Paolo VI e il Concilio Vaticano II

Pp. 21-24, Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI.

Titolo: L’ANNUNCIO DEL VANGELO NEL MAGISTERO DI PAOLO VI – Lettura Teologico-Pastorale di Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi

Autore: Mouyéké Misère Tiburce Barbeault

Numero di pagine: 121

Lingua: ITALIANO

Stampa: 2024

Parole Chiave: Evangelizzazione, Vangelo, Paolo VI, Magistero, Missione, Propaganda Fide, Chiesa, Concilio Vaticano II, Ecumenismo, Nuova Evangelizzazione, Comunità ecclesiale, Gaudete in Domino, Evangelii Nuntiandi, Evangelica Testificatio, Dialogo interreligioso, Laici, Carità, Catechesi, Testimonianza cristiana, Giovanni XXIII.

Riassunto: Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI sull’annuncio del Vangelo attraverso una lettura teologico-pastorale delle esortazioni Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi. Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI sull’annuncio del Vangelo attraverso una lettura teologico-pastorale delle esortazioni Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi. 

1.3 PAOLO VI E IL CONCILIO VATICANO II

1.3.1 BIOGRAFIA DI PAOLO VI
Giovanni Battista Montini (Paolo VI) nacque a Concesio il 26 settembre 1897. Di famiglia cattolica molto impegnata sul piano politico e sociale, tra il 1903 e il 1915 frequentò le elementari, il ginnasio e parte del liceo nel collegio Cesare Arici, tenuto a Brescia dai gesuiti, concludendo gli studi secondari presso il liceo statale cittadino nel 1916. Nell’autunno dell’anno 1916 Giovanni Battista Montini entrò nel seminario di Brescia e quattro anni dopo, il 29 maggio 1920, ricevette in cattedrale l’ordinazione sacerdotale dal vescovo Giacinto Gaggia. Dopo l’estate si trasferì a Roma, dove seguì i corsi di filosofia della Pontificia Università Gregoriana e quelli di lettere dell’università statale, laureandosi poi in diritto canonico nel 1922 e in diritto civile nel 1924. Intanto, in seguito a un incontro con il sostituto della Segreteria di Stato Giuseppe Pizzardo nell’ottobre 1921, fu destinato al servizio diplomatico e per alcuni mesi del 1923 lavorò come addetto alla nunziatura apostolica di Varsavia.

1.3.2 PAOLO VI, IL PAPA DEL CONCILIO VATICANO II
Nei primi atti del pontificato, Paolo VI volle sottolineare in ogni modo la continuità con il predecessore, in particolare con la decisione di riprendere il Vaticano II, che si riaprì il 29 settembre 1963. Il primo atto del pontificato di Paolo VI consistette nel ribadire la prosecuzione del Concilio come era nell’auspicio di molti. La mattina del 22 giugno, nella Cappella Sistina, dopo la rituale triplice obbedienza dei cardinali, il papa affermò che la parte preminente del suo pontificato sarebbe stata occupata dalla “continuazione del Concilio giovanneo, al quale sono fissi gli occhi di tutti gli uomini di buona volontà”. Fin dall’inizio del suo pontificato Paolo VI avvertì fortemente la responsabilità del lascito del suo predecessore. Egli guidò i lavori conciliari, mettendo a frutto la sua precedente esperienza di abile negoziatore e operando pazienti mediazioni tra le diverse anime del Concilio. Nell’omelia del solenne rito della sua incoronazione, che avvenne il 30 giugno, Paolo VI affermò: “Al di là delle frontiere del Cristianesimo, c’è un altro dialogo nel quale la chiesa si è impegnata oggi; il dialogo con il mondo moderno […]. Esso aspira alla giustizia; ad un progresso che non sia soltanto tecnico, ma umano […]. Queste voci profonde del mondo noi le ascoltiamo”. Per Paolo VI, la chiesa è chiamata ad essere in profonda comunione con il mondo moderno, pronta ad accogliere le sue sfide e ad offrire il rimedio ai suoi mali, la risposta ai suoi appelli. Paolo VI era pienamente cosciente del suo alto incarico. Infatti alcune delle sue parole di consapevolezza della sua nuova posizione nella chiesa furono queste: “Mi pare che i fatti erano più forti di me; e che in me vi fossero una sincera e tacita preghiera di essere risparmiato, e insieme il proposito di non commettere viltà e di fare oblazione, ancora, della mia povera vita”.

1.3.3 PAOLO VI E L’ECCLESIOLOGIA DEL VATICANO II
Paolo VI aprì la seconda sessione del Vaticano II. L’allocuzione di apertura manifestava, in un linguaggio ricco il suo progetto di concilio. Apparivano temi nuovi, che integravano e arricchivano, sotto il profilo del contenuto ma anche della prassi, la materia sottoposta all’attenzione dell’Assemblea conciliare e dei suoi organi. Questi nuovi temi riguardavano “la priorità dell’approfondimento della teologia sulla chiesa e l’impegno del Concilio per un dialogo aperto con il mondo moderno”. Il primo tema, che il Papa indicò come scopo principale del Concilio, aveva come obiettivo quello di definire il concetto di chiesa in una cornice ecclesiologica rinnovata, integrandola con la dottrina espressa dal Vaticano I sulle prerogative del potere papale. Ritornando successivamente sull’argomento ecclesiologo, il Papa, in una allocuzione del 14 settembre 1964, affermò: “Sul quadrante della storia è venuta l’ora in cui la chiesa deve dire di sé ciò che Cristo di lei pensò e volle. La chiesa deve definire sé stessa”. Questa materia occupò per molto tempo la mente del Pontefice. A questo tema egli dedicò la sua prima enciclica Ecclesiam Suam, e vigilò attentamente sul lavoro del Concilio perché il nuovo schema del De Ecclesia che poi divenne la costituzione Lumen Gentium, venisse accolto, con opportune limature e adattamenti, dalla quasi unanimità dei padri. Altro tema molto caro a Paolo VI fu quello del dialogo con il mondo moderno. Esso ha attraversato tutte le fasi del periodo conciliare, ispirando la redazione di documenti come la Gaudium et Spes, che il Papa volle che venisse portata avanti. Paolo VI guardò alla contemporaneità con sguardo positivo, anzi lesse in questo grandioso panorama del progresso della scienza e della tecnica tante aspirazioni di giustizia, di pace, di crescita umana e di collaborazione fiduciosa tra gli uomini che meritavano una risposta, che la chiesa, egli disse in diverse occasioni, era capace di dare. La seconda sessione terminò nel dicembre 1963 con la promulgazione della costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium” sulla liturgia, che aveva inaugurato, nella sessione precedente, i lavori conciliari. In effetti, la Sacrosanctum Concilium non rappresentava che la necessaria premessa alla riforma liturgica vera e propria; essa era una sorta di legge quadro in cui venivano indicati i princìpi e i criteri da applicare in un successivo disciplinamento della materia.

1.3.4 GLI INTERVENTI DI PAOLO VI NEL CONCILIO VATICANO II
Il primo intervento di Paolo VI avvenne sul terzo capitolo del “De Ecclesia”, sulla struttura gerarchica della chiesa. Durante l’inter-sessione nel maggio 1963, il Papa inviò alla Commissione dottrinale 13 suggerimenti in materia di collegialità. In questo caso egli disse di agire come vescovo tra i vescovi, anche se tale intervento fu accolto dai padri della maggioranza con costernazione. La Commissione, invece, confermò la soluzione precedentemente adottata, cioè che l’autorità del collegio non po…
Con la riapertura del Concilio, il 29 settembre 1963, Paolo VI evidenziò quattro priorità chiave per i padri conciliari: Una migliore comprensione della chiesa cattolica; Riforme della Chiesa; avanzamento nell’unità della cristianità; dialogo con il mondo. Il Papa ricordò ai padri conciliari che solo alcuni anni prima Pio XII aveva scritto l’enciclica Mystici Corporis Christi sul corpo mistico di Cristo. Egli chiese dunque a loro non di ripetere o creare nuove definizioni dogmatiche, ma di spiegare in par…
Secondo Paolo VI, il più importante e rappresentativo dei proponimenti del Concilio era la chiamata universale alla santità: “tutti i fedeli in Cristo di qualsiasi rango o status, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana ed alla perfezione della carità; con questo la santità è può essere promossa nella società della terra”. Paolo VI, fin dall’inizio, aveva sostenuto la linea del cambiamento in materia ecclesiologica e aveva fatto della chiesa in dialogo con il mondo moderno uno dei temi chiave …
Sotto la guida pastorale di Paolo VI, il Concilio Vaticano II segnò una rinnovata fase per quanto riguarda l’ecumenismo, e negli anni successivi alla sua chiusura vennero aperti dialoghi bilaterali con numerose confessioni cristiane, tra i quali la Comunione Anglicana (1966), la Federazione Luterana Mondiale (1967), la Chiesa ortodossa (1980). Tra i documenti prodotti dai padri conciliari, uno, intitolato Nostra Aetate si occupa dei rapporti tra religione cattolica e le altre religioni, inclusa la relig…

1.3.5 LE RIFORME DURANTE IL CONCILIO VATICANO II
Durante il Concilio Vaticano II, Paolo VI ha creato il Consiglio per l’applicazione della Costituzione sulla liturgia. La creazione di questo Consiglio è stata annunciata da Paolo VI con il Motu Proprio “Sacram Liturgiam” del 25 gennaio 1964, in cui permetteva l’applicazione immediata di parecchie disposizioni della Costituzione conciliare. Un anno prima della conclusione del Concilio Vaticano II fu creata anche la Commissione Pontificia per le comunicazioni sociali. Paolo VI, con il Motu Proprio In fructibus multis del 2 aprile 1964, crea la Commissione pontificia per le comunicazioni sociali estendendone la competenza anche alla stampa.


Consapevole che nel mondo contemporaneo esistono anche le altre confessioni religiose, Paolo VI crea il Segretariato per i non-cristiani. Il 12 settembre 1963, vigilia della ripresa dei lavori conciliari, il Papa annunciava la sua intenzione di creare il Segretariato per i non-cristiani. Nel discorso di Pentecoste, il 17 maggio 1964, rendeva nota la sua costituzione. Il lavoro di questo Segretariato si inquadra nella luce della Dichiarazione sulle religioni non cristiane.
Alla fine del quinto capitolo della seconda parte sulla pace e sulla comunità dei popoli, Paolo VI dichiara che è altamente desiderabile la creazione di un organismo della chiesa universale, destinato a promuovere l’azione della comunità dei cattolici per il progresso delle regioni sottosviluppate e per la giustizia sociale tra tutte le nazioni. In altre parole il pontefice romano parlava dello schema sulla chiesa nel mondo moderno.
Con un Motu Proprio, il Papa Paolo VI crea il Sinodo di Vescovi. Il Decreto sui Doveri Pastorali dei Vescovi dichiara che questo Sinodo, composto da Vescovi di ogni parte del mondo secondo direttive stabilite dal Papa stesso, dovrà dare al Pastore supremo della chiesa un aiuto prezioso, e sarà un segno concreto della “partecipazione dei Vescovi, in comunione gerarchica, alla responsabilità della chiesa universale”.

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