, nell’intenzione dell’architetto e probabilmente di P. Giovanni Battista Piasentini. Tutto era accentrato su un solo crocifisso. Il tabernacolo era assolutamente semplice e quasi invisibile.

Negli ultimi decenni purtroppo la cripta è stata progressivamente sovracaricata da statue, trittici disparati, tolti da altri ambienti, e da un orribile tabernacolo costato un patrimonio, ma che stride con la sobrietà naturale dell’ambiente.

Poco prima del Concilio Vaticano II, un rettore (si crede il P. Riccardo Zardinoni) provvide a sostituire i piccoli altari mobili (e traballanti) di legno di castagno (una ventina) che erano sistemati su due piani tutti intorno al presbiterio, per permettere ai preti esercitandi di celebrare la messa, naturalmente ciascuno per conto suo, come usava prima della ripresa dell’antica tradizione della concelebrazione, con delle piccole mense di marmo incassate a mensola nel muro. I novizi, nei tempi della celebrazione individuale e individualistica, preconciliari, passavano da un altare all’altro, dicendo “Et cum spiritu tuo” in uno, versando l’acqua del lavabo in un altro, rispondendo all’”Orate fratres” in un altro ancora, e così via. Un novizio “serviva” contemporaneamente la messa a tre o quattro preti o più.

Il 29 gennaio 1982, nel corso di un capitolo di famiglia, si decise di dare alla casa che prima era chiamata famigliarmente “casa del Peck (o Pek)”, il nome di “Cenacolo”, nome che permane fino ad oggi (2020). Questa casa era stata completamente riformata e restaurata, organizzata in modo da poter essere una casa alternativa per corsi ed incontri in gestione autonoma. Le spese della riforma erano state sostenute dalla Curia generalizia; il mobilio fu provvisto più tardi dalla casa del S. Cuore, qualche tempo dopo. Il “Cenacolo”, nella sua nuova formulazione, fu inaugurato e benedetto il 15 gennaio 1983.

Negli anni ’50 furono costruiti porcili e pollai, in seguito eliminati.

La casa fu più tardi ristrutturata nei servizi: la cucina, la lavanderia, altri ambienti, che prima si trovavano nella seconda ala (del 1944) a pianterreno, furono portati in una nuova piccola ala seminterrata a nord-ovest, adiacente al refettorio.

La comunità aggiunse negli anni ’90 agli edifici della casa una nuova piccola ala, comprendente l’ingresso, la stanza di accoglienza, la segreteria, la direzione.

Si sentiva l’assenza di questi servizi, perché la casa mancava di un’entrata e dei servizi di accoglienza. Ciò dipendeva dalla storia della casa. La Casa Alpina aveva la sua entrata principale verso sud-est, dal pianterreno, anche se si poteva entrare (dal 2° piano), dalla “pineta” da nord, dalla zona dei viali con muretti di pietra costruiti dal Miotto. Da sudest, poco davanti la facciata della casa, c’era anche il cancello con i due pilastri del sig. Miotto. Quando si costruì la prima ala della casa di esercizi spirituali, si entrava, da sud, venendo su a piedi per sentieri, fino ai primi anni ’50; e la porta di entrata era quella della torretta esagonale. Costruita la seconda ala a partire dal 1944, l’entrata logica sarebbe stato da nord-ovest, dalla porta della cucina (ora del refettorio); ma non sembrava opportuno far passare gli ospiti ed esercitanti per un’entrata che ovviamente era di servizio. Nel 1958-59 si allargò la superficie del parcheggio al fianco ovest della casa mediante un terrapieno, presto colonizzato da robinie e poi da abeti rossi, e si coprì il posteggio di ghiaia, e allora, scesi dall’autovettura, si faceva il periplo della torretta e della casa e si entrava dalla parte del portico e della chiesa. In seguito, si trasformò la “pineta” in parcheggio e si costruì la strada per arrivarci, e allora si scendeva dal parcheggio-pineta al porticato, su ghiaino che poi andava a cadere verso il porticato, che era ancora aperto e di carattere e materiale rustico.

A partire dal 1959 la strada di accesso alla casa viene completamente ristrutturata, diminuendo il pendio con l’ampiamento delle curve e rendendo più accessibili i numerosi tornanti ai mezzi pesanti (ma non purtroppo ai grandi pullman); si tratta ancora di una strada carreggiabile non asfaltata. Sarà asfaltata molto più tardi dal comune di Possagno. Il progetto è datato del 13 giugno 1959, dello “Studio Tecnico Agrario dott. Bruno Sernagiotto” di Belluno e ha il titolo “Strada interpoderale Possagno-Monte Pallone, per conto dei proprietari interessati rappresentati dal sindaco di Possagno”. Si tratta di un grosso fascicolo di piante, profili, progetti dell’insieme e dei dettagli, disegni e calcoli delle opere in calcestruzzo ecc., conservato nell’archivio della casa del S. Cuore. L’Istituto, a memoria di chi scrive, aveva ottenuto i fondi necessari da un ente governativo interessato a dare lavoro ai disoccupati in aree depresse. I novizi dell’anno 1959-1960 e 1960-61, residenti nel noviziato annesso alla casa del S. Cuore, tutti i giorni lavorativi portavano dalla cucina della casa al posto dove si trovava il cantiere (o i vari cantieri) un pentolone enorme di minestra e varie cibarie per il pranzo degli operai. All’inizio del periodo il viaggio era molto lungo e pesante perché si arrivava a piedi naturalmente fino quasi al paese di Possagno; poi a poco a poco il percorso si accorciava, mentre il cantiere si avvicinava progressivamente alla casa del S. Cuore.

Durante la riunione del consiglio generale del 23-25 luglio 1968, si decise di interrompere la presenza della casa di noviziato come annesso alla Casa del S. Cuore, e di trasferirne la sede giuridica presso il seminario minore di Levico. In pratica però in seguito il noviziato, con un numero sempre minore di novizi, sarà spostato volta per volta da una casa all’altra (con le decisioni formali del caso) e ritornerà anche, per esempio dal 1982 al 1984, alla Casa del S. Cuore.

Nel 1984 si profila uno dei suoi periodi di difficoltà economica della casa: essa ha un debito di £ 7.088.930 con la curia generalizia. La comunità chiede azzeramento, ma questo è negato dalla curia generalizia.

Nel 1989 si decide e si attua la distruzione dei piccoli e numerosi altari di marmo, consistenti nelle sole mense incassate nel muro, che avevano sostituito gli altarini in legno di castagno, presenti nella chiesa fin dal suo inizio nel 1939, o poco dopo. Essi del resto, dopo il concilio, erano diventati inutili, dato che i sacerdoti che venivano per corsi di esercizi o i padri Cavanis presenti per riunioni, ormai concelebravano, attorno all’altare maggiore o rimanendo nella navata. Purtroppo pare (a quanto dicono i padri attuanti nella casa del S. Cuore nel 2018, che queste mense da altare (sia pure soltanto benedette, non consacrate) siano state utilizzate, nello stesso anno, per costruire la pavimentazione della rampa che scende dalla pineta all’entrata della casa, in corrispondenza dell’ambiente di accoglienza e a fianco della chiesa.

Grandi lavori di restauro e ristrutturazione si compirono, in genere a spese della curia generalizia, dal 1987 al 1989 incluso: nuova copertura del tetto della chiesa, riforma del tetto di tutta la casa, rifacimento degli impianti elettrici e idraulici, fognature, messa a norma antincendi, parafulmini.

Nello stesso anno 1989 il comune di Possagno autorizza i lavori di riforma radicale del secondo piano dell’ex-casa alpina e noviziato, in modo che la grande camerata sia trasformata in una batteria di quattro camere con servizi. Rimane intatta la cappella a fianco.

Una lettera del preposito al rettore della casa, con data 19 agosto 1989 comunica che non è possibile accedere alla richiesta di accettare una nuova casa di ritiri a Soligo, come filiale di quella del S. Cuore; e che non è possibile aumentare numericamente il personale religioso di quest’ultima; il preposito scrive in proposito che “Siamo all’osso”. Comunica inoltre che la Casa del S. Cuore e quella di Fietta sono d’ora in poi unite e intercambiabili. Nella lettera di richiesta, P. Pozzobon parlava della presenza di 7.000-8.000 persone all’anno.

Nello stesso faldone “Documenti Casa S. Cuore – Possagno – TV”, nell’archivio della casa del S. Cuore, si trovano però dei dati più concreti sulle presenze di esercitandi e ritiranti, comunque di presenze:

  • una media di 2.953 presenze nel sessennio 1976-1982.
  • 3.931 presenze nell’anno 1981-82
  • 5.200 presenze nel 1983-84
  • 4.815 presenze nel 1984-85
  • 2.855 presenze nel 1988-89
  • Un calo di presenze in particolare nel 1989
  • Un ulteriore calo di presenze nel 1990
  • Il totale nei 14 anni 1976-89 fu di 31.566 presenze circa, con una media di circa 2.254,7 all’anno.

Ancora nello stesso faldone si trovano qua e là dati concreti e differenziati; per esempio per l’anno 1981-82:

  • Preti e religiosi 240

Suore 74

  • Seminaristi 216
  • Vocazionati 107
  • Gruppi misti 90
  • Studenti 1661 (probabilmente del collegio Canova e dell’istituto Filippin)
  • Altri giovani 182

Ex-allievi 34

  • Gruppi di preghiera 501

Genitori 104

  • Donne 23
  • Ragazzi 51
  • Totale 3.283
  • C’erano stati in quell’anno 13 corsi di Esercizi Spirituali, 39 ritiri, 55 incontri.

Altri dati (ma lo stesso totale approssimato) si trovano nella relazione del rettore sulla situazione della casa al preposito P. Incerti, del 13 giugno 1989, in vista del capitolo generale: “7.000-8.000 presenze annue”. Tale numero totale annuo sembra davvero eccessivo, considerando la media annua di 2.254,7 presenze nei 14 anni 1986-1989 e in particolare il totale di 3.283 presenza per l’anno 1981-82. Tale dati tornano ancora meno, se si comparano con i seguenti dati di dettaglio per il quadriennio 1985-1989:

  • 180-200 sacerdoti e religiosi
  • 300-350 adulti
  • 2.500-3.000 di varie categorie ed età nelle giornate di preghiera
  • ~4.000 è costituito da ragazzi delle nostre scuole e di parrocchie
  • 6.980-7.750 totali minimo e massimo dei dati forniti
  • In totale, senza differenziare le categoria si avrebbe una media per anno di 1841,25 presenze.

I Diari e Verbali del periodo 5 luglio 1990-1° dicembre 1996 si trovano in un quaderno formato grande, con la copertina sportiva, con un giocatore della Juventus, nell’archivio della casa di cui si parla.

Negli anni ‘90 la casa del Sacro Cuore, che aveva perduto quasi del tutto i suoi “aficcionados”, soprattutto i preti esercitandi. entrò in una profonda crisi. Dopo vari carteggi tra la comunità locale e il preposito, con molta difficoltà, anche per via dei vincoli architettonici, e perché Coldraga e i suoi edifici si trovano di qua e di là dei confini tra i comuni di Possagno e di Cavaso, e con notevole spesa, la casa fu completamente riformata dalla curia generalizia: tra l’altro, di tre camerette se ne fecero due, in modo che ogni camera avesse i suoi servizi igienici, cosa ormai indispensabile. Tale riforma generale della casa fu realizzata tramite una commissione nominata e incaricata dal preposito il 27 settembre 1991, che comprendeva i padri: Danilo Baccin (presidente); Pietro Luigi Pennacchi, Diego Beggiao e il rettore locale, P. Raffaele Pozzobon. Si era abbandonata definitivamente l’idea iniziale, di cui si trova traccia nel suddetto libro dei diari e verbali, di costruire una grande nuova ala, sita tra la casa Alpina-Noviziato e la casa del Peck-Cenacolo, ala di “circa 50-100 m”, con a pianterreno una sala di riunioni e conferenze con capacità per 250-300 persone, più servizi, bar, salette, scale e ascensore; al primo piano camere con servizi individuali. Il grezzo sarebbe stato costruito a spese della curia generalizia; le rifiniture sarebbero state sostenute a poco a poco dalla comunità locale. Il verbale della riunione della comunità locale del 17 giugno 1992 scrive che i religiosi della comunità si dicono delusi del poco interesse dimostrato dalla commissione di cui sopra. In realtà la commissione trovava eccessive difficoltà a mettere in pratica un progetto così faraonico; progetto che, a quanto pare, non arrivò mai neppure a essere fatto formalmente, da uno studio di architetto o di ingegnere. E fu una fortuna (o lungimoranza? O grazia?), perché il futuro prossimo avrebbe visto uno svuotamento progressivo della casa del S. Cuore.

Ci fu anche un lungo periodo in cui la casa divenne la sede, in pratica permanente e quasi esclusiva, del Movimento del Rinnovamento dello Spirito (a partire dai primi anni ’70, ma con intensità progressiva negli anni ’80 e ’90): sono gli anni i cui i rettori erano P. Riccardo Zardinoni e soprattutto P. Raffaele Pozzobon; con vantaggi e svantaggi.

La casa conobbe un periodo di “stanca” e, a partire dai primi anni ‘90, anche di totale crisi economica, con il bilancio cronicamente in rosso. Si pensò anche a una chiusura ed eventuale alienazione, cosa assolutamente non facile. Si nota un accenno a questa situazione in un bollettino di curia del 1995.

Nel 1992, nelle carte del faldone “Planimetria e lavori” si trovano carte del preposito, allora P. Leonardi, dove si prospetta un rifacimento totale della struttura della casa di esercizi. Una sua lettera alla comunità del S. Cuore esclude la proposta fatta da questa comunità di costruire una nuova ala, nella zona compresa tra la casa del noviziato e quella del Cenacolo, perché non si prevedono più corsi di esercizi con numerosi gruppi di preti, ma piuttosto ritiri e giornate di preghiera per gruppi di giovani e ragazzi o anche di laici adulti. Si parla di insonorizzazione degli ambienti (probabilmente con riferimento ai pavimenti di legno che scricchiolavano disturbando la tranquillità e il sonno degli ospiti della casa) e di costruire una piccola ala esterna con tutti i servizi logistici della casa.

Nello stesso anno, all’inizio dell’anno pastorale 1992-93, la comunità, riunita con il preposito, come risulta dal verbale del 18 settembre 1992, di sviluppare una triplice fisionomia:

  • Come casa per gli esercizi spirituali e ritiri;

Come noviziato;

  • Come sede dell’Equipe di pastorale vocazionale-EPV.


Nell’ottobre e novembre seguenti si trovano programmi di sviluppo della spiritualità, della preghiera, della revisione di vita in comunità e nell’attività pastorale. Tale diversità di occupazioni e di impegni tuttavia renderà un po’ difficile la vita comunitaria. Se ne nota traccia nei verbali del periodo 1992-1994, oltre che nella memoria di chi scrive. Ai due membri dell’Équipe di Pastorale vocazionale, tra l’altro ma non solo a loro, causava angoscia anche la scarsità e poi l’assenza di risultati. E il maestro dei novizi si trovava a volte senza novizi, spesso, come in questi anni, con un novizio solo all’anno, situazione difficile dal punto di vista formativo, e sovente con novizi che si rivelavano problematici e che non arriveranno alla professione o ci arriveranno stentatamente, per uscire poi o essere allontanati. Sono anche gli anni della frequente uscita individuale o a volte in gruppo di seminaristi liceali o anche più adulti dal seminario minore di Fietta. Era il mondo e la Chiesa che cominciava a cambiare, particolarmente in Italia e ancora di più nell’Europa settentrionale.

Il 16 gennaio 1993, sotto la guida dell’economo generale P. Pietro Luigi Pennacchi, la comunità valuta tre possibilità, ritornando al problema di ristrutturazione della casa, in un cantiere per il quale la curia generalizia metteva concretamente a disposizione l’ingente somma di 500 milioni di lire:

  1. Prolungamento e/o ampliamento dell’edificio a piano terra, per ottenere un grande refettorio e i servizi logistici ausiliari (cucina, lavanderia, stireria ecc.)
  2. Avanzamento (prolungamento) verso NW cioè a partire dal lato del refettorio, dell’edificio del 1944 in tutta la sua altezza di tre piani, al fine di ottenere ingresso, portineria, direzione, piccole salette per colloqui e, ai piani superiori, nuove camere con servizi.
  3. Ristrutturazione interna di tutte le camere già esistenti, in modo da ottenere da ogni gruppo di tre camere, due camere con servizi individuali, ormai necessari. Il rettore si dice favorevole alla terza opzione, gli altri religiosi della comunità alla seconda.

Il dibattito continua anche con la presentazione di altre opzioni; una importante riunione si tenne il 29 gennaio 1993 con la presenza di tre consiglieri generali, i padri Moretti, Tomei e Pennacchi, mentre il preposito si trovava in visita alle comunità Cavanis Latinoamericane. La discussione si fa progressivamente “cordiale ma appassionata”, come la definisce il verbale dell’ultima riunione citata sopra. Il 17 febbraio successivo si esamina un progetto del geometra Busnardo, senza arrivare a una decisione. Nella riunione successiva, del 14 maggio 1993, cui partecipa il preposito P. Giuseppe Leonardi, questi fa un lungo discorso (si dirà poi non d’accordo della maniera in cui è stato redatto il verbale) dal quale affiora la situazione di disagio e di contraddizioni in cui si trova la comunità della casa del S. Cuore: da una parte perché non si riesce a mettersi d’accordo sul tipo di ristrutturazione da apportare all’edificio; ma dall’altro lato, sul piano pastorale della casa, cioè se essa deva genericamente servire tutte le persone e gruppi desiderose di passare un tempo in ritiro, o se si deva specializzare nella pastorale della gioventù, categoria, si afferma nel verbale, tanto desiderosa e bisognosa di spiritualità. La situazione si trascina lungamente.

Nell’anno 1994-95 si viene a sapere, dalla relazione annuale al provinciale, che la casa ha avuto le seguenti attività:


3 corsi per sacerdoti e religiosi

6 corsi per laici adulti

ritiri per giovani studenti del collegio Canova e dell’Istituto Filippin

ritiri di fine settimana per cresimandi e altri gruppi di giovani e di adulti

accompagnamento di gruppi del Rinnovamento nello Spirito 1 o 2 volte per settimana

giornate di preghiera con circa 200 persone una domenica al mese

Un incontro serale al mese per preghiera e adorazione.

Nonostante queste attività (che non erano poi molte; e soprattutto costituivano principalmente incontri di un giorno o mezza giornata), il debito della casa arriva a 64 milioni di lire nel 1995-96 e a 100 milioni nel 1996-97.

Il 20 gennaio 1995 si decide di comprare la pompa nuova per l’impianto di innalzamento dell’acqua tramite l’acquedotto. La pompa del 1978 è danneggiata e non risulta aggiustabile. Ad aprile dello stesso anno si rimandano a settembre i lavori di ristrutturazione del corridoio che ricongiunge casa degli Esercizi, chiesa e noviziato, a seguito della stagione troppo piovosa.

Il 1° settembre 1999 il noviziato passa a Roma, e questa casa fondamentale di formazione viene eretta canonicamente per iniziativa del superiore provinciale P. Natale Sossai a via Orazio Pierozzi, a fianco del seminario internazionale ma in ambiente distinto. Il maestro dei novizi è P. Alvise Bellinato e vice maestro P. Artemio Bandiera. Ci sono per il momento 4 giovani: un postulante, un novizio e due professi non meglio precisati. Purtroppo questa casa non darà quasi risultati.

Pure a settembre 1999 tre laici (una laica e una coppia) cominciano a vivere con i padri in una forma di vita comune, nella casa del S. Cuore, secondo la spiritualità del Rinnovamento della Spirito.

Verso la fine del 2003, la curia generalizia nota la difficoltà della Provincia Italiana a risolvere positivamente la questione, e incarica allora P. Pietro Luigi Pennacchi, economo generale, “per affrontare il problema, sempre in sintonia con il proprio Consiglio Generale e il Consiglio provinciale” . Il 18 ottobre 2004 cominciarono lavori di riforma graduali, guidati dal P. Pennacchi. Il preposito, P. Pietro Fietta, inaugurò con una santa messa l’edificio rinnovato e completamente ristrutturato la domenica 11 giugno 2006.

Nel frattempo, a metà marzo 2003, ci fu una seccante rottura del tubo dell’acquedotto privato che porta l’acqua alla casa (e in antecedenza anche al Probandato); cosa necessaria nell’ambiente carsico del massiccio del monte Grappa, assolutamente privo di sorgenti e di lenzuolo di falda freatica a piccola o media profondità. La ricerca, eseguita con scavi di saggio lungo il percorso del tubo, di cui si era ritrovato in archivio la mappa (ancora esistente ivi nel 2018), e con l’aiuto anche di rabdomanti, fece conoscere che la rottura, o meglio uno sfasamento tra le estremità di due tubi che si erano svitati e staccati l’uno dall’altro, si trovava nel prato delle “Rive”, a sud della Scuola Alberghiera, già Probandato. Il duro lavoro di ricerca della falla fu effettuato anche con l’aiuto del Comune di Possagno. Dal documento relativo si apprende che la pompa spingeva a quel tempo l’acqua fino alla casa del S. Cuore, per circa 300 m di dislivello, in 13 minuti. Nel 2003, più avanti nell’anno, si rompe la pompa dell’acquedotto, e si ripara. Tale pompa era stata comperata nel 1995 per sostituire quella antica; si era poi riparata, con poco successo, nel 2002. Tuttavia si evitò di comprarne una nuova, che costava € 2.528,57, e si fece un’altra riparazione, anche se chiaramente tutto l’impianto era obsoleto. L’anno dopo, 2004, il comune di Possagno decise di staccarsi dall’acquedotto della casa del S. Cuore, che forniva acqua anche all’antico Probandato, e in questa data trasformato da tempo in scuola alberghiera. L’acqua per questa scuola fu ottenuta facendola scendere per caduta o gravità dalla zona della chiesetta di S. Rocco.

Attualmente (2020), dopo un periodo di difficoltà e di rara attività, la casa è stata rilanciata già da qualche anno dalla comunità attuale, e particolarmente dall’entusiasmo e dall’efficienza del rettore P. Luciano Bisquola.

Anno scolastico

Pro-rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1944-45

Giovanni Battista Piasentini

Giovanni Battista Piasentini, Alessandro Vianello (Maestro dei novizi)

 

Novizi Nicola Zecchin, Attilio Collotto, Giuseppe Cortelezzi, Mario Giacomelli

1945-46

Piasentini

Giovanni Battista Piasentini, Alessandro Vianello (Maestro dei novizi), Riccardo Zardinoni

 

Novizi Vittorio Di Cesare, Battista Gasparini, Nani Sartorio, Giovanni Orsoni, Armando Mocellin, Primo Zoppas, Giuseppe (Giosuè) Gazzola, Arcangelo Vendrame, Bruno Brunello, Mario Merotto, e fratelli laici Umberto Cinquini, Luigi Di Ricco, Anselmo Perazzolli, Marco Pintarelli

1946-47

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello, Alessandro Vianello (Maestro dei novizi)

 

seminarista Pietro Carraro.

Novizi: Antonello Tullio, Scarparo Marino, Villatora Ottorino, Bandiera Artemio, Polesel Giuseppe, Mason Orfeo, Leone Tomaso, Alberghi Pietro, Campanato Sergio, Basso Fiorino, Morandi Amedeo, Degan Franco, fra Perazzoli Anselmo e fra Di Ricco Luigi

1947-48

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello, Alessandro Vianello (Maestro dei novizi)

 

Bruno Ferrari, Diego G…?, Natale Sossai, Diego Dogliani, Bruno Lorenzon, Raffaele Pierobon, Antonio Dalle Luche, Mauro Verger, Francesco Giusti Orlando Tisato, Giuseppe Pagnacco, Marcello Quilici, fra Italo Guzzon

1948-49

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello, Alessandro Vianello (Maestro dei novizi)

 

Sauro Mareschi, Alessandro Del Bianco, Diego Beggiao, Sergio Vio, Francesco Rosso, Osvaldo Orsi, Mario Zendron, Augusto Taddei, Sergio Cuccato, fra Edoardo Bortolamedi

1949-50

Livio Donati

Livio Donati, Alessandro Vianello (Maestro dei novizi), Marco Cipolat

 

Danilo Baccin, Augusto Bortolamedi, Di Damiano Di Pastena, Lino Carlin, Raffaele Nicolussi, Guglielmo Incerti, Filippo Mazzonetto, Siro Marchet, Nazzareno Volpato, Pio Serafini, Giancarlo Domenici

1950-51

Livio Donati

Livio Donati, Alessandro Vianello (Maestro dei novizi), Marco Cipolat

 

Cinque novizi

1951-52

Angelo Pillon

Angelo Pillon, Alessandro Vianello (Maestro dei novizi)

  

1952-53

Angelo Pillon

Angelo Pillon, Alessandro Vianello (cons., vicario e Maestro dei novizi) Ermenegildo Zanon.

  

1953-54

Angelo Pillon

Angelo Pillon, Alessandro Vianello (cons., vicario e Maestro dei novizi), Arcangelo Vendrame, Armando Soldera

Italo Guzzon, novizio Giuseppe Corazza

 

1954-55

Angelo Pillon

Angelo Pillon, Alessandro Vianello (cons., vicario e Maestro dei novizi), Arcangelo Vendrame, Armando Soldera

Italo Guzzon, novizio Giuseppe Corazza

 

1955-56

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello (pro-rettore), Alessandro Vianello (cons., vicario e maestro dei novizi),

Italo Guzzon

 

1956-57

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello (pro-rettore), Alessandro Vianello (cons., vicario e maestro dei novizi), Raffaele Pozzobon,

  

1957-58

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello (pro-rettore), Alessandro Vianello (cons., vicario e maestro dei novizi), Raffaele Pozzobon

 

Novizi: Remo Morosin, Sergio Gallina, Piero Pizzolon, …

1958-59

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello (pro-rettore), Giuseppe Maretto (cons., vicario e maestro dei novizi), Ermenegildo Zanon

Giusto Larvete, Italo Guzzon

Novizi: Diego Spadotto. Giuseppe Leonardi (partim), Gino Da Valle, Virgilio (Lorenzo) Cunial, Bruno Moretti.

1959-60

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello (pro-rettore), Giuseppe Maretto (cons., vicario e maestro dei novizi), Ermenegildo Zanon

Giusto Larvete, Italo Guzzon

Novizi: Giuseppe Leonardi (partim), Giovanni Masin, Giocondo Zendron, Roberto Garzotto, Gerardo Palermo.

1960-61

Pellegrino Bolzonello

Pellegrino Bolzonello (pro-rettore), Giuseppe Maretto (cons., vicario e maestro dei novizi), Ermenegildo Zanon

Giusto Larvete, Italo Guzzon

 

1961-62

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (pro-rettore), Pellegrino Bolzonello (vicario), Giuseppe Maretto (cons., vicario e maestro dei novizi), Fabio Sandri

???

 

1962-63

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Pellegrino Bolzonello, Giuseppe Maretto (maestro dei novizi), Ermenegildo Zanon.

Luigi Santin

 

1963-64

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Pellegrino Bolzonello, Giuseppe Maretto (maestro dei novizi), Ermenegildo Zanon.

Luigi Santin

 

1964-65

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Pellegrino Bolzonello (1° cons. e vicario), Natale Sossai (Economo, 2° cons.), Nicola Zecchin (maestro dei novizi)

Luigi Santin

 

1965-66

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Pellegrino Bolzonello (1° cons. e vicario), Nicola Zecchin (maestro dei novizi), Diego Beggiao (economo), Giancarlo Tittoto

???

 

1966-67

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Pellegrino Bolzonello (1° cons. e vicario), Nicola Zecchin (maestro dei novizi), Diego Beggiao (economo), Giancarlo Tittoto

???

 

1967-68

Mario Merotto

Mario Merotto (pro-rettore), Pellegrino Bolzonello (1° cons. e vicario), Armando Manente (2° cons.), Nicola Zecchin (maestro dei novizi)

 

Novizi: Maurizio Recchia e Giovanni Zanetti

1968-69

Antonio Turetta

Antonio Turetta (Rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (1° cons. e vicario), Franco Degan

Edoardo Bartolamedi, Olivo Bertelli

(Il noviziato viene spostato a Levico)

1969-70

Antonio Turetta

Antonio Turetta (Rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (1° cons. e vicario), Franco Degan

Edoardo Bartolamedi, Olivo Bertelli

 

1970-71

Franco Degan

Franco Degan (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (vicario)

Roberto Feller, Adelino Canuto

1971-72

Franco Degan

Franco Degan (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (vicario)

Roberto Feller, Adelino Canuto

1972-73

Franco Degan

Franco Degan (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (vicario)

Roberto Feller

1973-74

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Pellegrino Bolzonello (vicario e direttore dei corsi), Raffaele Pozzobon

Roberto Feller

1974-75

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Pellegrino Bolzonello (vicario e direttore dei corsi), Armando Soldera

Luigi Gant

1975-76

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (1° cons., vicario e direttore dei corsi), Raffaele Pozzobon

Luigi Gant

1976-77

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (vicario e direttore dei corsi), (Armando Soldera?), Raffaele Pozzobon,

Luigi Gant

1977-78

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (vicario e direttore dei corsi), Raffaele Pozzobon,

Luigi Gant

1978-79

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (vicario e direttore dei corsi), Raffaele Pozzobon

Luigi Gant

1979-80

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (2° cons.), Raffaele Pozzobon (direttore dei corsi), Sergio Vio (Vic. e 1° cons.)

Guerrino Zacchello

1980-81

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (2° cons.), Raffaele Pozzobon (direttore dei corsi), Sergio vio (Vic. e 1° cons.)

Guerrino Zacchello

1981-82

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello (2° cons.), Raffaele Pozzobon (direttore dei corsi), Sergio vio (Vic. e 1° cons.)

Guerrino Zacchello

Il preposito e il consiglio decidono di erigere di nuovo come sede del noviziato canonico la casa del S. Cuore.

1982-83

Fabio Sandri

Fabio Sandri (rettore ed economo), Orfeo Mason (vic. generale, maestro dei novizi), Pellegrino Bolzonello, Raffaele Pozzobon (direttore dei corsi per nomina da parte del preposito, vic. e 1° cons.), Sergio Vio (2° cons.).

La casa riprende ad essere anche noviziato.

Novizi: Loris Fregona, Giuseppe Moni, Sergio Zamperoni

1983-84

Fabio Sandri

Fabio Sandri (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello, Raffaele Pozzobon (direttore dei corsi per nomina da parte del preposito, vic. e 1° cons.), Sergio Vio (2° cons.)

Giusto Larvete

Due postulanti: Ettore Perale e Domenico Rigoni

1984-85

Fabio Sandri

Fabio Sandri (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello, Raffaele Pozzobon (direttore dei corsi per nomina da parte del preposito, vic. e 1° cons.), Sergio Vio (2° cons. e maestro dei novizi per quest’anno)

Due postulanti: Ettore Perale e Domenico Rigoni

1985-86

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello, Orfeo Mason (vic, 1° cons. e maestro dei novizi), Bruno Lorenzon, Sergio Vio (2° cons. e vice maestro novizi).

Giusto Larvete (Segretario)

4 novizi dall’Ecuador. e il postulante Alvise Bellinato.

NB: come delegati per il capitolo generale del 1985 sono eletti P. Raffaele Pozzobon e fra Giusto Larvete.

P. Bruno Lorenzon dopo tre mesi parte per Esmeraldas (Ecuador)

1986-87

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), Pellegrino Bolzonello, Orfeo Mason (vic., 1° cons. e maestro dei novizi), Sergio Vio (2° cons.).

Giusto Larvete (Segretario)

Noviziato di Lucho Navarro, colombiano, dal 12.3.1986 al marzo ’87. Assieme a lui, Nicola Bertelli, Antonello Ronzani e Giandomenico Mariani.

1987-88

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), (Pellegrino Bolzonello), Orfeo Mason (vic., 1° cons. e maestro dei novizi), Sergio Vio (2° cons.).

P.Pellegrino è sempre ammalato e non appare nei capitoli di famiglia. È trasferito a Possagno-Canova il 27 agosto 1988.

Novizi: Ettore Perale, Dario Perizzolo, Francesco Janmo.

Inoltre, forse con sfasamento di un semestre, la seconda serie di novizi della regione Ecuador: Arnobio Agudelo Orejela, Vicente Rodrigo Pacheco Guerrero, Pedro Manuel Landazuri L. e Guillermo Neftali Garcia Correa.

1988-89

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), Angelo Moretti (Vic., 1° cons. e segret.), Sergio Vio (2° cons.) e maestro dei novizi?

Ettore Perale, Luca Ronchin

Novizi: Pietro Benacchio, Luigi Scuttari, Antonio Gentile e Fabio Perizzolo.

1989-90

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), Angelo Moretti (Vicario generale, Vic., 1° cons. e segret.), Sergio Vio (2° cons.)

Ettore Perale, Luca Ronchin

1990-91

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), Angelo Moretti (Vicario generale, Vic., 1° cons. e segret.)

Ettore Perale, Luca Ronchin

1991-92

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), Angelo Moretti (Vicario generale, Vic., 1° cons. e segret.)

Roberto Feller, 2° cons.

 

1992-93

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), Sergio Vio (Maestro dei Novizi, vic. e 1° cons.), Luigi Bellin, Giuseppe Moni, ambedue incaricati dell’Equipe Pastorale Vocazionale-EPV

Roberto Feller, 2° cons., sacrista

Novizio Giuseppe Sacchi

1993-94

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore ed economo), Sergio Vio (Maestro dei Novizi), Luigi Bellin, Giuseppe Moni

Roberto Feller, 2° cons.

Nov. Luca Scuttari

1994-95

Angelo Moretti

Angelo Moretti (rettore, Vic. Gen. ed economo eletto), Raffaele Pozzobon vicario e 1° cons., Sergio Vio 2° cons. e padre spirituale

Roberto Feller,

Non ci sono novizi

 

1995-96

Angelo Moretti

Angelo Moretti (rettore, Vic. Gen.), Raffaele Pozzobon Vicario e segretario), Sergio Vio, 2° cons.

Roberto Feller,

A maggio 1996 P. Vio è trasferito a Pozzuoli

1996-97

Angelo Moretti

Angelo Moretti (rettore, Vic. Gen.), Raffaele Pozzobon

Roberto Feller, 2° cons.

1997-98

Raffaele Pozzobon

Raffaele Pozzobon (rettore), Giuseppe Colombara (2° cons.), Angelo Moretti (vicario e 1° cons.)

Roberto Feller

NB: a marzo 1998 P. Colombara per motivi di salute passa a Venezia.

1998-99

Angelo Moretti

Angelo Moretti (rettore e maestro dei novizi per il biennio),

Roberto Feller

1999-2000

Angelo Moretti

Angelo Moretti (direttore)

Roberto Feller

Il noviziato è trasferito definitivamente a Roma

2000-01

Angelo Moretti

Angelo Moretti  (direttore)

Roberto Feller

La casa del S. Cuore è riunita a quella del Canova e Sappada.

2001-02

Angelo Moretti

Angelo Moretti (direttore)

 

2002-03

Angelo Moretti

Angelo Moretti (direttore)

P. Angelo Moretti a novembre parte per la Romania

2003-04

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore), Pietro Benacchio, Ciro Sicignano

 

2004-05

Fabio Sandri

Fabio Sandri (direttore)

Lavori in corso

2005-06

Diego Beggiao (presenza informale)

Lavori in corso

2006-07

Riapertura della casa l’11.6.6

2007-08

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (direttore), Pietro Benacchio, Ciro Sicignano

 

2008-09

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (direttore), Ciro Sicignano

 

2009-10

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (direttore), Ciro Sicignano

 

2010-11

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (direttore), Ciro Sicignano

 

2011-12

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (rettore), Angelo Moretti, Luigi Scuttari, Luca Scuttari

 

2012-13

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (rettore), Angelo Moretti, Luigi Scuttari, (Luca Scuttari)

P. Giuseppe Moni è stato rinominato rettore (non direttore) e a principio per un triennio

2013-14

Luciano Bisquola

Luciano Bisquola (rettore), Diego Spadotto (vic.), Angelo Moretti, Luca Scuttari.

 

2014-15

Luciano Bisquola

Luciano Bisquola (rettore), Diego Spadotto (vic.), Angelo Moretti.

2015-16

Luciano Bisquola

Luciano Bisquola (pro-rettore), Diego Spadotto (vic.)

2016-17

Luciano Bisquola

Luciano Bisquola (pro-rettore), Diego Spadotto (vic.)

2017-18

Luciano Bisquola

Luciano Bisquola (pro-rettore), Diego Spadotto (vic.)

2018-19

Luciano Bisquola

Luciano Bisquola (pro-rettore), Diego Spadotto (vic.)

2019-2020

Luciano Bisquola

Luciano Bisquola (direttore), Alvise Bellinato

 

6. La casa di Santo Stefano di Camastra (1938)

Le origini della fondazione di questa casa vengono da lontano. Nel corso della prima guerra mondiale (1915-1918), a seguito del crollo del fronte a Caporetto e del suo spostamento sul Piave (24 ottobre-12 novembre 1917), Possagno si veniva a trovare sulla seconda linea del fronte e il paese fu sgomberato e occupato dall’esercito regio italiano come centro di smistamento e anche di comando delle truppe che lottavano sul monte Grappa e sul Piave. La popolazione di classe sociale modesta o povera di Possagno fu trasferita, dopo altre tappe, in Sicilia (nella zona di Marsala), con l’esemplare accompagnamento spirituale, pastorale e anche civile dei padri Cavanis Agostino Zamattio e Giovanni D’Ambrosi durante tutto il tempo del “profugato”. Nel frattempo, i benestanti e ricchi si erano spostati lontani dal fronte con mezzi propri; e i preti diocesani locali sembra non si fossero occupati del popolo. Come conseguenza della loro permanenza nella bellissima isola, i due eroici padri, e soprattutto P. Agostino Zamattio, avevano pensato alla possibilità di aprire una casa in Sicilia.

Della fondazione in Trinacria, inizialmente a Cammarata, si parlò di nuovo, circa vent’anni dopo, nella riunione del consiglio definitoriale del 6 luglio 1938; il preposito segnalò che c’era anche un’altra richiesta di fondazione in Sicilia, da parte dell’arciprete Mons. Ignazio Perna di Santo Stefano di Camastra (diocesi di Patti, provincia di Messina). Anche Mons. Antonio Mantiero, allora vescovo di Treviso, che anteriormente era stato vescovo di Patti, insisteva che l’Istituto accettasse la fondazione. Ma era evidentemente impossibile accedere a tutte e tre le richieste di fondazione che erano giunte alla congregazione in quel periodo, cioè le due fondazioni in Sicilia (Santo Stefano di Camastra e Cammarata) e quella di Don Filippin che proponeva una partecipazione dell’Istituto Cavanis nel suo collegio di Paderno; e si rimandava la scelta all’agosto successivo.

Nell’ottobre del 1938, dopo un breve viaggio di ricognizione effettuato assieme al P. Mario Janeselli, a Cammarata (Agrigento) e a Santo Stefano di Camastra (Messina), la casa fu aperta. P. Agostino Zamattio fu assegnato come primo rettore alla nuova casa fondata proprio in quest’ultimo paese, in compagnia del P. Antonio Turetta e di Fratel Vincenzo Faliva. L’assegnazione a questa nuova casa del chierico Federico Grigolo, fatta in un primo tempo, fu ben presto annullata. A fine estate 1939 fu aggiunto P. Vittorio Cristelli, appena ordinato prete. Il primo rettore, P. Agostino Zamattio, vi rimase solo pochi anni: la sua vita volgeva alla fine. Questa accadde a Venezia, dove il padre era stato penosamente trasportato e affettuosamente assistito, il 2 maggio 1941.

Il Vescovo di Patti, Antonio Ficarra (1936-57) aveva approvato l’apertura con lettera anteriore al 21 ottobre 1938, benedicendo l’Istituto e l’iniziativa.

Il Municipio offriva in uso per 10 anni, rinnovabili, l’edificio dell’ente comunale di assistenza, a via Palazzo, n° 31. Arrederà inizialmente l’aula per il 1° anno e concederà un contributo annuo di £ (lire) 4.000 e manutenzione ordinaria. L’Istituto da parte sua si impegnava a dare scuola gratuita, limitatamente ai ragazzi (maschietti) di S. Stefano di Camastra.

Le cose, a Santo Stefano di Camastra, in Sicilia, però, secondo si vide poi, non andavano proprio così, e col tempo si vide che non accennavano realmente a migliorare. Contrariamente alle aspettative, sorte a causa delle lusinghiere parole di stima e di apprezzamento di un ispettore ministeriale, non è stata concessa la parifica alla scuola dei padri Cavanis a S. Stefano. Il comune non faceva fede alle promesse di appoggio, di aumento dei contributi e di restauri dell’edificio.

La morte prematura di P. Agostino Zamattio, portò il preposito, P. Aurelio Andreatta, a porre “in discussione la continuazione dell’opera nostra nella casa di S. Stefano di Camastra, e in capitolo [definitoriale] legge la relazione fatta da P. Zamattio nell’ultimo periodo della sua permanenza in Sicilia. Da questa si ricavano le grandi difficoltà che si presentano per l’incremento dell’opera nostra a S. Stefano e la mancanza da parte dell’Amministrazione Comunale degli aiuti e migliorie promesse. A questo si aggiunge la mancata approvazione dell’ENIM (Ente Nazionale Insegnamento Medi) giustificato dalla mancanza di insegnanti abilitati e di ambienti convenienti. In questo ultimo tempo la GIL (Gioventù Italiana del Littorio) domandava che si provvedesse alla palestra per l’educazione fisica”, che l’edificio non possedeva.

Il verbale di quel capitolo continua: “Si riconosce il bene fatto dall’Istituto ed in particolare da P. Zamattio nel ministero delle anime; ma si osserva che in queste condizioni l’incremento dell’opera è umanamente impossibile e quindi il Preposito propone la chiusura di detta Casa”. Nella riunione successiva, del 9 luglio 1941 il preposito dette relazione dei provvedimenti presi per la chiusura effettiva della casa e per il ritiro dei religiosi: “Essendo stato notificato alle Autorità locali la decisione del precedente Capitolo, si è avuta una immediata reazione. Dopo alcune lettere delle Autorità e persone che si interessavano della continuazione dell’opera nostra nel paese, arrivò a Venezia dal Superiore Generale una deputazione alla quale dovette assistere anche il P. Antonio Turetta, con lo scopo di ottenere la revoca della precedente decisione. A tutti questi interessamenti il Preposito ha risposto con la necessaria prudenza. Il Capitolo, conoscendo come sussistano tutte le ragioni che hanno determinato la precedente deliberazione, pur considerando con soddisfazione l’interessamento delle autorità e della popolazione a nostro riguardo, riconferma il richiamo dei religiosi e la chiusura della Casa di S. Stefano di Camastra.”

Sembra interessante aggiungere quanto si scrive in proposito nel DC (nel X volume che, nella fattispecie è piuttosto il diario della casa di Venezia con cenni ad altre case): “Si tiene il Cap[itolo] definitoriale. Si decise tra l’altro di ritirarsi da S. Stefano di Camastra. Il 17 e 18 successivo il Preposito ne fa l’annuncio al Vescovo di Patti ed alle Autorità di S. Stefano.

Incomincia un periodo in cui le Autorità e la popolazione di Camastra con lettere, invio di persone, appelli ad alti dignitari della Chiesa cercano d’impedire la nostra partenza. Il popolo ci è davvero affezionati (sic). I nostri Religiosi han saputo guadagnarsi col loro zelo la stima e l’attaccamento sincero degli abitanti di S. Stefano”.

I religiosi Cavanis lasciarono il paese il 14 agosto 1941, in piena guerra mondiale, poco dopo che il Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR), era arrivato sul fronte orientale in Ucraina e Russia (a metà luglio 1941); e mentre l’esercito italiano combatteva ancora in Libia e in vari altri fronti. I religiosi Cavanis portarono con loro le loro poche cose, il modesto archivio locale, che confluì nell’archivio della curia generalizia a Venezia (AICV) ove si trova fino ad oggi; sembra che non trasportarono a Venezia la modestissima biblioteca. Alcuni mobili e altro materiale fu spedito a Venezia per via ferroviaria.

In Sicilia si era anche proposta una fondazione Cavanis, con una scuola, nella provincia di Agrigento, nel meridione dell’isola, nella cittadina di Favàra, e la situazione locale era, almeno a livello di promesse, più conveniente di quello che ormai si stava conoscendo a S. Stefano di Camastra. Scontenti della situazione a S. Stefano, si era pensato a trasferirvisi. Tuttavia, nel 1940 il preposito P. Aurelio Andreatta, dietro le insistenze del rettore locale, rispondeva “assolutamente no”.

La corrispondenza di P. Aurelio Andreatta, preposito, con P. Agostino Zamattio, rettore.

L’archivio della casa di S. Stefano di Camastra, modestissimo e corrispondente a solo tre anni scolastici, è costituito principalmente dalle lettere frequenti del preposito al rettore di quella casa siciliana. Le lettere e carte che partivano da S. Stefano a Venezia si trovano invece nei carteggi di curia (Fondo Curia). Le lettere di P. Aurelio, preposito già da sette anni al tempo dell’apertura di questa casa, sono estremamente fraterne e piene di affetto, molto rispettose al più anziano e preposito emerito P. Agostino, sono brevi e sintetiche, in ottimo italiano, come era tipico del P. Andreatta, professore di letteratura italiana. Nell’arco de tre anni scolastici di presenza Cavanis in Sicilia, le lettere ci forniscono molti dati relativi alla congregazione e alla casa di Venezia, ma sono anche preziose per conoscere la storia della casa siciliana. Si registrano qui i dati più importanti, in ordine non cronologico, come faremo più sotto sintetizzando il diario della casa.

Da notare che a queste lettere del preposito, soprattutto nelle occasioni di festività e dell’onomastico e compleanno del P. Agostino, si aggiungono lettere e biglietti cordialissimi di altri confratelli e anche dei chierici e dei novizi: tutti lo ricordavano, con ogni evidenza, con grande e profondo affetto.

La scuola cominciò con una prima media, che a quel tempo si chiamava prima ginnasio, con 33 ragazzi. Negli stessi giorni, curiosamente, si cominciava a Venezia il nuovo Istituto Tecnico, pure con 33 alunni.

I padri di S. Stefano si trovavano all’inizio di una nuova casa e abbisognavano di tutto. Avevano portato molte cose con sé, per via ferroviaria; ma localmente, non era facile fare acquisti in un paese piuttosto piccolo, lontano dalle città e con trasporti pubblici alquanto difficili e insufficienti, a quanto si capisce. Si sa che la comunità non disponeva di una vettura propria. Chiedevano al preposito, o a volte alle case di Possagno e più spesso di Porcari di inviare le cose più varie, via ferrovia: tovaglie, biancheria, lumini, libri, spartiti di musica, libri di canzoni regionali e di canzoni sacre, un organo, apparecchi e cose varie di cucina, rosari, di tutto un po’. Inviavano a Venezia e anche alle altre case cassette di arance e mandarini, apprezzatissime. E limoni. P. Aurelio scrive a P. Agostino: “I limoni servirono assai bene per il punch tradizionale dell’ultimo dell’anno!”.

Oggi non ci si crederebbe, ma chi scrive si ricorda che in Italia settentrionale a quei tempi gli agrumi erano regalati ai bambini a Natale, all’Epifania e così via; non si trovavano normalmente a tavola. Da santo Stefano inviano anche fragole, olive. Anzi, il preposito chiede una cassa di olive da mettere in salamoia. Lo stesso, in una lettera chiede se possono mandare a Venezia olio di oliva della Sicilia.

Dalle lettere affiora anche un altro aspetto. Da Venezia si aveva l’impressione della Sicilia come se fosse un paese lontano, quasi un altro pianeta. A quel tempo non si viaggiava molto come oggi; e inoltre si era in tempo di immediata pre-guerra (in Europa si combatteva già dal 30 settembre 1939) e di guerra dal 10 giugno 1940, data della dichiarazione di guerra dell’Italia a fianco della Germania; e tutto era più difficile e limitato.

A Santo Stefano di Camastra la comunità Cavanis era più coinvolta con il regime fascista nelle sue forme locali, che nelle altre case dell’Istituto. Sembra che questo dipendesse più dal P. Zamattio che dagli altri religiosi. Dipendeva anche dal fatto che l’Istituto era stato chiamato a S. Stefano non solo dall’arciprete e dal vescovo, ma anche dal podestà e che questo podestà era legatissimo al Fascio locale. In una circolare stampata che fa pubblicità dell’Istituto Cavanis di S. Stefano di Camastra per l’anno 1939-40 si scrive tra l’altro che “L’iscrizione alle organizzazioni del Regime [fascista, ovviamente, NdA] è obbligatoria”. È inoltre strano ma significativo che il primo invito a fondare una scuola Cavanis a Favàra sia stato rivolto ai padri, in iscritto, dal “Partito Nazionale Fascista di Agrigento, Fascio di Favara”. Viene da rabbrividire!

P. Andreatta, su questo tema, almeno, scriveva a P. Zamattio che non era opportuno che uno dei religiosi si iscrivesse al GUF, Gruppi universitari fascisti, articolazione universitaria del Partito Nazionale Fascista per universitari (i due giovani membri della comunità, P. Antonio Turetta e poi P. Vittorio Cristelli erano ambedue universitari), perché il GUF ha carattere politico, e ai religiosi era proibito iscriversi a associazioni politiche. P. Aurelio suggerisce invece che un religioso potrebbe diventare cappellano della G.I.L., che darebbe gli stessi vantaggi. La G.I.L. era la gioventù italiana del Littorio, e chiaramente era molto politicizzata nello stesso modo della G.U.F. Dei due padri universitari, si sa che P. Vittorio Cristelli voleva passare dall’università di Padova a quella di Palermo; sarebbe andato su e giù in treno almeno per gli esami e per le pratiche, non certamente per le lezioni. S. Stefano si trova proprio sulla linea Messina-Palermo. P. Antonio Turetta di fatto si trasferì da Padova a Palermo e, come si dirà, concluse lì il corso di laurea in Storia e Filosofia anche dopo che la casa di cui si parla era stata chiusa.

Nella circolare di pubblicità di cui sopra, si presenta la scuola in modo alquanto pomposo, anche se si trattava di una cosa modestissima: “L’istruzione per l’anno 1939 – 1940 comprende i corsi di prima e seconda ginnasiale, di primo e secondo Magistrale, inferiore di primo e secondo Istituto Tecnico inferiore e di una quinta elementare preparatoria per gli esami di ammissione alle scuole Medie”. Si parla di convitto e di semiconvitto. La scuola era del tutto gratuita; il convitto era ovviamente a pagamento. Nel programma si descrive addirittura il menu dei tre pasti quotidiani, abbondanti, ma da tempo di guerra.

Si era parlato fin dall’inizio della possibilità di costituire un convitto, e non solo la scuola esterna; e lo si realizzò di fatto, anche se con difficoltà di spazio, e anche se P. Andreatta aveva scritto “con la minaccia del conflitto la posizione nostra a S. Stefano non mi sembra troppo favorevole per l’inizio di un convitto, giacchè in Sicilia in questo momento si avrà la tendenza di ritirarci dalle coste”.

I religiosi Cavanis avevano buoni rapporti con l’arciprete locale, che li aveva invitati, con uno o due preti diocesani locali, collaboravano nella pastorale locale tanto quanto potevano, si scambiavano per le messe e altri impegni con i preti, collaboravano celebrando la messa e probabilmente con altre attività pastorali con un convento di suore in S. Stefano. C’è nella corrispondenza qualche raro cenno a un clero siciliano diverso da quello veneto; ma senza cattiveria. A volte P. Zamattio era invitato per predicare ritiri o prediche per festività in paese, ma anche in città vicine, e nel seminario di Patti, la diocesi locale, con gli esercizi spirituali dettati ai seminaristi diocesani. Uno dei sacerdoti locali, don Anastasio, collaborava inizialmente come insegnante nella scuola Cavanis.

I padri avevano cercato contatto con editrici come la Paravia e la SEI per richiesta e acquisto di libri scolastici, religiosi, di cultura.

È logico che in un tempo così breve non si poteva sperare di trovare aspiranti all’Istituto, da inviare al probandato di Possagno. Tuttavia, in una lettera già del 1938 P. Andreatta risponde al P. Zamattio, che gli accennava a un ragazzo offertosi come aspirante, che si aspettasse, e che i primi mesi di probazione si svolgessero sul posto. In seguito non se ne parla più e non ci sono più altri casi di vocazione all’istituto.

Le cose a Santo Stefano non andavano molto bene: dopo tante promesse, e dopo aver rinunciato alla fondazione di una casa a Cammarata, che avrebbe dato migliori possibilità, l’ambiente non rispondeva alla speranza. P. Andreatta scrive al rettore di S. Stefano, alla fine del primo anno di scuola: “Consideri bene se l’impegno del Podestà è serio, perché già si capisce che non lo è. Sarebbe meglio andarsene già, piuttosto che aspettare lì per niente e doversene andare poi”. Il che accadde puntualmente. E due mesi dopo:  “ Non vale la pena di rimanere ad ogni costo”.

Il diario della casa di S. Stefano di Camastra

Il breve diario di questa casa che ha vissuto per quattro anni incompleti è stato scritto in un quaderno da scuola, formato 20,5×15 cm, con copertina nera, come era in uso a quel tempo nella scuola e negli altri ambienti. La prima parte, più lunga, che va dal 13 ottobre 1938 al 31 dicembre 1940 (e all’intestazione dell’anno 1941) è stata scritta dal rettore, P. Agostino Zamattio. La seconda parte, dal 1° gennaio 1941 al 30 giugno dello stesso anno scrive il diario il P. Vittorio Cristelli; la terza parte, da quest’ultima data al 14 agosto 1941, fu scritto da P. Antonio Turetta.

1938

P. Agostino Zamattio partì solo soletto da Venezia il 13 ottobre 1938, in treno, alle 9,05 e arrivò a Napoli verso le 21. Prese il piroscafo per Palermo alle 22,20, dormì piuttosto bene a bordo e arrivò alla capitale della Sicilia il giorno dopo, 14 ottobre, alle 9,25. Celebrò la messa in una chiesa vicino alla stazione marittima e visitò un ex-allievo di Porcari, Vasco Martinelli, a Palermo in servizio militare. Partì in treno da Palermo alle 15,30 e arrivò a S. Stefano alle 17,20. Lo aspettava con un’automobile Mons. Arciprete con un rappresentante del podestà e lo condussero all’albergo Bella Vista, dove cenò e passò la notte. Il nome dell’albergo era appropriato perché, di là del bellissimo mare, si vedono le isole Eolie: da sinistra a destra, cioè da ovest a est, Alicudi, Filicudi, Salina, Vulcano. Sembrano dei cappelli cinesi che emergono dal mare, e sono tutti vulcani oceanici.

Il 15 ci fu nel pomeriggio l’ingresso nell’Istituto. P. Agostino si istallò in una camera e si preparò il pranzo, da solo, e più tardi la cena. Il 16 era domenica. Celebrò nella chiesa del Rosario, con omelia. Ricevette il benvenuto da alcune signore. Il 17 partecipò alla messa per l’inizio delle scuole elementari nella chiesa matrice. L’arciprete tenne un discorso. Ci furono poi le iscrizioni. Si presentarono 10 alunni con il certificato di ammissione alle medie, “e undici no”. Avrebbero fatto un esame di ammissione.

Nei giorni seguenti il padre operò i primi contatti e fece un pellegrinaggio al santuario del Letto Santo, salendovi a dorso di mulo. Il Letto Santo è una chiesa parrocchiale e santuario dedicato al culto della SS. Croce di Cristo. Complesso ecclesiale sede del Monastero di S. Stefano di probabile origine normanna (XI-XII secolo circa), già dipendenza dell’Abazia benedettina della SS. Trinità di Mileto e dal 1454 dell’Abazia di Sant’Anastasia in Castelbuono. Il paese, che al tempo dell’arrivo di P. Zamattio aveva poco più di 6.000 abitanti, più di oggi, era cominciato ad esistere proprio con la costruzione dell’abbazia e con le abitazioni dei dipendenti. P. Agostino nel diario fa riferimento alla presenza di pellegrini che erano saliti al santuario per ringraziare il Signore per aver concesso che si evitasse la guerra; e aggiunge l’annotazione: “(Convegno di Monaco)”. Come si illudevano!

Il 22 ottobre mattina arrivarono a S. Stefano P. Antonio Turetta, ordinato prete da poco, nel luglio 1937, e fra Vincenzo Faliva, che aveva allora 55 anni.  Con consolazione, P. Agostino annota che ora era tra fratelli in comunità.

Gli iscritti alla prima media erano 35, alcuni dei quali, esaminati perché non avevano il certificato di ammissione, si dimostrarono “una miseria”. Il 25 ottobre si va a Messina con il monsignore e il podestà, dal provveditore. Si scopre che il provveditore non può dare l’autorizzazione per aprire la scuola, ma che bisogna ricorrere a Roma all’ENIM. Il giorno dopo comunque inizia l’anno scolastico. La ricreazione, in mancanza di un cortile, si faceva “nel Viale delle Palme, in posizione magnifica e del tutto solitaria”.  Seguono poi i giorni successivi senza maggiori notizie.

Il 6 novembre P. Agostino, che sta partecipando nella vita parrocchiale della Matrice, collaborando, fa una operazione liturgica che oggi ci sembra assurda, ovviamente, e che non era comune neanche prima del Concilio Vaticano 2°: “Alla Matrice alle 9 ½ si recarono inquadrati i bambini e le bambine delle elementari. Io feci loro recitare delle preghiere e spiegai il Vangelo durante la Messa fino all’elevazione. Dopo l’elevazione altre preghiere”.

Si fece un tentativo di insegnare ai bambini e ragazzi della parrocchia la Dottrina Cristiana, a quanto pare nella sede dell’Istituto Cavanis, anche con l’aiuto per le varie classi in cui erano stati divisi, da parte di don Anastasio e del canonico Zaffiro. Il primo era capace, il secondo aveva problemi seri di mantenere la disciplina. I ragazzi però andavano diminuendo continuamente, fino a che rimasero solo i ragazzetti della prima media che frequentavano l’Istituto. “La ragione principale perché (sic) non abbiamo cortili e modo di divertirli”.

Il 7 novembre inizia il semiconvitto, con la presenza di 4 e poi 5 semiconvittori, che rimanevano nell’Istituto fino a tardo pomeriggio.

Dopo questa data, P. Zamattio scrive che chiede varie cose al Comune (cucina economica, vasca per l’irrigazione del giardino, un crocifisso e delle carte geografiche, e poi annota: “NB. Di tutte queste cose si aspetterà qualche anno e oggi che ricopio il diario – alla distanza di oltre due anni alcune sono ancora da attuarsi.”

Il 16 novembre scrive al vescovo di Patti, mons. Ficarra, chiedendo la facoltà della benedizione deprecatoria e comunicando il numero dei nostri alunni.

Il 17 un giovane chiede di essere accolto come fratello laico. Non viene accolto tuttavia, per il suo cattivo carattere,  problemi di salute e altro.

Il 20 i padri intervennero alle “esequie per un caduto in Spagna”. La guerra di Spagna era in corso, prodromo della guerra mondiale; e si stava nella peggiore parte, nella fase quasi terminale. Il caduto, con ogni probabilità, era un soldato “volontario” però precettato, dal regime fascista. Ma non ci sono precisazioni in merito. Era chiaramente uno stefanese.

Si celebrano le classiche feste dell’Istituto Cavanis: gli Angeli custodi (in ritardo), l’Immacolata e, nel giugno del ’39 e seguenti, anche la festa di san Giuseppe Calasanzio pro pueris, naturalmente, e quindi nel corso dell’anno scolastico anziché d’estate; e poi la solennità nella data liturgica del 27 agosto.

Il 16 dicembre P. Zamattio inizia l’apicultura, cosa non rara nell’Istituto. Il 20 il rettore va a Cammarata per una visita, con un “Viaggio assai disagiato”.

A Natale, il diario dice “Nella nostra Chiesa 1ª Messa alle 12 ¾ 2ª alle 8 3ª alle 9. Il Podestà è venuto a farmi gli auguri con l’offerta di £ 100. Nessuno altro è venuto a farmi gli auguri. Con tre ragazzi sono andato dal Podestà e dall’Arc[iprete]. Natale molto povero! Anche noi siamo a Betlemme…..”.

29 dicembre “ho parlato con l’Arc., riguardo i banchi della chiesa, il tabernacolo, l’armonio… Molte promesse!!:::”

Il 31 dicembre P. Agostino va all’altra cittadina potenzialmente interessante per l’Istituto, Favàra. Si incontra con il vescovo, scrive nel diario “Non si può rifiutare!” e ne fa una relazione al preposito.

1939

Nei primi giorni dell’anno “Vento da scirocco – grande disagio in cucina e nelle nostre camere che mancano di soffitto e sono esposte come le stalle in piena campagna – Offriamo al Signore anche questa tribolazione.”

L’8 gennaio comincia ad agire una piccola filodrammatica, anche questo secondo la tradizione dell’istituto, con discreto successo.

Il 1° febbraio P. Agostino va a visitare Agira (Enna) dove si chiede una fondazione dell’Istituto. Evidentemente il padre aveva l’intenzione, un po’ improbabile, di una provincia siciliana. E si dava realmente da fare.

I padri si dedicavano volentieri alla predicazione. P. Turetta frequentemente predicava nelle chiese di S. Stefano e più tardi predicò per tutto il mese di maggio; P. Zamattio accettò di predicare il quaresimale, e il 28 andò anche a Patti, sede della diocesi, per predicare un ritiro di tre giorni ai seminaristi ordinandi.

Il 24 maggio si compie un saggio di ginnastica a livello cittadino (sembra) e P. Antonio Turetta ne era stato l’istruttore. Il terreno su cui si svolgeva il saggio era fangoso, ma si ebbe un grande successo.

Il 18 giugno si celebrò anche nel paese stefanese il centenario dell’erezione canonica della congregazione, con la presenza del vescovo e del podestà.

Durante questo primo anno P. Zamattio, che era anche vicario generale della congregazione, andò tre volte a Venezia per il consiglio definitoriale, approfittando per passare brevemente anche nelle altre case.

Durante le vacanze estive si stampò, da parte e a spese del Comune, la circolare-programma dell’Istituto Cavanis, di cui si è parlato sopra e che è conservata in archivio.

L’8 agosto i padri Zamattio e Turetta, in automobile, con tre forature e, pare, con autista. compiono una bella e ben meritata gita a Marsala, visitando di passaggio Monreale e Selinunte. Lo scopo principale era quello di visitare i luoghi dove i profughi di Possagno avevano abitato durante la fase finale della prima grande guerra. “A Marsala si ricordano ancora di noi”.

Altra gita, sull’Etna questa volta; e poi, durante l’estate si compie qualche piccolo lavoro ni manutenzione ordinaria e l’apertura di una porta. Sembra non sia stata grande cosa. Tra l’altro il 4 settembre gli operai se ne vanno perché non sono pagati (dal Comune). Lo stesso accade di nuovo il 3 ottobre. Si programma anche il convitto, annunciato nel programma stampato; ma “Nessuno si presentò con serie intenzioni di restare in convitto da noi.”

Il 18 settembre P. Zamattio ritorna da un terzo viaggio a Venezia, portando con sé il P. Vittorio Cristelli, quarto membro della comunità. Era stato ordinato prete il 2 luglio precedente a Venezia.

29 settembre: “Sospesi i lavori per mancanza di calce”. A inizio ottobre P. Zamattio ordina dei banchi di scuola (sperando in una rifusione dal Comune). In passato aveva anche comprato dei banchi per la chiesa; pare che in Sicilia a quel tempo (come del resto anche in molte chiese del Veneto) non ci fossero banchi ma solo sedie; con la scomodità di inginocchiarsi per terra. Si comprano anche 10 letti, nella speranza di poter realizzare il convitto. Tuttavia: “Oggi sono venuti i 10 letti – scrive il 30 ottobre – che resteranno imballati per due anni almeno – perché non c’è speranza di convittori”.

Ma i lavori non avanzavano. Il comune non pagava gli operai e questi si assentavano; il podestà li costringeva a ritornare minacciando denuncia. Questi approfittando di una visita a S. Stefano del prefetto, gli denunciarono l’ingiustizia; e, partito il prefetto, furono tutti licenziati. E così via, all’infinito.

Il 17 ottobre si inizia il nuovo anno scolastico. “Nessuna autorità intervenne, perché nessuna fu invitata”. Tempo prima P. Agostino annota che a una festa era stato invitato solo lui personalmente (e non gli altri di comunità); e che “alla leva fascista” neppure lui era stato invitato. C’era dunque tensione. Il numero degli alunni era come segue: “Iscritti in 1ª 22 in 2ª 24 5ª elem. 5” (sic).  In tutto 51 alunni. “Si apre il semiconvitto con 5 alunni che furono in seguito andati a 10”. Non erano glorie! Da notare che, dato che la scuola era del tutto gratuita nelle case Cavanis e anche in questa, si speravano (e altrove si ottenevano) delle rendite con le rette dei semiconvittori e convittori. Questi infatti, pur non pagando l’insegnamento e l’uso della scuola, pagavano per il vitto e l’alloggio.

Il rettore intanto deve litigare con fornitori e artigiani per i banchi di scuola (non c’è legno, ma il podestà afferma che c’è), con il fumista venuto da Catania per la cucina (ma il podestà non dà soldi). P. Zamattio in questo inizio di nuovo anno scolastico registra nel diario queste situazioni frustranti e accusa più volte, espressamente, il podestà di bugie e falsità, e di mancare alle promesse.

Intanto in ottobre ci sono anche consolazioni: P. Antonio Turetta, che ha spostato la sua iscrizione dall’Università di Padova a quella di Palermo, dà due esami, ricevendo 24/30 e 30/30. Bravissimo! E non era facile nella situazione; come del resto non è stato mai facile per gli studenti universitari Cavanis: spronati dai superiori a studiare, ma poi sovracaricati di lavoro, e situati in piccole città o paesi privi di Università.

Il 6 novembre cade una parte del soffitto sul letto del rettore, che si è deformato nonostante fosse metallico. Per fortuna il padre si trovava all’oratorio. Si è calcolato che sopra il letto ci fossero calcinacci per un peso di circa 3 quintali. Il padre sarebbe senza dubbio rimasto ucciso, se vi si fosse trovato.

Nella stessa data arriva l’approvazione dell’ENIM per le due classi prima e seconda media. “Miscens gaudia fletibus”, dice un inno in onore di S. Giuseppe! Pure a novembre, altre consolazioni: P. Antonio dà felicemente altri “tre esami riportando 30 – 30 – 29”!

A fine novembre finalmente si ha una nuova cucina, ristretta ma che funziona; e si cominciano i lavori per i gabinetti in cortile “lavori che andranno avanti per questi due anni.” Dal teatro, dove dormiva con P. Antonio e fra Giorgio, P. Cristelli passò nella sua cameretta”. Dunque fino a quel giorno i religiosi, escluso il rettore, dormivano accampati con letti o materassi provvisori, senza una stanza. In compenso, il 29 novembre “Si è completata la convenzione con il Comune”. È chiaro che la convenzione avrebbe dovuto essere già completata prima di aprire la casa.

Il 9 dicembre un ispettore visita la scuola e trova la 5ª elementare non approvata e minaccia il rettore di denunciarlo al procuratore del re. Cose serie e pericolose. Il rettore dichiara che il Comune aveva affermato di aver ottenuto l’approvazione. Come il solito, scrive il padre, il podestà non si era curato di compiere le promesse. Il rettore dichiarò poi che non si trattava di una vera quinta elementare, ma di una classe informale preparatoria per l’esame di ammissione alle medie.

1940

Le notizie che troviamo nel diario per questo terzo anno civile e secondo semestre del secondo anno scolastico, ricalcano in buona parte quelle dell’anno precedente, soprattutto a riguardo delle feste devozionali e di quelle liturgiche. Ci sono tuttavia delle novità che qui si segnalano.

Il 12 gennaio finalmente, dopo molte consultazioni e lunga attesa, arriva un organo per la chiesetta. Ma arriva sconquassato, perché l’operazione di imballaggio era stata fatta in fretta e male. Ci vorrà del tempo per rimetterlo in funzione. Lo si può inaugurare solo il 7 agosto!

Il 5 aprile il preposito, P. Aurelio Andreatta, visita la casa. Sembra che sia la prima visita. Quattro giorni dopo, P. Aurelio assieme a P. Zamattio si spostano e visitano la cittadina di Favàra, in provincia di Agrigento.

Il 17 luglio si annota che non solo i lavori progettati e promessi si sono fermati da tempo, ma che il podestà non risponde neppure alle lettere del padre rettore. Infine solo il 21 agosto il soffitto che era caduto nella stanza del P. Zamattio e aveva schiacciato il suo letto viene rifatto; dopo otto mesi dalla caduta rovinosa.

Il 30 agosto, si capisce che i rapporti con l’arciprete si erano guastati. Un episodio raccontato ampiamente nel diario lo dimostra. I padri, e più probabilmente P. Zamattio, già rettore a Porcari (Lucca) avevano importato da Lucca una grande statua di santa Gemma Galgani (1878-1903), una santa lucchese, di cui ovviamente si aveva devozione a Porcari. La santa era una mistica devota di Gesù crocifisso, chiamata “Figlia della Passione”, ed era stata canonizzata proprio nel 1940. La devozione era, e rimase, piuttosto di carattere regionale e legata all’ordine dei passionisti. Esportare la devozione nel messinese non era una grande idea, ma il diario dice che l’intenzione era proprio quello di diffonderne la devozione in Sicilia, come se non ci fossero prima, casomai, i nostri santi patroni e i Fondatori. La statua era giunta a S. Stefano proprio il 30 agosto.

L’arciprete però, che era anche il responsabile della chiesetta, che apparteneva alla matrice, “si oppose con (…?) energia, perchè deve essere fatta al Collegio di Maria, ossia dalle suore – Nella nostra chiesa, ha detto, non vuole il culto per nessuna Santa. Esigeva che la Statua fosse donata al Collegio! Ho risposto che non intendo contraddirlo, ma la statua resterà nel nostro Istituto. Al più potrò darla ad imprestito fino a che non sarà destinata ad altra casa”. E qui si capisce che Padre Agostino pensava già anche lui al trasferimento della comunità e dell’opera ad altra città o paese “forse nella stessa Sicilia, o meglio a Roma”. L’episodio, apparentemente così secondario, diventa un casus belli, e occupa più di due pagine. Nessun altro tema, in questo diario, occupa tanto spazio.

Il 21 ottobre, nella sessione di autunno, si viene a sapere che P. Vittorio Cristelli sostiene a Palermo i primi esami del corso per la laurea in lettere e riceve “26/30 25/30 Deo gratias!”. Altri esami poi saranno sostenuti con successo nella stessa sessione da ambedue i giovani padri, Turetta e Cristelli.

Il 7 novembre P. Zamattio con tre ragazzi della scuola va a Roma “a prendere dalle mani del S. Padre il gagliardetto guadagnato dai nostri Aspiranti di A[zione].C[attolica] nella gara catechistica”. Una grande soddisfazione.

Il 30 novembre si sospende un’altra volta il lavoro di costruzione dei gabinetti nel cortile! E passano gli anni…

Un altro gagliardetto, sempre per gli adolescenti dell’Azione Cattolica, appunto chiamati aspiranti, viene ricevuto dal vescovo a Patti.

Intanto la guerra, cui l’Italia aveva purtroppo aderito il 10 giugno di quell’anno, fa sentire il suo morso anche in Sicilia. “In paese manca la pasta, il riso, pesce, baccalà, uova; la carne si trova solo il sabato e domenica – bisogna ridursi a mangiare formaggi ed erbaggi”, Da ricordare, che non si trattava solo della comunità, bisognava dar da mangiare anche ai semiconvittori. Pare non ci fossero convittori.

23 dicembre. “Oggi il Podestà ci ha fatto avere un q[uintale] di patate a prezzo di costo (£95).”

A Natale e a fine d’anno i quattro religiosi Cavanis si trovano tutti raffreddati, senza dubbio anche per le condizioni della casa e per la mancanza di riscaldamento. Una volta, da Roma in giù, gli impianti di riscaldamento non esistevano, almeno fino agli anni sessanta del secolo scorso. Non si era potuto celebrare l’abituale ora di adorazione nel passaggio dell’anno perché essendo in guerra era obbligatorio l’oscuramento e quindi non si poteva illuminare la chiesa di notte.

P. Agostino Zamattio conclude così nel diario, parlando dell’anno che si concludeva:

“L’anno 1940 è passato. Qui a S. Stefano si è fatto molto lavoro in condizioni di molto disagio sia per l’ambiente ristretto, mancante soprattutto di cortili e di tante altre cose indispensabili sia per l’indole dei ragazzi, che non vuol saperne di vero e serio lavoro e di forte disciplina. Questo tutto si ottiene con la forza, fatta eccezione [???] È abbastanza sentita.

Per le anime, io credo in Domino, che ci siano dei progressi. La nostra Chiesa è sempre più frequentata, le comunioni diventano sempre più numerose. Sembra che anche più numerosi di un tempo siano coloro che vanno alla Messa nei giorni festivi. Si batte, si insiste e certo con l’aiuto di Dio qualche cosa deve restare. Di lavori esteriori di adattamento si è fatto assai poco e anche male – Così vuole il Signore che si viva ancora nel sacrificio per ricambiarci più tardi. Siamo forse in un periodo di incubazione.

Credo che noi il nostro dovere l’abbiamo fatto meglio che abbiamo potuto. e sia ringraziato il Signore che sostiene la nostra buona volontà e ci dà energia morale e anche fisica tanto necessaria nelle presenti condizioni.-”

1941

“1° gennaio. Oggi si fecero le pentolaccie (sic) per tenere raccolti i nostri ragazzi”.

26 gennaio: [a questo punto, il diario comincia a essere dettato da P. Zamattio, che evidentemente non poteva scrivere a causa malattia e stanchezza, a P. Cristelli. Questi scrive direttamente quello che gli detta P. Zamattio, e quindi in 1ª persona. Ma il malato è P. Zamattio, non P. Cristelli che scrive.] “Oggi ho subito la visita medica dal dottor Ciofolo: reumatismo – cuore non troppo a posto.” [Seguono così le annotazioni sulla malattia del P. Zamattio, tra cui anche la relazione di una visita di uno specialista, con viaggio per Palermo e ritorno; fino al 17 febbraio. In realtà, il padre era ammalato di cancro, e da ciò, e dall’età, dipendevano anche gli altri disturbi].

18 febbraio “Sono venuti fra Sebastiano [fratel Bastian Barbot], per accompagnarmi a Venezia, P. Rizzardo Francesco per aiutare nella scuola. Via vai continuo di visitatori e visitatrici.

22 febbraio “Col treno dell’una P. Rettore ci lasciò per recarsi a Venezia, i ragazzi che con la gente l’avevano già salutato all’uscita dall’Istituto, vollero salutarlo ancora una volta alla stazione, non pochi avevano le lagrime agli occhi, tutti, anche i più leggeri mostrarono di capire la grave perdita che stavamo per fare. Il Padre era commosso, ma, come al solito… forte; non così i suoi numerosi beneficati e beneficate parecchie delle quali continuarono a piangere l’intera giornata. Che il Signore si muova a compassione del nostro dolore e ridoni presto a tante anime la guida, a tanti figli il padre indimenticabile, alla nostra piccola casa il Fondatore.

L’8 marzo P. Antonio Turetta diramò un comunicato abbastanza lungo sulla figura e le opere del P. Agostino Zamattio.

Dal 9 marzo si tenne un triduo a S. Gemma Galgani per la guarigione del padre. Strano questo triduo; era più logico celebrarlo in onore di uno dei santi patroni dell’Istituto o ai Fondatori, ma… la comunità di Camastra si era appassionata di S. Gemma! L’arciprete anche qui, pur nella circostanza dolorosa, “si oppose energicamente” e non si poté esporre la statua della santa.

Curiosamente, nei tre giorni esatti del triduo c’era nell’Istituto Cavanis stefanese anche l’ispezione della scuola: un ispettore dell’ENIM veniva a controllare le qualità della nuova scuola, in vista dell’eventuale approvazione. Era persona devota, e partecipò alle tre sere di preghiera e devozione, facendo anche le lodi alla pietà dei ragazzi. Se ne andò poi “pienamente approvando il nostro metodo, il nostro lavoro e soprattutto il nostro disinteresse. (…) Partendo ci ha ripetutamente espresso il suo compiacimento per quanto aveva visto e udito: unica difficoltà per la parificazione la mancanza di titoli negli insegnanti”. Ma questa mancanza, purtroppo, era un peccato…capitale, come ci pare ovvio. Il diario dice ancora, nella stessa data, dell’11 marzo “Al Podestà disse che la parificazione verrà senza dubbio.”

Il 31 marzo “Essendo arrivate da Venezia cattive notizie sulla salute del P. Rettore, abbiamo cominciato una novena a P. Marco; “Dominus conservet eum.”

Il 24 aprile purtroppo “è arrivato da Roma il seguente telegramma: ‘Il comitato tecnico non ha espresso parere favorevole associazione classe prima scuola media seconda et terza codesto ginnasio inferiore’. Ceci, commissario Insegnamento.”

“Ne abbiamo parlato solo col Podestà: si è convenuto di tacere con altri per evitare chiacchiere inutili: abbiamo scritto tosto al P. Preposito per averne istruzioni in argomento di esami”.

Il 28 aprile: “Da Venezia notizie sempre più allarmanti sulla salute del Padre: non mangia, non beve…”.

Il 5 aprile: “Il Padre ci scrive che non si meraviglia della decisione dell’Enims (sic); quanto agli esami dei ragazzi: 1) quelli di II, III, esami pubblici 2) quelli di I o ripetere [l’anno] o prepararsi agli esami di III se capaci [di sostenerli].

La sera del 5 maggio, mentre P. Antonio era andato a Mistretta per informarsi sugli esami, arrivò un telegramma da Venezia “P. Zamattio spirato santamente sera due maggio: notifico dopo il funerale interpretando suo desiderio”.

Il giorno successivo si tennero solenni funerali a Santo Stefano, con la presenza delle autorità e di molto popolo, molti piangevano. “La chiesa era affollatissima”. Altra messa solenne di requiem si celebra, forse in altra sede, ma sempre a S. Stefano, il 7 giugno, nell’approssimato trigesimo.

Il 16 giugno “È arrivata da Roma la seguente dichiarazione: A seguito del telegramma in data 24-4-41 vi confermo che il Comitato tecnico di questo ente ha esaminato la vostra domanda di associazione, ma non ha potuto esprimere parere favorevole per la proposta di associazione all’Enims al Ministro dell’Educazione Nazionale per la mancanza di titoli di abilitazione negli insegnanti. Ecc.”

Il 20 giugno “Arriva da Venezia l’ordine di chiudere la casa: la decisione del capitolo [definitoriale, si intende, NdA] venne comunicata in lettere distinte a sua Ec. (sic) il Vescovo di Patti, a Mons. Arciprete, al Podestà: un fulmine a ciel sereno per tutti, autorità, amici ed anche … sconosciuti. Le autorità non sanno (o fingono di non sapere) capire il perchè della decisione: da parte loro, dicono, è stato mantenuto ogni impegno: se in qualche cosa hanno mancato, questo fu… per causa della guerra, cessata la quale faranno l’impossibile per accontentarci…. Si parla di ricorso al Cardinale per impedirci la partenza. Monsignore propone a P. Antonio un viaggio a Venezia per esporre al P. Preposito la situazione in (sic; si immagina: cui) le autorità ed il paese verrebbero a trovarsi in seguito alla nostra partenza: per la spesa penserebbe lui stesso.”

Il Preposito annuisce al viaggio. Il 24 giugno “P. Antonio parte per Venezia; lo accompagna il Segretario comunale in rappresentanza del Podestà, un rappresentante del Fascio e uno delle famiglie: il denaro per il viaggio fu raccolto in poche ore tra la popolazione che accompagna la delegazione con i voti più fervidi.”

Il 28 giugno giunge da Venezia un telegramma del segretario comunale “Ultimo colloquio può ritenersi soddisfacente.”

La delegazione ritorna il 30 giugno. “Siamo ancora in alto mare, perchè si dovrà ancora convocare il Capitolo”.

(qui la redazione del diario passa da P. Vittorio Cristelli, a P. Antonio Turetta)

“Il 16 Luglio festa della Madonna del Carmine è arrivata la IIª decisione del Capitolo: si deve chiudere la casa quanto prima.

Dal 17 luglio e fino ai primi di agosto i due padri e fratel Giorgio [Vanin] sono a turno ammalati; probabilmente una forte influenza passata dall’uno all’altro, ma senza dubbio avrà contribuito anche la tensione, il dolore, la preoccupazione, in una situazione in cui abitualmente l’alimentazione era quella che si può avere in tempo di guerra, e la sistemazione di ambienti lasciava molto a desiderare.

“Nel periodo in cui tutti e tre eravamo a letto siamo stati assistiti con la più grande carità da alcune persone del paese. Dopo il 16 Luglio il popolo per impedire la nostra partenza scrisse, con la sottoscrizione di più di un migliaio di firme, nientemeno che al Sommo Pontefice dicendo a Lui il grande bene che l’Istituto nostro aveva fatto nel paese e implorando che avesse a interporsi perchè non si avesse a partire. Scrissero poi anche al Card. Maglione Segretario di Stato, al Card. Lavitrano di Palermo, al Card. Piazza Patriarca di Venezia e a S.E. Il Vescovo di Treviso per lo stesso scopo. Tutto fu inutile.”

Il 6 agosto “P. Vittorio [Cristelli] parte definitivamente per Venezia”. Il 10 Agosto “P. Antonio [Turetta] va a Patti per rendere omaggio a S. E. Mons. Angelo Ficarra Vescovo, prima di chiudere la Casa a S. Stefano. Il Vescovo rimane molto addolorato per la nostra partenza”.

6-12 agosto: “Preparativi per la partenza”.

Il 13 agosto “Viene da Messina l’incaricato della Casa d spedizioni Giov. Zuffo per prelevare ogni cosa. La sera stessa tutto viene spedito per ferrovia”.

E infine:

“14 Agosto

Vigilia della Madonna Assunta

Chiusura della Casa di Santo Stefano –

Alle ore 4½ [di mattina] P. Antonio ha celebrato la S. Messa alla Chiesa del Rosario – Erano presenti persone ed alunni nostri – Gli alunni ci accompagnarono alla stazione.

Alle ore 6 il treno partì –

Povera gente! Ci ha voluto tanto bene, ci ha seguito nel nostro lavoro con tanta corrispondenza, con tanto entusiasmo ed ora rimane sola!”

Motivi della chiusura della casa

I motivi della chiusura così rapida di questa casa e scuola, dopo soli 3 anni scolastici, o quattro anni civili incompleti, parlano di una abbastanza frequente abitudine della congregazione di aprire case senza considerare tutti gli aspetti e le proprie possibilità; e poi di chiuderle poco tempo dopo.

C’era stata una visita preliminare, come si è detto, e un carteggio; tuttavia pare che si era stati troppo ottimisti nel giudizio su chi invitava e come. Nella scelta tra Cammarata e Santo Stefano di Camastra probabilmente si era sbagliato a scegliere la seconda località anziché la prima. Santo Stefano era solo un paese, è questo è uno dei difetti più tradizionali, a parere di chi scrive, dell’Istituto Cavanis. Tutto era ristretto, modesto, difficile in questo ambiente troppo piccolo. Il podestà aveva fatto molte promesse; ma fin da principio, l’edificio era piccolo, fatiscente (tra l’altro in una classe crollò un soffitto di un’aula, per fortuna di notte), senza respiro, senza che i Cavanis potessero realmente disporne. Come spazio esterno c’era solo un piccolo giardino, tenuto a orto, dove gli alunni facevano, ante litteram, alternanza tra scuola e lavoro. Soprattutto, il comune non forniva regolarmente i contributi che avevano promesso e non si decideva mai a compiere le migliorie necessarie e previste fin dal tempo delle trattative.

Si comincia abbastanza presto a dubitare della bontà della scelta fatta. Per esempio, P. Aurelio Andreatta scrive a P. Zamattio: “…da parte mia, rebus sic stantibus, non ritengo stabile la ns. permanenza a S. Stefano. Molto meglio Favàra. Là almeno c’è respiro e spazio. Naturalmente questa idea è per lei solo, non per altri, neppure di comunità. Parleremo meglio nel capitolo [definitoriale, NdA] del prossimo Natale”.

C’erano anche altri motivi, naturalmente. Esattamente in coincidenza con le trattative per l’apertura della casa, il regime aveva istituito l’ENIM, Ente nazionale per l’insegnamento medio; e questo aveva dato una notevole stretta alle scuole “non regie”, ossia non statali. Si richiedeva, con una buona modernizzazione, che tutti gli insegnanti fossero laureati e in qualche modo abilitati; si pubblicava (o meglio si sarebbe pubblicato) a livello nazionale una lista ufficiale di tutti i docenti, scuola per scuola; sicché, come scrive in una lettera il preposito al rettore, non si potrebbero mettere nomi fittizi, ossia dare il nome di un insegnante, per esempio di un docente della casa di Porcari o Venezia, per una cattedra di S. Stefano, che sarebbe stata supplita da uno dei religiosi presenti in quella casa, o da un laico locale che non disponeva di titolo, ma insegnava con la “firma” dell’altro. Inoltre l’Ente imponeva tasse rilevanti sulle pagelle, sul riconoscimento; esigeva inoltre un certo numero di ambienti, la cubatura definita delle aule ecc.

Era giusto, ma si creavano delle complicazioni per chi cominciava e aveva tante poche forze di proprio. E comunque, come si è detto. L’ENIM non approvò la scuola dei Cavanis a S. Stefano e non le dette il riconoscimento legale. Fu un’umiliazione.

Un altro motivo fu quello dei “rumori di guerra”. Il preposito scriveva a P. Agostino: “Speriamo poi in tutta l’Europa il dono tanto prezioso della pace. Purtroppo si sentono [come oggi, 18 marzo 2022, quando si scrivono queste righe, con la guerra in corso, con la Russia che invade crudelmente e ingiustamente l’Ucraina; NdA] molti rumori di guerra!”.

Più tardi, anche da un’altra lettera di P. Andreatta a P. Zamattio, si capisce che la situazione dell’Italia, che stava per entrare in guerra, peggiora con la progressiva mobilitazione: alcuni padri Cavanis sono mobilitati come cappellani militari: i padri Lino Janeselli e Bruno Marangoni in particolare; ma sono chiamati alle armi anche vari docenti laici e giovani assistenti di disciplina. In tutte le case quindi si sentiva una terribile mancanza di personale. P. Andreatta teme che anche il giovane P. Antonio Turetta, membro della comunità siciliana Cavanis, sia chiamato alle armi e suggerisce che si chieda al vescovo che egli fosse nominato (sia pur fittiziamente) cappellano o cooperatore della parrocchia di S. Stefano, perché fosse sicuramente dichiarato esente.

Sarà via via peggio con l’entrata di fatto in guerra dell’Italia. Non c’erano dunque speranza di un aumento di personale a S. Stefano: e questa assenza di sufficienti insegnanti sarà uno dei motivi del negato riconoscimento legale della scuola da parte dell’ENIM.

Si aggiunga che il 1940 fu un anno tragico per la piccola congregazione. Essa in quell’anno scolastico 1940-41, l’ultimo della casa siciliana, aveva solo 49 professi perpetui. Nell’estate 1940 morì di malattia il giovane padre Giovanni Tamanini (di febbre maltese) a Possagno; e due annegarono nella laguna di Venezia, fratel Enrico Cognolato e P. Luigi D’Andrea. Tre morti in 10 giorni. L’anno seguente 1941 a primavera morì P. Agostino Zamattio, proprio il rettore di S. Stefano, portato a Venezia già moribondo. In dieci mesi, durante l’anno scolastico 1940-41, era dunque venuto a mancare l’8,16% dei professi perpetui dell’Istituto. Nel 1940 c’era stata una sola ordinazione presbiterale; due nel 1941.

Ancora un motivo che forse si può aggiungere: la congregazione, nella lunga fase della sua storia in cui è rimasta presente soltanto in Italia, è stata fortemente condizionata dalla sua…”veneticità”. Con grande difficoltà la congregazione si è lasciata trasportare e quasi a costringere con un artifizio, ad aprire una casa a Roma, come si vedrà più avanti. In genere la “Pars Italiae” ha preferito storicamente e fino ad oggi arroccarsi a nord del Po; e, quando si è dovuto cominciare una fase di necessario ridimensionamento, si è tagliato a sud del Po, basta pensare alle case di Toscana e, più recentemente, quelle della Campania e della Puglia.

C’erano dunque parecchi motivi per chiudere la casa di S. Stefano. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e che ha fatto decidere per la chiusura, è stata la morte del P. Agostino Zamattio. Il padre lasciò S. Stefano il 22 febbraio 1941 in pessime condizioni di salute, arrivò a Venezia, dopo il lunghissimo viaggio in treno, accompagnato da Fratel Bastian, quasi moribondo. Si riprese un po’ e dette adito a qualche speranza, ma morì piamente la sera del 2 maggio 1941: data molto opportuna per un grande e santo padre Cavanis. Tuttavia, era stato lui l’ideatore e l’anima della casa in Sicilia, e con la sua morte, lo si sostituì per qualche mese per mezzo del giovanissimo P. Francesco Rizzardo, e poi si chiuse.

Dopo la chiusura della casa

P. Antonio Turetta, uno dei padri Cavanis che erano appartenuti alla casa di S. Stefano di Camastra, conseguì come si sa, due lauree: in Lettere e in Storia e Filosofia. Questa seconda laurea la conseguì nell’Università di Palermo: aveva cominciato il corso a Padova, ma essendo stato trasferito alla casa di S. Stefano di Camastra (provincia di Messina e diocesi di Patti), sostenne vari esami nell’università del capoluogo della Sicilia e vi ritornò, anche dopo che l’Istituto aveva chiusa la casa siciliana, per difendervi la tesi. Negli anni Sessanta il consiglio comunale di S. Stefano al completo (formato in gran parte da ex-allievi) venne a Venezia a chiedere la riapertura e se ogni anno per l’onomastico di P. Antonio Turetta qualcuno di là telefonava o scriveva per gli auguri, vuol dire che il ricordo era rimasto vivo.

Che si sappia, l’unico religioso Cavanis che sia ritornato a Santo Stefano di Camastra dopo questa visita di P. Turetta, è chi scrive queste pagine. Egli, nel 1995, partecipò a Palermo al 3° Convegno ecclesiale della Chiesa che è in Italia (20-24 novembre 1995), rappresentando insieme, la Commissione Presbiterale Italiana-CPI e la Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori-CISM. Dopo la fine del Convegno, si recò a S. Stefano di Camastra per una breve visita, e trovò qualche persona che ancora si ricordava benevolmente dell’Istituto Cavanis. Era passati ben 54 anni dalla chiusura di quella casa.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1938-39

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Antonio Turetta, Vittorio Cristelli

Vincenzo Faliva

(Federico Grigolo)

Non ci sono mai stati aspiranti o seminaristi in questa casa.

1939-40

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Antonio Turetta, Vittorio Cristelli

Vincenzo Faliva, Giorgio Vanin

 

1940-41

Agostino Zamattio

Agostino Zamattio, Antonio Turetta, Vittorio Cristelli, Francesco Rizzardo

Giorgio Vanin

Muore P. Zamattio il 2 maggio 1941. La casa viene chiusa il 14.08.1941 per questo e altri motivi.

7. La casa di Fietta del Grappa, Villa Buon Pastore (1939-1940)

La casa di Fietta del Grappa, con alcuni religiosi distaccati dalla casa di Possagno per il servizio dell’insegnamento presso l’Istituto Filippin di Paderno del Grappa, inizia come comunità informale nell’autunno 1939, con un pro-rettore, ma i religiosi addetti a questa casa appartengono alla comunità di Possagno-Collegio Canova fino al 9 luglio 1940, quando la piccola comunità che abitava nella casa di proprietà di don Giovanni Andreatta a Fietta del Grappa fu eretta come casa formale. I religiosi di detta casa aumentarono gradualmente, ma, non mantenendo le sue promesse Mons. Filippin e sfruttando l’Istituto e i suoi religiosi, la collaborazione con lui venne interrotta con decisione del 2 e 4 aprile 1942; i religiosi della casa di Fietta, impegnati nell’insegnamento e nella assistenza di disciplina nell’Istituto Filippin, saranno ritirati da quell’istituto alla fine dell’anno scolastico 1941-42.

In seguito, dopo molti anni di chiusura, la casa di Fietta fu completamente ristrutturata e molto aumentata, diventando un nuovo edificio, e fu riaperta e inaugurata come piccolo seminario nel 1961-1962, prendendo il nome di Villa del Buon Pastore, che manterrà fino ad oggi, attraverso varie vicende. In questa lunga fase, come seminario minore, non dà in realtà molto risultato, anzi quasi nullo, e diviene come si diceva ironicamente e tristemente, una succursale gratuita del collegio Canova di Possagno. Questo seminario minore di Fietta, dalla fine degli anni ’60 e primi anni 70 è chiamato più spesso nei documenti ufficiali “Scuola di Orientamento”, come gli altri seminari minori.

Alla chiusura del probandato di Possagno, che aveva sempre avuto lo stile di vero piccolo seminario, i pochi seminaristi rimasti, una mezza dozzina, confluirono a Fietta (autunno 1977), come vi era confluito in precedenza il “resto” dei piccoli seminari di Vicopelago-S. Alessio (Lucca; nel 1954 e, forse, di nuovo nel 1967) e di Levico (Trento; probabilmente a partire dal 1971). A partire dal 1977 o più probabilmente dall’anno scolastico 1979-80, la casa di Fietta viene considera nuovamente non solo una “Scuola di Orientamento”, ma un vero seminario minore, con qualche buon risultato fino agli anni novanta circa. Ma questo era il momento di svolta, con la caduta in picchiata – mi si passi il termine – di tutti i seminari in Italia, per non dire in tutta Europa.

La casa di Fietta in seguito (1997) fu praticamente abbandonata come struttura di seminario e, dopo un intervallo in stato di abbandono, degrado, esposizione a gravi furti, fu il 25 gennaio 2008 destinata (in principio) a centro di spiritualità e di ritiri sotto la gestione diretta della curia generalizia, e la cura dell’ambiente fu affidata dal preposito P. Alvise Bellinato alla coppia di laici Mathieu e Eveline Moggi (in altro testo del successivo provinciale si parla di Manuela e Matteo Moggi, di Biadene), che passavano a risiedervi e a prenderne cura. Seguì un periodo di restauro totale, messa a norma, sistemazione per ricevere gruppi. La coppia di cui sopra rimase qualche anno, ma si ritirò verso il 2015. Dal 2017 i responsabili della casa sono, per qualche anno, una coppia di Chioggia: Alessandro Redi e Valentina Magnelli.

La casa divenne infine noviziato internazionale della congregazione in data *** 2022.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1938-39

Valentino Fedel (pro-rettore)

Valentino Fedel, Angelo Sighel, Gioacchino Sighel

Un fratello laico

Non sembra che in questa comunità (prima fase) siano mai stati presenti dei seminaristi.

1939-40

Valentino Fedel (pro-rettore)

Valentino Fedel, Angelo Sighel, Gioacchino Sighel

Un fratello laico

 

1940-41

Mario Janeselli (pro-rettore)

Mario Janeselli, Angelo Sighel, Gioacchino Sighel

Vincenzo Faliva

 

1941-42

Mario Janeselli (pro-rettore)

Mario Janeselli, Gioacchino Sighel (Vicario), Angelo Sighel, Pio Pasqualini, Angelo Guariento

Vincenzo Faliva

 

lunga interruzione della casa (1942-1961)

…e alla fine cambio totale di attività; da comunità di padri occupati nel Filippin a Probandato

1961-62

Natale Sossai

Natale Sossai (pro-rettore), Angelo Zaniolo (1° cons, e vicario), Sergio Vio

seminaristi minori (elementari e medie)

1962-63

Natale Sossai

Natale Sossai, Armando Soldera, Arcangelo Vendrame, Amedeo Morandi

seminaristi minori (elementari e medie)

1963-64

Natale Sossai

Natale Sossai (pro-rettore), Arcangelo Vendrame, Giuseppe Francescon

seminaristi minori (elementari e medie)

1964-65

Diego Dogliani

Diego Dogliani (pro-rettore), Marco Cipolat, Amedeo Morandi

seminaristi minori (elementari e medie)

1965-66

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Arcangelo Vendrame (1° cons.), Sergio Vio (2° cons.), Siro Marchet

seminaristi minori (elementari e medie)

1966-67

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Arcangelo Vendrame (1° cons. e vicario), Sergio Vio (2° cons.), Siro Marchet

seminaristi minori (elementari e medie)

1967-68

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore, prefetto delle scuole ed economo), Arcangelo Vendrame (1° cons. e vicario), Edoardo Ferrari (2° cons.)

seminaristi minori (elementari e medie)

1968-69

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore, ed economo), Bruno Marangoni (1° cons e vicario), Edoardo Ferrari (2° cons.), Angelo Trevisan, Gianni Masin

seminaristi minori (elementari e medie)

1969-70

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Bruno Marangoni (1° cons. e vicario), Edoardo Ferrari (2° cons.), Angelo Trevisan, Arcangelo Vendrame

seminaristi minori (elementari e medie)

1970-71

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario e padre spirituale), Armando Soldera, Sergio Vio, Edoardo Ferrari (2° cons.)

seminaristi minori (elementari e medie)

1971-72

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario e padre spirituale), Armando Soldera, Sergio Vio, Edoardo Ferrari (2° cons.)

seminaristi minori (elementari e medie)

1972-73

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario e padre spirituale), Armando Soldera, Sergio Vio, Edoardo Ferrari (2° cons.)

seminaristi minori (elementari e medie)

1973-74

Luigi Ferrari

Luigi Ferrari (rettore), Armando Soldera, Sergio Vio, Edoardo Ferrari

seminaristi minori (elementari e medie)

1974-75

Luigi Ferrari

Luigi Ferrari (rettore), Armando Soldera, Sergio Vio, Edoardo Ferrari

seminaristi minori (elementari e medie)

1975-76

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario, padre spirituale), Sergio Vio, Edoardo Ferrari (2° cons.), Ottavio Chinello

seminaristi minori (elementari e medie)

1976-77

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario, padre spirituale), Sergio Vio, Edoardo Ferrari (2° cons.), Ottavio Chinello

seminaristi minori (elementari e medie)

1977-78

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario, padre spirituale), Sergio Vio, Edoardo Ferrari (2° cons.), Ottavio Chinello

seminaristi minori, medie e liceo

1978-79

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario, padre spirituale), Sergio Vio, Edoardo Ferrari, Ottavio Chinello (2° cons.)

seminaristi minori, medie e liceo

1979-80

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario e padre spirituale), Fabio Sandri, Ottavio Chinello, Luigi Bellin

seminaristi minori, medie e liceo

1980-81

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario e padre spirituale), Sergio Vio, Fabio Sandri, Ottavio Chinello, Luigi Bellin

seminaristi minori, medie e liceo

1981-82

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore ed economo), Luigi Ferrari (1° cons., vicario e padre spirituale), Sergio Vio, Fabio Sandri, Ottavio Chinello, Luigi Bellin

seminaristi minori, medie e liceo

1982-83

Luigi Bellin

Luigi Bellin (rettore), Luigi Ferrari (1° cons., vicario), Ottavio Chinello

seminaristi minori, medie e liceo

1983-84

Luigi Bellin

Luigi Bellin (rettore), Luigi Ferrari (1° cons., vicario), Ottavio Chinello

seminaristi minori, medie e liceo

1984-85

Luigi Bellin

Luigi Bellin (rettore), Luigi Ferrari (1° cons., vicario), Ottavio Chinello

seminaristi minori, medie e liceo, tra cui Fregona Walter, Brusolin Paolo e Piva Erminio, che sono ammessi al noviziato il 6-7 luglio 1985.

1985-86

Luigi Bellin (sostituto)

Luigi Bellin (sostituto), Pietro Luigi Pennacchi (consigliere generale)

seminaristi minori, liceo

1986-87

Luigi Bellin (sostituto)

Luigi Bellin (sostituto), Pietro Luigi Pennacchi (consigliere generale)

seminaristi minori, liceo

1987-88

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (Direttore), Pietro Luigi Pennacchi (consigliere generale)

seminaristi minori, liceo

1988-89

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (Direttore), Pietro Luigi Pennacchi (consigliere generale)

seminaristi minori, liceo

1989-90

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (Direttore), Pietro Luigi Pennacchi (in parte)(consigliere ed economo generale)

seminaristi minori, liceo

1990-91

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (rettore e equipe voc.), Arcangelo Vendrame, Giuseppe Maretto, Luigi Bellin (équipe vocazionale)

seminaristi minori, liceo

1991-92

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (rettore e equipe voc.), Arcangelo Vendrame, Giuseppe Maretto, Luigi Bellin (équipe vocazionale)

seminaristi minori, liceo

1992-93

Angelo Moretti

Angelo Moretti (Vicario gen. e rettore), Amedeo Morandi

seminaristi minori, liceo

1993-94

Angelo Moretti

Angelo Moretti (Vicario gen. e rettore), Arcangelo Vendrame, Amedeo Morandi

seminaristi minori, liceo

1994-95

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (direttore), Alvise Bellinato

 

seminaristi minori, liceo

1995-96

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (direttore), Alvise Bellinato

 

seminaristi minori, liceo

1996-97

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (direttore),

 

seminaristi minori, liceo

1997-2007

Lunga interruzione della casa

2007-08

2008-19

La casa è condotta da una coppia di laici, Manuela e Matteo Vendramin, di Biadene (TV), poi da altri incaricati.

La casa passa a dipendere direttamente dalla Curia generalizia, come casa di ritiri e incontri autogestiti.

8. La casa di Vicopelago (1941-42) e poi di Sant’Alessio (1942-67)

La casa di Vicopelago (Lucca), dopo decisione favorevole del consiglio definitoriale del 7 giugno 1941, fu acquistata dal rettore di Porcari e poi aperta il 19 ottobre 1941 nella « Villa dell’orologio », all’inizio con lo scopo di farne la casa di villeggiatura e di ripetizioni per i convittori di Porcari, in luogo della più lussuosa villa a Marlia, cui si era pensato; poi la villa venne adibita, senza escludere l’uso estivo come casa di ferie per i convittori, a probandato (seminario minore) della Toscana, e fu diretto da P. Carlo Donati, come pro-rettore. Il Charitas dà un’altra interpretazione dei fatti: si scrive che la casa di Vicopelago è stata aperta nell’ottobre 1941 per compensare in qualche modo la chiusura della casa di S. Stefano di Camastra, a seguito della morte di P. Zamattio; e che la casa è stata aperta direttamente come probandato, cioè piccolo seminario, senza però escludere che potesse servire ai convittori di Porcari durante le vacanze estive.

Vicopelago è una frazione del comune di Lucca, una ridente località sita a 5 km dal capoluogo, sulle colline che fiancheggiano la strada nazionale che conduce a Pisa attraverso i monti Pisani.

Il piccolo seminario fu trasferito ben presto (1942) a S. Alessio, ugualmente in provincia di Lucca, dove si continuò l’opera formativa del seminario, con un numero considerevole di aspiranti, giungendo a una sessantina, sino alla chiusura della casa avvenuta nel 1952. Durante la guerra si passò da un seminario all’altro, per via delle varie vicende belliche e a volte ambedue gli immobili furono occupati da parte dei seminaristi e dei loro formatori, per cercare di impedire l’occupazione della villa da parte dei tedeschi e poi degli alleati. Nel periodo estivo la villa serviva anche, secondo i periodi e soprattutto dopo la guerra, da residenza estiva di villeggiatura per i convittori di Porcari. Da questi seminari arrivarono i numerosi e preziosi religiosi toscani della congregazione.

La casa di S. Alessio tuttavia aveva numerosi problemi: l’edificio era fatiscente e i proprietari non permettevano i lavori di restauro generale e rifacimento del tetto, che stava per cadere, anche se l’Istituto si offriva di realizzare i lavori a sue spese; l’acquisto era impossibile, sia per la somma troppo rilevante domandata, sia perché non si riusciva a sapere esattamente chi fosse il proprietario (o i proprietari), essendo in discussione (o litigio) legale la divisione dell’asse ereditario, e si rischiava fortemente di perdere il capitale impiegato in un eventuale acquisto dell’immobile, senza  ottenerne la proprietà. Il capitolo definitoriale del 1° ottobre 1952 decise di chiudere questo seminario minore, nel quale i seminaristi erano ormai pochi, e la maggioranza era costituita non da seminaristi toscani ma da seminaristi abruzzesi (le cui famiglie senza eccessivi problemi accettavano che i figli fossero trasferiti ad altra regione), dei quali poi, pur trasferiti al Probandato di Possagno e/o di Levico, nessuno diede buon risultato come seminaristi e poi religiosi. Si era anche manifestato un giudizio negativo sugli scarsi risultati del seminario, giudizio che appare oggi, rispetto ad altri seminari, piuttosto pessimista. Il seminario di S. Alessio fu chiuso comunque durante l’estate 1953 o 1954.

Dopo questa data, la casa di Vicopelago è lasciata alle suore del S. Nome come sede provvisoria fino attorno al 1961, quando viene chiesto loro di passare ad altra casa, probabilmente a Porcari con la loro nuova casa generale. La Villa dell’orologio a Vicopelago a questo punto non serviva più, e la comunità di Porcari chiese al preposito e suo consiglio di poterla alienare. Questi risposero positivamente, avendo deciso all’unanimità per l’alienazione o comunque alla rinuncia a continuare ad occupare l’immobile, nella riunione del capitolo definitoriale del 29-30 luglio 1962. Il motivo della decisione di lasciare l’immobile fu il seguente: “… non risponde più allo scopo originario ed è un passivo per mancanza di rendite e per le spese di mantenimento che richiederebbe”. Questo fatto è un po’ strano, perché il 25° capitolo generale del 1961 aveva chiesto al preposito (P. Panizzolo) e al suo consiglio di riaprire il probandato di Toscana, “usufruendo della Villa di Vicopelago”; è che alle volte si era pensato di riaprire sì il probandato di Toscana, ma in altro ambiente, dato che la Villa dell’orologio era troppo piccola e piuttosto inadatta.

Nel capitolo definitoriale del 30 dicembre 1962 tuttavia il preposito con il consiglio decise di chiedere alla comunità di Porcari di vendere la villa dell’orologio alla curia generalizia, con l’intenzione di farne una sede provvisoria per un nuovo probandato in Toscana. Il capitolo definitoriale del 26 maggio 1963 approvò l’istituzione del nuovo probandato nella Villa dell’orologio e approvò il necessario restauro dell’ambiente. Se ne parlò ancora nel verbale del 22 novembre 1964. Il restauro dell’ambiente e la costruzione di una colonna di indispensabili servizi igienici furono realizzati verso la fine del 1965, quando la casa fu riaperta, sia pure per pochi anni. La chiusura definitiva di questo piccolo seminario fu decisa infatti nella riunione del consiglio generale del 27 novembre 1967, a causa della evidente diminuzione delle vocazioni per la vita religiosa e presbiterale nella Lucchesia e in Toscana in generale. Il recente capitolo generale dell’agosto 1967 aveva deciso che, davanti a questa situazione, il seminario fosse chiuso ad experimentum per un anno, e che intanto i seminaristi fossero inviati al collegio di Porcari. Dai verbali dei consigli generali del settembre e novembre 1967 risulta però che i probandi, dopo questa sistemazione da loro non gradita, erano ritornati a casa loro oppure erano passati al seminario diocesano. Dopo due mesi di studio della situazione sul terreno, nel consiglio di novembre si decise appunto, all’unanimità, per la chiusura definitiva del piccolo seminario di cui si parla.

In seguito alla chiusura del seminario, anche questa volta come nel periodo di intervallo di chiusura (1954-1965), la casa di Porcari chiese con una certa insistenza di alienare l’edificio, Il preposito, sentito il consiglio in due successive riunioni e prese informazioni, dovette riconoscere che la cosa non era così semplice. Si verifica, forse per la prima volta in congregazione, un problema che ritornerà in forma più grave e sistematica nei decenni successivi: la Villa dell’Orologio apparteneva (giuridicamente) non alla casa di Porcari né alla Congregazione, ma alla “Georgica”; essa doveva quindi essere venduta dalla Georgica stessa, oppure doveva essere donata dalla Georgica alla Congregazione. Si stava studiando la forma più comoda, economica e conveniente, tenuto conto delle tasse.

La casa fu venduta prima dell’inizio del 1969; il ricavato fu utilizzato per i lavori in corso al nuovo edificio scuole di Capezzano Pianore; questa casa avrebbe dovuto poi restituire la somma corrispondente (45 milioni di lire) alla casa di Porcari, che era stata proprietaria di quella villa dell’orologio. Il versamento non fu mai effettuato.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1941-42

Carlo Donati

Carlo Donati, Marco Cipolat

Giorgio Vanin

Aspiranti (probandi)

1942-43

Carlo Donati

Carlo Donati, Marco Cipolat

Giorgio Vanin

Aspiranti

1943-44

Carlo Donati

Carlo Donati, Marco Cipolat, Guerrino Molon

Giorgio Vanin

Aspiranti

1944-45

Carlo Donati

Carlo Donati, Marco Cipolat, Guerrino Molon

Roberto Feller

Aspiranti.

Dal probandato di S. Alessio, appena finita la guerra, sono inviati a Possagno per la vestizione e il noviziato il futuro P. Giuseppe Perazzoli, e il fratello Luigi Di Ricco.

1945-46

Carlo Donati

Carlo Donati, Guerrino Molon, Antonio Reginato

Roberto Feller

Chierico Ermenegildo Zanon; Aspiranti, tra cui ben sei aspiranti fratelli laici

1946-47

Carlo Donati

Carlo Donati, Michele Busellato, Antonio Reginato

?

Aspiranti; chierico Giuseppe Maretto

1947-48

Carlo Donati

Carlo Donati, Michele Busellato, Antonio Reginato

?

Aspiranti

1948-49

Carlo Donati

Carlo Donati, Michele Busellato, Antonio Reginato

?

Aspiranti

1949-50

Angelo Sighel

Angelo Sighel (pro-rettore), Narciso Bastianon

?

due chierici di teologia;

Aspiranti

1950-51

Angelo Sighel

Angelo Sighel (pro-rettore), Marco Cipolat, Narciso Bastianon, Giovanni De Biasio

?

Aspiranti

1951-52

Angelo Sighel

Angelo Sighel (pro-rettore), Narciso Bastianon, Giovanni De Biasio, Luigi Toninato

?

Aspiranti

1952-53

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (pro-rettore), Lino Janeselli (cons. e vicario), Narciso Bastianon, Luigi Toninato

?

Aspiranti toscani e soprattutto abbruzzesi

1953-54

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (pro-rettore), Lino Janeselli (cons. e vicario), Narciso Bastianon, Luigi Toninato

?

Aspiranti toscani e soprattutto abbruzzesi, ma il risultato effettivo è molto scarso. Il probandato viene chiuso e i pochi probandi sono trasferiti a Possagno.

(chiusura e diverso utilizzo per dodici anni: 1954-1965)

1965-66

Guerrino Molon

Guerrino Molon (pro-rettore), Angelo Pillon, Amedeo Morandi, Ermenegildo Zanon

 

1966-67

Guerrino Molon

Guerrino Molon (pro-rettore), Angelo Pillon, Amedeo Morandi, Ermenegildo Zanon

Giuseppe Corazza

Alla fine dell’estate 1967 i seminaristi vengono trasferiti al collegio di Porcari: la cosa non funziona e comunque il probandato è chiuso il 27 novembre 1967.

9. La casa di Costasavina (1943-1948) e poi di Levico (1948-1986[1987]) (Trento)

Il 31 agosto 1943 fu aperta dalla congregazione questa casa nel paese di Costasavina, frazione del comune di Pergine (diocesi e provincia di Trento), una nuova casa nella «Villa Moretta », per metterci il noviziato e il piccolo seminario (Probandato), sotto il patrocinio del Cuore immacolato di Maria. La villa era stata presa in affitto per due anni (affittanza poi rinnovata) dalla proprietaria, dato che questa non voleva venderla all’Istituto, come il preposito e il suo consiglio avrebbero preferito. La decisione di prendere in affitto la villa era stata presa unanimemente nella riunione del capitolo definitoriale del 26 aprile 1943, su proposta del preposito P. Andreatta, anche con lo scopo di “poter entrare in quella diocesi [di Trento] tanto feconda di vocazioni”, e particolarmente nell’Alta Valsugana, che sembrava particolarmente promettente. Lo stesso consiglio aveva deciso “di assegnare l’onere per la quota d’affitto e di mantenimento alla Casa di Porcari che sta già estinguendo i debiti, sempre fermo che le famiglie dei Probandi concorrano con rette e con offerte in natura”.

Dalla lettura del diario di Congregazione si possono seguire le varie tappe di questa fondazione: la ricerca del paese e del sito adatto in varie zone del Trentino: “Il Preposito il 25 e 26 [gennaio 1943] visita Vicopelago; quindi è nel Trentino per la ricerca di una sede per Probandato e con lui trovasi P. Carlo Donati, che avvicina molte persone nella zona di Trento. Un posto adatto sembra la Villa di Costasavina, proprietà della Sig.ra Disertori ved. Lange.” Segue il contatto con i proprietari della villa di Costasavina: “Il Preposito s’incontra a Pergine e Mojà di Cognola (luogo di residenza) con la proprietaria della Villa di Costasavina e si discutono le condizioni di un eventuale affittanza. Si mettono le basi per un probabile accordo”; l’incontro del Preposito con l’arcivescovo di Trento per chiedere la (potenzialmente difficile) autorizzazione: “Il Preposito, in vista dell’accordo quasi sicuro con la Sig.ra Lange, si presenta all’Arcivescovo di Trento, S. A. [Sua Altezza] Rev.ma monsignor Carlo De Ferrari; e chiede il permesso di entrare in Diocesi con un Probandato. L’Arciv. dice che il Trentino è saturo ormai di Istituti venuti da fuori Diocesi; però non nega il permesso ad un Istituto come il nostro, che si dedica all’educazione della gioventù. Chiede che sia fatta la domanda per iscritto; la risposta sarà positiva.” Il 1° giugno “Si stipula oggi a Costasavina il contratto di affittanza della Villa Lange. S’è dovuto accettare – data l’instabilità della moneta – la clausola onerosa che aggancia il prezzo di affitto al valore annuale, all’ammasso del grano. Quindi secondo tale prezzo il canone della pigione è ritoccabile ogni anno.” La signora Lange consegnerà la villa, chiavi in mano, il 12 luglio 1943, con la nota dei mobili concessi in pieno uso.

La casa di Costasavina, Pergine, Trento, inizia come seminario minore con annesso noviziato il 31 agosto 1943, con un pro-rettore che è anche maestro dei novizi e direttore dell’aspirantato o probandato, un vice-maestro e un fratello laico. Questo seminario minore o probandato sarà poi sostituito dal 2 novembre 1948 con quello nuovo di Levico (Trento), col titolo di “Maria Regina”. La casa, già pensione “Qui-si-sana”, era stata acquistata dalla Congregazione con contratto firmato il 16 giugno 1948. Il vecchio edificio del “Qui-si-sana” fu ampliato con un nuovo piano, contenente soprattutto una grande camerata per i seminaristi, che veniva a sostituire le strette cameratine da 4 o 6 letti del piano inferiori. Naturalmente la grande camerata era accompagnata da abbondanti ambienti di servizi.

Un testo interessante per capire l’andamento di questo piccolo seminario è la relazione triennale del P. Giuseppe Maretto, pro-rettore, del 7 luglio 1958. In genere si osserva che, sebbene i seminaristi fossero abbastanza numerosi, si curava poco la preparazione specifica dei formatori – come nota P. Maretto – e non sempre si incaricavano della formazione nei seminari minori religiosi che avessero la capacità, la disposizione, lo spirito necessario. Troppe volte si inviavano ai probandati religiosi che non possedevano i titoli specifici per insegnare nei collegi. 

Un ultimo grande restauro, anzi parziale rifacimento del seminario minore di Levico si compì su progetto dell’architetto Lino Scattolin e si inaugurò il 4 novembre 1960. I piccoli seminaristi erano una quarantina, ma nella nuova situazione c’era spazio per circa 90.

Alla fine dell’anno scolastico 1967-68 si decide di aggregare la scuola interna di quel seminario alla scuola media statale del paese, con licenza del Preposito e del suo consiglio.

Il 29 luglio 1969 il preposito con il suo consiglio decide di acquistare un appezzamento di terreno di 2.000 m² al lato nord del probandato, incuneato tra due terreni già di proprietà della congregazione, al fine di provvedere alle attività ricreative dei probandi.

Nel 1972-73 la casa di Levico funge anche da noviziato, per un gruppo isolati di tre novizi, nessuno dei quali poi arriverà a buon fine in congregazione. Il maestro dei novizi era in questo periodo P. Giuseppe Simioni. Nell’agosto 1974 si giudica tuttavia che Levico sia una casa troppo isolata e senza molte possibilità culturali., Si sposta dunque canonicamente il noviziato, essendoci un altro piccolo gruppo di novizi, a Roma.

La situazione del seminario minore di Levico, chiamato da qualche tempo nei documenti ufficiali “Scuola di Orientamento”, come gli altri seminari minori, diviene progressivamente senza sbocco. Non si vedono molte possibilità per il futuro. Il preposito con il suo consiglio decidono il 22 aprile 1971 di chiudere l’internato di Levico e di seguire, per qualche tempo almeno, i ragazzi nel loro ambiente prima di ammetterli al seminario minore. In pratica è la chiusura del seminario. Si decide anche di valorizzare di più la scuola di orientamento di Fietta, il che voleva dire probabilmente inviare lì alcuni eventuali vocazionati trentini che si presentassero.

Nel 1976 si affitta a una nuova scuola alberghiera una grande parte dell’immobile, circa 2/3, rimanendo alla comunità gli ambienti necessari per vivere e per occuparsi di pastorale nei dintorni, e di attività vocazionale.

Dopo l’anno scolastico 1980-81 rimane a Levico soltanto il P. Artemio Bandiera, anche per completare il tempo della sua pensione quasi del tutto maturata nell’insegnamento della religione alla scuola statale, e la sua assistenza alla Croce Rossa. Il capitolo generale del 1985 decide di chiudere la casa. Il preposito scrive quindi all’arcivescovo di Trento sulla chiusura definitiva della casa, P. Artemio rimarrà ancora i sei mesi e un giorno necessari a completare la pensione, ma al tempo stesso è rettore della casa di Porcari.

All’inizio del 1986 la congregazione sta trattando con la Provincia di Trento per la vendita dell’immobile. La pratica per la vendita/acquisto ebbe un corso piuttosto lungo, e la congregazione riuscì a concludere l’affare, che era fondamentale nel caso specifico per il pagamento di parte delle spese per la costruzione del nuovo edificio a Roma, soltanto alla metà del 1987.

Anno scolastico

Pro-rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1943-44

Alessandro Vianello

Alessandro Vianello, Angelo Sighel e forse Cesare Turetta

Giusto Larvete

Aspiranti (probandi) e novizi

1944-45

Alessandro Vianello

Alessandro Vianello, Angelo Sighel, Cesare Turetta

Giusto Larvete

Aspiranti (i novizi passano in casa del S. Cuore).

Novizi: Luigi Toninato, Luigi Rito Cosmo, Antonio Magnabosco, Celestino Brentel, Pietro Pompeo, Armando Soldera

1945-46

Alessandro Vianello

Alessandro Vianello, Angelo Sighel, Cesare Turetta, Marco Cipolat

Giusto Larvete

 

1946-47

Angelo Sighel

Angelo Sighel, Cesare Turetta

Giusto Larvete

Un chierico assistente

1947-48

Angelo Sighel

Angelo Sighel, Cesare Turetta

  

1948-49

Luigi Candiago

Luigi Candiago, Cesare Turetta

 

NB. La casa del probandato è passata a Levico.

Ch° Luigi Rito Cosmo

1949-50

Guerrino Molon

Guerrino Molon (pro-rettore), Lino Janeselli, Ugo Del Debbio

 

1950-51

Guerrino Molon

Guerrino Molon (pro-rettore), Lino Janeselli, Giorgio Dal Pos che viene sostituito a dicembre da Angelo Trevisan

 

1951-52

Guerrino Molon

Guerrino Molon (pro-rettore), Lino Janeselli, Angelo Trevisan, Luigi Rito Cosmo

 

1952-53

Guerrino Molon

Guerrino Molon (pro-rettore), Giuseppe Maretto (cons. e vicario), Angelo Trevisan, Luigi Rito Cosmo

 

1953-54

Guerrino Molon

Guerrino Molon (pro-rettore), Giuseppe Maretto (cons. e vicario), Marino Scarparo(?)

 

1954-55

Guerrino Molon

Guerrino Molon (pro-rettore), Giuseppe Maretto (cons. e vicario), Marino Scarparo

 

1955-56

Giuseppe Maretto

Giuseppe Maretto (pro-rettore), Angelo Pillon (cons. e vicario), Raffaele Pozzobon

 

1956-57

Giuseppe Maretto

Giuseppe Maretto (pro-rettore), Angelo Pillon (cons. e vicario), Marcello Quilici

 

1957-58

Giuseppe Maretto

Giuseppe Maretto (pro-rettore), Angelo Pillon (cons. e vicario), Marcello Quilici

chierico Diego Beggiao

1958-59

Orfeo Mason

Orfeo Mason (pro-rettore), Angelo Pillon (cons. e vicario), Valentino Fedel

 

1959-60

Mario Merotto

Mario Merotto (pro-rettore), Angelo Pillon (cons. e vicario), Amedeo Morandi, Marcello Quilici

 

1960-61

Mario Merotto

Mario Merotto (pro-rettore), Angelo Pillon (cons. e vicario), Amedeo Morandi, Marcello Quilici

 

1961-62

Angelo Trevisan

Angelo Trevisan (pro-rettore), Angelo Zaniolo (cons. e vicario), Sergio Vio

 

1962-63

Angelo Trevisan

Angelo Trevisan (pro-rettore), Raffaele Pozzobon, Sergio Vio.

 

1963-64

Angelo Trevisan

Angelo Trevisan (pro-rettore), Raffaele Pozzobon, Sergio Vio, Fabio Sandri

 

1964-65

Angelo Trevisan

Angelo Trevisan (rettore), Ermenegildo Zanon, Fabio Sandri, Giuseppe Francescon

 

1965-66

Angelo Trevisan

Angelo Trevisan (rettore ed economo), Marco Cipolat (1° cons.), Luigi Rito Cosmo (2° cons.), Giulio Avi, Fabio Sandri

 

1966-67

Angelo Trevisan

Angelo Trevisan (rettore ed economo), Marco Cipolat (1° cons.), Luigi Rito Cosmo (2° cons.), Danilo Baccin, Fabio Sandri

 

1967-68

Luigi Ferrari

Luigi Ferrari (rettore), Fiorino Basso (1° cons. vicario ed economo), Fabio Sandri (2° cons.),

 

1968-69

Luigi Ferrari

Luigi Ferrari (rettore), Nicola Zecchin (1° cons. vicario, economo, maestro dei novizi), Fabio Sandri (2° cons.), Marco Cipolat, Ferruccio Vianello, Diego Spadotto

La casa oltre che seminario minore è anche noviziato.

1969-70

Luigi Ferrari

Luigi Ferrari (rettore), Nicola Zecchin (1° cons. vicario, economo, maestro dei novizi), Fabio Sandri (2° cons.), Marco Cipolat, Ferruccio Vianello, Diego Spadotto

 

1970-71

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore), Ferruccio Vianello, Nicola Zecchin (1° cons., vicario ed economo), Diego Spadotto

 

1971-72

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore), Ferruccio Vianello, Angelo Trevisan, Nicola Zecchin (1° cons., vicario ed economo), Arcangelo Vendrame

 

1972-73

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore), Ferruccio Vianello, Giuseppe Simioni (Maestro dei novizi), Angelo Trevisan, Giuseppe Viani

Novizi: Casagrande Antonio, Ori Flavio, Petri Francesco

1973-74

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore), Ferruccio Vianello, Angelo Trevisan, Giuseppe Viani

 

1974-75

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (rettore), Angelo Trevisan, Luciano Bisquola

 

1975-76

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Angelo Trevisan, Artemio Bandiera (1° cons. e vicario), Fabio Sandri.

  

1976-77

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Angelo Trevisan, Artemio Bandiera, Fabio Sandri.

  

1977-78

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), (Angelo Trevisan), Artemio Bandiera, Fabio Sandri.

  

1978-79

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Artemio Bandiera, Fabio Sandri

  

1979-80

Artemio Bandiera

Artemio Bandiera (superiore con autorità vicaria), Pio Pasqualini.

  

1980-81

Artemio Bandiera, solo.

  

1981-82

Artemio Bandiera, solo.

  

1982-83

Artemio Bandiera, solo.

  

1983-84

Artemio Bandiera, solo.

  

1984-85

Artemio Bandiera, solo.

 

Il seminario di Levico viene chiuso durante l’estate 1985, dopo il capitolo generale.

1985-86

 

Artemio Bandiera, solo. (solo sei mesi)

 

P. Bandiera rimane, con la casa vuota, con lo scopo di completare il termine per la sua pensione.

10. L’istituto Dolomiti (Dolomites) di Borca di San Vito di Cadore-Belluno (1945)

Come si è detto sopra di passaggio, il 21 novembre 1945 la congregazione accettò e assunse la direzione dell’istituto Dolomiti – già alberto Dolomites – di Borca di Cadore (Belluno, nel cuore delle Dolomiti orientali), offerto all’istituto da monsignor Girolamo Bortignon, allora vescovo di Belluno e Feltre, per l’istituzione di un collegio con scuole superiori e come luogo di soggiorno estivo. Il vescovo era stato personalmente a Venezia la sera del 12 novembre precedente a proporre al preposito la direzione di quell’istituto.

Si può accennare subito che, qualche anno dopo, con grande dispiacere da parte del nostro istituto, l’edificio fu acquistato all’asta e strappato al nostro istituto, con un’offerta superiore all’asta, dallo stesso monsignor Girolamo Bortignon, diventato nel frattempo vescovo di Padova.”

La proposta di accettare dal vescovo di Belluno la direzione dell’Istituto Dolomiti era stata discussa e approvata precedentemente in capitolo definitoriale in data 20 novembre 1945. A S. Vito di Cadore, nell’ex-albergo Dolomiti, ceduto temporaneamente a S. Ecc. il Vescovo di Belluno, era stata aperta una classe di prima media ad uso dei ragazzetti del paese. Ma mancava l’insegnante che avesse il titolo di studio necessario. S. Ecc. si è rivolto personalmente e insistentemente per avere un padre insegnante per questa classe, promettendo che farà il possibile per avere la cessione definitiva del locale da parte del Governo e che in tal caso sarà consegnato al nostro Istituto. Il Preposito ha creduto opportuno di aderire al desiderio di S. Ecc. e quindi pone sotto l’approvazione del capitolo quanto ha promesso. Per varie ragioni l’elemento che avrebbe potuto temporaneamente recarsi a S. Vito di Cadore sarebbe stato P. Mario Janeselli, e quindi fu inviato alla nuova sede.

La Congregazione accettò dunque l’offerta di Mons. Girolamo Bortignon e assunse la direzione dell’Istituto Dolomiti di Borca di Cadore, un paese sito nella vallata del Boite, nell’Ampezzano, pochi chilometri a sud della celebre cittadina turistica di Cortina d’Ampezzo (Belluno), per l’istituzione di un internato, con scuole medie e liceo, e come soggiorno per ferie per i giovani. Forse sarebbe meglio, da un punto di vista storiografico, di far uso qui di un genere letterario più scientifico, ma il racconto di P. Marino Scarparo nelle sue memorie (Scarparo, 2011), con il suo tono nostalgico e direi quasi onirico, anche se strettamente corrispondente alla realtà, rende meglio di ogni altra cosa la memoria che la casa di Borca di Cadore ha lasciato nei suoi protagonisti, e non solo nei seminaristi. Tra l’altro, ancora oggi (2020) i Cavanis sono ricordati con simpatia a Borca e nella valle del Boite. Certo, P. Marino ricorda questo periodo di tre anni della sua giovinezza e della sua formazione soprattutto come una grande vacanza, ma all’Istituto Dolomiti di Borca si lavorava molto nel campo dell’educazione e degli incarichi di appoggio educativo e logistici; e la vita vi era anche abbastanza dura, nel clima rigido e nella fase di necessaria sobrietà post bellica. Ecco di seguito il suo racconto.

Il 30 Ottobre 1947 l’alzata fu piuttosto mattiniera, piena di frenesia e di grande tensione. Si doveva partire per il Cadore, precisamente per Borca nella Valle di Cortina d’Ampezzo. Per me era un viaggio nuovissimo, un viaggio verso l’ignoto, anzi il primo viaggio, che segnò profondamente la mia giovinezza. Arrivammo, dopo treni e trenini e fermate, alla meta verso le ore 13. Purtroppo era una giornata nuvolosa, che non ci permise di vedere bene la configurazione della Valle del Boite, perché le alte cime (Antelao e Pelmo) erano tutte coperte di dense nuvole.

Depositammo i nostri poveri bagagli e fummo accolti in una sala del fastoso ex-albergo “Dolomiti”, affidato ai Padri Cavanis. Ci venne incontro il P. Mario Janeselli, Rettore della Casa, che fu nostro insegnante d’Italiano nella quinta Ginnasio di Possagno. Fu nostro insegnante solo per un mese, perché venne trasferito a Borca di Cadore; al suo posto ci venne assegnato il professor Goio. Insieme al P. Mario ci salutarono altri Padri: l’indimenticabile P. Guido Cognolato e il P. Giuseppe Colombara, nonché l’instancabile Fra’ Vincenzo Faliva. Verso la fine del pranzo venne a trovarci il P. Guido. Ci fece un bel sorriso, accompagnato da un “Benvenuti!”. Quindi versò in un bicchiere un po’ di vino; con la mano sinistra si tolse dal taschino l’orologio, lo guardò, e alzando con la destra il bicchiere, si rivolse a noi dicendo: ”Essendo la mezza e un boto, a vostro onor tracanno questo goto!” E bevve. Tutti noi scoppiammo a ridere. Penso che anche i muri riecheggiarono a lungo della nostra allegria.

Con la fine dell’Ottobre 1947 si apriva davanti a noi un soggiorno meraviglioso, presso l’ex-Hotel Dolomiti di Borca di Cadore (ormai conosciuto con il nome “Istituto Dolomiti”), dove i Padri avevano aperta una Scuola Media e un Liceo Classico, frequentati da alunni esterni e da noi studenti, provenienti da Possagno. Ecco i nomi di questo drappello: Antonello Tullio, Scarparo Marino, Bandiera Artemio, Zaniolo Angelo, Mason Orfeo, Polesel Giuseppe, Villatora Ottorino, Campanato Sergio, Leone Tommaso, Degan Franco, Morandi Amedeo, Alberghi Pietro.

Si trovava in mezzo a noi il simpaticissimo P. Luigi Ferrari, che i Superiori avevano costituito nostro Assistente. Un uomo di grande pietà, fedelissimo alla Regola, aperto e generoso, dotato di larga sensibilità umana e di spirito vivace e allegro, attirava tutta la nostra confidenza e la nostra simpatia. Ci trattava con rispetto e con attenzione materna. Dalla sua bocca non uscì mai una critica o una parola di rabbia o di impazienza. Attendeva il momento giusto e opportuno per correggere i nostri difetti e comunicarci coraggio e costanza nelle immancabili prove o delusioni. Per questo ringrazio il Buon Dio per il dono che ci ha offerto nella persona del P. Luigi Ferrari durante i primi anni della nostra vita consacrata.

In breve tempo esplorammo tutta la vallata fino a Cortina, percorrendo strade e sentieri fino a che ce lo permise la neve. Ci accompagnava nelle nostre escursioni l’allegra compagnia del nostro P. Assistente. In quegli anni del dopoguerra erano rare le automobili, cosicché le strade principali potevano essere percorse senz’alcun pericolo. Quante camminate segnava il nostro ritmo di marcia durante quel lungo inverno insieme con il P. Ferrari, scambiandoci battute scherzose, mentre cercavamo di riscaldarci, specialmente i piedi mezzo assiderati!

Le strade erano ricoperte da uno strato di neve ghiacciata, che lo spazzaneve non riusciva a togliere a sufficienza, mentre ai bordi si alzavano imponenti cumuli nevosi come muraglie di un candore impressionante. La strada maestra pareva una pista da sci; anzi diversi alunni di Cortina ne approfittavano per raggiungere la nostra scuola, percorrendo a sci tutto il tragitto. E altrettanto facevano per il ritorno.

L’inverno si fece sentire piuttosto rigido. A volte si giunse fino a meno 17 gradi centigradi sotto lo zero. L’impianto di riscaldamento del vecchio Hotel non funzionava affatto; aveva subito dei danni durante il periodo della guerra. L’impianto idraulico era accettabile, ma durante l’inverno veniva sospeso per non far saltare i tubi a causa del gelo. Bisognava rifornirsi d’acqua per mezzo di recipienti per la pulizia dell’igiene e delle camere. Ma anche su questo aspetto non potevano mancare le sorprese: alla mattina i catini, già riempiti d’acqua la sera prima, a causa del gelo erano diventati un blocco di ghiaccio. Potete immaginarne le conseguenze! Per il riscaldamento si usavano stufe a carbone e a legna. I reparti scuola e convitto funzionavano abbastanza bene. Anche noi studenti di Liceo usufruivamo di una saletta, che faceva funzione di scuola e di studio. Si conservava sempre ben riscaldata per tutto il giorno. A me era stato affidato l’incarico di mantenere il fuoco acceso. Per la prima accensione occorreva disporre di un certo quantitativo di legna leggera e ben essiccata, che io mi divertivo a raccogliere durante gli intervalli tra i rami secchi di abeti e larici, che circondavano in lunghe distese il vasto spiazzo, su cui sorgeva il nostro imponente Hotel. Perché la legna fosse sempre pronta e disponibile, la sistemavo in un ripostiglio, che faceva parte del mio soggiorno. Io abitavo in una stanza spaziosa del terzo piano: una finestra grandiosa si spalancava verso Ovest di fronte all’imponente cima del Monte Pelmo, su cui d’inverno il sole tramontava poco dopo le due del pomeriggio. Un’altra finestra era rivolta verso Nord, dalla parte di Cortina: era costituito da una grande porta che si apriva su un maestoso terrazzo, tutto protetto da diverse finestre, da cui si potevano ammirare panorami veramente suggestivi. Proprio in questo terrazzo conservavo durante il lungo inverno la legna, che sarebbe servita per l’accensione delle stufe a carbone. Purtroppo le nostre camere, anche se bellissime, non erano riscaldate. Era necessario provvedere di coperte e di cuscini il proprio letto per riposare durante la notte. Avevamo a disposizione delle ottime coperte di lana, che provenivano dagli aiuti americani, promossi allora in grande stile per sollevare le avvilenti miserie, che infierivano sulle regioni europee devastate dalla guerra. Mi ricordo che per difendermi dal freddo avevo sistemato sul mio letto ben diciassette strati di coperte: alcune erano semplici, altre doppie. Almeno così si dormiva, e come!

La neve era presente per la durata di parecchi mesi. Era naturale che tentassimo di divertirci con gli sport invernali. Spesso ci fermavamo poco prima di Cortina, a Zuel, per ammirare gli stupendi voli che facevano gli atleti lanciandosi dal trampolino. Però a noi bastava sbizzarrirci con qualche paio di sci o con qualche slittino lungo un’ampia scarpata, che scendeva dolcemente verso il Boite. Un giorno il bel divertimento si cambiò in tragedia per uno di noi: il malcapitato era Orfeo Mason, che, scendendo forse troppo rapidamente sul suo slittino, si trovò scaraventato fuori pista in mezzo a un polverone di neve. Un dolore acutissimo al polso gli fece vedere tutte le stelle del firmamento. Dovette presentarsi al Pronto Soccorso di Cortina, da cui ritornò con il polso irrigidito, medicato e fasciato, ma fortemente segnato da un continuo dolore. A causa di questo incidente saltarono all’aria i nostri sport invernali.

A primavera inoltrata, quando le belle giornate ridestavano i prati e le piante verso un’euforia di gioia e di colori, noi ce ne andavamo in mezzo al verde dei boschi alla ricerca di foglie e di fiori, come avevamo imparato alla scuola del professor Dalla Brida. Così scoprimmo con grande interesse i suggestivi aspetti che ci offriva la botanica studiata sul vivo. Ma quando in piena estate contemplavamo le stupende cime che abbellivano la nostra vallata, ci sentivamo bruciare dal desiderio di raggiungere davvero qualcuna di quelle vette tanto sognate.

Finalmente, dopo reiterati permessi e opportuni preparativi, venne il giorno fatidico della scalata del Monte Pelmo. Si unirono a noi alcuni chierici, venuti apposta da Venezia a trascorrere le vacanze estive nel Cadore. Tra questi si distinguevano, per la loro abilità di guide alpine, Giosuè Gazzola e Orsoni. Ci mettemmo in cammino verso le quattro del mattino, quando intorno a noi tutto era ancora avvolto dall’oscurità. La nostra comitiva comprendeva una ventina circa di escursionisti. Indossavamo la veste talare, armati di zaini e di bastoni; si procedeva a passo regolare, avanzando sui sentieri in fila indiana e in silenzio, interrotto solo da qualche parola di richiamo e di incoraggiamento. La prima difficoltà fu l’attraversamento del torrente Boite, che venne superata con l’aiuto e l’abilità dei più esperti dei nostri compagni. Capo comitiva era il P. Luigi Ferrari, affiancato dal P. Giuseppe Colombara. Verso le otto del mattino si usciva dalle lunghe mulattiere, che percorrevano interminabili boschi di abeti e di larici, mentre il sole, alzandosi sempre più verso il cielo, prometteva una bellissima giornata. Nei pressi del rifugio “Venezia” del C.A.I. ci rifocillammo un po’,

riposandoci beatamente in attesa di riprendere quanto prima le forze nell’avventura della scalata.

Davanti a noi si alzavano imponenti le pareti nude e rocciose del massiccio del Pelmo. Verso le nove, sotto gli avvisi e i consigli delle nostre “guide alpine”, ci avviammo verso l’attacco. Mentre i nostri compagni più sicuri e più coraggiosi, affrontavano con maestria la scalata, uno di noi, Ottorino Villatora, sembrava incerto. Colto dal panico e dalle vertigini, si dissociò dal gruppo e, dirigendosi verso la base e alzando la voce, tentava di far capire la sua decisione di far ritorno a casa. Allora un nostro compagno gli gettò dall’alto un panino, perché se ne potesse servire durante il lungo tragitto, che noi avevamo percorso nella prima mattinata. Dopo una faticosa arrampicata, ma senza alcun pericolo per la nostra incolumità, finalmente raggiungemmo la famosa cengia. Era un sentiero leggermente in salita, che sporgeva sulle rocce a strapiombo e presentava ora una larghezza di un metro, ora di due. Addirittura in qualche tratto il sentiero mancava oppure era talmente ostruito da rocce sovrastanti che non permettevano di stare in piedi. In questo caso bisognava avanzare stando seduti, in mezzo a un panorama allucinante di strapiombi e di guglie, che mozzavano il fiato. La cengia terminava all’inizio di un lunghissimo nevaio e ghiaione, che si stendeva verso l’alto, verso la cima, circondata da enormi bastioni, che costituiscono la parte più spettacolare del Monte Pelmo. Visto dalla valle, questo complesso di ghiaione e di pareti rocciose, poteva dare l’idea di una sedia maestosa, detta popolarmente “Caregon del Padre Eterno”. 

Appena giunti alla cengia, ci disponemmo in fila indiana, infarciti di cautela e di avvisi ripetuti più volte dalle nostre guide. Sembrava che tutto funzionasse a perfezione. Ed ecco il primo passo, detto il Passo dello Stemma. A questo punto il sentiero vero e proprio non c’era più, almeno per la lunghezza di alcuni metri. Solo qualche spuntone di roccia sporgeva, leggermente più in basso della cengia. Ognuno di noi, uno alla volta, era guidato dalle mosse da effettuare con i piedi e con le mani per superare con successo le difficoltà. L’anno precedente un giovanotto di Crespano del Grappa in quel punto aveva perso l’equilibrio, rotolando giù tra guglie e pareti: una delle tante vittime della montagna. Il passaggio di tutta la comitiva richiese un certo tempo; ma finalmente, nonostante un certo che di paura, ce la facemmo con grande nostro sollievo. Si riprese la marcia in fila indiana. Ad un certo punto la cengia sembrava scomparsa davvero. Un poderoso torrione si estendeva davanti al nostro cammino da bloccare ogni tentativo di passaggio. In realtà la cengia seguiva il suo percorso, adattandosi sotto le rocce prominenti di quel torrione. A noi si presentava come un passaggio arduo da effettuare: non dovevamo stare in piedi, ma metterci seduti e rannicchiati e poi muoverci adagio, come quando durante certi giochi ci spostavamo sulle banchine del cortile, aiutandoci con le mani, pur rimanendo seduti. Era il “Passo del Gatto”. Ed ecco la soluzione del terribile problema. Uno di noi, esperto del caso, avanzò rannicchiato e seduto, tenendo una corda di quindici metri, che lasciava distesa sulla piattaforma della cengia finché avesse raggiunto l’altro capo del torrione. Quindi si sistemò nel modo più consono, tenendo la corda, mentre l’altra guida faceva altrettanto all’inizio del passaggio. Allora

ciascuno di noi, uno alla volta, secondo l’ordine stabilito dai responsabili, cominciò a sedersi attaccandosi con le mani alla corda ben tesa e avanzando lentamente, mentre un panorama di strapiombi e guglie illuminati dal sole sembrava sghignazzare sarcasticamente davanti alla nostra drammatica paura. Alla fine l’ultimo raccolse adagio la corda e si unì alla comitiva.

La cengia poi ci apparve addirittura più accogliente e più comoda, per cui ci permise di camminare più speditamente, raggiungemmo in breve tempo l’immenso nevaio e ghiaione, che corona in modo fantastico la parte centrale del massiccio del Monte Pelmo. Ci vollero due ore di salita per superare il nevaio. Era uno spettacolo straordinario: acqua, neve, cascatelle, ruscelli, che luccicavano al sole mormorando gioiose melodie, riecheggianti come mistiche note di paesaggi incontaminati.

Verso mezzogiorno arrivammo al “Passo della Morte”: per raggiungere la cima bisognava superare anche questo ostacolo. In realtà si trattava di una difficoltà non eccessiva: la cima era tagliata dal resto delle rocce da uno stretto crepaccio, di cui non si percepiva il fondo. La cima più alta era come un’isola. Con un po’ di attenzione superammo anche il Passo della Morte. Avevamo raggiunto il punto fatidico: il Monte Pelmo, a m 3168 sul livello del mare. Un panorama indescrivibile si presentava ai nostri occhi in tutte le direzioni. Neppure una nuvola, un sole indimenticabile, cime e catene innumerevoli, che con l’aiuto della carta geografica cercavamo di indovinare; verso Sud si estendeva la pianura veneta fino al Mare Adriatico, mentre tentavamo di individuare il meglio possibile alcune località, come la città di Venezia.

Consumammo, seduti su quelle rocce inviolabili, il nostro pranzetto, fatto di panini e di acqua fresca, mentre i nostri occhi non si saziavano di contemplare l’immenso panorama, che ci circondava da ogni parte, illuminato dalla luce purissima di un sole meraviglioso.

Verso l’una si riprese la via del ritorno (che divenne a un certo momento potenzialmente pericolosa, con il ruzzolare sul ghiaino di Giuseppe Polesel e Arcangelo Vendrame, che poteva trasformarsi in una tragedia, se non fosse stato per l’intervento del P. Colombara N.d.A.). Nonostante la profonda stanchezza determinata dalla lunga camminata, a coronare di gloria e di esultanza il nostro felice ritorno, era proprio il caso dire: “Benediciamo il Signore!”.

Nel Settembre del 1949 furono ospiti dell’Istituto i Seminaristi di Possagno, (più giovani, c’erano anche aspiranti provenienti dalla Toscana come Rocco Tomei), ai quali cercammo di allietare la splendida vacanza nelle Dolomiti, accompagnandoli nelle passeggiate verso le mete più belle e facilmente raggiungibili, che noi ben conoscevamo. Tra queste escursioni più emozionanti meritano di essere ricordati i percorsi effettuati lungo la Croda del Lago, le Cinque Torri e la discesa verso Zuel presso Cortina. Un’altra singolare passeggiata ci portò verso la parte orientale del Monte Antelao, percorrendo il noto ghiacciaio, che oggi è completamente scomparso, ma che allora si protendeva verso la valle con le straordinarie grotte di ghiaccio tra ruscelli di acque canore e riflessi di luce solare dalle tinte, che variavano dall’azzurro al verde e al violaceo.

Durante il periodo estivo degli anni 1948 e 1949, per la durata di un mese, si svolgevano nel nostro Istituto imponenti colonie per bambini (circa 400), organizzate dalla P.O.A. e dalle industrie di Mestre e di Marghera. Noi studenti eravamo chiamati a gestire, sotto la direzione del P. Guido Cognolato, la vasta marea di bimbi, che variavano da un’età di sette a undici anni. Venivano formate diverse squadre di 28-30 bambini, rispettando nella composizione l’appartenenza alla stessa età. Erano tutti maschietti, affidati a noi studenti, che per la prima volta ne assumevamo con entusiasmo tutta la responsabilità.

A me e a Franco Degan fu assegnata, nel primo anno, una squadra di 25 bambini di quinta elementare, nell’anno successivo una squadra di bambini di seconda elementare, che ben presto suddividemmo in alcuni sottogruppi, con a capo come responsabile uno di loro. Li portavamo a fare delle passeggiate nei dintorni tra prati e boschi, magari rallegrati da ruscelli, che scendevano chiacchierini dalle montagne. Durante le soste si organizzavano giochi di gruppo oppure, presso i torrenti e i ruscelli, si passavano ore indimenticabili a costruire piccoli laghetti o divertenti cascatelle, abbellite da mulinelli, fatti di ramoscelli e di foglie verdi.

Per il pranzo, come per la colazione e la cena, ci trovavamo nell’immenso salone dell’Istituto, ben distribuiti a gruppi di otto, attorno a numerose tavole, in mezzo a un vocio continuo e assordante. Purtroppo erano i tempi duri, i tempi del dopoguerra, quando il cibo, seppur sufficiente, per molte bocche non saziava del tutto. Ma quando si sentiva la voce della cameriera, che gridava domandando rivolta a tutti chi desiderasse avere ancora un po’ di pane, allora scoppiava, specialmente dai più grandini, un urlo assordante: “A me! A me!”. Però non a tutti poteva essere assicurato un tozzo di pane in più.

Una volta, mentre attendevamo in piedi, attorno al proprio tavolo, l’inizio della preghiera di benedizione per il pranzo, un bambino del mio gruppo, osservando il mio piatto di pastasciutta un po’ più abbondante di quelli degli altri commensali, si permise di brontolare, rivolto a un suo compagno, dicendo che il mio piatto era più consistente di tutti gli altri. Ma il compagno lo fece zittire rispondendogli sottovoce: “Ma lui è grande! ‘È un padre!” D’altra parte correvano i tempi del dopoguerra; e per noi, ormai giovanotti, anche se l’appetito non mancava, bisognava accontentarsi di quello che la Provvidenza ci metteva a disposizione.

Le colonie estive furono un’esperienza straordinaria. Insieme al P. Guido Cognolato e al P. Colombara imparammo a gestire le marionette e a programmare alcuni drammi, che suscitarono non solo il nostro entusiasmo, ma anche l’applauso pieno di gioia di tutti i nostri spettatori.

Sotto la guida del P. Guido riuscimmo a imparare a perfezione i Canti della Montagna, che echeggiavano frequentemente in quelle vallate, ridestando nel nostro cuore indimenticabili ricordi, pieni di nostalgia.

Durante le Colonie non mancavano le escursioni verso le località più facilmente raggiungibili, permettendoci di restar via all’aperto per tutto il giorno. Una volta il nostro gruppo, composto di bambini di seconda elementare, guidati dal mio confratello Franco Degan e dal sottoscritto, si diresse attraverso le distese di abeti e di larici alla volta delle Rocchette: alla base di queste cime si estendeva un prato bellissimo, trapunto di fiori, tra cui non mancavano le sognate stelle alpine.

Partimmo dopo la colazione; attraversammo il torrente Boite in un punto facilmente guadabile e iniziammo la salita, percorrendo i sentieri, segnati appositamente dal C.A.I. La salita si presentava abbastanza dolce; non c’era nessun pericolo. Si camminava e ci si divertiva, in mezzo alla bellezza di boschi interminabili, che ogni tanto lasciavano posto a qualche radura di verde e di fiori.

Dopo tre ore di cammino, quando ancora mancava un’oretta alla meta, pensammo di fare una breve sosta. Uno dei nostri piccoli, attirato da bellissimi gigli gialli, che si muovevano al vento a una trentina di passi dalla mulattiera, si allontanò per coglierne un bel mazzetto. Quando fu sul posto, esultante di gioia di portarsi via un bellissimo ricordo, non si accorse che a ridosso dei fiori sorgeva un vespaio. Improvvisamente uno sciame di vespe o di calabroni si alzò in picchiata contro il malcapitato intruso, che cercò di ripararsi dalla furia di quegli insetti, correndo rapidamente verso i compagni. Purtroppo si trovò segnato da diverse punture in tutte le parti del corpo. Il bambino era terrorizzato; in breve tempo spuntarono sulla pelle numerose bollicine a causa delle iniezioni velenose di quegli insetti. Io cercai di vedere se ci fosse qualche ruscello nelle vicinanze, per rinfrescare le mani, il viso e le gambe dello sventurato. Non c’era nulla di nulla. Non era prudente, a mio avviso, farlo camminare con il pericolo di aumentargli la circolazione del sangue. Allora presi rapidamente questa decisione: avviarsi subito verso la meta, che non era tanto lontana. Infatti ci trovavamo a tre ore di distanza dall’Istituto, per cui non avremmo risolto nulla di concreto, se avessimo pensato di far ritorno. Ci mettemmo in cammino. Mi caricai sulle spalle il bambino, affrontando speditamente la salita. Dopo un quarto d’ora di marcia forzata, finalmente incontrammo un piccolo ruscello, che attraversava la mulattiera. Deposi dalle spalle il bambino che piangeva; scavai per un tratto il letto del ruscello, creando una pozza d’acqua, dove adagiai con cautela il piccolo malcapitato. Un po’ alla volta le numerose bollicine cominciarono ad attenuarsi con grande sollievo di tutti fino a scomparire completamente. Allora riprendemmo tranquilli il cammino e in breve tempo raggiungemmo la meta alla base delle Rocchette, dove ci riposammo mangiando allegramente le provviste, che tenevamo nei nostri sacchi di montagna. In quel prato scoprimmo un numero impressionante di stelle alpine, che raccogliemmo in diversi mazzetti, coronando di gioia e di ricordi la stupenda scampagnata.

Durante il periodo estivo del 1948 e del 1949 organizzammo diverse escursioni, che ci regalarono per la prima volta panorami meravigliosi insieme a faticose camminate di 10-13 ore, di cui risentimmo la spossatezza nei giorni successivi. Un giorno raggiungemmo l’Averau e il Nuvolau, indirizzandoci poi verso Cortina per il ritorno. Eravamo un gruppetto di instancabili scalatori: Zaniolo Angelo, Bandiera Artemio, Mason Orfeo, Leone Tommaso e Alberghi Pietro. Durante quel tragitto capitò ad uno di noi un incidente piuttosto pericoloso. Si trattava di Tommaso Leone, che spesso si mostrava spietato nel molestare certi animali. Stavamo camminando lungo un sentiero impervio e sassoso, affiancato da rari cespugli di mughi. Improvvisamente notammo una vipera adagiata lungo il nostro viottolo; la scansammo con cautela, cercando di non disturbare la pace della sua dimora. L’ultimo della nostra comitiva era proprio Tommaso Leone, che non solo la scansò, ma si fermò a fissarla biecamente, tenendo in mano il suo bastone. La vipera tentò la fuga, nascondendosi tra i massi, che sporgevano numerosi lungo il bordo del sentiero e scomparve in un anfratto, sicura di non essere individuata dal minaccioso assalitore. Ma Tommaso non si arrese e con il bastone sconvolse tutto il territorio, che il serpente aveva cercato di usare come suo nascondiglio. Scoppiò una lotta tra i due. Con uno scatto improvviso la vipera spiccò un salto verso la mano sinistra del nostro compagno, colpendogli un dito con il suo morso velenoso.

Nel frattempo noi ci eravamo allontanati dal luogo della vipera e proseguivamo il nostro cammino, neppure immaginando quello che era davvero successo. Ed ecco sopraggiungere Tommaso, stringendo con la mano destra l’indice della mano sinistra tutto dolorante, segnato dal morso della vipera. Che cosa si poteva fare per lui in quella zona impervia? Si vedeva chiaramente che l’effetto velenoso si espandeva verso il gomito. Avvolgemmo molto strettamente con uno spago l’avambraccio per arrestare in qualche maniera il fluido velenoso. Subito riprendemmo il cammino verso S. Lucia, sperando di arrivare speditamente e a tempo a quel rifugio, indicato dalla carta della mappa. Giunti sul posto, incontrammo un medico, che pensava di allargare con una lametta il morso del dito dell’imprudente giovanotto, per far uscire fuori il nucleo velenoso insieme al sangue. Ma di lamette in quel luogo neppure l’ombra. A fianco del rifugio scorreva una stradina percorribile anche da macchine. Due volontari caricarono sul loro mezzo il nostro Tommaso e lo portarono a Cortina, al Pronto Soccorso. Noi continuammo il cammino, dirigendoci sulla via di Cortina. Ma il nostro cammino sembrava avvelenato dai morsi della vipera. Quando nel tardo pomeriggio, finalmente stavamo rientrando nel parco del nostro Istituto, ci corse incontro con la sua spensieratezza l’amico Tommaso, alzando la mano sinistra fasciata, anche se un po’ dolorante. L’intervento al Pronto Soccorso era ben riuscito, per cui lo avevano accompagnato a casa già nel primo pomeriggio.

Verso la fine di agosto degli anni 1948 e 1949, si tennero nel nostro Istituto Dolomiti due brevi Congressi di Laureati Cattolici. Noi cercammo di rendere più accogliente l’abitazione ai numerosi convegnisti, decorando il piazzale antistante l’entrata, con grandi ornamenti geometrici e con la scritta cubitale: “Benvenuti Laureati Cattolici!”. Per questa realizzazione ci servimmo di bacche rosse, che maturavano in quella stagione a forma di corimbi su piccoli alberelli dei boschi dei dintorni.

I discorsi dei Congressi si tenevano nell’immenso salone dell’ex-Hotel, che accolse in quegli anni anche le Colonie di bambini per i servizi della mensa. Anche noi qualche volta partecipammo a queste riunioni, durante le quali incontrammo due giovani oratori, che con l’andare degli anni si resero famosi nella storia della Chiesa: Don Giovanni Colombo e Don Carlo Poma. Il primo sarebbe divenuto Arcivescovo Cardinale di Milano, l’altro Arcivescovo Cardinale di Bologna.

Per tutti questi eventi, che si verificarono proprio durante la nostra giovinezza, il soggiorno vissuto nel Cadore lasciò in noi un profondo ricordo e un’indimenticabile nostalgia. I Padri Cavanis rimasero nella zona per pochi anni, perché l’ex-Hotel Dolomiti, demanio dello Stato, fu posto all’asta, da cui uscì vincente il Seminario Vescovile di Padova. Purtroppo per noi si chiuse in breve tempo una parentesi, che ci fece a lungo sognare.

Fin qui il resoconto di P. Marino sulla vita nell’Istituto Dolomiti, la casa Cavanis di Borca di Cadore.

Curiosamente, ad essere ottimisti, e in modo del tutto sgradevole, proprio quando l’istituto si proponeva di comprare l’immobile, e quando la comunità Cavanis di Borca, con sei sacerdoti e un fratello, era stata dichiarata “casa formata”, a norma del cn. 48 §3, nella riunione del consiglio definitoriale del 7-8 agosto 1952, lo stesso Mons. Girolamo Bortignon, cappuccino, che aveva invitato i Cavanis a Borca, quando era vescovo di Feltre e Belluno, ci rapiva l’Istituto Dolomiti quando era diventato vescovo di Padova. Naturalmente l’Istituto Cavanis non gliene fu particolarmente grato, non trovando corretta l’operazione; intorno a quel “paradiso perduto” continuò ad aleggiare fino ad oggi un’aura di nostalgia e di ricordi; i religiosi più anziani lo ricordano con simpatia e con rimpianto.

Parve che l’indennizzo per i lavori fatti al Dolomiti potesse anche non essere pagato. Ci fu un lamento da parte della Autorità competente di Belluno perchè i Padri non avevano fatto nulla per la manutenzione dello stabile. Fu fatta un’ispezione e si constatò che furono fatti lavori di migliorie per nove milioni.

Il Presidente della G.I.[L.], Sig. Elcan, ha assicurato il P. Mario e il Vescovo di Padova che l’indennizzo per i lavori fatti sarebbe stato pagato. Anche il Vescovo di Padova aveva promesso che avrebbe pagato lui tale indennizzo qualora non l’avesse fatto lo Stato.

Se si ha diritto alla rifusione dei danni da parte dello Stato, si facciano subito le pratiche necessarie e siano convenientemente appoggiate e seguite.

Quanto alla cessione della gestione della scuola al Vescovo di Padova, il Preposito ebbe un colloquio col detto Vescovo e coll’Amministratore del Seminario di Padova e accennò anche ad un eventuale compenso, ma nulla di concreto fu ancora concluso. Anzi il Preposito, in una lettera indirizzata al Vescovo di Padova, chiarì la questione, lamentando che si fosse parlato già di trapasso di gestione in una lettera del suddetto Vescovo, pubblicata su un giornale di Belluno.

Il Definitorio, pur tenendo in considerazione l’opinione contraria di alcuni Padri, è propenso a cedere la gestione della scuola al Vescovo di Padova, dietro conveniente compenso.”

L’Istituto riuscì almeno, sei anni dopo la chiusura della sua opera in quel piccolo paradiso, a ricevere il rimborso di metà delle spese sostenute dall’Istituto Cavanis per mettere in efficienza lo stabile di Borca. C’erano voluti anni di pratiche di ricorsi, tramite avvocato.

Della ex-casa di Borca si parlava ancora nel verbale del capitolo definitoriale del 24 luglio 1954:

Un testo sull’Istituto Dolomiti di Borca di Cadore

Un brillante articolo dal titolo “Al Dolomites” di Giuseppe De Sandre, di San Vito del Cadore, ricorda tra l’altro la presenza dei Padri Cavanis a Borca di San Vito di Cadore.

La pubblicazione rifà brevemente la storia precedente e successiva dell’edificio mastodontico, costruito in pietra locale, cioè in dolomia, dal suo inizio alla sua trasformazione in ambiente scolastico, edificio che esiste ancora oggi: lo si vede salendo a Cortina d’Ampezzo, tra San Vito e Borca, sulla sinistra. Dedica tuttavia la parte principale dell’articolo alle memorie personali dell’autore, ex-allievo dei padri Cavanis, cioè al periodo in cui questi ne ebbero per tempo troppo breve la direzione.

Riportando in breve sintesi la prima parte del contenuto dell’articolo, diremo che l’edificio era stato costruito, tra qualche polemica e contraddizione, nel 1905, da una società veneziana come complesso alberghiero, per promuovere e sviluppare il turismo alpino e la villeggiatura nella zona. Venne parzialmente distrutto nel 1914, all’inizio della prima guerra mondiale, con non meno di 300 vittime; nel prosieguo della guerra fu utilizzato come ospedale militare. L’albergo riprese la sua attività subito dopo la guerra e dopo una parziale ricostruzione e ristrutturazione, e conobbe i suoi tempi migliori; ebbe tra gli ospiti personaggi celebri, come Guglielmo Marconi, il cardinale Eugenio Pacelli, più tardi Papa Pio XII, il musicista Arrigo Boito, il direttore d’orchestra Tullio Serafin.

L’inizio della seconda guerra mondiale nel 1940 provocò la fine della grande stagione turistica e quindi il fallimento dell’albergo. Questo venne trasformato dal partito fascista in casa di ferie per la Gioventù Italiana del Littorio-GIL, e tale rimase per breve tempo, fino all’armistizio dell’8 settembre 1943 e all’invasione dell’Italia da parte delle forze armate tedesche; esso fu allora trasformato ancora una volta in ospedale di guerra, questa volta dei tedeschi. Finita la guerra, nell’autunno 1945, lo stabile, ora di proprietà del demanio dello stato, venne adattato a scuola media, tenuta all’inizio da suore e da un sacerdote locale, don Luigi De Vido, poi, a partire da fine dicembre della stesso anno, dai padri Cavanis, di cui diremo dopo. Questi mantennero la direzione della scuola, divenuta anche convitto per interni ma aperta agli allievi esterni e ampliata con il liceo classico e poi scientifico, dalla fine del 1945 al 1954. A seguito della vendita all’asta dello stabile da parte del demanio della stato, e vinta l’asta dalla diocesi di Padova, la casa fu trasformata in casa di ferie per i seminaristi padovani, ma la scuola, a seguito di proteste degli abitanti dell’Ampezzano, fu mantenuta come scuola cattolica. Dagli anni sessanta del novecento subentrano le scuole statali, ma durante l’estate la casa rimane casa di ferie per il seminario di Padova. Tra gli ospiti celebri durante le attività estive si ricorda la presenza di due futuri papi, il card. Angelo Giuseppe Roncalli, allora patriarca di Venezia, e Mons. Albino Luciani, più tardi anche lui patriarca di Venezia e poi brevemente papa Giovanni Paolo I.

Fin qui la breve sintesi della storia del “Dolomites”. Riportiamo ora, nel testo originale, la parte dell’articolo che riguarda direttamente la presenza dei Cavanis a Borca di Cadore.

“Arriva la primavera del ’45 e nei primi due giorni di maggio assistiamo al passaggio di un’interminabile colonna di camion, che si avvia verso Nord; gli occupanti salutano festanti: sembrano più soddisfatti loro di andarsene che noi di restare liberi.

Verso settembre don Luigi De Vido Peruto (prè Luiji) convoca al Dolomites una squadra di volontari per le operazioni di sgombero e pulizie: sta per esservi allestita una scuola media. Ci aggreghiamo anche noi, diretti interessati (abbiamo sostenuto a giugno, presso la sede staccata di San Vito dell’Istituto Antonelli – attuale Albergo Alemagna – un benevolo esame d’ammissione: solo orale, mezz’ora di colloquio, in tutto). Tiriamo carretti pieni di brande dalla sede centrale alla dependance, che, inagibile qual è, rimarrà a lungo utilizzata soltanto come deposito.

Parte il primo trimestre affidato alle Suore, sotto la guida di don Luigi, che rivendicherà a lungo a suo esclusivo merito questa fase pionieristica e commissariale, attribuendosi una sorta di carica di Ispettore onorario che gli impone di interrogarci (anche per strada!) soprattutto in latino. Solo dopo Natale arrivano i Padri Cavanis di Venezia. La nuova scuola media parte, così, con una trentina di alunni dell’Oltrechiusa. Su queste basi e nella scia di questa tradizione prende via via consistenza la “cittadella degli studi” di San Vito, che ha visto passare, lungo i decenni, generazioni di studenti non solo del Cadore. L’anno seguente inizia anche il convitto e conosciamo nomi nuovi del Bellunese (De Ceserò, Teza, Tabacchi, Universo, Simeoni), ma anche di altre provenienze (Doria, Foscari, Cosulich, Hardouin di Gallese, Forte, Viola di Campalto, Barbasetti di Prun). Spilberg, figlio dell’allenatore svedese della prima squadra di hockey di Cortina, onora la sua provenienza percorrendo con gli sci la distanza Cortina – Istituto Dolomiti. Niente male per un ragazzo tredicenne. Per il ritorno utilizzerà il trenino. Nasce l’Istituto Dolomiti: Scuole Medie e Ginnasio-Liceo Classico, subito abbandonato per il Liceo Scientifico, con graduali parificazioni, dalle quali noi, della prima ora, restiamo esclusi: saremo portati al “Canova” di Possagno, degli stessi Cavanis, a sostenere l’esame di licenza media, con sanatoria dell’intero triennio.

I ricordi si fissano su alcuni personaggi: il monumentale Rettore padre Mario Janeselli, trentino, matematico, il segretario padre Guido Cognolato, trevigiano di Preganziol (“semo sempre a queļe”, questa la sua frequente e oggi memorabile espressione di dissenso rivolta agli indisciplinati), il prefetto Tovena, il geniale don Costante dalla Brida, non appartenente all’Ordine, professore di scienze naturali, chimica e geografia nei licei, amico personale di De Gasperi, in soggiorno di salute, utilizzato a tutto campo (matematica, tedesco, lettere) per la sua grande versatilità, la professoressa di francese Ida Vardanega, salita da Possagno, anche lei per ragioni di salute, il nostro prof. Fiorindo Fiori, reduce di Russia, morto giovanissimo per malattia contratta in guerra, insegnante di disegno, dal tratto cordiale e bonario, che ce lo faceva preferire a tutti, e i professori Gheno, Comazzetto, Viscidi, i padri [Giuseppe] Colombara, Sighel, Turetta, Bruno Marangoni, via via succedutisi.

Ma soprattutto s’impone l’immagine di padre Luigi Ferrari, che ci ha insegnato ad apprezzare ed amare i classici, a cominciare da Omero, la cui Iliade ci illustrava nell’edizione del Paperini, avvalendosi di drammatizzazioni in cui eravamo invitati ad impersonare i protagonisti. Luciano Menegus era Achille, Ivo De Lotto era Ettore, entrambi talmente convinti dei loro abbinamenti da sostenere, anche fuori scuola, animate discussioni, che svariavano nelle antinomie sportive (Coppi – Bartali). Il tema era: conta solo la vittoria o c’è qualche valore anche per lo sconfitto? Interessante il fatto che un paio d’anni dopo Dino Buzzati, al termine della famosa tappa del Giro d’Italia del ’49 Cuneo – Pinerolo, vinta da Coppi con grande distacco, evocherà, per rappresentare il duello tra Fausto e Gino, proprio lo scontro finale tra il campione acheo e quello troiano. I miei due amici, come del resto tutti noi, non lo sapevano (il Corriere della Sera non ci era familiare come la Gazzetta dello Sport: l’articolo l’abbiamo conosciuto anni più tardi, consacrato nelle antologie), ma erano in sintonia col celebre scrittore, che, non a caso, era dei nostri…

Ognuno in classe doveva, se non proprio impersonare, quanto meno corrispondere e sentirsi legato ad uno dei protagonisti, e chiamato in causa quando compariva in scena. Il mio, ad esempio, era Ajace Telamonio. Non ricordo se si trattasse di una scelta personale o d’una designazione, ma ne ero assolutamente soddisfatto: del principe di Salamina ci è stato insegnato ad ammirare la tempra che lo faceva restare in campo anche nei momenti più difficili e meno esaltanti (tutti ricordiamo la difesa delle navi, alla fine del canto XV: “Così dicendo colla lunga lancia /furioso inseguia qualunque osava/da Ettore sospinto, avvicinarsi /colle fiamme alle navi. E di costoro/dodici dall’acuta asta trafitti / pose a giacer davanti alle carene”. E non ci era ancora dato conoscere l’esaltazione che ne fa il Foscolo (“A’ generosi / giusta di gloria dispensiera è morte”).

Ma c’è pure spazio per lo sport attivo. Il campetto di calcio è realizzato completando, a furia di carriole di terra prelevate dal terrapieno antistante la chiesetta, lo spiazzo a suo tempo adibito a parcheggio delle automobili. È qui che un giorno un compagno arriva trafelato ad annunciarci che l’aereo del grande Torino si è schiantato sulla collina di Superga (il mio primo pensiero, Dio mi perdoni, è stato: Chi metteremo in campo per la partita che ci attende fra pochi giorni contro Austria e dopo contro l’Ungheria?).

Al Dolomites siamo, insomma, di casa. Da San Vito e Borca arriviamo naturalmente a piedi. Quelli di Serdes nella buona stagione godono il privilegio di un percorso straordinario: giù, attraverso i prati di Ces, fino al Boite, che viene superato grazie ad una passerella, collocata in prossimità di ciò che restava del piccolo cimitero della Grande Guerra, e rafforzata proprio per loro dalle famiglie interessate, e poi su per il versante Est, lungo il parco. Noi, che ci avvaliamo banalmente della statale d’Alemagna, li riguardiamo come un’élite fortunata e invidiata. Per i Cortinesi è giocoforza prendere il treno delle sei (quello delle otto è fuori tempo massimo, ché c’è anche la Messa quotidiana): il custode Basilio ha l’ordine di fare passare solo loro in così largo anticipo ed io, che potrei sfruttare la vicinanza alzandomi all’ultimo momento, mi sveglio più di un’ora prima, andando ad attenderli nella cucina del casello, ospitato dall’amico Tabacchi, per aggregarmi e poter spadroneggiare con loro a lungo, indisturbati, nei giochi del salone, prima del suono della campanella d’inizio.

L’edificio, intanto, è sempre di proprietà dello Stato, che nel ’54 lo mette definitivamente all’asta.

Tutti si aspettano che ne siano aggiudicatari i Padri Cavanis, ma il Vescovo di Padova, mons. Bortignon, che conosce bene la situazione per averla seguita quando era a Belluno, riesce a far prevalere la sua Curia, col programma di destinarlo a sede estiva del Seminario. Per la scuola non pare esservi spazio. Ma una vigorosa protesta (è la prima volta che si assiste, nei nostri paesi, ad una manifestazione pubblica con tanto di cartelli) induce i nuovi proprietari a trovare un felice compromesso: scuola e sede estiva del Seminario potranno convivere.

Sotto la direzione del prof. mons. Vittore Colao, nasce così l’Istituto Dolomiti Pio X (quest’aggiunta, sia detto con il dovuto rispetto per il Santo Papa di Riese, resta sulla carta, ma non attecchisce nel linguaggio locale), con Scuola Media e Liceo classico parificati, nei quali, tra gli altri, insegnano, oltre allo stesso Colao, i professori Bellinati, Frasson, Cimolato, Padovan, Orsoni, Trambaiolo, Garbo, Righi, che tutti ricordano. Per un certo tratto di tempo funziona anche una scuola di lingue.” Concludiamo qui questo stralcio dall’articolo del De Sandre, particolarmente interessando perché l’Istituto Dolomites e la partecipazione dell’Istituto Cavanis è qui vista dal di fuori, da un “ex-utente”.

Per servire alla storia della casa di Borca, è importante anche il quaderno “Diario dello Studentato Cavanis – Istituto Dolomiti Borca di Cadore (Belluno), (solo dal 31-10-1946 all’ottobre 1949)”. Il diario è compilato dall’assistente dei chierici liceali residenti a Borca, il P. Luigi Ferrari. Questo diario non si limita a parlare dello Studentato, ma è anche un diario della casa di Borca, con una quantità di informazione sul clima, sull’ambiente e così via.

Si impara per esempio che quando durante l’estate, finite la scuola, di organizzavano mesi di colonia per bambini, i seminaristi liceali e qualcun altro, teologo, lasciavano i loro “camerini”, cioè le piccole camere, e passavano in soffitta dove si accampavano come potevano. A fine agosto poi ritornavano alle loro camere.

Nell’anno scolastico 1947-48 all’inizio della scuola gli studenti sono una cinquantina, di cui una quindicina di interni, gli altri esterni dei paesi dell’Ampezzano.

Il Charitas del dicembre 1953 presenta un’immagine inconsueta: un quadro intitolato “La Madonna delle Dolomiti, che doveva essere esposto nella casa di Borca. Il quadro di m 2,60 x 1,60 era stato dipinto nel 1941 dalla pittrice Rosida Cuoco Raione. Maria è rappresentata in piedi su una nuvola, sullo sfondo delle Dolomiti Ampezzane.

In seguito, l’antico albergo Dolomites, ritornerà

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1945-46

 

Mario Janeselli

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1946-47

Mario Janeselli (pro-rettore)

Mario Janeselli, Guido Cognolato, Luigi Ferrari (assistente dei chierici), Igino Pagliarin

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Nove seminaristi liceali Cavanis risiedono a Borca per frequentarvi la I liceo. Oltre a loro, ci sono 20 ragazzi dell’Ampezzano e 4 ragazze. Ci sono inoltre, dal 29 novembre, i chierici Narciso Bastianon e Giuseppe Cortelezzi.

1947-48

Mario Janeselli (pro-rettore)

Mario Janeselli, Guido Cognolato, Luigi Ferrari (assistente dei chierici), Igino Pagliarin

Vincenzo Faliva

Dodici seminaristi liceali Cavanis residenti a Borca per frequentarvi la prima liceo.

1948-49

Mario Janeselli (pro-rettore)

Janeselli, Guido Cognolato, Luigi Sighel, Igino Pagliarin

Vincenzo Faliva

Seminaristi liceali Cavanis residenti a Borca per frequentarvi il liceo.

1949-50

Mario Janeselli (pro-rettore)

Mario Janeselli, Bruno Marangoni, Guido Cognolato, Giuseppe Colombara

Vincenzo Faliva

Seminaristi liceali Cavanis residenti a Borca per frequentarvi il liceo.

1950-51

Mario Janeselli (pro-rettore)

Mario Janeselli, Bruno Marangoni, Guido Cognolato, Angelo Trevisan (viene sostituito da Riccardo Zardinoni a dicembre 1950)

Vincenzo Faliva

—–

1951-52

Mario Janeselli (pro-rettore)

Mario Janeselli (pro-rettore), Guido Cognolato, Bruno Marangoni, Riccardo Zardinoni, Armando Soldera

Vincenzo Faliva

—–

1952-53

Mario Janeselli (rettore)

Mario Janeselli (rettore), Guido Cognolato (1° cons., vicario ed economo), Bruno Marangoni, Riccardo Zardinoni , Armando Soldera, Armando Manente

Vincenzo Faliva

La casa di Borca è  dichiarata casa formata il 7-8 agosto 1952.

1953-54

Mario Janeselli (rettore)

Mario Janeselli (rettore), Antonio Turetta (1° cons., vicario ed economo), Bruno Marangoni (2° cons.), Luigi Toninato, Armando Soldera

 

La casa viene evacuata nell’agosto o settembre 1954, dopo l’acquisto da parte del vescovo di Padova.

11. La casa di Roma-Torpignattara (1946)

Riassumendo, la casa di Roma, nel quartiere popolare di Torpignattara sulla via Casilina, al n° civico 600, è stata aperta nella “Villa Castelli-Eichberg” il 12 novembre 1946. La casa a partire dal novembre 1946 fu ed è sede di una nostra comunità e della scuola; più tardi sede del nostro seminario maggiore teologico italiano (dal 1967), della Curia generalizia (dal 2 febbraio 1997) e, nei dintorni, del seminario maggiore internazionale della Congregazione (1999) e della parrocchia dei SS. Marcellino e Pietro ad duas lauros, affidata all’Istituto dal 1° gennaio 1989. Il parroco P. Antonio (Tonino) Armini fece il suo ingresso il 12 febbraio 1989. Il 16 novembre 1986 fu posta la prima pietra dell’edificio nuovo delle scuole. Questo fu completato e inaugurato il 15 maggio 1988.

Fino a due anni fa, alla fine dell’anno scolastico 2017-18, l’Istituto della Scuole di Carità a Roma aveva le scuole medie e il liceo scientifico. Alla cura dell’Istituto, o meglio alla cura del parroco Cavanis della parrocchia stessa, furono affidate le splendide catacombe dei SS. Marcellino e Pietro (13 aprile 2014, domenica delle Palme).

Della storia della casa di Roma-Torpignattara si è parlato ampiamente nella parte III, numeri 5.6-5.9.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1946-47

Antonio Eibenstein (Pro-)Rettore

Antonio Eibenstein, Giuseppe Panizzolo

Luigi Gant

seminarista liceale Giuseppe Cortelezzi dal 1.1.1947

1947-48

Antonio Eibenstein (Pro-) Rettore

Antonio Eibenstein, Giuseppe Panizzolo

Luigi Gant, Giusto Larvete

??

1948-49

Antonio Eibenstein (Pro-) Rettore

Antonio Eibenstein, Giuseppe Panizzolo, Giuseppe Da Lio

Luigi Gant, Giusto Larvete

 

1949-50

Aurelio Andreatta

Aurelio Andreatta (pro-rettore), Luigi Candiago, Giuseppe Panizzolo, Giuseppe Da Lio

Luigi Gant, Giusto Larvete

 

1950-51

Aurelio Andreatta

Aurelio Andreatta (pro-rettore), Luigi Candiago, Giuseppe Fogarollo, Lino Pollazzon

Luigi Gant, Giusto Larvete

 

1951-52

Aurelio Andreatta

Aurelio Andreatta (pro-rettore), Luigi Candiago, Giuseppe Fogarollo, Lino Pollazzon

Giorgio Vanin, Italo Guzzon

 

1952-53

Aurelio Andreatta

Aurelio Andreatta (rettore ed economo), Luigi Janeselli (1° cons. e vicario), Giuseppe Fogarollo (2° cons.), Lino Pollazzon (pare anche i PP. Giosué Gazzola e Arcangelo Vendrame, almeno per qualche tempo.

Giorgio Vanin, Italo Guzzon

La casa di Roma-Casilina  dichiarata casa formata il 7-8 agosto 1952.

1953-54

Angelo Guariento

Angelo Guariento (rettore ed economo), Giuseppe Fogarollo (1° cons. e vicario), Riccardo Zardinoni (2° cons.), Angelo Trevisan, Tullio Antonello, Orfeo Mason

Giorgio Vanin, Luigi Di Ricco

 

1954-55

Angelo Guariento

Angelo Guariento (rettore ed economo), Giuseppe Fogarollo (1° cons. e vicario), Riccardo Zardinoni (2° cons.), Angelo Trevisan, Tullio Antonello, Orfeo Mason

Giorgio Vanin, Luigi Di Ricco

 

1955-56

Giuseppe Fogarollo

Giuseppe Fogarollo (rettore e prefetto delle scuole), Guerrino Molon (1° cons. e vicario), Luigi Candiago (economo), Angelo Trevisan (2° cons.), Igino Pagliarin, Marino Scarparo

Giorgio Vanin, Luigi Di Ricco

Augusto Taddei, Angelo Moretti,  Feliciano Ferrari

1956-57

Giuseppe Fogarollo

Giuseppe Fogarollo (rettore e prefetto delle scuole), Alessandro Valeriani (1° cons. e vicario), Luigi Candiago (economo), Angelo Trevisan (2° cons.), Igino Pagliarin, Augusto Taddei, Bruno Lorenzon

Giorgio Vanin, Luigi Di Ricco

Angelo Moretti e Feliciano Ferrari

1957-58

Giuseppe Fogarollo

Giuseppe Fogarollo (rettore e prefetto delle scuole), Alessandro Valeriani (1° cons. e vicario), Luigi Candiago (economo), Angelo Trevisan (2° cons.), Igino Pagliarin, Augusto Taddei, Bruno Lorenzon

Giorgio Vanin, Luigi Di Ricco

Angelo Moretti e Feliciano Ferrari

1958-59

Vittorio Cristelli

Vittorio Cristelli (rettore), Alessandro Valeriani (1° cons. e vicario), Aurelio Andreatta (prefetto delle scuole), Ferruccio Vianello (2° cons.), Angelo Trevisan (economo), Sergio Vio, Nani Sartorio

Giorgio Vanin, Edoardo Bortolamedi

Tre seminaristi propedeutici: Edoardo Ferrari, Giuseppe Francescon e Sergio Busato;

Chierico Feliciano Ferrari

1959-60

Vittorio Cristelli

Vittorio Cristelli (rettore), Alessandro Valeriani (1° cons. e vicario), Aurelio Andreatta (prefetto delle scuole), Ferruccio Vianello (2° cons.), Angelo Trevisan (economo), Sergio Vio

Giorgio Vanin, Edoardo Bortolamedi

Feliciano Ferrari

1960-61

Vittorio Cristelli

Vittorio Cristelli (rettore), Alessandro Valeriani (1° cons. e vicario), Aurelio Andreatta (prefetto delle scuole), Ferruccio Vianello (2° cons.), Angelo Trevisan (economo), Sergio Vio,

Giorgio Vanin, Edoardo Bortolamedi

 

1961-62

Luigi Candiago

Luigi Candiago (rettore), Angelo Pillon (vicario), Alessandro Valeriani, Ferruccio Vianello (2° cons.), Vincenzo Saveri Armando Manente, Marcello Quilici.

  

1962-63

Luigi Candiago

Luigi Candiago (rettore),  Angelo Pillon, Alessandro Valeriani, Ferruccio Vianello, Armando Manente, Marcello Quilici, Vincenzo Saveri

Giusto Larvete

 

1963-64

Luigi Candiago

Luigi Candiago (rettore ed economo per quest’anno), Angelo Pillon (vicario e 1° cons.), Ferruccio Vianello (2° cons.), Valentino Fedel, Armando Manente, Silvano Mason, Vincenzo Saveri

Giusto Larvete

 

1964-65

Guglielmo Incerti

Guglielmo Incerti (rettore), Gioachino Tomasi (1° cons., vicario e economo), Luigi Candiago, Tullio Antonello (2° cons.), Nicola del Mastro

Luigi Gant

 

1965-66

Guglielmo Incerti

Guglielmo Incerti (rettore), Gioachino Tomasi (1° cons., vicario e economo), Luigi Candiago, Tullio Antonello (2° cons.), Marcello Quilici, Giuseppe Leonardi

Luigi Gant

 

1966-67

Guglielmo Incerti

Guglielmo Incerti (rettore), Gioachino Tomasi (1° cons., vicario e economo), Luigi Candiago, Tullio Antonello (2° cons.), Marcello Quilici, Giuseppe Leonardi

Luigi Gant

 

1967-68

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore e prefetto delle scuole), Livio Donati (1° cons. e vicario), Nicola Del Mastro (2° cons.), Tullio Antonello (economo), Diego Beggiao, Arcangelo Vendrame, Giuseppe Leonardi

Luigi Gant

1968-69

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore e prefetto delle scuole), Guglielmo Incerti (1° cons. e vicario, maestro dei chierici), Nicola Del Mastro (2° cons.), Tullio Antonello (economo), Diego Beggiao, Arcangelo Vendrame, Giuseppe Leonardi

 

Chierici propedeutici e teologi (arrivati a Roma da ottobre 1968)

1969-70

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Guglielmo Incerti (1° cons. e vicario, maestro dei chierici), Nicola Del Mastro (2° cons.), Tullio Antonello (economo), Fiorino Basso, Diego Beggiao, Giuseppe Leonardi

Luigi Gant

Chierici proped. e teologi

1970-71

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Arcangelo Vendrame, Tullio Antonello (economo), Fiorino Basso (1° cons., vicario e padre spirituale), Diego Beggiao, Nicola Del Mastro, Giuseppe Leonardi (2° cons. e maestro dei chierici)

Chierici proped. e teologi

1971-72

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Fiorino Basso (1° cons., vicario e padre spirituale), Amedeo Morandi, Diego Beggiao, Nicola Del Mastro, Giuseppe Leonardi (2° cons. e maestro dei chierici), Antonio Armini (vice-maestro chierici), Ottavio Chinello.

Chierici proped. e teologi

1972-73

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Fiorino Basso, Amedeo Morandi, Arcangelo Vendrame, Diego Beggiao, Nicola Del Mastro, Giuseppe Leonardi (2° cons. e maestro dei chierici), Antonio Armini (vice-maestro chierici), Ottavio Chinello,

Chierici teologi

1973-74

Natale Sossai

Natale Sossai (rettore), Arcangelo Vendrame, Fiorino Basso, Amedeo Morandi, Diego Beggiao, Nicola Del Mastro, Giuseppe Leonardi, Antonio Armini (maestro chierici), Ottavio Chinello

Chierici teologi

1974-75

Natale Sossai

Natale Sossai (rettore), Aldo Servini, Arcangelo Vendrame, Fiorino Basso, Amedeo Morandi, Diego Beggiao, Nicola Del Mastro, Antonio Armini (maestro dei chierici e dei novizi), Ottavio Chinello

Chierici teologi. Inoltre:

Novizi: Maurizio Cester e Mario Valcamonica. La casa di Roma diviene per la prima volta casa di noviziato, essendo questo trasferito ufficialmente qui dalla Casa del S. Cuore

1975-76

Natale Sossai

Natale Sossai (rettore), Aldo Servini (padre spirituale), Arcangelo Vendrame, Amedeo Morandi (2° cons. ed economo), Diego Beggiao, Nicola Del Mastro, Antonio Armini (1° cons,, vicario, maestro dei chierici e dei novizi), Tino Comunian

Chierici teologi

1976-77

Natale Sossai

Natale Sossai (rettore), Aldo Servini (padre spirituale), Arcangelo Vendrame, Amedeo Morandi (2° cons. ed economo), Diego Beggiao, Nicola Del Mastro, Antonio Armini (1° cons., vicario, maestro chierici e dei novizi), Tino Comunian

Chierici teologi

1977-78

Natale Sossai

Natale Sossai (rettore), Aldo Servini (padre spirituale), Amedeo Morandi (2° cons. ed economo), Diego Beggiao, Feliciano Ferrari, Nicola Del Mastro, Antonio Armini (1° cons., vicario, maestro dei chierici e dei novizi), Tino Comunian, Luigi Bellin

Chierici teologi

1978-79

Natale Sossai

Natale Sossai (rettore), Aldo Servini (padre spirituale), Amedeo Morandi (2° cons. ed economo), Diego Beggiao, Feliciano Ferrari, Nicola Del Mastro, Antonio Armini (1° cons., vicario, maestro chierici e dei novizi), Tino Comunian

Chierico teologo: Mario Valcamonica

1979-80

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Armando Manente (economo), Fiorino Basso (padre spirituale), Diego Beggiao (2° cons.), Nicola Del Mastro, Antonio Armini, Tino Comunian

Chierico teologo: Mario Valcamonica

1980-81

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Armando Manente (economo), Fiorino Basso (padre spirituale), Diego Beggiao (2° cons.), Nicola Del Mastro, Antonio Armini, Tino Comunian

Chierico teologo: Mario Valcamonica

1981-82

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Armando Manente (economo), Fiorino Basso (padre spirituale), Diego Beggiao (2° cons.), Nicola Del Mastro, Antonio Armini, Tino Comunian

Chierico teologo: Mario Valcamonica

1982-83

Bruno Lorenzon

Bruno Lorenzon (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Armando Manente, Fiorino Basso (padre spirituale), Danilo Baccin, Diego Beggiao (2° cons., economo), Antonio Armini, Franco Cadorin

1983-84

Bruno Lorenzon

Bruno Lorenzon (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Orfeo Mason (maestro dei chierici e dei novizi), Armando Manente (economo), Fiorino Basso (padre spirituale), Danilo Baccin, Diego Beggiao (2° cons.), Antonio Armini (vice maestro dei chierici), Franco Cadorin

Chierici propedeutici o teologi: Loris Fregona, Giuseppe Moni, Sergio Zamperoni

1984-85

Bruno Lorenzon

Giuseppe Francescon (rettore), Giuseppe Colombara, Aldo Servini (1° cons. e vicario), Armando Manente (economo), Fiorino Basso (padre spirituale), Danilo Baccin, Diego Beggiao (2° cons.), Antonio Armini (maestro dei chierici), Franco Cadorin

Chierici propedeutici o teologi: Loris Fregona, Giuseppe Moni, Sergio Zamperoni

1985-86

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Giuseppe Colombara, Armando Manente (economo), Nicola Zecchin, Fiorino Basso (padre spirituale), Danilo Baccin, Diego Beggiao (2° cons.), Antonio Armini (maestro dei chierici), Franco Cadorin

Loris Fregona, Giuseppe Moni, Sergio Zamperoni

1986-87

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Giuseppe Colombara, Armando Manente (economo), Nicola Zecchin (vicemaestro dei chierici), Fiorino Basso (padre spirituale), Danilo Baccin, Diego Beggiao (2° cons.), Antonio Armini (maestro dei chierici), Franco Cadorin

Novizio: Alvise Bellinato

1987-88

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Giuseppe Colombara, Armando Manente (economo), Nicola Zecchin (vicemaestro dei chierici), Fiorino Basso (padre spirituale), Danilo Baccin, Diego Beggiao (2° cons.), Antonio Armini (maestro dei chierici), Franco Cadorin

Studenti Loris Fregona, Valter Fregona, Piva Erminio, Ettore Perale (fratello laico), Sergio Zamperoni, Alvise Bellinato.

1988-89

Franco Cadorin

Franco Cadorin (rettore), Aldo Servini, Gioachino Tomasi, Armando Manente, Fiorino Basso, Danilo Baccin, Diego Beggiao, Antonio Armini (procuratore gen., vice-maestro dei chierici), Luigi Bellin (consigliere generale, maestro dei chierici)

 

1989-90

Franco Cadorin

Franco Cadorin (rettore), Aldo Servini, Gioachino Tomasi, Armando Manente, Fiorino Basso, Danilo Baccin, Diego Beggiao, Antonio Armini (procuratore gen., vice-maestro dei chierici), Luigi Bellin (consigliere generale, maestro dei chierici)

 

1990-91

Franco Cadorin

Franco Cadorin (rettore), Aldo Servini, Gioachino Tomasi, Armando Manente, Danilo Baccin, Diego Beggiao, Antonio Armini (procuratore gen., vice-maestro dei chierici), Luigi Bellin (consigliere generale, maestro dei chierici)

 

1991-92

Antonio Armini

Antonio Armini (Procuratore gen. e rettore), Gioachino Tomasi (1° cons. e vicario), Aldo Servini, Giuseppe Maretto, Armando Manente, Danilo Baccin (cons. gen.), Gianni Masin, Franco Cadorin (Maestro dei seminaristi maggiori)

 

1992-93

Antonio Armini

Antonio Armini (Procuratore gen. e rettore), Gioachino Tomasi (1° cons. e vicario), Aldo Servini, Giuseppe Maretto, Bruno Lorenzon, Armando Manente, Danilo Baccin (cons. gen.), Gianni Masin, Franco Cadorin (Maestro dei seminaristi maggiori)

 

1993-94

Antonio Armini

Antonio Armini (Procuratore gen. e rettore), Gioachino Tomasi (1° cons. e vicario), Aldo Servini, Giuseppe Maretto, Armando Manente, Danilo Baccin (cons. gen.), Gianni Masin, Franco Cadorin (Maestro dei seminaristi maggiori), Antônio Aparecido Villasboas, Edmilson Mendes, Alvise Bellinato

 

1994-95

Luigi Bellin

Luigi Bellin (rettore), Gioacchino Tomasi, Aldo Servini, Giuseppe Maretto, Armando Manente, Diego Beggiao, Danilo Baccin (cons. gen.), Fabio Sandri (parroco), Antônio Aparecido Vilasboas (per studi), Edmilson Mendes (per studi), Luigi Scuttari

P. Fabio Sandri fu immesso parroco (amm. parr.) nella parrocchia dei SS. Marcellino e Pietro ad duas lauros il 30 ottobre 1994.

1995-96

Curia generalizia, trasportata a Roma, sua sede naturale, il 2 febbraio 1997

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Antonio Armini (segretario generale e procuratore generale)

 

NB: era previsto che ci fosse anche l’economo generale, ma questi rimase con sede permanente, anche se non ufficiale, a Venezia, fino all’accessione a questa carica del P. Irani Luiz Tonet nel 2013.

1995-96

Luigi Bellin

Luigi Bellin (rettore), Gioacchino Tomasi, Aldo Servini, Giuseppe Maretto, Armando Manente, Diego Beggiao, Danilo Baccin (cons. gen.), Fabio Sandri (parroco), Antônio Aparecido Vilasboas, Edmilson Mendes, Giuseppe Moni (economo), Luigi Scuttari

 

1996-97

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Antonio Armini (segretario generale e procuratore generale)

  

1996-97

Luigi Bellin

Luigi Bellin (rettore), (Gioacchino Tomasi), Giuseppe Maretto, Armando Manente, Diego Beggiao, Danilo Baccin, Fabio Sandri, Antônio Aparecido Vilasboas, Edmilson Mendes, Luigi Scuttari, e inoltre Alvise Bellinato e José Valdir Siqueira per studi rispettivamente alla LUMSA e alla Gregoriana

LUMSA= Libera Università Maria Santissima Assunta

1997-98

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Antonio Armini (segretario generale e procuratore generale)

 

1997-98

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (vicario generale, rettore e maestro degli studenti), ……

…. Giuseppe Panizzolo, ***

  

1998-99

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Antonio Armini (segretario generale e procuratore generale)

 

1998-99

Giovanni De Biasio

Giovanni De Biasio (vicario generale, rettore e maestro degli studenti), Giuseppe Panizzolo, Danilo Baccin,

….***

….

 

P. Edmilson Mendes (per studi)

  

1999-2000

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Antonio Armini (segretario generale e procuratore generale)

 

1999-2000

 

Antonio Armini (rettore e cons., gen.), Giuseppe Panizzolo, Danilo Baccin, Diego Beggiao (Postulatore gen.), Ottavio Chinello (parroco), Roger Roncallo.

In semin. internazionale, formatori: Alvise Bellinato, Artemio Bandiera.

  

2000-01

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Antonio Armini (segretario generale e procuratore generale)

 

2000-01

Antonio Armini

Antonio Armini (rettore e cons., gen), Giuseppe Panizzolo, Giovanni De Biasio, Diego Beggiao (Postulatore gen.), Danilo Baccin, Ottavio Chinello (parroco), Roger Roncallo.

In semin. Internaz.: Alvise Bellinato, Artemio Bandiera, Luca Scuttari

 

2001-02

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Diego Spadotto (Vicario generale e segretario generale)

 

2001-02

Antonio Armini

Antonio Armini (rettore e cons., gen), Giuseppe Panizzolo, Diego Spadotto (vic. gen), Diego Beggiao (Postulatore gen.), Ottavio Chinello (parroco), Roger Roncallo.

In semin. internaz.: Alvise Bellinato, Artemio Bandiera

 

2002-03

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito e segretario generale); Diego Spadotto (Vicario generale e segretario generale)

 

2002-03

Angelo Moretti

Angelo Moretti (rettore provvisorio per un anno), Natale Sossai, ….***

  

2003-04

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Diego Spadotto (Vicario generale e segretario generale)

  

2003-04

Bruno Lorenzon

Bruno Lorenzon (rettore), Remo Morosin, …..***

 

2004-05

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Diego Spadotto (Vicario generale e segretario generale)

  

2004-05

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Giuseppe Panizzolo, Giovanni De Biasio, Diego Beggiao, Remo Morosin, Ottavio Chinello (Parroco), Pietro Benacchio

 

2005-06

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Diego Spadotto (Vicario generale e segretario generale)

  

2005-06

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), (Giuseppe Panizzolo), Giovanni De Biasio, Diego Beggiao, Remo Morosin, Ottavio Chinello (Parroco), Pietro Benacchio

 

2006-07

Curia generalizia

Pietro Fietta

Pietro Fietta (preposito generale); Diego Spadotto (Vicario generale e segretario generale)

  

2006-07

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Giovanni De Biasio, Diego Beggiao, Remo Morosin, Ottavio Chinello (Parroco), Pietro Benacchio

 

2007-08

Curia

Alvise Bellinato, preposito

Comunità per i servizi generali: Alvise Bellinato Preposito), Pietro Luigi Pennacchi (economo, a Venezia), Diego Spadotto (Segretario), Giovanni De Biasio (Postulatore ) Edmilson Mendes (Consigliere), Martinho Paulus (vice-economo generale e direttore del seminario internazionale)

 

2007-08

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Remo Morosin, Ottavio Chinello (Parroco), Pietro Benacchio

 

2008-09

Curia generalizia

Alvise Bellinato, preposito

Comunità per i servizi generali: Alvise Bellinato Preposito), Pietro Luigi Pennacchi (economo, a Venezia), Diego Spadotto (Segretario), Giovanni De Biasio (Postulatore) Edmilson Mendes (Consigliere) Martinho Paulus (vice-economo generale e superiore delegato per la comunità per i servizi generali)  Dal dicembre 2009 giunge in Italia P. Vandir Santo Freo per assumere l’incarico di maestro del seminario internazionale

Lo statuto della Comunità dei Servizi generali è stato approvato dal preposito, P. Alvise Bellinato, il 28 luglio 2008.

Martinho Paulus, superiore delegato della Comunità per i servizi generali generali, in pratica anche rettore di ciò che resta della casa di Roma.

2008-09

Martinho Paulus

Diego Dogliani (rettore), Nicola Del Mastro, Remo Morosin, Ottavio Chinello (parroco)

seminaristi teologi

2009-10

Curia generalizia

Alvise Bellinato, preposito

Comunità per i servizi generali: Alvise Bellinato Preposito), Pietro Luigi Pennacchi (economo, a Venezia), Diego Spadotto (Segretario), Giovanni De Biasio (Postulatore) Edmilson Mendes (Consigliere generale e parroco dal 13 dicembre 2009).

Vandir Santo Freo, direttore del seminario internazionale, Martinho Paulus

 

2009-10

 

Diego Dogliani , Remo Morosin ***

seminaristi teologi

2010-11

Curia generalizia

Alvise Bellinato, preposito

Comunità per i servizi generali: Alvise Bellinato Preposito), Pietro Luigi Pennacchi (economo), Diego Spadotto (Segretario), Giovanni De Biasio (Postulatore ) Edmilson Mendes (Consigliere e parroco),

Vandir Santo Freo, direttore del seminario internaz.

 

2010-11

Martinho Paulus

Diego Dogliani, Remo Morosin ***

seminaristi teologi

2011-12

Curia generalizia

Alvise Bellinato, preposito

Comunità per i servizi generali: Alvise Bellinato Preposito), Pietro Luigi Pennacchi (economo a Venezia), Diego Spadotto (Segretario), Giovanni De Biasio (Postulatore fino al 23.2.2012) Edmilson Mendes (Consigliere; Postulatore generale omnium causarum dal 23.2.2012); Martinho Paulus (rettore della comunità per i servizi generali.

 

2011-12

Martinho Paulus

Diego Dogliani

seminaristi teologi

2012-13

Curia generalizia

Alvise Bellinato, preposito

Comunità per i servizi generali: Alvise Bellinato Preposito), Pietro Luigi Pennacchi (economo), Diego Spadotto (Segretario), Giovanni De Biasio (Postulatore ) Edmilson Mendes (Consigliere); Martinho Paulus (rettore della comunità per i servizi generali

 

2012-13

Martinho Paulus

Diego Dogliani, Remo Morosin ***

seminaristi teologi

2013-14

Curia generalizia

Piero Fietta

Piero Fietta (preposito), Giuseppe Moni (segretario generale)

 

La “Comunità per i servizi generali” viene sciolta, come tale, cioè con questo nome. Per comodità, comunque qui si manterrà distinta la lista dei membri della curia generalizia da quelli della casa di Roma.

2013-14

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (superiore delegato d’Italia e rettore), Diego Dogliani, Remo Morosin, Edmilson Mendes (parroco), Martinho Paulus in seminario internazionale

seminaristi teologi

2014-15 Curia generalizia

Piero Fietta

Piero Fietta (preposito),

Irani Luiz Tonet (economo generale), Giuseppe Moni (segretario generale)

  

2014-15

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (rettore), Diego Dogliani, Remo Morosin, César Gabriel Quevedo García (per studi), Edmilson Mendes (parroco), Rogério Diesel (in seminario internazionale)

seminaristi teologi e filosofi

2015-16 Curia generale

Piero Fietta

Piero Fietta (preposito), Irani Luiz Tonet (economo generale), Giuseppe Moni (segretario generale)

  

2015-16

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (rettore), Diego Dogliani, Remo Morosin, Edmilson Mendes (parroco), Rogério Diesel (in seminario internazionale)

seminaristi teologi e filosofi

2016-17

Curia generale

Piero Fietta

Piero Fietta (preposito), Irani Luiz Tonet (economo generale), Giuseppe Moni (segretario generale)

  

2016-17

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni, Diego Dogliani, Remo Morosin, Edmilson Mendes (parroco), Rogério Diesel (in seminario internazionale)

seminaristi teologi e filosofi

2017-18 Curia generale

Piero Fietta

Piero Fietta (preposito), Irani Luiz Tonet (economo generale), Giuseppe Moni (segretario generale)

  

2017-18

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (rettore), Diego Dogliani, Remo Morosin, Edmilson Mendes (Parroco), Pietro Benacchio, Rogério Diesel (in seminario internazionale)

seminaristi teologi e filosofi

2018-19

Curia generalizia

Piero Fietta

Piero Fietta (preposito), Irani Luiz Tonet (economo generale), Giuseppe Moni (segretario generale)

 

2018-19

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (rettore), Diego Dogliani, Remo Morosin, Edmilson Mendes (parroco), Pietro Benacchio, Rogério Diesel (in seminario internazionale)

Seminaristi teologi e filosofi

2019-2020

Curia generalizia

Manoel Rosalino Pereira Rosa

Manoel Rosalino Pereira Rosa (preposito generale), Ciro Sicignano, (consigliere generale), Giuseppe Moni (segretario generale).

 

2019-2020

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (direttore), Diego Dogliani, Remo Morosin, Pietro Benacchio, Ciro Sicignano (consigliere generale e parroco), Rogério Diesel (Maestro nel seminario internazionale)

Seminaristi teologi e filosofi

12. L’Istituto Tata Giovanni-Roma (1953)

Nel 1953 l’Istituto ricevette la richiesta di un Mons. Edoardo Malatesta, presidente dell’istituzione educativa e assistenziale di cui si parla, di accettare la direzione dell’orfanotrofio «Tata Giovanni», della Fondazione omonima, a Roma, nel quartiere della Piramide di Caio Cestio alla via delle Mura Ardeatine appena fuori la bella Porta San Paolo. Il capitolo definitoriale del 14-17 luglio 1953 aveva inizialmente rifiutato la proposta e scritto in questo senso al richiedente. Il motivo del rifiuto era stato principalmente il fatto che “l’amministrazione di detta Opera è completamente in mano ad estranei, con tutte le brighe e le conseguenze della burocrazia di simili istituzioni. Inoltre la prova negativa fatta dai Giuseppini, che si sono ritirati, sta a dimostrarne le particolari difficoltà. Inoltre per ora non abbiamo personale disponibile adatto.”. D’altra parte, nel verbale, si lodano vari aspetti positivi dell’Istituto Tata Giovanni: “L’Istituto è gradito ai romani, dispone di una larga cerchia di aderenze presso alte personalità di Roma; il Vicariato gradirebbe che si accettasse, anche per vedere un maggiore sviluppo dell’opera dei Cavanis a Roma. Mons. Ettore Cunial, Arcivescovo, caldeggia la cosa.”. La decisione però sembrava definitivamente presa.

Nei mesi successivi, tuttavia, l’Istituto si vide costretto ad accettare la direzione dell’opera, in qualche modo per via di un vero ricatto. Nel verbale della riunione del capitolo definitoriale del 4 settembre 1953 si trova la seguente relazione: “Il Parroco dei SS. Marcellino e Pietro a Tor Pignattara fece presente in Vicariato che l’Istituto nostro dispone di un notevole tratto di terra in prossimità della Parrocchia e questo potrebbe servire molto allo sviluppo delle opere parrocchiali; inoltre fu segnalata – quale istituzione dannosa alla Parrocchia – l’organizzazione dei nostri Cooperatori della Casa di Roma. Per questo il Cardinale Vicario Clemente Micara, che nel mese di agosto fece di persona, inaspettatamente, una visita al nostro Istituto di Tor Pignattara, avrebbe forse potuto pensare a toglierci in tutto o in parte il terreno, che è di proprietà della S. Sede. Tale pericolo ci fu segnalato anche da Sua Ecc. Mons. Ettore Cunial Vice-Gerente della Diocesi di Roma. Egli insistette molto perché la Congregazione nostra facesse almeno mostra di assumere la direzione dell’Istituto Tata Giovanni, tanto caro ai Romani e al Cardinale Vicario.

Dopo lungo e minuzioso esame della questione, il Definitorio credette opportuno di accettare la direzione del suddetto Istituto in via di esperimento, per due anni, alle seguenti condizioni:

  1. Che l’amministrazione dell’Istituto Tata Giovanni s’impegni a stipendiare un professore laico che dovrà supplire nell’insegnamento il P. Aurelio Andreatta, proposto per la direzione dell’orfanotrofio.
  2. Che i Padri abbiano i mezzi di sussistenza convenienti.
  3. Che venga stipulata una regolare convenzione tra le due parti.

I particolari della convenzione saranno fissati dal Preposito col P. Aurelio Andreatta e l’Autorità competente.

La decisione viene sottoposta alla votazione che dà questo risultato: quattro voti favorevoli e uno contrario.” Insomma, il dado era tratto, volenti o nolenti, e l’Istituto Cavanis aveva ormai due case a Roma.

Il “Tata Giovanni”, cioè “Papà Giovanni” era un Istituto di educazione, più esattamente un orfanotrofio, dipendente da una fondazione antica e caratteristica della città di Roma. I ragazzi, per lo più orfani di famiglie popolari, erano chiamati i dialetto romanesco i “Callarelli”, perché all’origine dell’Istituzione, il mastro muratore, uomo caritatevole Giovanni Borgi (Roma, 18 febbraio 17321798), detto appunto in dialetto romanesco “Tata Giovanni”, andava in giro per Roma con un “callaro” ossia una caldaia o grossa marmitta, a raccogliere cibo per i suoi assistiti, e preparava sulla via o in una piazza della grandi zuppe o minestroni per questi affamati ragazzi e bambini di strada. Giovanni Borgi in seguito passò ad accogliere a casa sua e in casa di parenti i suoi ragazzi, a nutrirli, educarli, e ad avviarli a un lavoro che potesse mantenerli onestamente e così toglierli dalla strada.

La sede dell’istituto caritatevole, chiamato anticamente l’Ospizio della Ss. Assunta, comunemente detto di Tatagiovanni o di Tata Giovanni”, all’inizio consisteva nella stessa casa di Giovanni Borgi, ma fu trasferita prima al palazzo Ruggia e poi varie volte in altre sedi durante la sua storia, e all’istituzione originale furono aggregate progressivamente altre istituzioni minori. La sua sede dal centro di Roma passò infine nel 1926 fuori Porta S. Paolo, all’indirizzo indicato sopra, in un nuovo edificio, di tipica architettura razionalista, propria di quegli anni, in mattoni e travertino, con annessi una sala di proiezione – poi affittata e trasformata in cinema pubblico – cortili e campi sportivi. L’Istituto disponeva anche della concessione di un tratto di spiaggia a Torvajanica, sul mare Tirreno, dove i “callarelli” vivevano ogni anno d’estate una bella esperienza di colonia di vacanze al mare.

Il Tata Giovanni fu la sede della seconda casa dell’Istituto nella capitale d’Italia. Si trattava di un’opera senza dubbio confacente al carisma e allo spirito dell’Istituto e generazioni di padri Cavanis vi lavorarono con passione, imparando a vivere 24 ore su 24 con dei bambini e ragazzi veramente poveri e miseri, soprattutto nei primi anni, ancora nel dopoguerra.

Nella riunione del capitolo definitoriale del 24-25 giugno 1956, si decise di mantenere la presenza e di rinnovare l’impegno al Tata Giovanni, anche se la convenzione di tre anni era scaduta. Una nuova convenzione, con varianti rispetto alle precedenti, fu varata e approvata sul finire del 1962.

I Cavanis vi rimasero una ventina d’anni. Per molti padri Cavanis, incluso questo autore, la permanenza o almeno un anno di apprendistato al Tata Giovanni, soprattutto durante gli studi presso le università romane, fu un’esperienza non facile, ma forte e ricca di formazione alla misericordia, all’umanità, all’amore della gioventù e dell’infanzia carente. Per altri religiosi Cavanis più maturi la permanenza al Tata Giovanni fu un impegno pluriannuale estremamente conforme allo spirito dell’Istituto. L’opera dell’Istituto Cavanis si limitava alla direzione (interna) dell’orfanotrofio e all’educazione umana, cristiana e civile dei ragazzi. Per la scuola (elementare [classi quarta e quinta] e media inferiore) questi frequentavano la scuola statale Edmondo de Amicis, mentre al pomeriggio l’istituto si organizzava per il doposcuola. Secondo la convenzione con l’amministrazione dell’opera, l’Istituto Cavanis doveva provvedere alla presenza di tre religiosi: un direttore, un vice-direttore con funzione di assistente alla disciplina, un padre spirituale. Per la convenzione vigente, spettava alla Direzione (cioè ai padri) ammettere e dimettere gli alunni; una volta ammessi e iscritti, entrava l’Amministrazione per gli aspetti amministrativi.

Alcuni giovani contrattati dalla fondazione svolgevano l’assistenza notturna nei dormitori, ed erano chiamati “istitutori”, in numero di cinque. I religiosi Cavanis si impegnavano nell’assistenza diurna. Le Suore, che appartenevano alla congregazione delle Sorelle dell’Immacolata di Miramare di Rimini, si occupavano della direzione dell’aspetto logistico (direzione del personale logistico, cucina, refettorio, guardaroba, pulizie, infermeria), ed esse avevano pure una convenzione con l’amministrazione dell’opera. La convenzione prevedeva la presenza di cinque suore: una direttrice, una addetta alla cucina, una addetta alla dispensa, una addetta al guardaroba, una addetta all’infermeria. Da notare che il lavoro effettivo di cucina, refettorio, guardaroba, pulizie era svolto da personale inserviente, ragazze contrattate dall’opera e fortemente controllate dalle suore.

L’amministrazione dell’Istituto era condotta dagli uffici amministrativi della fondazione, i cui membri (laici) erano nominati in parte dalla Prefettura di Roma e in parte dal Vicariato. Tale situazione non era sempre molto comoda, imponeva dei limiti e portava a volte a contrasti, ma si riusciva a collaborare. Gli enti che assistevano i ragazzi erano la Regione Lazio, la Provincia di Roma, la Croce Rossa Italiana, l’Ente Nazionale per la protezione morale del fanciullo per i figli dei carcerati, e altri enti privati.

Indimenticabile la figura del Prof. Alessandro Jacoacci, un laico, militare di professione ma pensionato, che si dedicava con passione, del tutto gratuitamente, a molti degli aspetti dell’attività sportiva e ricreativa dei ragazzi, assieme ai più giovani dei religiosi Cavanis presenti nell’Istituto. Fu un caro amico dei padri impegnati nell’opera.

I bambini e ragazzi (solo maschi) sono descritti così nel 1973: “I ragazzi assistiti, circa un centinaio, sono orfani di padre o di madre o mancanti di entrambi i genitori – figli di ragazze madri – figli di famiglie povere – di famiglie dissestate – figli di divorziati – ragazzi disadattati. Non vengono accettati i caratteriali, perché sono casi che richiedono personale specializzato e cure che l’Istituto non può offrire”.

Questa casa, assieme a quella di Torpignattara, servì tra l’altro di base e spesso di ambiente di prima nomina dopo l’ordinazione presbiterale per giovani padri Cavanis inviati a studiare teologia a Roma, per ottenervi gradi accademici, soprattutto la licenza in teologia e in seguito trasformarla, da parte di alcuni, grazie a una convenzione tra la santa Sede e il ministero dell’educazione italiano, in “equipollenza”, ossia in un titolo che permetteva di insegnare validamente Lettere nelle scuole medie. Fu anche, per questi padri, un’ambiente di apprendistato dell’opera di educazione della gioventù, certamente non facile ma prezioso, tra ragazzi per lo più molto poveri, orfani o abbandonati. La vita in quell’istituto molto romano, si direbbe “romanaccio”, sia pure per qualche anno, permetteva inoltre ai giovani preti di uscire dall’ambiente piuttosto limitato (soprattutto ancora a quel tempo) del Veneto e di Venezia, e di respirare il clima tutto particolare di Roma e quello internazionale delle università ecclesiastiche romane.

Per i giovani padri Cavanis che passavano dall’ambiente allora molto segregato e ultra protetto del seminario dell’Istituto a Venezia al Tata Giovanni, spesso si trattava anche di un’esperienza di shock, perché i dintorni di quell’istituto – il quartiere delle Terme di Caracalla – e anche la stessa via delle Mura Ardeatine (della anche Viale della Porta Ardeatina), dove l’Istituto Tata aveva in suo ingresso principale, erano una zona di meretricio all’aperto.

Il Tata Giovanni, negli anni ’70 servì anche come base logistica (e, in parte, del personale) per il lavoro di classificazione, inventariazione, fotocopiatura ecc. degli scritti dei Fondatori, che fino al 1969 erano stati conservati alla (Sacra) Congregazione dei Riti (poi del Culto dei Santi), in vista del processo di beatificazione dei Fondatori. Per alcuni anni i documenti, restituiti dalla S. Sede alla congregazione , rimasero nella casa del Tata, prima di essere trasferiti alla loro sede naturale, cioè all’Archivio Storico (AICV) a Venezia.

Fu istituita anche una “Sottocommissione per lo studio degli scritti dei Fondatori e dei documenti dell’Archivio”, parte della “Commissione per l’aggiornamento e rinnovamento della Congregazione”. Tale sottocommissione era così composta nel settembre 1967, all’inizio del mandato del P. Orfeo Mason: 1. P. Vincenzo Saveri; 2. P. Federico Sottopietra; 3. P. Aldo Servini; 4. P. Ugo Del Debbio. I primi due abitavano appunto al Tata Giovanni; P. Servini per numerosi anni; P. Federico per il tempo necessario per la riproduzione fotostatica dei documenti dei Fondatori.

Il 1973-74 fu un anno di gravi difficoltà tra i religiosi Cavanis impegnati al Tata (e particolarmente il rettore) e i ragazzi, e inoltre con la segreteria, con la scuola statale Edmondo De Amicis che occupava una parte dell’edificio del Tata, ma in cui i padri non avevano accesso neanche per insegnare Religione; e ancora c’erano difficoltà (come anche in passato del resto) tra padri e suore. Bisogna anche notare che, nel frattempo, i tempi e i costumi erano cambiati e che, se un convitto tipo orfanotrofio poteva essere una soluzione per ragazzi e giovani orfani e le loro famiglie nel dopoguerra, ciò non sembrava più possibile negli anni ’70. Tutti i convitti del resto si trovavano in via di chiudere. Con ragazzi come quelli del Tata, spesso in situazione familiare e personale difficile, la situazione stava diventando già da qualche anno realmente problematica.

È però interessante osservare che la comunità del Tata Giovanni, costituita di padri Riccardo Zardinoni (rettore), Aldo Servini e Giancarlo Tittoto, nella relazione del 30 luglio 1973 chiedeva al preposito che la congregazione assumesse con maggiore impegno quell’opera pia, e in particolare chiedevano che i padre sostituissero la sezione della scuola statale in cui studiavano i ragazzi del Tata, con una scuola cattolica, propria, dove si potesse impartire ai “Callarelli” una istruzione e educazione veramente cristiana. Le cose tuttavia sarebbero andate in modo diverso.

Nel marzo 1974 il preposito p. Orfeo Mason, con il consenso del suo consiglio scrisse all’amministrazione del Tata Giovanni dichiarando che l’istituto Cavanis aveva l’intenzione di ritirarsi dalla direzione di quell’istituto. Ci fu un carteggio dal quale risultò che non era possibile intendersi con l’amministrazione della pia istituzione. Il 27 aprile 1974 il preposito, propose al consiglio il ritiro dal Tata, e questa proposta fu approvata all’unanimità dai consiglieri generali. I religiosi Cavanis lasciarono l’Istituto Tata Giovanni nell’autunno di quell’anno, il 1974. Dall’Istituto dei “Callarelli” era uscito un prezioso religioso Cavanis, Aldo Menghi, un “romano de Roma”, di via Merulana, che divenne fratello laico e poi diacono, e di cui parleremo lungamente nella sua biografia.

L’Istituto Tata Giovanni come tale, del resto, fu chiuso pochi anni più tardi dal comune di Roma, nel clima di chiusura di tutti i convitti e orfanotrofi proprio di quegli anni. Attualmente sembra che l’edificio sia adibito a scuola privata, un liceo, a quanto pare mantenuto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, e tale scuola mantiene il nome di Istituto SS.ma Assunta detto del Tata Giovanni e Opera Pia De Angelis, sebbene il carattere sia del tutto differente dal carattere storico dell’Istituzione.

Nel modesto archivio di quattro buste relativa all’Istituto Tata Giovanni, raccolto e conservato durante i 21 anni di direzione dei Cavanis, non si trovano purtroppo diari (solo poche pagine di diario del passaggio 1970-71) della vita della comunità e dell’opera, ma soltanto corrispondenza con la curia generalizia, tra cui notiziari e fascicoli relativi al capitolo generale straordinario speciale; 18 verbali (soltanto) di riunioni di comunità dal 1962 al 1974; una rubrica di indirizzi e telefoni; registri delle messe; un libro di protocollo del periodo 1970-73, con ben poche lettere registrate; e molte carte amministrative.

Anno scolastico

(Pro-)rettore

Preti

Fratelli laici e osservaz.

Seminaristi e osservazioni

1953-54

Aurelio Andreatta

Aurelio Andreatta (pro-rettore), Armando Manente, Giosuè (Giuseppe) Gazzola

 

1954-55

Aurelio Andreatta

Aurelio Andreatta (pro-rettore), Armando Manente, Giosuè (Giuseppe) Gazzola

 

1955-56

Gioacchino Sighel

Gioacchino Sighel (pro-rettore), Giuseppe Cortellezzi (cons. e vicario), Ermenegildo Zanon, Mayer Pietro, Giosuè Giuseppe Gazzola, Francesco Dal Favero

 

1956-57

Gioacchino Sighel

Gioacchino Sighel (pro-rettore), Giuseppe Cortellezzi (cons. e vicario), Ermenegildo Zanon, Mayer Pietro, Francesco Dal Favero

 

1957-58

Gioacchino Sighel

Gioacchino Sighel (pro-rettore), Giuseppe Cortellezzi (cons. e vicario), Ermenegildo Zanon, (Mayer Pietro), Francesco Dal Favero

 

1958-59

Luigi Candiago

Luigi Candiago (pro-rettore), Giuseppe Cortellezzi (cons. e vicario), Diego Beggiao, Angelo Moretti

 

1959-60

Luigi Candiago

Luigi Candiago (pro-rettore), Giuseppe Cortellezzi (cons. e vicario), Diego Beggiao, Angelo Moretti

 

1960-61

Luigi Candiago

Luigi Candiago (pro-rettore), Giuseppe Cortellezzi (cons. e vicario), Francesco Dal Favero, Diego Beggiao, Angelo Moretti

 

1961-62

Fiorino Basso

Fiorino Basso (rettore), Giuseppe Cortelezzi (vicario e economo), Raffaele Pozzobon, Nicola Del Mastro.

 

1962-63

Fiorino Basso

Fiorino Basso (rettore), Giuseppe Cortelezzi, Angelo Zaniolo, Nicola Del Mastro.

 

1963-64

Fiorino Basso

Fiorino Basso (direttore), Giuseppe Cortelezzi, Francesco Giusti, Nicola Del Mastro

 

1964-65

Fiorino Basso

Fiorino Basso (direttore), Giuseppe Cortelezzi, Luigi Rito Cosmo, (Francesco Giusti), Giuseppe Leonardi

Giusti prob. è stato assegnato qui e poi cambiato, ma in quell’anno non c’era.

1965-66

Fiorino Basso

Fiorino Basso (direttore), Vincenzo Saveri, Diego Beggiao, Giancarlo Tittoto

 

1966-67

Fiorino Basso

Fiorino Basso (direttore), Vincenzo Saveri, Diego Beggiao, Giancarlo Tittoto, Remo Morosin

 

1967-68

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore, economo e prefetto delle scuole), Vincenzo Saveri (1° cons. e vicario), Fernando Fietta (2° cons.). P. Federico Sottopietra

 

1968-69

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore, economo), Vincenzo Saveri (1° cons. e vicario), Marcello Quilici (2° cons.). Federico Sottopietra, Giancarlo Tittoto

 

1969-70

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore, economo), Vincenzo Saveri (1° cons. e vicario), Giancarlo Tittoto, Giuseppe Viani

 

1970-71

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Giancarlo Tittoto, Gianni Masin (2° cons.)

 

1971-72

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Giancarlo Tittoto, Gianni Masin (2° cons.)

 

1972-73

Riccardo Zardinoni

Riccardo Zardinoni (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Giancarlo Tittoto, Gianni Masin (2° cons.)

 

1973-74

Franco Degan

Franco Degan (rettore), Aldo Servini (1° cons. e vicario), Giancarlo Tittoto, Gianni Masin

La casa del Tata Giovanni viene chiusa (o meglio, i padri si ritirano dalla sua direzione e la lasciano) il 27 aprile 1974.

DATE MEMORANDE NELLA STORIA
DELL’ISTITUTO TATA GIOVANNI

1732 — Nascita di Giovanni Borgi.

1784 — Tata Giovanni raccoglie i primi fanciulli nella sua umile casa in Via dei Cartari.

1786 — Dalla Via dei Cartari Tata Giovanni coi suoi “figli” si trasferisce al Palazzo Ruggia in Via Giulia.

1798 — Morte di Giovanni Borgi. Gli orfani passano nella casa degli Agostiniani a San Nicola da Tolentino.

1800 — Gli orfani si trasferiscono alla casa presso San Silvestro al Quirinale, e poi presso S. Agata dei Goti.

1809 — Gli alunni si trasferiscono al Palazzo Ravenna all’Esquilino.

1812 — Fusione dell’Ospizio di Tata Giovanni con quello di Tata Francesco fondato da Francesco Cervetti sotto il nome di “Ospizio della Santissima Assunta detto di Tata Giovanni”.

1816 — L’Ospizio si trasferisce nella sede di S. Anna dei Falegnami.

1817 — Giovanni Maria Mastai Ferretti [più tardi papa Pio IX] viene nominato Direttore dell’Ospizio.

1819 — Giovanni Maria Mastai Ferretti, ordinato Sacerdote, celebra la Prima Messa nella Chiesa dell’Ospizio.

1821 — Rescritto di Pio VII con cui l’Ospizio viene eretto canonicamente in Ente Giuridico.

1831 — Apposizione della lapide alla tomba di Tata Giovanni nella Chiesa di San Nicola degli Incoronati.

1846 — L’ex-Direttore dell’Ospizio Card. Mastai Ferretti viene eletto Papa ed assume il nome di Pio IX.

1869 — Pio IX, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua Prima Messa, ritorna all’Ospizio e vi trascorre un’intera giornata.

1884 — L’Ospizio celebra la ricorrenza del primo centenario della sua fondazione.

1887 — L’Ospizio si trasferisce al Palazzo Righetti in Piazza del Biscione.

1888 — Approvazione Reale dello Statuto Organico dell’Ospizio.

1904 — Apposizione di una lapide commemorativa dei defunti Direttori Persiani e Fratellini.

1909 — L’Istituto celebra la ricorrenza del 125° anniversario della sua fondazione.

1926 — Trasferimento dell’Istituto alla sede del Viale di Porta Ardeatina.

1928 — Si attua nell’Istituto un’importante riforma scolastica con la quale si provvede a dare agli alunni un completo e moderno insegnamento tecnico-professionale.

1928 — Solenne inaugurazione della lapide-ricordo degli ex-alunni caduti nella guerra 1915-1918.

1932 — Celebrazione della ricorrenza bicentenaria della nascita di Giovanni Borgi.

1933 — La direzione interna dell’Istituto viene affidata ai Padri Giuseppini del Murialdo.

1934 — Solenne celebrazione del centocinquantesimo anniversario della fondazione dell’Istituto.

1940 — Viene inaugurata la nuova ala di fabbricato aggiunta al vecchio edificio della sede del Viale di Porta Ardeatina.

13. La casa di Capezzano Pianore (1953)

Per l’apertura e gli inizi della casa di Capezzano Pianore, si vedano vari dettagli anche nel capitolo sulla casa di Porcari, di cui all’inizio questa casa era una filiale. Alcune cose possono essere tuttavia riportate utilmente anche qui.

Si può considerare il 5 agosto 1953 la data di fondazione della casa e della scuola secondaria di indirizzo scientifico “Marianum Cavanis” di Capezzano Pianore (Lucca, Toscana), nella villa che era stata il Palazzo ducale e parco, già appartenuti al principe Roberto di Borbone. La casata dei Borbone-Parma si era ritirata in questo splendido ambiente della Versilia e vi aveva costruito nel 1881, al lato della via Sarzanese, il suo palazzo, in stile detto neo-rinascimentale toscano, in vista del Mar Tirreno, circa due decenni dopo che la famiglia aveva perduto il ducato di Parma a seguito dei plebisciti successivi alla II guerra d’indipendenza italiana (1859-1860).

Il palazzo con il suo grande parco e i poderi annessi, acquistati in modo molto conveniente per un’occasione, doveva servire come nuova sede del liceo scientifico, trasferito dalla casa di Porcari a Capezzano Pianore in questa occasione; la nuova casa fu acquistata con il denaro ottenuto dalla vendita della fattoria di Padule e di altre fattorie, proprietà della casa dei Porcari. In questo palazzo era nata (tra l’altro) il 2 maggio 1892 la principessa (italiana, in qualche senso, ma ella non si considerava tale; viveva poi alle Pianore, da ragazza, più che altro d’inverno)  Zita di Borbone-Parma, che andò sposa (1911) al granduca austriaco che sarebbe poi divenuto Carlo I d’Austria e/o d’Asburgo, ultimo e sfortunato imperatore dell’impero Austro-ungarico, subentrato al prozio, l’imperatore Francesco Giuseppe, durante la prima guerra mondiale, più esattamente il 21 novembre 1916.

Prima della costruzione del palazzo Borbone, la Casa Savoia aveva costruito una piccola villa detta, dal nome della prima proprietaria, Villa di Maria Teresa di Savoia, moglie di Carlo Lodovico di Borbone, duca di Parma, nonna del duca Roberto.

Il nome di “Marianum” dato al nuovo istituto scolastico dipende anche dal fatto che, al momento dell’acquisto della proprietà e dell’inizio del liceo, si era alla vigilia del primo anno mariano annunciato e proclamato nella Chiesa cattolica per l’imminente 1954.

Sarà utile trascrivere qui il verbale della riunione del capitolo definitoriale del 3 novembre 1952, nel quale si descrive il dibattito e la decisione di acquistare l’immobile e di aprire detta casa di Capezzano Pianore.”

“Dopo le preci di rito, si è trattato dell’acquisto della Villa e tenuta “Le Pianore” di Capezzano (Camaiore), di proprietà del Principe Felice di Lussemburgo. Alla prima parte della seduta è presente anche il P. Vincenzo Saveri, che espone ai Capitolari tutte le notizie riguardanti l’acquisto. Legge una lettera del fattore del Principe Sig. Ferruccio Geminiani, padre di un ex-alunno del Collegio, colla quale informa la Direzione che la suddetta Villa è in vendita. Espone tutte le relazioni avute coll’Amministratore del Principe, Avv. Tesi di Pistoia, e col Principe stesso; chiarisce il ritardo subito nelle trattative per un equivoco tra il Preposito e l’Avv. Tesi; fa presente l’interessamento e le premure di Mons. Zanini presso il Principe per il suddetto acquisto. La Comunità di Porcari ha espresso il suo voto favorevole per l’acquisto e si è obbligata per tre anni a fare una giornata mariana espiatoria preceduta da digiuno, in caso che l’affare si concluda. Inoltre si propone di propagare la devozione al Cuore Immacolato di Maria.

La suddetta proprietà comprende una Villa principale, in ottime condizioni, con diversi altri edifici, di cui tre comunicano con la Villa stessa. Questi edifici sono situati in un magnifico parco di circa nove ettari; attorno al parco ci sono quattro fattorie con ventitre ettari di terreno, di cui gran parte è costituita di oliveto con rendimento di circa settanta quintali di olio; un vantaggio notevole è dato dalla vendita delle canne di bambù.

La proprietà è gravata da alcuni livelli, che tuttavia possono essere estinti dietro versamento di somma conveniente.

Il prezzo richiesto è di ottanta milioni di lire, da pagarsi in due rate: la prima di circa trenta milioni nel fare il compromesso, la seconda all’atto del contratto di acquisto.

La Comunità religiosa di Porcari intende pagare il debito con la vendita del terreno del Cinquale di Montignoso, stimato circa 15 milioni; colla vendita del terreno del Padule posto sotto l’autostrada ed eventualmente col resto del terreno del Padule stesso; inoltre si ricorrerà a prestito di privati e di banche e si terrà fiducia particolare nella Divina Provvidenza. Gli arcivescovi di Lucca e di Pisa sono favorevoli alla detta fondazione.

Le ragioni che spingono la Congregazione a detto acquisto sono molte e gravi: l’ambiente dell’Istituto di Porcari è insufficiente a contenere le Scuole Medie e il Liceo Scientifico e ragioni morali consigliano a tenere separati gli alunni di questi corsi di scuola; inoltre esiste sempre la minaccia della lebbra, che potrebbe far chiudere, più per il panico che per altro, l’Istituto stesso e certo ne diminuisce le iscrizioni e il prestigio.

Dopo l’ampia esposizione il P. Vincenzo Saveri si ritira. Il P. Mansueto Janeselli e il P. Gioacchino Tomasi [che erano consiglieri generali], che sono a piena conoscenza delle cose, confermano e spiegano largamente le ragioni che inducono all’acquisto del suddetto terreno.

Rimane sempre la difficoltà della questione scolastica: il liceo scientifico, che ha i primi quattro corsi parificati, potrebbe perdere la parificazione (sic) per il trasferimento in altro comune. Ad ogni modo si farà di tutto perché ciò non avvenga, valendosi di diverse persone e soprattutto della questione sanitaria sopra accennata. Letta la regola 224, si viene alla votazione: l’acquisto è approvato con quattro voti favorevoli.-” Il liceo ebbe successo e si espanse.

Nel 1965 la comunità di Capezzano chiese e il capitolo definitoriale del 13 aprile 1965 concesse di costruire un’ala nuova per le scuole, dato che l’ambiente lussuoso e costituito da ambienti molto grandi del palazzo detto ducale non erano molto adatti come ambienti scolastici (classi, refettori, camerate e così via. Da notare poi che le camere dei padri, situate nella villa Savoia, nucleo originale e più antico del complesso, erano estremamente povere e spoglie di tutto, e rimasero così fino alla fine dell’attività della casa. Il progetto per la nuova ala comprendeva refettori, sale di ricreazione, cappella, aule scolastiche e camere per gli studenti.

Scopriamo che, in questa difficile situazione economica, la costruzione della nuova ala era proceduta per tappe: “Le approvazioni [da parte del capitolo definitoriale] per la costruzione della nuova ala del Liceo di Capezzano Pianore hanno quindi seguito queste tappe:

1965, apr.: approvato il grezzo £. 45.000.000

1965, ago. 30: approvato I piano e riscaldamento £. 16.000.000

1965, sett. 14: approvato il pianterreno £. 10.000.000

_________________________

Tot.£. 71.000.000

(…) Accettato l’invito della S. Sede di non contrarre altri debiti presso Banche, la Casa di Capezzano penserà al disimpegno de propri obblighi con il prestito (annuale) ottenuto dalle case di Possagno e di Chioggia”.

Nella relazione del preposito P. Giuseppe Panizzolo al 25° capitolo generale del 1967 si apprende che “…si ravvisò l’opportunità e l’utilità di sostituire l’ala occidentale, fatiscente per il tempo e mancante dei servizi più elementari, con una nuova di cinque piani, di cui soltanto due finiti: il pianoterra ed il primo piano. Furono realizzati in tal modo ambienti necessari all’organizzazione di una collettività e ad una maggiore formazione educativa dei giovani sui 15-20 anni: una cappella, un refettorio, una sala di ricreazione, aule di studio più confacenti; il che permise di aumentare il numero degli interni dai 95/100 del 1961 ai 135/140 dell’anno scolastico da poco concluso”.

La costruzione di quest’ala avrebbe senza dubbio avuto maggiore utilità se fosse stata costruita separatamente, staccata dall’ala monumentale del palazzo ducale o borbonico; infatti il legame strutturale tra un edificio storico, di puro prestigio, e un edificio moderno funzionale, rese e rende più tardi praticamente impossibile la vendita del complesso edificio, quando il collegio e la scuola terminarono la loro funzione per il cambiamento della situazione ambientale.

L’8 agosto 1968 il preposito con il suo consiglio autorizza, dopo altre richieste, la casa di Capezzano di sistemare il 2° piano del nuovo edificio, che era ancora al grezzo. L’edificio risulta completamente finito e pronto all’uso in tutte le sue parti nel gennaio 1970. Il controllo per la dichiarazione di abitabilità si opera però l’11 marzo 1971; i convittori si sono istallati nelle nuove camerette il 21 gennaio 1971. Il costo dell’opera intera era stata di 180 milioni di lire più accessori (?). Il 28 agosto 1972 cominciano i lavori per asfaltare un’area per i campi di tennis, pallavolo e pallacanestro. Il 20 novembre 1972 si dà di via al riscaldamento ad aria calda della palestra.

Il diario succitato (in nota) della casa di Capezzano riporta un episodio interessante e triste in data 2 maggio 1971: in questa data si chiudeva la vacatio legis relativa alle nuove Costituzioni, preparate e decise durante il capitolo speciale del 1969-70 e promulgate l’8 dicembre 1970 dal preposito, con il suo consiglio; ed esse entravano in vigore nella data di fondazione dell’Opera Cavanis. Ebbene, nella cappella della comunità di Capezzano Pianore, al momento di rinnovare i voti pubblicamente, secondo l’usanza, sulla base di tali costituzioni, ben 4 religiosi su 12 uscirono dalla cappella. Il diario dice: “Si allontanano in questo momento quattro confratelli, che evidentemente vogliono dimostrare il loro dissenso. Sono: P. [Vincenzo] Saveri, P. Lino Janeselli, P. Turetta [Antonio], P. [Angelo] Guariento.” A Capezzano in quel momento era riunito un buon numero dei dissenzienti; nelle altre comunità italiane della congregazione il numero dei dissenzienti era stato ben minore, e si trattava piuttosto di religiosi isolati. A Capezzano, la cosa si ripetè anche l’anno successivo, al 2 maggio 1972.

Ogni anno, nel mese di settembre, dal 1970 in poi. si trova nel diario della casa di Capezzano Pianore l’annotazione critica sulla diminuzione degli allievi e particolarmente dei convittori rispetto all’anno precedente. Il 20 gennaio 1973 si organizza un incontro di ex-allievi, con risultato deludente. Si accenna allo spirito di indipendenza e di desiderio di libertà dei giovani. Non si capiva ancora che l’epoca dei convitti stava terminando e che le scuole statali, comprese le secondarie superiori, si stavano moltiplicando, anche nei centri minori.

Nell’autunno 1982 si rifanno obbligatoriamente le cucine del collegio, come risulta dal diario, all’inizio del mandato del P. Gianni Masin. Gli studenti in quel momento sono circa 90, un numero bassissimo, per mantenere in funzione una struttura così vasta e complessa. La comunità infatti, dalle pagine del diario, nell’ottobre 1982, risulta in grassi problemi di disavanzo economico. Al 26 novembre 1982 il debito o deficit è di 23 milioni di lire. Anche per questo, comunica il diario citato, la curia generalizia sta gradualmente vendendo alcune delle fattorie che fanno parte del complesso della Villa delle Pianore.

Dopo dibattiti durati alcuni anni, la casa di Capezzano Pianore, anche su suggerimento del preposito e del consiglio, ma con pieno accordo della comunità, chiuse il convitto (alla fine dell’anni scolastico 1981-82) e continuò ad esistere come scuola esterna, mista questa volta, mentre la sezione provvista di camere e di refettorio/cucina è adattata a casa di ferie. La conduzione di questa casa fu protratta per parecchi anni, con varie difficoltà e poco successo, anche per la distanza dal mare e dalle spiagge. Si cominciò allora a pensare a chiudere l’attività e la casa stessa.

Nel 1984-85 i ragazzi e ragazze sono 80. La scuola opera ora anche con forme sperimentali, cioè con piani di studio parzialmente differenti da quelli tipici; ma a norma di legge, con approvazione da parte del provveditorato; tra l’altro, da un anno c’erano corsi di informatica, allora una assoluta novità. Nel 1985-87 gli sudenti risultano in forte crescita, con 147 iscritti, e nel 1987-88 addirittura 197 (122 ragazzi e 75 ragazze).

Per quanto riguarda il liceo, gradualmente i professori laici sostituirono quasi del tutto i professori religiosi; tradizionalmente i laici erano stati due o tre; nel 1985 sono 9, mentre i padri insegnanti sono 5, come risulta dal diario succitato, al 12 settembre di quell’anno. Del resto, la stessa cosa in quegli anni accadeva in tutte le case italiane.

In questo periodo di passaggio, per la scuola si utilizzava quasi esclusivamente l’ala nuova; che a sua volta, all’inizio nel periodo estivo, durante le vacanze, e poi, chiusa la scuola, durante tutto l’anno, si utilizzava come casa di ferie, adattando e migliorando le camere dei convittori.

La parte storica, “borbonica”, era affittata a volte per i pranzi di matrimonio o per altre feste, convegni e attività comunali, cioè del comune di Camaiore e di altri enti; con i relativi problemi di messa a norma (molte volte difficile o impossibile in questo tipo di ambiente) e difficoltà di carattere fiscale.

Negli anni ’90 questo settore storico fu affittato in blocco per qualche tempo alla cosiddetta “Università di economia, finanza, e management, European School of Economics”, con inaugurazione della sede nella casa di Capezzano avvenuta il 29 ottobre 1995. L’università che, ovviamente, avendo una sola facoltà, non poteva essere definita una università, si rivelò una “bufala”, una delle tante “fabbriche di diplomi”; oltre al resto l’istituto Cavanis ebbe molta difficoltà a farsi versare le somme periodiche pattuite per l’utilizzo degli ambienti e l’iniziativa finì in processo.

Nell’anno scolastico 1999-2000 non si aprono le iscrizioni per le classi prime del liceo scientifico di questa casa.

Verso la fine del 2003, la Curia generalizia notò la difficoltà della Provincia Italiana a concludere la prevista chiusura della casa, e incarica allora P. Pietro Luigi Pennacchi, economo generale, “per affrontare il problema, sempre in sintonia con il proprio Consiglio Generale e il Consiglio provinciale”.

La casa tuttavia viene definitivamente chiusa ad ogni attività alla fine dell’anno 2009-10, essendo ultimo rettore, per un anno e simbolicamente, P. Pietro Benacchio, che però era parroco a Piano di Mommio e Piano di Conca e non risiedeva a Capezzano. In quest’ultimo anno, ancora simbolicamente, l’insieme della casa di Capezzano e le piccole parrocchie associate (per lo più parrocchie ad personam) riceve il nome formale di “Famiglia religiosa toscana”. In seguito le parrocchie associate furono abbandonate dalla congregazione, oppure, come nel caso di S. Gennaro, il parroco morì in un doloroso incidente e la congregazione non rinnovò l’impegno con la diocesi; oppure ancora, il parroco lasciò la congregazione. È il caso della parrocchia di Massaciuccoli. Fu una conclusione abbastanza desolante, una morte lenta per una casa che aveva avuto una grande vitalità nei suoi anni gloriosi e “ducali”.

Intanto si cercava la possibilità di alienare l’edificio, teoricamente di grande valore finanziario; purtroppo, da un lato alcuni aspetti giuridici (la questione della “Georgica”), dall’altro la struttura estremamente composita dell’edificio mastodontico, in parte monumentale e neo-rinascimentale, in parte moderno, hanno reso impossibile fino ad oggi (2020) tale alienazione. La proprietà, con l’abbandono di fatto, decade.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici e osservaz.

1953-54

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri

1954-55

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri

1955-56

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri (rettore e prefetto delle scuole), Mario Janeselli (1° cons. e vicario), Valentino Fedel, Angelo Sighel, Francesco Rizzardo (2° cons.), Francesco Del Favero, Armando Manente (economo), Nani Sartorio

Olivo Bertelli

1956-57

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri (rettore e prefetto delle scuole), Mario Janeselli (1° cons. e vicario), Valentino Fedel, Angelo Sighel, Francesco Rizzardo (2° cons.), Francesco Del Favero, Armando Manente (economo), Nani Sartorio, Armando Soldera, Marino Scarparo

Olivo Bertelli

1957-58

Vincenzo Saveri

Vincenzo Saveri (rettore e prefetto delle scuole), Mario Janeselli (1° cons. e vicario), Valentino Fedel, Angelo Sighel, Francesco Rizzardo (2° cons.), Francesco Del Favero, Armando Manente (economo), Nani Sartorio, Armando Soldera, Marino Scarparo

Olivo Bertelli

1958-59

Andrea Galbussera

Andrea Galbussera (rettore e prefetto delle scuole), Mario Janeselli (1° cons. e vicario), Valentino Fedel, Angelo Sighel, Guido Cognolato, Francesco Rizzardo (2° cons. e vicario), Armando Manente (economo), Giosuè Gazzola, Vittorio Di Cesare, Francesco Giusti, Danilo Baccin

Olivo Bertelli

1959-60

Andrea Galbussera

Andrea Galbussera (rettore e prefetto delle scuole), Mario Janeselli (1° cons. e vicario), Angelo Sighel, Guido Cognolato, Francesco Rizzardo (2° cons. e vicario), Armando Manente (economo), Giovanni De Biasio, Giosuè Gazzola, Vittorio Di Cesare, Francesco Giusti, Danilo Baccin

Olivo Bertelli

1960-61

Andrea Galbussera

Andrea Galbussera (rettore e prefetto delle scuole), Mario Janeselli (1° cons. e vicario), Valentino Fedel, Angelo Sighel, Guido Cognolato, Francesco Rizzardo (2° cons. e vicario), Armando Manente (economo), Giosuè Gazzola, Vittorio Di Cesare, Francesco Giusti, Danilo Baccin

???

1961-62

Andrea Galbussera

Andrea Galbussera (rettore e prefetto delle scuole), Antonio Turetta (1° cons. e vicario), Giuseppe Colombara (2° cons.), Luigi Sighel (economo), Mario Janeselli, Angelo Sighel, Francesco Rizzardo, Giosuè Gazzola, Lino Carlin

???

1962-63

Andrea Galbussera

Andrea Galbussera (rettore), Antonio Turetta (Vicario, 1° cons.), Mario Janeselli, Angelo Sighel, Luigi Sighel (econ.), Francesco Rizzardo, Giuseppe Colombara (2° cons.), Giosuè Gazzola, Mauro Verger, Lino Carlin.

Giorgio Vanin, Edoardo Bartolamedi

1963-64

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Gioacchino Sighel (1° cons. e vicario), Mario Janeselli, Aldo Servini, Guido Cognolato, Luigi Sighel (economo), Giuseppe Colombara (2° cons.), Giosuè Gazzola, Mauro Verger, Lino Carlin

Giorgio Vanin, Luigi Di Ricco

1964-65

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Gioacchino Sighel (1° cons. e vicario), Mario Janeselli, Guido Cognolato, Luigi Sighel (economo), Giuseppe Colombara (2° cons.), Giosuè Gazzola, Mauro Verger, Lino Carlin

Giorgio Vanin, Luigi Di Ricco

1965-66

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Gioacchino Sighel (1° cons. e vicario), Guido Cognolato, Luigi Sighel (economo), Aldo Servini, Lino Carlin, Marcello Quilici, Silvano Mason

Giorgio Vanin?

1966-67

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Gioacchino Sighel (1° cons. e vicario), Guido Cognolato, Luigi Sighel (economo), Aldo Servini, Lino Carlin, Silvano Mason

Giorgio Vanin?

1967-68

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore e prefetto delle scuole), Gioacchino Sighel (1° cons. e vicario), Aldo Servini (2° cons.), Lino Carlin (economo), Mario Janeselli Vittorio Cristelli, Giuseppe Fogarollo, Raffaele Pozzobon, Giulio Avi, Ferdinando Fietta

Giorgio Vanin, Giuseppe Corazza

1968-69

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Gioacchino Sighel (1° cons. e vicario), Aldo Servini (2° cons.), Lino Carlin (economo), Mario Janeselli, Vittorio Cristelli, Giuseppe Fogarollo, Raffaele Pozzobon, Giulio Avi, Ferdinando Fietta

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1969-70

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Gioacchino Sighel (1° cons. e vicario), Aldo Servini (2° cons.), Lino Carlin (economo), Mario Janeselli, Lino Janeseli, Vittorio Cristelli, Giuseppe Fogarollo, Raffaele Pozzobon, Giulio Avi, Ferdinando Fietta

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1970-71

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Mario Janeselli, Lino Janeselli, Gioachino Tomasi (2° cons. e padre spirituale), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta, iAngelo Guariento, Giuseppe Fogarollo (1° cons. e vicario), Raffaele Pozzobon, Mario Zendron, Lino Carlin (economo)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1971-72

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Mario Janeselli, Vincenzo Saveri, Lino Janeselli, Gioachino Tomasi (2° cons. e padre spirituale), Antonio Turetta, Angelo Guariento, Giuseppe Fogarollo (1° cons. e vicario), Raffaele Pozzobon, Mario Zendron, Lino Carlin (economo)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1972-73

Valentino Pozzobon

Valentino Pozzobon (rettore), Vincenzo Saveri, Gioachino Tomasi, Alessandro Valeriani, Giuseppe Fogarollo, Giosuè Gazzola, Mario Zendron, Lino Carlin

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1973-74

Giosuè Gazzola

Giosuè Gazzola (rettore), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta, Alessandro Valeriani, Giuseppe Fogarollo, Valentino Pozzobon, Armando Manente, Mario Zendron

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1974-75

Giosuè Gazzola

Giosuè Gazzola (rettore), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta, Giuseppe Fogarollo, Valentino Pozzobon, Armando Manente, Mario Zendron, Emilio Gianola

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1975-76

Giosuè Gazzola

Giosuè Gazzola (rettore), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta (economo), Giuseppe Fogarollo (1° cons. e vicario e padre spirituale), Valentino Pozzobon, Armando Manente, Armando Soldera, Mario Zendron, Emilio Gianola, Franco Cadorin (2° cons.)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1976-77

Giosuè Gazzola

Giosuè Gazzola (rettore), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta (economo), Giuseppe Fogarollo (1° cons. e vicario e padre spirituale), (Raffaele Pozzobon?) Armando Manente, Franco Cadorin (2° cons.)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1977-78

Giosuè Gazzola

Giosuè Gazzola (rettore), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta (economo), Giuseppe Fogarollo (1° cons. e vicario e padre spirituale), Armando Manente, Armando Soldera, Angelo Moretti, Franco Cadorin (2° cons.)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete, Edoardo Bartolamedi

1978-79

Giosuè Gazzola

Giosuè Gazzola (rettore), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta (economo), Giuseppe Fogarollo (1° cons. e vicario e padre spirituale), Armando Manente, Armando Soldera, Angelo Moretti, Franco Cadorin (2° cons.)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1979-80

Angelo Moretti

Angelo Moretti (rettore), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta, Primo Zoppas, Armando Soldera (1° cons., vicario e padre spirituale), Mario Zendron, Giuseppe Francescon (economo), Ferdinando Fietta, Franco Cadorin (2° cons.)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1980-81

Angelo Moretti

Angelo Moretti (rettore), Vincenzo Saveri, Antonio Turetta, Primo Zoppas, Armando Soldera (1° cons., vicario e padre spirituale), Mario Zendron, Giuseppe Francescon (economo), Ferdinando Fietta, Franco Cadorin (2° cons.)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1981-82

Angelo Moretti

Angelo Moretti (rettore), Antonio Turetta, Primo Zoppas, Armando Soldera (1° cons., vicario e padre spirituale), Mario Zendron, Giuseppe Francescon (economo), Ferdinando Fietta, Franco Cadorin (2° cons.)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

Alla fine del 1981-82 viene chiuso il convitto.

1982-83

Gianni Masin

Gianni Masin (rettore), Antonio Turetta, Giuseppe Panizzolo (1° cons. e vicario), Armando Soldera, Mario Zendron, Lino Carlin (Econ.), Bruno Consani (2° cons.)

Giorgio Vanin, Giusto Larvete

1983-84

Gianni Masin

Gianni Masin (rettore), Antonio Turetta, Giuseppe Panizzolo (1° cons. e vicario), Armando Soldera, Lino Carlin, Giulio Avi, Bruno Consani (2° cons.)

 

1984-85

Gianni Masin

Gianni Masin (rettore), Antonio Turetta, Giuseppe Panizzolo, Armando Soldera, Lino Carlin, Giulio Avi, Bruno Consani

Roberto Feller

1985-86

Gianni Masin

Gianni Masin (rettore), Antonio Turetta, Luigi Toninato (economo), Armando Soldera, Giulio Avi, Bruno Consani, Nicola Del Mastro

Roberto Feller

1986-87

Gianni Masin

Gianni Masin (rettore), Antonio Turetta, Luigi Toninato  (economo), Armando Soldera, Giulio Avi, Bruno Consani, Nicola Del Mastro

Roberto Feller

1987-88

Gianni Masin

Gianni Masin (rettore), Antonio Turetta, Luigi Toninato (economo), Armando Soldera, Bruno Consani, Nicola Del Mastro

Roberto Feller

1988-89

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Antonio Turetta, Luigi Toninato (economo), Armando Soldera (segretario), Vittorio Di Cesare (Prefetto delle Scuole), Bruno Consani (2° cons.), Nicola Del Mastro (1° cons. e vicario)

Roberto Feller

1989-90

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Antonio Turetta, Luigi Toninato, Armando Soldera, Bruno Consani, Nicola Del Mastro

Roberto Feller

1990-91

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Antonio Turetta, Luigi Toninato, Armando Soldera, Bruno Consani, Nicola Del Mastro

Roberto Feller,

Luigi Gant

1991-92

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Antonio Turetta, Giuseppe Colombara, Armando Soldera, Luigi Toninato, Mario Zendron, Bruno Consani, Nicola Del Mastro

Luigi Gant

1992-93

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Antonio Turetta, Armando Soldera, Luigi Toninato, Mario Zendron, Bruno Consani, Nicola Del Mastro

Luigi Gant

1993-94

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Antonio Turetta, Armando Soldera, Mario Zendron, Bruno Consani, Nicola Del Mastro, Loris Fregona

Luigi Gant

1994-95

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Armando Soldera, Mario Zendron, Bruno Consani, Nicola Del Mastro, Franco Cadorin, Giuseppe Moni (Qualche mese)

Luigi Gant

1995-96

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Armando Soldera, Mario Zendron, Bruno Consani, Nicola Del Mastro, Franco Cadorin

Luigi Gant

1996-97

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Armando Soldera, Mario Zendron, Bruno Consani, Nicola Del Mastro, Franco Cadorin

Luigi Gant

1997-98

Diego Dogliani

Diego Dogliani (rettore), Giuseppe Colombara, Armando Soldera, (Luigi Toninato?), Mario Zendron, Bruno Consani, Nicola Del Mastro

Luigi Gant

1998-99

***

***

Luigi Gant

1999-2000

Remo Morosin

Remo Morosin (rettore di Capezzano e Porcari), Armando Soldera, Bruno Consani, Nicola Del Mastro.

Luigi Gant

La casa di Capezzano è unita a quella di Porcari

2000-01

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Armando Soldera, Bruno Consani, Nicola Del Mastro (Parroco a S. Lucia), Franco Cadorin (parroco a Massaciuccoli, LU)

2001-02

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (rettore), Armando Soldera, Bruno Consani, Nicola Del Mastro (tra l’altro Parroco a S. Lucia), Franco Cadorin (parroco a Massaciuccoli, LU)

 

2002-03

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (Rettore), Enrico Franchin?, Rito Luigi Cosmo, Armando Soldera, Amedeo Morandi, Bruno Consani, Nicola Del Mastro, Franco Cadorin (Parroco)

 

2002-04

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (Rettore), Enrico Franchin?, Rito Luigi Cosmo, Armando Soldera, Amedeo Morandi, Bruno Consani, Nicola Del Mastro, Franco Cadorin (Parroco)

 

2004-05

Franco Cadorin

Franco Cadorin (rettore e parroco a Massaciuccoli), Enrico Franchin, Armando Soldera, Artemio Bandiera, Amedeo Morandi (parroco), Bruno Consani

 

2005-06

Franco Cadorin

Franco Cadorin (rettore e parroco a Massaciuccoli), (Armando Soldera), Bruno Consani

Armando Soldera già a Pozzuoli?

2006-07

Franco Cadorin

Franco Cadorin (rettore e parroco a Massaciuccoli), Bruno Consani

 

2007-08

Luciano Bisquola

Luciano Bisquola (rettore), Arcangelo Vendrame, Bruno Consani

 

2008-09

Pietro Benacchio (rettore famiglia religiosa della Toscana)

Pietro Benacchio (rettore), Arcangelo Vendrame, Bruno Consani, Franco Cadorin

 

2009-2010

Pietro Benacchio (rettore)

Pietro Benacchio (rettore “Famiglia religiosa della Toscana”, e parroco a Piano di Conca e Piano di Mommio e lì residente), Arcangelo Vendrame (cappellano delle suore S. Nome), Bruno Consani, Franco Cadorin (parroco a Massaciuccoli, a regime di indulto)

P. Nicola Del Mastro risulta anche qui a Capezzano Pianore, ma anche a Possagno Canova, in circolari del provinciale.

La casa deve considerarsi chiusa da questa data.

2010-2011

Pietro Benacchio (rettore)

Pietro Benacchio (rettore della “Famiglia religiosa toscana”, ma parroco a Piano di Conca e Piano di Mommio), Arcangelo Vendrame

Tuttavia se ne parla ancora , solo per le parrocchie di Piano di Conca e Piano di Mommio nel secondo semestre del 2011.

2011-12

Pietro Benacchio (rettore)

Pietro Benacchio (rettore “Famiglia religiosa toscana”, ma parroco a Piano di Conca e Piano di Mommio), Arcangelo Vendrame, Luciano Bisquola

 

2012-13

Pietro Benacchio (rettore)

Pietro Benacchio (rettore “Famiglia religiosa toscana”, ma parroco a Piano di Conca e Piano di Mommio), Arcangelo Vendrame

 

2013-14

Pietro Benacchio

Pietro Benacchio (rettore “Famiglia religiosa toscana”, ma parroco a Piano di Conca e Piano di Mommio), Arcangelo Vendrame

 

14. La casa di Chioggia (1954)

La seconda metà del 1953 e i primi otto mesi del 1954 sono occupati ampiamente, nelle sedute del capitolo definitoriale, come si è visto, dalla questione dell’accettazione della proposta di Mons. Piasentini, vescovo di Chioggia (Venezia), di aprire una casa dell’Istituto con una scuola professionale. Si compiono varie ispezioni sul luogo e si effettuano vari dibattiti in capitolo definitoriale e un notevole carteggio con il vescovo, già congregato dell’Istituto. L’Istituto era senza dubbio interessato alla proposta del vescovo e all’apertura di una scuola, anche se alcuni religiosi si dicevano contrari al carattere professionale della stessa, essendo essi incatenati da una visione ristretta della scuola come scuola classica, di carattere umanistico, forse dimentichi dell’apertura da parte dei fondatori di una scuola di lavoro (che era soprattutto una scuola di lavoro di tipografia) nel 1808.

In particolare si discute su importanti dettagli di carattere giuridico e amministrativo; soprattutto sulla proprietà dell’immobile, che il vescovo voleva cedere (e cederà) soltanto in modo condizionale, troppo svantaggioso per l’Istituto.

Nel verbale del capitolo definitoriale del 17 luglio 1954 si parla dell’istituzione della casa di Chioggia, in cui i padri si occuperebbero di fondare, e fondarono di fatto e condussero fino ad oggi (2020), una scuola professionale, dal titolo di “Maria Immacolata”:

“FONDAZIONE DELLA CASA DI CHOGGIA.

Il Vescovo di Chioggia, Mons. Giovanni Battista Piasentini, ha rivolto al Preposito domanda per la fondazione di una Casa nella sua Diocesi. Il suddetto Vescovo cederebbe all’Istituto, per un periodo di 30 [anni?], uno stabile per aprire una Scuola di addestramento professionale; il Ministero del Lavoro vi concorre per l’attrezzatura e per il pagamento degli insegnanti.

Il Definitorio è favorevole in generale a tale fondazione, dopo l’impegno morale espresso nel Capitolo definitoriale del luglio 1953; ma si esige come base fondamentale delle trattative che lo stabile sia ceduto in perpetuo all’Istituto. Qualora l’Istituto volontariamente si ritirasse, lo stabile ritornerebbe alla Diocesi, dietro indennizzo per gli ampliamenti fatti; il materiale poi acquistato dall’Istituto sarebbe di proprietà dell’Istituto stesso. Si domanda ancora che sia assicurato il vitto alla Comunità e che si specifichi in quali forme. Il Preposito comunicherà a S.E. Mons. Piasentini le richieste del Definitorio.” Tale cessione in questa forma, desiderata e proposta dalla congregazione, non fu poi mai concretizzata on documento formale dal vescovo Piasentini e dai successori, fino al 2020.

Nello verbale del capitolo definitoriale del 24 luglio 1954 si parla in dettaglio dell’apertura della casa di Chioggia:

“Il Preposito apre la discussione sulla fondazione di detta Casa colla lettura di una lettera di Mons. Piasentini, Vescovo di Chioggia, nella quale si risponde alle difficoltà, esposte dal Definitorio nel precedente Capitolo, riguardo al mantenimento della Comunità religiosa. Il Vescovo assicura che il vitto è convenientemente provvisto dal contributo del Ministero al personale direttivo e insegnante. Assicura inoltre la cessione della proprietà dello stabile all’Istituto, come era stato chiesto. La Scuola sarà consegnata con l’attrezzatura necessaria e la Comunità religiosa avrà la casa convenientemente arredata.

Il Preposito ha fatto presente al Vescovo che qualora cessasse il sussidio ministeriale l’Istituto si riterrebbe autorizzato a ridurre i corsi di scuola e a istituire un internato pur continuando a prestare la propria opera per gli esterni. Afferma inoltre che i Padri addetti al Corso di addestramento professionale potrebbero facilmente ottenere diplomi di insegnamento e sostituire almeno in parte gli istruttori laici.

La Pontificia Commissione di Assistenza fornisce un pasto giornaliero a tutti gli alunni.

Il P. Mansueto fa presente che alcuni Padri sono contrari a detta fondazione, in seguito specialmente alla chiusura dell’Istituto Dolomiti di Borca. Si risponde che le facoltà del Definitorio non possono essere limitate dagli apprezzamenti non sempre equi di qualche religioso.

Prima di passare alla votazione si stabilisce che, qualora questa sia favorevole alla suddetta fondazione, venga stipulata col Vescovo di Chioggia una convenzione su queste basi:

  1. che l’Istituto abbia la proprietà dello stabile; e ciò risulti da documento notarile o anche da documento privato omologato dalla S.Sede;
  2. che sia permesso ridurre i corsi e istituire un internato, qualora l’Istituto si trovi in difficoltà per il mantenimento dei religiosi;
  3. che macchinari, attrezzi, mobili e quant’altro provveduti dall’Istituto restino di proprietà dell’Istituto stesso qualora questo si ritirasse.


Risultato della votazione: quattro voti favorevoli alla fondazione ed uno contrario.

Si accetta così la fondazione di una Scuola di addestramento professionale a Chioggia. I documenti devono essere a posto prima dell’inizio dell’opera.”

Vale la pena di leggere quasi integralmente il verbale della riunione del capitolo definitoriale del 3 giugno 1955, che si riproduce quasi integralmente qui sotto; ma, per chi voglia approfondire, sia a scopo teorico che a scopo pratico, è importante leggere i carteggi tra vescovo e preposito.

Dopo i preliminari, il verbale dice: “In precedenza al Capitolo, il Preposito aveva mandato ai Definitori una copia delle condizioni proposte alla nostra Congregazione dal donante Mons. Giovanni Battista Piasentini, vescovo di Chioggia.

Il P. Aurelio Andreatta in una lettera giustificò la sua assenza: non poteva allontanarsi da Roma perchè in quei giorni prendeva possesso il nuovo Presidente dell’amministrazione dell’Istituto Tata Giovanni. Però egli espresse il suo parere: trova gravosa per l’Istituto la proposta dell’atto di donazione segnata con la lettera f. “Qualora l’Istituto Cavanis” ecc. ed esige un contro freno a favore dell’Istituto Cavanis – Il Preposito propone come contro freno la seguente aggiunta (f – 2): “Qualora dovesse intervenire sentenza di risoluzione della presente donazione l’Istituto Cavanis potrà reclamare i suoi diritti soltanto sulle costruzioni che eventualmente avrà fatto e sul macchinario e attrezzature che l’Istituto avrà procurato con mezzi propri”.

Il P. Tomasi osserva che questa aggiunta, assai opportuna per l’Istituto, non sarà mai accettata dal donante, perchè il “casus belli” potrebbe essere facilmente provocato dall’Istituto e così il donante sarebbe messo nella necessità di pagare somme senza limite come indenizzo dei lavori fatti.

Egli presenta un’altra proposta: che l’Istituto Cavanis in avvenire possa riscattare la detta donazione, se credesse opportuno, pagando lo stabile col valore della moneta corrente in ragione del suo costo al momento della consegna, restando poi libero di usare dell’ambiente a bene della gioventù secondo le tradizioni della Congregazione.

Il Preposito e il P. D’Ambrosi non sono persuasi dell’utilità di tale proposta.

Il P. Mansueto in una lettera al Preposito dichiara di non intervenire al Capitolo perchè prevede che non si sentirà di aderire a quanto deciderà lo stesso Capitolo- Darebbe il suo voto favorevole a detta fondazione qualora “si arrivasse al completo possesso dello stabile e dello scoperto senza alcun onere per il futuro, alla totale indipendenza e libertà dai Vescovi e Clero di Chioggia presenti e futuri, col solo onere di far funzionare una scuola professionale” (Parole tratte dalla lettera indirizzata al Preposito).

Il Preposito, quanto prima, presenterà a Mons. Giovanni Battista Piasentini le modifiche, proposte dai Definitori, all’atto di donazione dello stabile di Chioggia.”

Il 7 settembre 1954 infine, dopo un rush impressionante per riuscire in così poco tempo ad adattare gli ambienti alquanto cadenti, a comperare attrezzi e macchinario e a contattare e contrattare gli istruttori, si apre la casa Cavanis di Chioggia sotto la direzione dell’attivissimo P. Livio Donati e comincia l’attività di formazione professionale per portare i giovani della zona al conseguimento di un lavoro qualificato. L’attività predominante in quella bellissima città lagunare era la piccola pesca, che soffriva allora di un periodo di crisi. Gradualmente la scuola professionale si apre anche all’ampio spazio, pure depresso economicamente, del Polesine.

Il 21 novembre 1954 nel giorno dedicato alla memoria della presentazione al tempio della Vergine Maria, il centro di formazione professionale fu benedetto e poi inaugurato ufficialmente a Chioggia e affidato al nostro istituto dal vescovo diocesano mons. Giovanni Battista Piasentini. Venne denominato “Centro professionale Maria Immacolata.”

Interessante leggere la relazione presentata da P. Livio Donati alla fine dell’anno scolastico 1957-58 al Preposito. Vi appaiono alcuni elementi tipici di quella casa e perduranti fino ad oggi: le difficoltà a ricevere i fondi del finanziamento pubblico (ministeriale a quel tempo), che arrivavano a spizzico ed in grande ritardo, ad aprile e maggio in quell’anno); la necessità allora che l’istituto di Chioggia disponga di un “capitale di giro” che permetta di far fronte nei primi mesi dell’anno scolastico alla mancanza di denaro; le questioni sindacali con gli istruttori e altri dipendenti, in un corpo docente ben più sindicalizzato della media degli altri istituti Cavanis; la tensione tra il ministero dell’Istruzione e il ministero del Lavoro a proposito dei Centri professionali; l’ottimismo e la passione del P. Livio Donati e degli altri religiosi presenti a Chioggia; la necessità di amore e di pazienza in favore dei ragazzi di Chioggia e del Polesine, molto spesso poveri, basicamente ignoranti, molto abbandonati e bisognosi di aiuto, di comprensione, di una passione di veri Padri.

È del 4 febbraio 1959 un’interessante lettera della comunità di Chioggia al preposito e suo consiglio, che propone l’istituzione di un probandato specifico per i fratelli laici, soprattutto per la formazione di religiosi di questa categoria preparati per essere istruttori o aiuto-istruttori nella scuola professionale di Chioggia e in altre analoghe che si potessero più tardi aprire. La lettera è firmata da tutti i membri della comunità.

Nello stesso periodo la casa di Chioggia chiede al capitolo definitoriale e ottiene di comprare un negozio a Milano, per cominciare a formarsi un suo proprio patrimonio. La domanda è accolta dal capitolo stesso.

La relazione del preposito P. Panizzolo al 25° capitolo generale del 1967 ci informa su ulteriori passi nell’organizzazione di questa casa: “… fu restaurato il reparto riservato alla comuntà, fu fatta una cappellina interna, si dovete rifare una buona parte del tetto e delle terrazze, fu costruita la nuova sede per il corso di Televisione, furono acquistati diversi macchinari e due pulmans (sic) usati per il trasporto degli alunni”.

Dall’inizio degli anni ’90 (1993) si è visto opportuno istituire una “Fondazione Cavanis” di Chioggia, con il suo presidente, che è stato all’inizio P. Giuseppe Leonardi per due anni, prima di essere trasferito in Congo, e il consiglio di amministrazione. La Fondazione ha lo scopo di mantenere i rapporti tra la congregazione, ente gestore, la Regione Veneto, il personale; ha una sua autonomia, la sua partita IVA e controlla tra l’altro il capitale di giro necessario per pagare gli stipendi al personale nei mesi in cui -periodicamente e costantemente- la regione non lo versa in modo tempestivo. Il presidente attuale è il dott. Alberto Baradel. Attualmente (2017) e da vari anni tutti i membri del consiglio di amministrazione sono laici.

Il 9 maggio 2004, la comunità e la scuola Cavanis di Chioggia e tutti gli amici e ex-allievi ricordarono e celebrarono i 50 anni di fondazione dell’Istituto.

Il 2 giugno 2004 fu inaugurato dopo una fase di parziale rifacimento e restauro, il ponte detto “ponte longo” che unisce il complesso insulare della città di Chioggia (Venezia) al continente verso sud-sud-est. Gli fu dato, per decisione della città di Chioggia, del suo sindaco e del consiglio comunale di “Ponte Antonio e Marco Cavanis”, anche perché si trova adiacente all’Istituto professionale Maria Immacolata dei Padri Cavanis. Le targhe marmoree alle estremità del ponte portano appunto il nome dei Venerabili fratelli. All’inaugurazione erano naturalmente presenti il sindaco di Chioggia Fortunato Guarnieri, vari consiglieri comunali tra cui il prof. Giuliano Boscolo Agostini, allora dirigente scolastico del nostro istituto clodiense, che era stato promotore dell’iniziativa. Questo professore fu il primo dirigente laico della nostra scuola professionale clodiense, e ha svolto in modo ammirevole la sua attività. Dopo di lui vi fu una serie di dirigenti scolastici che si sono succeduti con poca continuità.

La casa di Chioggia ha sempre avuto un gruppo di ex-allievi molto forte e molto attaccato all’Istituto.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici e osservaz.

Seminaristi

1953-54

Livio Donati (pro-rettore)

Livio Donati (pro-rettore), Lino Janeselli, Luigi Cosmo, Mario Merotto, Narciso Bastianon

Luigi Gant

NB: è probabile che P. Narciso Bastianon fosse a Chioggia come segretario del vescovo Mons. Piasentini.

 

1954-55

Livio Donati

Livio Donati (rettore), Lino Janeselli, Luigi Cosmo, Mario Merotto, Narciso Bastianon (segret. del vescovo)

Luigi Gant

 

1955-56

Livio Donati

Livio Donati (rettore e prefetto delle scuole), Lino Janeselli (1° cons. e vicario), Armando Soldera, Luigi Toninato, Luigi Rito Cosmo (economo), Mario Merotto (2° cons.), Franco Degan (segret, del vescovo)

Luigi Gant

 

1956-57

Livio Donati

Livio Donati (rettore e prefetto delle scuole), Lino Janeselli (1° cons. e vicario), Luigi Toninato, Luigi Rito Cosmo (economo), Mario Merotto (2° cons.), Sergio vio, Arcangelo Vendrame, Franco Degan (segret, del vescovo)

Luigi Gant

chierico Rocco Tomei

1957-58

Livio Donati

Livio Donati (rettore e prefetto delle scuole), Lino Janeselli (1° cons. e vicario), Luigi Toninato, Luigi Rito Cosmo (economo), Mario Merotto (2° cons.), Arcangelo Vendrame, Franco Degan (segret, del vescovo)

Luigi Gant

 

1958-59

Livio Donati

Livio Donati (rettore e prefetto delle scuole), Lino Janeselli (1° cons. e vicario), Marco Cipolat, Luigi Rito Cosmo (economo), Mario Merotto (2° cons.), Franco Degan (segret. del vescovo), Bruno Lorenzon, Raffaele Pozzobon

Luigi Gant

 

1959-60

Livio Donati

Livio Donati (rettore e prefetto delle scuole), Lino Janeselli (1° cons. e vicario), Marco Cipolat (2° cons.), Luigi Rito Cosmo (economo), Franco Degan (segret. del vescovo), Bruno Lorenzon, Raffaele Pozzobon

Luigi Gant

 

1960-61

Livio Donati

Livio Donati (rettore e prefetto delle scuole), Lino Janeselli (1° cons. e vicario), Marco Cipolat (2° cons.), Luigi Rito Cosmo (economo), Franco Degan (segret. del vescovo), Bruno Lorenzon, Luigi Toninato, Raffaele Pozzobon, Diego Beggiao (segret. del vescovo), Rocco Tomei

Luigi Gant

 

1961-62

Francesco Dal Favero

Francesco Dal Favero (rettore), Lino Janeselli (vicario), Marco Cipolat (2° cons.), Luigi Rito Cosmo (econ.), Luigi Toninato, Bruno Lorenzon, Siro Marchet, Rocco Tomei,

Diego Beggiao (segret. del Vescovo)

  

1962-63

Francesco Dal Favero

Francesco Dal Favero (rettore), Lino Janeselli (vicario, 1° cons.), Marco Cipolat (2° cons.), Giuseppe Pagnacco (econ. e 2° cons.), Luigi Toninato, Bruno Lorenzon, Siro Marchet, Emilio Gianola, Diego Beggiao (segret. del Vescovo)

Adelino Canuto

 

1963-64

Francesco Dal Favero 

Francesco Dal Favero (rettore), Lino Janeselli (vicario, 1° cons.), Marco Cipolat (2° cons.), Giuseppe Pagnacco (econ. e 2° cons.), Luigi Toninato, Bruno Lorenzon, Siro Marchet, Emilio Gianola, Diego Beggiao (segret. del Vescovo)

  

1964-65

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore), Lino Janeselli (vicario, 1° cons.), Angelo Pilon, Giuseppe Cortelezzi (economo), Bruno Lorenzon (2° cons.), Rocco Tomei, Emilio Gianola, Fernando Fietta, Diego Beggiao (segret. del Vescovo)

Guerrino Zacchello

 

1965-66

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore), Lino Janeselli (vicario, 1° cons.), Giuseppe Cortelezzi (economo), Giosuè Gazzola (2° cons.), Rocco Tomei, Emilio Gianola, Raffaele Pozzobon, Giuseppe Francescon (segret. del Vescovo)

???

 

1966-67

Angelo Zaniolo

Angelo Zaniolo (rettore), Lino Janeselli (vicario, 1° cons.), Giuseppe Cortelezzi (economo), Giosuè Gazzola (2° cons.), Rocco Tomei, Emilio Gianola, Raffaele Pozzobon, Giuseppe Francescon (segret. del Vescovo)

  

1967-68

Guerrino Molon

Guerrino Molon (rettore e prefetto delle scuole), Giuseppe Cortelezzi (1° cons., vic. ed economo), Rocco Tomei (2° cons.), ……

  

1968-69

Guerrino Molon

Guerrino Molon (rettore), Giuseppe Cortelezzi (1° cons., vic. ed economo), Rocco Tomei (2° cons.),

Lino Janeselli, Marino Scarparo

Guerrino Zacchello

 

1969-70

Guerrino Molon

Guerrino Molon (rettore), Giuseppe Cortelezzi (1° cons., vic. ed economo), Rocco Tomei (2° cons.),

Marino Scarparo, Gianni Masin

Guerrino Zacchello

 

1970-71

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Luigi Rito Cosmo (1° cons. e vicario, economo e padre spirituale), Marino Scarparo, Emilio Gianola (2° cons.),

Guerrino Zacchello

 

1971-72

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Luigi Rito Cosmo (1° cons. e vicario, economo e padre spirituale), Marino Scarparo, Emilio Gianola (2° cons.),

Guerrino Zacchello

 

1972-73

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Lino Janeselli, Luigi Rito Cosmo (1° cons. e vicario, economo e padre spirituale), Marino Scarparo, Ermenegildo Zanon, Rocco Tomei, Emilio Gianola (2° cons.),

Guerrino Zacchello

 

1973-74

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Lino Janeselli, Ermenegildo Zanon, Luigi Rito Cosmo, Marino Scarparo, Ermenegildo Zanon, Emilio Gianola

Guerrino Zacchello

 

1974-75

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Lino Janeselli, (Ermenegildo Zanon,?) Luigi Rito Cosmo, Marino Scarparo, Giuseppe Viani, Luciano Bisquola

Guerrino Zacchello

 

1975-76

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Lino Janeselli, Ermenegildo Zanon, Luigi Rito Cosmo (2° cons.), Marino Scarparo (1° cons., vicario e padre spirituale), Giuseppe Viani, Luciano Bisquola (economo)

Guerrino Zacchello

 

1976-77

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Lino Janeselli, Ermenegildo Zanon, Luigi Rito Cosmo (2° cons.), Marino Scarparo (1° cons., vicario e padre spirituale), Giuseppe Viani, Luciano Bisquola (economo)

Guerrino Zacchello

 

1977-78

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Lino Janeselli, (Ermenegildo Zanon?), Luigi Rito Cosmo (2° cons.), Marino Scarparo (1° cons., vicario e padre spirituale), Rocco Tomei, Giuseppe Viani, Luciano Bisquola (economo)

Guerrino Zacchello

 

1978-79

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Lino Janeselli, Ermenegildo Zanon, Luigi Rito Cosmo (2° cons.), Marino Scarparo (1° cons., vicario e padre spirituale), Rocco Tomei, Giuseppe Viani, Luciano Bisquola (economo)

Guerrino Zacchello

 

1979-80

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Lino Janeselli (padre spirituale), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

Luigi Gant

 

1980-81

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Lino Janeselli (padre spirituale), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

Luigi Gant

 

1981-82

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Lino Janeselli (padre spirituale), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

Luigi Gant

 

1982-83

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

Luigi Gant

 

1983-84

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

Luigi Gant

 

1984-85

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

Luigi Gant

 

1985-86

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

 

1986-87

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo, direttore dei corsi), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

 

1987-88

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Luigi Rito Cosmo, Giuseppe Cortelezzi (1° cons. e vicario, economo, direttore dei corsi), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (2° cons.)

 

1988-89

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Marino Scarparo, Rocco Tomei, Luciano Bisquola

 

1989-90

Giuseppe Cortelezzi

Giuseppe Cortelezzi (rettore), Luigi Rito Cosmo, Marino Scarparo, Rocco Tomei, Silvano Mason, Luciano Bisquola

 

1991-92

Rocco Tomei

Rocco Tomei (cons. gen. e rettore), Marino Scarparo, Giulio Avi, Silvano Mason, Luciano Bisquola

Giuseppe Cortelezzi, rinominato rettore, muore il 3.9.91

1992-93

Rocco Tomei

Rocco Tomei (cons. gen. e rettore), Marino Scarparo, (Giulio Avi?), Silvano Mason, Luciano Bisquola

 

1993-94

Rocco Tomei

Rocco Tomei (cons. gen. e rettore), Marino Scarparo, (Giulio Avi), Silvano Mason, Luciano Bisquola

 

1994-95

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Silvano Mason, Luciano Bisquola

 

1995-96

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Silvano Mason, (Giuseppe Leonardi), Luciano Bisquola

 

1996-97

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Silvano Mason, Luciano Bisquola

 

1997-98

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola

 

1998-99

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola

 

1999-2000

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola

 

2000-01

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola

 

2001-02

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola

 

2002-03

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola

 

2003-04

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola

 

2004-05

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Rito Luigi Cosmo, Marino Scarparo, Luciano Bisquola

 

2005-06

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Luciano Bisquola, Rito Luigi Cosmo, Marino Scarparo

 

2006-07

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo

 

2007-08

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo,

 

2008-09

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (Economo prov.)

 

2009-10

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (Economo prov.)

 

2010-11

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (Economo prov.)

Marcio Campos da Silva

 

2011-12

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore), Marino Scarparo, Luciano Bisquola (Economo prov.)

 

2012-13

Rocco Tomei

Rocco Tomei (rettore) , Marino Scarparo, Luciano Bisquola (Economo prov.), Deivis Antônio Rodríguez Polo

 

2013-14

Luigi Bellin

Luigi Bellin (direttore),

Marino Scarparo,

(Rocco Tomei) (Francisco Armando Arriaga Morán?)

P. Bellin diviene direttore della casa di Chioggia a partire dal 26 giugno 2013, un mese dopo la chiusura della casa di Pozzuoli.

2014-15

Luigi Bellin

Luigi Bellin (direttore),

(Rocco Tomei), Francisco Armando Arriaga Morán

 

2015-16

Luigi Bellin

Luigi Bellin (direttore), Celestino Camuffo, Francisco Armando Arriaga Morán (collab. Past. a Cavarzere, Boscochiaro e Busonera)

 

2016-17

Luigi Bellin

Luigi Bellin (direttore), (Rocco Tomei), Celestino Camuffo

 

2017-18

Luigi Bellin

Luigi Bellin (direttore), Celestino Camuffo

 

2018-2019

Luigi Bellin

Luigi Bellin (direttore), Celestino Camuffo

 

2019-2020

Luigi Bellin

Luigi Bellin (direttore), Celestino Camuffo

 

15. La casa di Cesena (1958-1959)

La casa, aperta per esperimento con impegno per un anno nel settembre 1958, su richiesta del vescovo Mons. Augusto Gianfranceschi, apparentemente per prendere la direzione del collegio vescovile Almerici o per aprire una scuola Cavanis, viene chiusa nell’estate 1959 perché i patti non erano stati mantenuti e i padri rimanevano in pratica inutilizzati.

Anno scolastico

Direttore

Preti

Fratelli laici e osservaz.

1958-59

Francesco Dal Favero

Francesco Dal Favero (pro-rettore o direttore), Marcello Quilici, poi sostituito da P. Natale Sossai.

—-

16. La casa di Solaro-Milano (1962)

Nella riunione del capitolo definitoriale del primo luglio 1959 si parla per la prima volta del possibile acquisto di un ampio terreno (15.000 m²) per un’opera per la gioventù, su suggerimento di P. Livio Donati e della casa di Chioggia. Si tratta della futura opera di Solaro, un piccolo centro abitato in provincia e arcidiocesi di Milano.

Solaro è un comune italiano di 14 194 abitanti, al censimento del 2011, è fa parte attualmente della città metropolitana di Milano, in Lombardia, situato a circa 15 km nord-ovest dal capoluogo lombardo. Nel 1959 era un paese di circa 3 500 abitanti. Era difficile pensare che la comunità di Chioggia potesse interessarsene.

Eppure, alla riunione dell’8-10 luglio 1959, si accettò l’offerta dell’acquisto del terreno a prezzo di favore, su invito degli industriali Perez, Brollo e Solaro, con la condizione che questi si addossino le spese di un fabbricato funzionale sufficiente per l’alloggio dei Religiosi e per le prime classi del corso. Il fatto è che un gruppo di imprenditori e di banche capeggiati dai due ricordati sopra, progettava a quel tempo la realizzazione di una “Città satellite di Milano” in quella zona, e avevano bisogno di creare infrastrutture inesistenti, e particolarmente – dall’Istituto Cavanis – si voleva una scuola, una foresteria per operai, una chiesa in più nella nuova zona urbana. In realtà il progetto non andò in porto, e la casa di Solaro rimase poi piuttosto isolata, in un piccolo centro di circa 14.000 a bitanti nel celsimento del 2011.

Nel capitolo successivo, del 2 agosto 1959 fu approvato l’acquisto del terreno e l’inizio dell’opera; anche se quegli imprenditori avevano già diminuito le promesse e la loro partecipazione alla costruzione dell’istituto Cavanis di Solaro.

C’era anche il problema che non si aveva ancora il permesso dell’arcivescovo di Milano per aprire una casa in diocesi: “la Curia Arcivescovile di Milano vieta l’apertura dell’Istituto in quella diocesi, se esso non assumerà anche l’amministrazione della parrocchia. Tale difficoltà non impedì all’Istituto di cominciare la costruzione di una prima ala dell’edificio. Per la bontà dell’arcivescovo di Milano si riuscì a superare quest’ostacolo. Nel capitolo definitoriale del 27-29 luglio 1961, il primo della prepositura Panizzolo, a proposito di questa casa vengono date alcune comunicazioni sull’erigenda casa di Milano, con lettura della lettera dell’Arcivescovo Giovanni Battista Montini che dava il permesso di ingresso in diocesi e precisava alcune particolarità da osservarsi nel disimpegno di questo ministero dell’educazione della gioventù, con l’avvertenza di disporsi a colladorare con le parrocchie locali e dei dintorni. P. Livio Donati, rettore di Chioggia, la casa particolarmente interessata a creare presso Milano una foresteria per giovani operai, particolarmente quelli che era ex-allievi della scuola professionale Maria Immacolata di Chioggia e che, come accadeva sempre più di frequente, trovavano lavoro nelle industrie milanesi. P. Livio precisava che nella nuova casal’attività iniziale sarà quella del Doposcuola, in attesa che l’edificio fosse completato. La nuova casa si considera aperta nei primi giorni di gennaio 1962, con l’arrivo dei religiosi P. Danilo Baccin e Fratel Guerrino Zacchello.

La casa di Solaro fu dichiarata poi “casa formata” nel 1964; la scuola media era già parificata almeno nel 1967 “Al padiglione nuovo e funzionante, fu aggiunta ultimamente una seconda parte, ancora però limitata al solo scheletro; solo il piano interrato è parzialmente finito. Inoltre fu acquistata un’altra area di scoperto per un eventuale maggiore sviluppo, ma soprattutto per rendere più indipendente quella casa da altre costruzioni. Per cui il terreno di nostra proprietà è di mq. 22.000, edificio compreso; e l’importo totale di spesa è stato di £ 81 milioni”.

Gradualmente tuttavia si vide che la Città satelline non prendeva l’avvio, e che la casa dell’Istituto e le sue attività vivacchiavano, senza speranza di un miglioramento futuro. Il Capitolo generale straordinario speciale, nella prima sessione (1969), decise la “graduale chiusura della casa di Solaro”. Il preposito, con il suo consiglio, il 6 febbraio 1970 “stabilisce che siano sospese le iscrizioni alla prima media per l’anno scolastico 1970-71”.

Già il 1° ottobre 1970 si comincia ad occuparsi della vendita dell’immobile della casa di Solaro, che non doveva essere cosa semplice. Se ne parla frequentemente in altre riunioni. Come si è detto sopra, ci fu una notevole opposizione da parte di alcuni religiosi, specialmente da parte di religiosi che avevano vissuto e si erano impegnati a Solaro. Da parte di altri si trattava di contrarietà di principio all’apertura di parrocchie (Corsico, nel caso) da parte dell’Istituto Cavanis.

Il 25-26 febbraio 1971 si decide che la casa di Solaro sarà chiusa alla fine dell’anno scolastico 1971-72. Viene chiusa effettivamente con decisione del 3 settembre 1972 e si decide anche la vendita dell’immobile. Si accetta una richiesta di acquisto e si stipula un preliminare di vendita due anni dopo la conclusione dell’attività di insegnamento; probabilmente nel giugno 1974. Non sappiamo se è rimasto un religioso a Solaro fino alla vendita dell’immobile alla fine del 1974 (vedi Notiziario n°2, p. 2) o inizio 1975 per garantire alla struttura almeno una presenza e guardiania o no. Sembra di no, perché fratel Luigi Gant, che sarebbe stato la più probabile opzione per questo incarico, risulta essere a Possagno-Canova nel 1972-73 e a Venezia nel 1973-74.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici e osservaz.

1961-62

Livio Donati,

Livio Donati (pro-rettore), Danilo Baccin

1962-63

Livio Donati

Livio Donati (pro-rettore), Rito Cosmo, Danilo Baccin

Guerrino Zacchello

1963-64

Livio Donati, rettore

Livio Donati (rettore), Luigi Rito Cosmo, Marino Scarparo, Danilo Baccin.

Guerrino Zacchello

1964-65

Livio Donati

Livio Donati (rettore), Angelo Guariento (1° cons., vicario, economo), Giorgio Dal Pos, Marino Scarparo, Danilo Baccin, Giulio Avi (2° cons.)

Guerrino Zacchello

1965-66

Livio Donati

Livio Donati (rettore), Angelo Guariento (1° cons., vicario, economo), Bruno Marangoni, Giorgio Dal Pos (2° cons.), Marino Scarparo

Olivo Bertelli

1966-67

Livio Donati

Livio Donati (rettore), Angelo Guariento (1° cons., vicario, economo), Bruno Marangoni, Giorgio Dal Pos (2° cons.), Marino Scarparo, Giulio Avi

Olivo Bertelli

1967-68

Giorgio Dal Pos

Giorgio Dal Pos (rettore e prefetto delle scuole), Angelo Guariento (1° cons. e vicario), Luigi Candiago (2° cons.), Rito Cosmo (economo), Bruno Consani, Emilio Gianola

Adelino Canuto

1968-69

Giorgio Dal Pos

Giorgio Dal Pos (rettore), Angelo Guariento (1° cons. e vicario), Luigi Candiago (2° cons.), Rito Cosmo (economo), Bruno Consani, Emilio Gianola

Adelino Canuto

1969-70

Giorgio Dal Pos

Giorgio Dal Pos (rettore), Angelo Guariento (1° cons. e vicario), Luigi Candiago (2° cons.), Rito Cosmo (economo), Bruno Consani, Liberio Andreatta

Adelino Canuto

1970-71

Guerrino Molon

Guerrino Molon (rettore), Luigi Candiago (1° cons., vicario ed economo), Bruno Consani

Edoardo Bartolamedi,

Luigi Gant

1971-72

Guerrino Molon

Guerrino Molon (rettore), Bruno Consani

Luigi Gant

17. La casa di Sappada (1962)

Sappada è un comune italiano di 1.313 abitanti – https://it.wikipedia.org/wiki/Sappada – cite_note-template_divisione_amministrativa-abitanti-2  – (Censimento ISTAT, 2019) che è appartenuto fino a pochi anni fa alla Provincia di Belluno (come era e sarebbe logico, dato che il territorio del comune comprende le sorgenti e l’alto corso torrentizio del fiume Piave) e attualmente, dal 5 novembre 2017 appartiene alla provincia di Udine e alla regione del Friuli-Venezia Giulia. Partecipa all’UTI (Unione Intercomunale) della Carnia ed alla Magnifica Comunità di Cadore. È un’isola linguistica germanofona, ed è una rinomata stazione turistica estiva e invernale. Dal punto di vista geografico e geologico appartiene alle Dolomiti orientali. Le Dolomiti sono le montagne comprese tra l’Isarco e il Piave.

Sappada sorge ad un’altitudine media di 1.245 m s.l.m. nell’estremità nord-orientale delle Dolomiti tra Cadore e Carnia. Il paese, costituito da una serie di piccoli centri abitati, detti “borgate”, ciascuna con il suo nome, si estende in direzione est – ovest lungo tutta la valle attraversata dal fiume Piave; le sorgenti principali del fiume infatti si trovano proprio nel territorio comunale a 1.800 m s.l.m. alle falde del monte Peralba (altre sorgenti del fiume sacro si trovano in Comelico).

Un’impresa notevole della casa madre di Venezia fu quella di organizzare nel 1962 una casa di ferie a Sappada, nelle Dolomiti, per gli allievi di Venezia – in tempi in cui le famiglie non andavano ancora tutte in villeggiatura. Il promotore della cosa fu P. Valentino Pozzobon, allora prefetto delle scuole a Venezia.

Si scelse, come prima tappa, di prendere in affitto una casa recentemente costruita, in parte ancora al grezzo, nella borgata più alta e più orientale, quella di Cima Sappada. Nel maggio 1962 un gruppo di religiosi fu incaricato del trasporto del mobilio (comprato all’asta da un albergo che aveva fallito) e dell’organizzazione degli ambienti. Si trattava del buon fratello Luigi Santin, di P. Marino Scarparo e dei chierici teologi Edoardo Ferrari, Giuseppe Francescon, Giuseppe Leonardi. L’ambiente era ancora semi-innevato. Ci è rimasto un’impressione straordinaria della bellezza dell’inizio della primavera in questa conca dolomitica assolutamente splendida. L’aspetto negativo dell’”avventura” era che P. Valentino di aveva fornito di poco denaro e che, dopo un paio di giorni, lo avevamo finito, anche per il necessario acquisto di alcuni attrezzi e altro, e non avevamo nemmeno il necessario per mangiare. Andammo per prati a raccogliere radicchio e altre piante selvatiche novelle, e a mangiare salate e erba cotta, come racconta Giuseppe Flavio sui fatti dell’assedio di Gerusalemme da parte dei romani nel 70 d.C.! Le signore devote della cappella di Cima Sappada però se ne accorsero e cominciarono a portarci chi due uova, chi qualche pane e chi un dolce, e tirammo avanti meglio, fino all’ultimo giorno. Questo episodio ci rese ancora più simpatico il popolo della borgata.

Nei primi sei anni la casa era presa in affitto a Cima Sappada ed era solo una filiale estiva della casa di Venezia, senza una comunità residente. Durante l’estate, gruppi numerosi di allievi di Venezia facevano a Sappada le loro vacanze, e molti anche si preparavano per gli esami di riparazione, con l’aiuto di padri e chierici. Questi, in parte abitavano nell’edificio principale, in parte in una villetta più piccola, a fianco della strada statale che scende verso la funivia del monte Siera e verso la Carnia.

Per qualche tempo, almeno fino al 1968, anno in cui i seminaristi propedeutici e teologi passarono a studiare e a vivere a Roma, la casa di Sappada servì anche come casa – molto gradita – di vacanze per i seminaristi liceali e teologi. Qui i teologi collaboravano dando lezione agli allievi di Venezia che si preparavano per gli esami di ripetizione, ma rimaneva tempo anche per delle escursioni e comunque la bellezza del luogo e la nitidezza e freschezza dell’aria erano un’ottima opzione. Nel corso del 1968-69 ebbe luogo l’acquisto di una nuova casa a Sappada, molto più ampia ed adatta, nella borgata di Kratten, ex-colonia E.C.A. di Trieste, da parte della comunità di Venezia. Questa nuova casa veniva a sostituire l’altra precedente di Cima Sappada. Importanti lavori di ripristino furono realizzati nel 1973-74.

Il 25 aprile 1981 il preposito generale con il suo consiglio esamina la richiesta di genitori di ragazzi e ragazze di Sappada che l’Istituto Cavanis assuma la direzione di un liceo linguistico da erigersi, e accetta la proposta, prendendo l’impegno “ad experimentum” per un quinquennio a partire dall’anno scolastico 1981-82. Il liceo linguistico prenderà il nome di liceo “Giovanni Paolo I”.

A partire da questo punto, la casa di Sappada esce dall’orbita della casa di Venezia, di cui era stata filiale per circa 20 anni, prima a Cima Sappada e poi a Kratten. Il 5-7 agosto 1982 infatti, il preposito con il suo consiglio, visto il cambiamento di situazione, deliberò “la trasformazione della casa di Sappada, filiale della Casa Madre di Venezia, in casa dipendente direttamente dal Preposito Generale”.

Nell’agosto 1982 è inviato come primo religioso residente in forma permanente a Sappada P. Ugo Del Debbio, che risiede nella casa di Kratten e se ne occupa, ma è anche preside del nuovo liceo linguistico, che ha la sua sede a Cima Sappada. In seguito la casa sarà diretta da P. Mario Zendron, e più tardi, fino alla chiusura della stessa, da P. Primo Zoppas.

Il 2 novembre 1985 il preposito, P. Guglielmo Incerti, con il suo consiglio, decide di abbandonare l’attività estiva della villeggiatura con ripetizioni (preparazione per gli esami di riparazione) per gli allievi di Venezia e di occupare nei mesi estivi la casa di Sappada come casa per campi scuola e in genere per attività vocazionali.

Il 17 aprile 1991 nel Liceo linguistico Giovanni Paolo I si ricorda il decennale dall’inizio della scuola.

Nella primavera del 2006 il superiore provinciale d’Italia studia con il suo consiglio l’opportunità di chiudere questa casa e, dopo che la cosa è stata vista e ratificata anche dal preposito generale nella riunione di Consiglio di “metà marzo 2006”, si giunge alla decisione di cedere in affitto il Soggiorno Cavanis di Sappada alla GE.TUR, una cooperativa (ex ODA) della diocesi di Udine, che opera nel campo del turismo sociale e assistenziale, il che avverrà di fatto il 1° giugno 2006.

Nel 2014 (6 marzo) si dà inizio tuttavia a una nuova ristrutturazione della casa, per nuova messa a norma, in vista di una nuova fase di affitto della casa, sempre mantenendone la proprietà.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici e osservaz.

1962-63

Valentino Pozzobon (responsabile della casa di Cima Sappada in quanto prefetto delle scuole di Venezia)

La casa era presa in affitto a Cima Sappada ed era solo una filiale estiva della casa di Venezia

1963-64

Valentino Pozzobon (responsabile in quanto prefetto delle scuole di Venezia)

Idem

1964-65

Orfeo Mason (prefetto delle scuole di Venezia)

Idem

1965-66

Orfeo Mason (prefetto delle scuole di Venezia)

Idem

1966-67

Orfeo Mason (prefetto delle scuole di Venezia)

Idem

1967-68

Ugo del Debbio (prefetto delle scuole di Venezia)

Idem

1968-69

Ugo del Debbio (prefetto delle scuole di Venezia)

Acquisto della casa di Sappada nella borgata di Kratten, ex-colonia E.C.A. di Trieste, da parte della comunità di Venezia.

1969-70

Ugo del Debbio (prefetto delle scuole di Venezia)

 

1970-71

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

 

1971-72

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

 

1972-73

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

 

1973-74

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

Importanti lavori di ripristino

1974-75

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

  

1975-76

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

  

1976-77

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

  

1977-78

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

  

1978-79

Vittorio Di Cesare (prefetto delle scuole di Venezia)

  

1979-80

Orfeo Mason (prefetto delle scuole di Venezia)

  

1980-81

Orfeo Mason (prefetto delle scuole di Venezia)

  

1981-82

Ugo Del Debbio

 

La casa di Sappada lascia la sua condizione di filiale di Venezia e diviene direttamente dipendente dal Preposito.

1982-83

Ugo Del Debbio

Ugo Del Debbio (vicario sostituto e preside liceo)

1983-84

Giuseppe Francescon

Giuseppe Francescon (vicario sostituto e preside liceo)

1984-85

Giuseppe Francescon

Silvano Mason (vicario sostituto e preside liceo), ma continua a far parte della comunità di Venezia

1985-86

Ugo Del Debbio

Ugo Del Debbio (vicario sostituto), Silvano Mason (preside liceo)

1986-87

Ugo Del Debbio

Ugo Del Debbio (vicario sostituto), Silvano Mason (preside liceo)

1987-88

Mario Zendron

Mario Zendron (vicario sostituto e preside liceo),

Giusto Larvete

(P. Ugo è gravemente ammalato, non a Sappada)

1988-89

Mario Zendron

Mario Zendron (vicario sostituto e preside liceo),

Giusto Larvete

1989-90

Mario Zendron

Mario Zendron (vicario sostituto e preside liceo),

Giusto Larvete

1990-91

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

1991-92

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

1992-93

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

1993-94

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

1994-95

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

1995-96

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

1996-97

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

1997-98

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

 

1998-99

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

 

1999-2000

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

 

2000-01

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto e responsabile Liceo)

 

2001-02

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto)

 

2002-03

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto)

 

2003-04

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto)

 

2004-05

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto)

 

2005-06

Primo Zoppas

Primo Zoppas (vicario sostituto)

La casa chiude nella primavera del 2006.

18. La casa (parrocchia) di Corsico (1969)

Già nella prima parte del 1969, prima dell’inizio del Capitolo Generale Straordinario Speciale (CGSS), durante il quale  si decise di aprire la parrocchia di Corsico e di chiudere la casa di Solaro, il preposito generale, con il suo consiglio, si rendeva conto che la casa di Solaro non aveva possibilità di successo e di continuità. Il preposito P. Orfeo Mason aveva avuto un colloquio coll’arcivescovo di Milano Mons. Giovanni Colombo, sul futuro della casa di Solaro, manifestando la probabilità che la casa non avesse sviluppo, e d’altra parte l’intenzione della congregazione di non perdere la sua permanenza nell’arcidiocesi di Milano. L’arcivescovo offrì allora due possibilità: una delle due proposte era stata quella che l’Istituto mandasse due suoi preti in appoggio a una missione della diocesi di Milano in Zambia. La Congregazione accetta però la proposta alternativa, di una parrocchia in diocesi di Milano. L’accettazione di una nuova parrocchia a Corsico, un comune praticamente inglobato nella Grande Milano, oggi città metropolitana di Milano, avvenne, con una certa difficoltà, durante la prima sessione del Capitolo GSS; nel frattempo il preposito si consultava con il suo consiglio sui dettagli della convenzione tra arcidiocesi di Milano e congregazione; nella riunione del consiglio del 29-30 agosto 1969 si nominò come primo parroco P. Giorgio Dal Pos, che all’epoca era uno dei due moderatori delle riunioni e attività del CGSS. Il testo della convenzione fu approvato nella riunione di consiglio del 6 febbraio 1970. La parrocchia, in quella fase iniziale, si chiamava parrocchia di S. Giuseppe Operaio. Il 28 settembre 1969 iniziarono la loro presenza e la loro attività pastorale a Corsico P. Giorgio Dal Pos, e il cappellano o viceparroco P. Liberio Andreatta. Essi furono presentati dall’arcivescovo al popolo, che allora contava circa solo 3.500 abitanti, in questa data. Ed è il momento di presentare questo popolo e questa città.

Corsico è un comune italiano di circa 34.723 abitanti (ISTAT, 2018) della città metropolitana di Milano in Lombardia. È sita circa 6 km in linea d’aria a SSE del centro di Milano. Era sorto, forse nel secolo XIII, come villaggio di contadini, nei latifondi locali, nel territorio che sarebbe stato percorso dal canale del Naviglio Grande, la cui costruzione iniziò intorno al 1259. Il centro storico di Corsico conserva in un capitello il ricordo della sosta che vi fece San Carlo Borromeo, ormai prossimo alla morte. Il santo vescovo, febbricitante, stava ritornando a Milano in barca sul Naviglio Grande (1584). Il villaggio fu crescendo e divenne città e più tarde si fuse con la grande città di Milano, pur rimanendo comune e città. Tra la seconda metà degli anni sessanta e i primi anni settanta, facilitati dall’inaugurazione nel 1961 della strada statale Nuova Vigevanese, sorsero i quartieri di palazzoni Lavagna e Giorgella. I nuovi quartieri presero il nome dalle cascine presenti in quel territorio sin dal 1700. Essi furono realizzati con la tipologia costruttiva della prefabbricazione. Già villaggio di agricoltori nei primi secoli di vita, oggi Corsico è una città di medie dimensioni e di notevole importanza per l’industria e il commercio, collegata a Milano da una fitta rete viaria e ferroviaria. Da uno studio realizzato nel 2006 dalla Provincia di Milano, Corsico risulta il comune più urbanizzato del Milanese. Nel 1969, anno in cui i Cavanis arrivarono in questa città, Corsico contava circa 37.000 abitanti. La popolazione è poi leggermente diminuita, attestandosi in modo costante negli ultimi anni su circa 34.000 abitanti, di cui circa il 15 per cento sono immigrati da altri paesi e continenti, soprattutto dell’Asia e dell’Africa. Una prima grande immigrazione aveva avuto luogo, dal sud d’Italia, soprattutto dal secondo dopoguerra in poi. Le parrocchie dell’unità pastorale di Corsico sono quattro: la matrice, i SS. Pietro e Paolo; la parrocchia della Spirito Santo, di S. Adele e quella di Sant’Antonio di Padova, affidata all’Istituto Cavanis.

All’arrivo dei Cavanis, erano stati appena costruiti i condomini “Di Vittoria”, “Copernico 1”, “Copernico 15” e le “Casette Fanfani”. Il terreno su cui sarebbe sorto il nuovo quartiere Giorgella era di proprietà del signor Giuseppe Cabassi di Milano. I condomini, di otto a dodici piani, venivano costruiti con elementi prefabbricati. Nella prima fase gli elementi prefabbricati erano prodotti dalla SACIE (Socità Altomilanese Costruzioni edili); quando la SACIE fallì, i condomini di via Copernico furono completati da una ditta napoletana.

P. Dal Pos rimase a Corsico, come amministratore parrocchiale, fino al 1973, avendo come collaboratori, dopo la breve presenza di P. Liberio Andreatta, che se ne ritirò, i padri Giuseppe Viani e Pietro Luigi (Gigi) Pennacchi. Da settembre 1973 fu nominato parroco P. Giuseppe Panizzolo, avendo come coadiutori i padri Pietro Luigi Pennacchi e Giuseppe Maretto, in seguito anche Nicola Zecchin e Bruno Lorenzon. In questa prima fase non c’era una casa parrocchiale, e i padri abitavano in un condominio, in cui la parrocchia aveva preso provvisoriamente in affitto tre appartamenti: uno serviva da ufficio parrocchiale e vi si tenevano riunioni di gruppi e commissioni; un secondo serviva ai padri come base per i pasti, le riunioni e le attività di comunità; il terzo era la “zona notte”, ossia le camere.

Inizialmente se ne parla come parrocchia S. Giuseppe Operaio, ma il nome non piaceva molto. P. Giorgio Dal Pos fin dal principio, ancora alla fine del 1969, propose un referendum tra i parrocchiani, per la scelta del nome definitivo della parrocchia. Ne uscirono vari nomi di devozione popolare: S. Giuseppe, Sant’Antonio di Padova, S. Rita da Cascia, S. Gennaro (molti dei parrocchiani erano operai o tecnici provenienti dal napoletano e comunque dal sud). Prevalse il nome di Sant’Antonio di Padova e, col permesso dell’arcidiocesi, questo fu il nome definitivo. P. Giorgio Dal Pos aveva spinto in questo senso, perché desiderava fare della parrocchia un centro di spiritualità Antoniano, in pratica un santuario di S. Antonio, così come, per esempio, al quartiere Barona di Milano c’era il santuario di S. Rita da Cascia. P. Giorgio pensava all’aspetto pastorale, e anche all’aspetto economico. La parrocchia risulta con il nome di S. Antonio già dal 18 luglio 1970.

Inizialmente la parrocchia non aveva una vera chiesa, ma si celebrava il culto e ci si riuniva in un cappannone provvisorio, provvisto dall’impresa che stava costruendo il quartiere. La parrocchia di Corsico da cui era stata scorporata la nostra, era la parrocchia dei SS. Pietro e Paolo.

Con l’aumento della popolazione, sia per via della continua costruzione di nuovo edifici di condominio, sia per l’attività vivace organizzata da pastori e laici, si vedeva la necessità di un edificio di culto più grande e anche più prestigioso. In una riunione tenuta presso il comune di Corsico con l’architetto Negri, il signor Cabassi espresse il desiderio di costruire una Chiesa. L’architetto Negri suggerì di realizzarla nel quartiere Giorgella che si stava allora sviluppando. Il responsabile arcidiocesano per le nuove chiese raccomandò di costruire una chiesa modesta, perché il quartiere sarebbe stato abitato da famiglie di operai, e consegnò il progetto e i disegni di una chiesa standard. Né all’ing. Clerici né all’arch. Negri piacque il progetto. Allora il sig. Giuseppe Cabassi – “Pino per gli amici, il principe degli immobiliaristi milanesi”, “La vita per il mattone”, come lo definiva un articolo di La Repubblica, 4 marzo 1992; che evidentemente era l’imprenditore che controllava la costruzione del quartiere ed era anche il proprietario del terreno dove si sarebbe costruita la chiesa parrocchiale – si impegnò di costruire la chiesa su un nuovo progetto, più originale, dell’ing. Clerici. Iniziarono allora i colloqui con i padri Cavanis responsabili pastorali della nuova parrocchia per armonizzare l’aspetto estetico con quello pastorale. Il progetto doveva comprendere la chiesa, l’oratorio – assolutamente importante e tipico delle parrocchie milanesi – e la casa parrocchiale, come pure la sede di associazioni, opere parrocchiali e movimenti. Si era pensato anche, con una buona previsione, alla manutenzione economica della parrocchia, fornendo l’edificio di un buon numero di box come garage che si affittano a persone che ne hanno bisogno.

P. Pierluigi racconta che il pratica l’imprenditore di cui sopra spese poco o nulla per la costruzione del complesso parrocchiale, perché quando contrattava una ditta per la costruzione di nuovi condomini, diceva per esempio: “Io ti scelgo e ti incarico della costruzione, ma tu mi costruisci anche i moduli prefabbricati per le pareti della chiesa”; e alla ditta che forniva il cemento: “Tu mi fai il tetto di cemento armato della chiesa”; ai fornitori di ferro chiedeva di soprappiù il ferro per il cemento armato della chiesa parrocchiale e così via.

I lavori per la realizzazione del complesso cominciarono nel 1976, sotto la supervisione del P. Pietro Luigi Pennacchi che collaborava per rendere il progetto funzionale per l’attività pastorale. Si costruì prima di tutto l’edificio, davvero enorme, con moduli prefabbricati, per l’Oratorio, le opere parrocchiali, l’abitazione dei padri e quella della suore. I padri si trasferirono nel loro appartamento, al primo piano, con vista sui campi sportivi dell’oratorio e su buona parte della parrocchia. Poi l’impresa iniziò la costruzione della bella chiesa. Anche qui le pareti esterne furono realizzate con elementi prefabbricati. Il tetto richiese un lungo lavoro per posizionare tutta l’armatura di acciaio per la posa del tetto, costituito la un’unica gettata di cemento armato, che appoggia su soltanto due piloni di acciaio. La chiesa comprendeva anche una cappella-cripta per le messe dei giorni feriali e per la preghiera; la sagrestia e altri annessi.

Nella solennità del Natale nella nuova chiesa si concelebrò la santa messa da parte del parroco P. Pietro Luigi Pennacchi e dai coadiutori P. Giuseppe Maretto, P. Nicola Zecchin e P. Bruno Lorenzon, tra il popolo festante.

Nel 1980 il cardinale Colombo, arcivescovo di Milano, aprì ufficialmente al culto la nuova chiesa parrocchiale; pure nel 1980 la piazza antistante la chiesa ha ricevuto il nome del Papa Giovanni XXIII, e ne porta al centro un bel monumento; nell’anno successivo vi fu ordinato prete P. Mario Valcamonica, lombardo e Cavanis, da mons. Corti, vicario generale e vescovo ausiliare. La nuova chiesa fu consacrata nello stesso anno dall’arcivescovo card. Carlo Maria Martini.

Al quartiere, che nel frattempo era enormemente aumentato, fu dato il nome di Corsico 2 e il comune vi costruì le opere sociali: le scuole con le palestre di ginnastica, le cucine e il riscaldamento centralizzato.

La parrocchia, sia nella sua prima fase, con una chiesa provvisoria, sia più tardi con il grande e bel complesso parrocchiale, ha avuto una vita fiorente dal punto di vista pastorale, particolarmente per quanto concerne il tipico oratorio delle parrocchie milanesi, che corrisponde molto al carisma Cavanis.

La parrocchia è retta dalla comunità Cavanis, ma riceve un forte contributo pastorale e anche di collaborazione e amicizia tra religiosi e religiose, dalle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret. La vita pastorale della parrocchia di Corsico è stata facilitata anche dal numero relativamente grande di religiosi che ha sempre avuto, anche rispetto il numero di religiosi addetti alla parrocchia nelle altre nostre parrocchie italiane e all’estero.

Una delle attività che la parrocchia di S. Antonio a Corsico conduce brillantemente, che è preziosa per l’Istituto e per le sue mssioni, e soprattutto per centinaia di bambini carenti, è quella del gruppo “Amicizia Lontana”, di appoggio alle scuole e altre attività gratuite delle Missioni Cavanis. Il gruppo è diretto, praticamente da sempre, dal sig. Giuliano Carrara.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici e osservaz.

1969-70

Giorgio Dal Pos

Giorgio Dal Pos (rettore e amministratore parrocchiale), Liberio Andreatta

1970-71

Giorgio Dal Pos

Giorgio Dal Pos (rettore, amministratore parrocchiale ed economo), Giuseppe Maretto (1° cons. e vicario), Giuseppe Viani (2° cons.)

1971-72

Giorgio Dal Pos

Giorgio Dal Pos (rettore, amministratore parrocchiale ed economo), Giuseppe Maretto (1° cons. e vicario), Bruno Lorenzon, Giuseppe Viani (2° cons.)

1972-73

Giorgio Dal Pos

Giorgio Dal Pos (rettore, amministratore parrocchiale ed economo), Nicola Zecchin, Bruno Lorenzon, Pierluigi Pennacchi

Da settembre 1973 P. Giorgio Dal Pos è sostituito da P. Giuseppe Panizzolo.

1973-74

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore e parroco), Giuseppe Maretto, Bruno Lorenzon, Pierluigi Pennacchi

1974-75

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore e parroco), Giuseppe Maretto, Bruno Lorenzon, Pierluigi Pennacchi

1975-76

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore e parroco), Giuseppe Maretto (1° cons. e vicario), Bruno Lorenzon, Liberio Andreatta (2° cons.), Pierluigi Pennacchi (economo)

1976-77

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore e parroco), Giuseppe Maretto (1° cons. e vicario), Bruno Lorenzon, Liberio Andreatta (2° cons.), Pierluigi Pennacchi (economo)

1977-78

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore e parroco), Giuseppe Maretto (1° cons. e vicario), Bruno Lorenzon, Liberio Andreatta (2° cons.), Pierluigi Pennacchi (economo)

1978-79

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore e parroco), Giuseppe Maretto (1° cons. e vicario), Bruno Lorenzon, Pierluigi Pennacchi (economo)

1979-80

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Giuseppe Maretto (padre spirituale), Bruno Lorenzon, Pierluigi Pennacchi (Parroco, 1° cons. e vicario)

1980-81

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Giuseppe Maretto (padre spirituale), Bruno Lorenzon, Pierluigi Pennacchi (parroco, 1° cons. e vicario)

1981-82

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Giuseppe Maretto (padre spirituale), Bruno Lorenzon, Pierluigi Pennacchi (parroco, 1° cons. e vicario)

1982-83

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Giuseppe Maretto (2° cons., padre spirituale), Pierluigi Pennacchi (parroco, 1° cons. e vicario), Mario Valcamonica

1983-84

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Giuseppe Maretto (padre spirituale), Pierluigi Pennacchi (parroco, 1° cons. e vicario), Mario Valcamonica

1984-85

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore ed economo), Giuseppe Maretto (padre spirituale), Pierluigi Pennacchi (parroco, 1° cons. e vicario), Mario Valcamonica

1985-86

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Giuseppe Maretto, Pietro Luigi Pennacchi (parroco), Mario Valcamonica

1986-87

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore e parroco), Giuseppe Maretto, Mario Valcamonica

1987-88

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore e parroco), Giuseppe Maretto, Mario Valcamonica

1988-89

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Giuseppe Maretto, Ottavio Chinello (parroco), Mario Valcamonica

1989-90

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Giuseppe Maretto, Ottavio Chinello (parroco), Mario Valcamonica

1990-91

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Ottavio Chinello (parroco), Mario Valcamonica

1991-92

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Ottavio Chinello (parroco), Mario Valcamonica

1992-93

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Bruno Lorenzon, Ottavio Chinello (parroco), Mario Valcamonica

1993-94

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Bruno Lorenzon, Ottavio Chinello (parroco), Mario Valcamonica

1994-95

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Bruno Lorenzon, Ottavio Chinello (parroco), Loris Fregona

1995-96

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Bruno Lorenzon, Ottavio Chinello (parroco), Loris Fregona

1996-97

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Bruno Lorenzon, Ottavio Chinello (parroco), Loris Fregona

1997-98

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Bruno Lorenzon, Ottavio Chinello (parroco), Luigi Scuttari

1998-99

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Bruno Lorenzon, Ottavio Chinello (parroco), Luigi Scuttari

1999-2000

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Bruno Lorenzon, Ottavio Chinello (parroco), Luigi Scuttari

2000-01

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (vice-prov., rettore e parroco), Nicola Zecchin, Bruno Lorenzon, Raffaele Pozzobon

2001-02

Giuseppe Moni

Giuseppe Moni (vice-prov., rettore e parroco), Nicola Zecchin, Bruno Lorenzon, Raffaele Pozzobon

2002-03

Nicola Zecchin 

Nicola Zecchin  (rettore), Bruno Lorenzon, Raffaele Pozzobon

*** già esaminati i Notiziari.

2003-04

Nicola Zecchin 

Nicola Zecchin  (rettore), Raffaele Pozzobon, …***

***Bruno Lorenzon è rettore a Roma 1 anno. Visti i notiz.

2004-05

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Raffaele Pozzobon, Bruno Lorenzon, Guglielmo Incerti, Mario Valcamonica (parroco)

2005-06

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Raffaele Pozzobon, Bruno Lorenzon, Guglielmo Incerti, Mario Valcamonica (parroco)

2006-07

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Raffaele Pozzobon, Bruno Lorenzon, Mario Valcamonica (parroco, vicario provinciale)

2007-08

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Raffaele Pozzobon, Bruno Lorenzon, Guglielmo Incerti, Mario Valcamonica (parroco)

2008-09

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin (rettore), Ottavio Chinello, Mario Valcamonica (parroco), Bruno Lorenzon (che abita a Segrate-MI)

2009-10

Nicola Zecchin

Nicola Zecchin, poi Ottavio Chinello (rettore), Mario Valcamonica poi Ciro Sicignano (parroco), Bruno Lorenzon (abita a Segrate-MI)

2010-11

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Nicola Zecchin, Ciro Sicignano (parroco). Bruno Lorenzon (abita a Segrate-MI)

2011-12

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Nicola Zecchin, Ciro Sicignano (parroco). Bruno Lorenzon (abita a Segrate-MI)

2012-13

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Nicola Zecchin, Luciano Bisquola, Ciro Sicignano (parroco). Bruno Lorenzon (abita a Segrate-MI)

2013-14

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Nicola Zecchin, Lorenzon (a Segrate), Ciro Sicignano (parroco)

2014-15

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Nicola Zecchin, Bruno Lorenzon (a Segrate) , Ciro Sicignano (parroco)

2015-16

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Nicola Zecchin, Bruno Lorenzon (a Segrate), Ciro Sicignano (parroco)

2016-17

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Nicola Zecchin, Bruno Lorenzon (a Segrate), Ciro Sicignano (parroco)

P. Bruno Lorenzon muore in comunità a Corsico il 29 gennaio 2017.

2017-18

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Nicola Zecchin, Ciro Sicignano (parroco)

2018-19

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (rettore), Ciro Sicignano (parroco)

2019-2020

Ottavio Chinello

Ottavio Chinello (direttore), Pietro Fietta (amministratore parroccchiale per pochi mesi; poi P. Alvise Bellinato),

João da Cunha

19. La casa di Asiago (1971)

La comunità di Possagno-Canova chiese al preposito generale P. Orfeo Mason, con lettera che fu letta nella riunione del consiglio generale del 30 aprile-1° maggio 1969, l’autorizzazione di aprire una casa convitto in Asiago (provincia di Vicenza, Diocesi di Padova), sull’Altopiano dei Sette Comuni. Lo scopo della casa era di “Convitto per alunni del Liceo Scientifico e Ragioneria in risposta alle numerose domande dei genitori degli alunni di Terza media; soggiorno di fine settimana sulla neve (le cosiddette settimane bianche), nei mesi invernali, per alunni e religiosi del Canova; nuova esperienza educativa nel Convitto-Doposcuola da fornire alla Congregazione”. L’edificio sarebbe stato affittato inizialmente dai PP. Comboniani, che ne avevano uno disponibile, per i 10 mesi dell’anno scolastico. Il personale, cioè in pratica all’inizio due padri, sarebbe fornito dalla comunità del collegio, e così pure il pagamento dell’affitto e per il mobilio e materiale. La casa, in realtà, sarebbe stata una filiale del Collegio Canova. Il preposito, con il consenso del consiglio, approvò e autorizzò il progetto.

Nel 1971 si parla di costruire una nuova casa su terreno dato dal comune, o di comprare la casa dei comboniani che si ha in affitto.

Il 1° giugno 1975 viene ufficialmente inaugurato il Soggiorno Cosulich dei Padri Cavanis. Il nome del Soggiorno viene dal fatto che l’edificio è stato potenziato anche grazie al contributo delle due sorelle veneziane Elena e Luisa Cosulich. Nell’occasione fu posta in sede una lapide che ricorda queste due benefattrici.

Il 5 agosto 1982 la casa, che era atata fino ad allora filiale di quella del collegio Canova di Possagno, fu dichiarata immediatamente dipendente dal preposito generale.

Il 22 dicembre 1994 chiude de facto la sua attività la casa di Asiago, che era stata chiusa de jure l’8 novembre 1993. Resta di proprietà della congregazione. Essa fu in un primo tempo affidata e affittata alla Libertas, emanazione del CONI.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici e osservaz.

1969-70

Vittorio Di Cesare, rettore di Possagno-Canova

Giuseppe Colombara, responsabile della casa, non risulta chiaro se già residente o no.

1970-71

Vittorio Di Cesare, rettore di Possagno-Canova

Giuseppe Colombara, responsabile della casa, non risulta chiaro se già residente o no.

1971-72

Angelo Moretti rettore di Possagno-Canova

Giuseppe Colombara, responsabile della casa.

 

1972-73

Angelo Moretti rettore di Possagno-Canova

  

1973-74

Giuseppe Simioni  rettore di Possagno-Canova

  

1974-75

Giuseppe Simioni  rettore di Possagno-Canova

 

Inaugurazione del Soggiorno Cosulich dei Padri Cavanis il 1° giugno 1975.

1975-76

Attilio Collotto rettore di Possagno-Canova

Il P. Guido Cognolato è il responsabile della casa, che non ha ancora una comunità residente permanente

 

1976-77

Attilio Collotto rettore di Possagno-Canova

  

1977-78

Attilio Collotto rettore di Possagno-Canova

  

1978-79

Attilio Collotto rettore di Possagno-Canova

  

1979-80

Attilio Collotto rettore di Possagno-Canova

  

1980-81

Attilio Collotto rettore di Possagno-Canova

  

1981-82

Attilio Collotto rettore di Possagno-Canova

  

1982-83

Franco Degan

Franco Degan, Giuseppe Colombara

La casa diviene direttamente dipendente dal preposito generale

1983-84

Franco Degan

Franco Degan, Giuseppe Colombara

1984-85

Emilio Gianola

Emilio Gianola (sostituto), Riccardo Zardinoni

1985-86

Emilio Gianola

Emilio Gianola (sostituto), Riccardo Zardinoni

1986-87

Emilio Gianola

Emilio Gianola (sostituto), Riccardo Zardinoni

1987-88

Emilio Gianola

Emilio Gianola (sostituto), Riccardo Zardinoni

1988-89

Diego Beggiao

Diego Beggiao (direttore), Giuseppe Colombara,

1989-90

Diego Beggiao

Diego Beggiao (direttore), Giuseppe Colombara, Bruno Lorenzon

1990-91

Diego Beggiao

Diego Beggiao (direttore), Giuseppe Colombara, Riccardo Zardinoni

1991-92

Diego Beggiao

Diego Beggiao (rettore), Rito Luigi Cosmo,

Ettore Perale (per pochi mesi da ottobre 1991, poi ebbe un ictus e ripassò al Canova)

1992-93

Diego Beggiao

Diego Beggiao (rettore), Rito Luigi Cosmo

1993-94

Diego Beggiao

Diego Beggiao (rettore), Rito Luigi Cosmo

Con la fine dell’estate 1994 chiude de facto la sua attività la casa di Asiago. Resta di proprietà della congregazione.

20. La casa di Mestre (1982)

La congregazione ricevette nell’aprile 1982 l’invito dal patriarca di Venezia, card. Marco Cè, di assumere la direzione della scuola media e un liceo scientifico sito a Mestre, al viale S. Marco, come sezioni staccate della scuola Cavanis della casa-madre. L’invito viene accolto, e si formò a Mestre una nuova attività, al momento con il solo P. Tino Comunian, come responsabile, anche se purtroppo non aveva il titolo conveniente né per l’insegnamento né tento meno per la presidenza, come si scoprì più tardi, con qualche sgradevole problema; più tardi creando una piccola comunità di due e poi di tre religiosi. La scuola di Mestre fu accettata dall’inizio dell’anno scolastico 1982-83. Più tardi fu accettata, a richiesta del Patriarca, anche la scuola elementare. Tale scuola elementare fu poi dopo un decennio o poco più ceduta alle suore Mantellate di Pistoia (dell’Istituto S. Gioachino di Venezia) all’inizio dell’anno scolastico 1993-94.

Venendo più ai dettagli, da un incontro successivo con il patriarca risulta che “L’Istituto Cavanis dovrebbe assumere, a forma di Cooperativa (PP. Cavanis – Curia di Venezia – Suore di Nevers) la direzione della scuola media, per cui il Preside della Scuola Media sarebbe anche vice-preside del liceo scientifico, che diventerebbe sezione staccata dl ns. liceo scientifico di Venezia”. In pratica le cose non andarono così, e tutto il peso della scuola, della direzione, dell’affitto degli ambienti e così via venne a gravare sulla cooperativa dei genitori e sull’istituto Cavanis.

Nel settembre 1985 la diocesi di Venezia, nella persona dello stesso patriarca Marco Cè, chiese all’Istituto Cavanis un ulteriore impegno: di accettare la direzione per un biennio almeno (1986-88) della scuola elementare, che si trovava in un altro quartiere della città di Mestre. Nonostante le difficoltà tecniche e di personale, il preposito con il suo consiglio decise di continuare a collaborare e di accogliere anche questa richiesta, per amore di chiesa.

Nella riunione del 28-31 luglio 1986, il preposito con il consenso del consiglio staccò la casa di Mestre da quella di Venezia, di cui era finora filiale, e ne fece una casa direttamente soggetta al preposito. Vi aggiunse un religioso.

La casa di Mestre, durante gli anni ’90, vide però diminuire il numero degli studenti, raddoppiare l’affitto da parte delle suore di Nevers, proprietarie dell’edificio, e contemporaneamente si vide nella necessità di mettere a norma di legge la scuola seguendo tutte le norme antincendio e in genere di abitabilità, con spese notevolissime. Il preposito decise allora di chiudere la casa, anche dentro di un piano, che cominciava allora, di ridimensionamento delle case italiane. La decisione di chiudere Mestre non fu bene accolta da tutti; alcuni trovavano che era meglio chiudere Venezia (!) perché Mestre era considerato un ambiente in espansione (il che era vero, anche se non se ne vedeva il risultato nella scuola specifica) mentre Venezia era un ambiente che tendeva a diminuire di popolazione, come di fatto continuò fino ad oggi. Mestre era anche considerata una casa comoda per posteggiare i veicoli per i religiosi Cavanis che si recavano alla casa-madre di Venezia, e anche come deposito di stoccaggio e distribuizione del materiale editoriale e propagandistico dell’Istituto.

La scuola elementare di Mestre, che era stata accorpata nel 1992 alla casa di Venezia e alle sue scuole, fu ceduta alle Suore Mantellate di Pistoia (Istituto San Gioachino di Mestre), all’inizio dell’anno 1993-94, in modo che i bambini potessero essere meglio seguiti e ad evitare la manutenzione di una sezione staccata di difficile conduzione. La scuola, almeno per ora, rimarrà come sezione staccata nella stessa sede precedente.

La casa di Mestre, come tale, fu chiusa nel 1992, con decreto del preposito generale, P. Giuseppe Leonardi, del 28 dicembre 1991. Esso stabiliva che “le attività scolastiche si chiudano con la fine dell’anno scolastico 1991-92”. I motivi della chiusura – abbastanza criticata – era di carattere vario: la notevole diminuzione degli allievi e quindi l’insostenibilità economica; il fatto che l’Istituto non era il proprietario dell’edificio, ma affittuario delle Suore di Nevers; le quali nel 1991 avevano domandato di raddoppiare l’affitto; al tempo stesso che l’Istituto Cavanis a sue spese avrebbe dovuto mettere a norma l’edificio, con tutti gli apparati e apparecchi antincendio, scale e quant’altro. Qualcuno avrebbe preferito (e concretamente suggerito) che si chiudesse invece la casa di Venezia (una città in diminuzione di abitanti) e si incrementasse la scuola Cavanis di Mestre, conurbazione dove all’epoca si concentrava la massima parte della popolazione del comune di Venezia; tuttavia al preposito e al suo consiglio non parve possibile né conveniente chiudere la Casa-madre della Congregazione. La scuola si chiuse alla fine dell’anno scolastico 1991.92; ma la casa di fatto si chiuse nell’autunno 1993 o all’inizio del 1994, dopo aver risolto vari difficile problemi relativi alla chiusura, alla situazione del personale e così via.

Anno scolastico

Rettore

Preti

Fratelli laici

Seminaristi e osservazioni

1982-83

 

Tino Comunian

 

1983-84

 

Tino Comunian

Fino all’anno scolastico 1985-86 P. Tino Comunian rimane membro della comunità di Venezia, staccato per lavoro a Mestre.

1984-85

 

Tino Comunian

 

1985-86

 

Tino Comunian

 

1986-87

Tino Comunian

Tino Comunian (pro-rettore), Remo Morosin

In quest’anno la casa di Mestre è staccata da Venezia e diviene casa direttamente dipendente dal Preposito.

1987-88

Tino Comunian

Tino Comunian (pro-rettore), Remo Morosin

 

1988-89

Tino Comunian

Tino Comunian, (rettore),

Silvano Mason, Remo Morosin

 

1989-90

Tino Comunian

Tino Comunian, (rettore),

Silvano Mason, Remo Morosin

 

1990-91

Tino Comunian

Tino Comunian (responsabile)

Remo Morosin

Almeno dal 1990-91 Tino Comunian non è rettore, ma sostituto con potestà vicaria.

1991-92

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Remo Morosin, Tino Comunian

Giusto Larvette

 

1992-93

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Remo Morosin, Tino Comunian

Giusto Larvette

 

1993-94

Giuseppe Panizzolo

Giuseppe Panizzolo (rettore), Remo Morosin, Tino Comunian

Giusto Larvette

 

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