L’epoca di P. Sebastiano Casara, il “secondo fondatore” nella Congregazione e nel mondo (1852-1863)

Pp. 595-619, Libro Storia dell’Istituto Cavanis - Congregazione delle Scuole di Carità.

Titolo: Storia dell’Istituto Cavanis – Congregazione delle Scuole di Carità 1772-2020

Autore: Giuseppe Leonardi, CSCh

Numero di pagine: 3.793

Lingua: ITALIANO

Anno: 2022 (*Aggiornato 2023)

Parole Chiave:

Congregazione Cavanis, educazione cristiana, Marco Cavanis, Antonio Cavanis, Venezia, pedagogia, vocazione, spiritualità, formazione giovanile, missione educativa, carisma, scuola cattolica, storia ecclesiastica, apostolato, congregazione religiosa, povertà educativa, Chiesa cattolica, evangelizzazione, comunità religiosa, tradizione.

Riassunto:

Quest’opera offre un ampio e documentato percorso storico sulla nascita, lo sviluppo e la missione educativa della Congregazione dei Padri Cavanis, fondata dai fratelli Marco e Antonio Cavanis a Venezia nel XIX secolo. Attraverso un’accurata analisi delle fonti, Giuseppe Leonardi ripercorre i momenti chiave dell’espansione della Congregazione in Italia e nel mondo, mettendo in luce la vocazione alla formazione cristiana e civile dei giovani, in particolare dei più poveri. L’autore evidenzia inoltre la spiritualità cavanisiana, fortemente radicata nella pedagogia dell’amore, nell’apostolato educativo e nella fedeltà alla Chiesa. L’opera si conclude con una riflessione aggiornata sulle sfide e prospettive della Congregazione nel contesto contemporaneo

L’epoca di P. Sebastiano Casara, il “secondo fondatore” nella Congregazione e nel mondo 

2.1 La prima serie di mandati di P. Sebastiano Casara (1852-1863)

Dato che questa opera è stata scritta nella sua prima redazione a Kinshasa, da un religioso Cavanis impegnato nella vita pastorale nella Repubblica democratica del Congo, ricorderò in primo luogo che Padre Sebastiano Casara dà il suo nome al nostro noviziato Cavanis a Kinshasa. È uno dei nostri «antenati» spirituali più importanti, senza dubbio il più colto; dopo i nostri fondatori è certamente il più tipico dei religiosi Cavanis, e, secondo chi scrive, uno dei più santi fra noi. Non la pensa così solo chi scrive quest’opera. Il venerabile P. Basilio Martinellidefinisce P. Casara, nei suoi Pensieri: l’uomo «tutto proteso verso la volontà di Dio». Qualche mese prima di morire, P. Basilio diceva a P. Aldo Servini, più tardi postulatore della causa di beatificazione dei fondatori: «Non ho mai conosciuto nella mia vita qualcuno più santo di P. Casara». 

Per una conoscenza più approfondita di P. Sebastiano Casara, rinvio alla lettura della sua biografia nel libro coordinato da P. Diego Beggiao, come pure alle due altre parti del libro, sulla sua attività e produzione filosofica e sulla sua partecipazione attiva alla vita della chiesa che è in Venezia e nel Veneto; e ancora alla sua biografia nella Positio dei fondatori dove essa è molto più breve e sintetica. 

Sebastiano nasce a Venezia il 15 maggio 1811, a S. Samuele nella parrocchia di S. Stefano, e fu battezzato nella chiesa di S. Vidal, prossima a quella di S. Stefano. Era figlio di Francesco Casara e di Vittoria Franchini, originari di Malo in Provincia di Vicenza. Suo padre era un commerciante d’alimentari, quindi un biadaiolo, con vari negozi; era stato ricco una volta, ma si era ridotto quasi in povertà successivamente. Aveva un altro figlio, fratello maggiore di Sebastiano, che lo aiutava nel commercio, ma era morto. La coppia Casara sopportò la disgrazia con molto coraggio e fede. Era una famiglia davvero cristiana e avevano una grande stima dei padri Cavanis. La famiglia aveva sofferto diverse prove in molte circostanze e in modi differenti. 

Sebastiano, con il nome completo di Sebastian [sic] Domenico Antonio, fu battezzato nella chiesa parrocchiale di S. Stefano il 18 maggio 1811, quattro giorni dopo la nascita, dal vicario della chiesa vicariale di S. Vitale (S. Vidal). Ricevette in famiglia la prima formazione cristiana.

Nell’anno scolastico 1816-17 Sebastiano accede alla scuola elementare gratuita dei Cavanis, a cinque anni, assieme al fratello, e dimostra grande intelligenza e una discreta propensione allo studio. Deve però interrompere gli studi a 11 anni, quindi probabilmente nel settembre 1822 e alla fine delle scuole elementari o della prima ginnasio, e fino agli ultimi mesi del 1828, perché soffriva di una malattia agli occhi e, secondo il parere dei medici dell’epoca, gli studi gli avrebbero causato la cecità definitiva. Per alcuni anni, passa dunque a lavorare nell’impresa paterna, cioè nel negozio di biadaiolo, a S. Barnaba, essendo dunque biadaiolo egli stesso. In questi anni viene cresimato, il 6 agosto 1820, nella sua parrocchia di S. Stefano .

Ma Sebastian non poteva allontanarsi dal “suo” Istituto: l’8 settembre (festa della natività di Maria) 1828, con un gesto improvviso, entra come postulante nella comunità dell’Istituto Cavanis, che viveva già nella «casetta» da 8 anni, e riprende i suoi studi ginnasiali a 17 anni, probabilmente dalla seconda alla sesta ginnasiale, frequentando cioè prima la seconda, terza e quarta classe di Grammatica, poi la prima e seconda di Umanità, con risultati variabili. 

Nella sua cartella, nella posizione archivistica suddetta, è conservato l’Attestato finale del suo corso ginnasiale rilasciato dal Ginnasio Patriarcale in Venezia il 1° settembre 1831, valido per l’ammissione al Liceo.

L’ultima colonna dell’attestato mette in risalto che era privatista. Non è chiaro se avesse frequentato i corsi da privatista, cioè senza essere seminarista diocesano e senza risiedere in seminario ma in Istituto, o se, come sembra più probabile, abbia frequentato il corso ginnasiale nelle Scuole di Carità – come dice l’attestato nella colonna di destra – e abbia sostenuto da privatista gli esami in seminario alla fine di ogni anno.

Non si parla del liceo. Per gli ecclesiastici il liceo doveva in pratica essere sostituito dal corso di filosofia. Infatti, dopo l’ultimo anno scolastico di ginnasio (Umanità) nel 1830-1831 Casara (come pure gli altri religiosi e preti suoi colleghi) passò direttamente al biennio filosofico e poi al quadriennio teologico. Il Liceo tuttavia esisteva per i laici. 

Mise l’abito ecclesiastico l’8 dicembre 1829, all’inizio della prima classe ginnasiale di Umanità, e nel corso del II anno di Umanità ricevette la tonsura dal Patriarca Monico l’8 dicembre 1830, a Venezia, ambedue le volte nell’oratorio della comunità; ricevette inoltre gli ordini minori dell’ostiariato, lettorato ed esorcistato il 22 settembre 1832dal cardinal patriarca Monico, nel corso di un pontificale in S. Marco; analogamente ricevette l’ordine minore dell’accolitato nelle Tempora autunnali, dal Patriarca a S. Marco, il 21 settembre 1833. 

Nel 1833 Casara riceve anche, in altro campo, l’abilitazione all’insegnamento nella scuola elementare.

Fra il 1831 e il 1837 frequenta il corso biennale di filosofia (1831-32 e 1932-33) e il corso quadriennale di teologia (dal 1833 al 1837) nel seminario patriarcale, concludendo con lode, anzi più esattamente con “eminenza” in tutte le materie. 

Documenti ritrovati nell’AICV ci permettono ora di entrare più nel dettaglio. Nella sua cartella, più volte citata, in AICV, esiste infatti un originale di “Assolutorio degli Studi Filosofici” del 15 settembre 1833, a stampa, con gli spazi punteggiati compilati a penna, in cui nella colonna “Diligenza” si trova scritto “molto diligente” in tutte le righe e spazi relativi alle materie in tutti e due i semestri di tutti e due gli anni scolastici 1831-32 e 1832-33; e nella colonna “Progresso” si trova sempre, analogamente, “Eminenza”. Quanto all’item “La di lui condotta morale fu conforme alle Leggi accademiche” le caselle corrispondenti a semestri e anni riporta la dicitura “Eminentemente conforme”. Il formulario sembra essere un modulo dello stato, non della Chiesa. Infatti, nelle prime righe riporta la frase “presso l’I.R.[Imperial Regio] …….” dove I.R. è cancellato e lo spazio punteggiato è completato con “Seminario Patr.le”. Anche il bollo lineare è del Seminario Patriarcale di Venezia, anche se poco leggibile. 

Le materie sono nel primo anno: Religione, Storia Universale, Filosofia, Matematica Pura Elementare, Filologia Latina; nel secondo anno sono: Religione, Storia Universale, Filosofia, Fisica, Filologia Latina. Vi si parla di “Facoltà Filosofica”.

Nella stessa cartella, esistono anche due copie originali dell’“assolutorio”, del corso teologico quadriennale, ambedue intestate al “Regno Lombardo-Veneto. Governo di Venezia”, in cui “’I[mperial] R[egio] Direttore dello Studio Teologico presso il ……..” [Spazio riempito con la dicitura a penna “Seminario Patriarcale”]. A chiunque dichiara che il Sig. Casara Sebastiano figlio del Sig. Francesco nativo di Venezia ha regolarmente compiuto in quest’anno 1837 il corso quadriennale dello Studio Teologico riportando ne’ pubblici Esami le seguenti classificazioni”. 

Nel primo anno (1833-34) sono riportate le seguente materie obbligatorie (ed esami corrispondenti):

  1. Storia Ecclesiastica con riflessioni sopra la Patrologia, e Storia Letteraria Teologica;
  2. Lingua ebraica;
  3. Archeologia Biblica;

Esegesi;

  1. Introduzione ai Libri del vecchio Testamento.

Nel secondo anno (1834-35) le materie obbligatorie sono le seguenti:

  1. Lingua Greca;

Esegesi;

  1. Ermeneutica biblica;
  2. Introduzione ai Libri del nuovo Testamento,
  3. Diritto Ecclesiastico; 
  4. Pedagogia in ambedue semestri 

Nel terzo anno (1835-36) le materie obbligatorie sono le seguenti:

  1. Teologia Dogmatica;
  2. Teologia Morale.

Nel quarto anno (1836-37) le materie obbligatorie sono le seguenti:

  1. Teologia Pastorale;

Catechetica;

  1. Metodica.
  1. Nella colonna a destra, per le classificazioni, a tutte le materie di tutti i quattro anni si trova la nota “Eminenza”.

Il documento si conclude con la frase, stampata, fuorché la classificazione o giudizio che è a penna e qui indicata tra virgolette, “La condotta del mentovato alunno fu “eminentemente” conforme alle Leggi academiche. In fede di che gli ho rilasciato il presente Assolutorio da me sottoscritto e munito del Sigillo della Direzione dello Studio Teologico. Venezia, il 5 del mese di Settembre 1837”. Il bollo lineare è lo stesso che nell’Assolutorio di Filosofia e parimenti quasi illeggibile, ma comunque del seminario Patriarcale. Le due copie dell’Assolutorio o pagella hanno date differenti, essendo state richieste probabilmente in date differenti dall’interessato, per motivi differenti: La prima copia è del 29 agosto 1837; la seconda del 5 settembre 1937.

Anche se è difficile oggi stabilire a quale tipo di studi corrispondessero esattamente quelli compiuti dal Casara e dai suoi colleghi del Seminario Patriarcale di Venezia in quegli anni, pare certo che si tratta di studi non solo seminaristici, cioè volti a preparare i candidati a ricevere gli ordini sacri e a permettere loro di esservi ammessi e di riceverli; risulta che si tratta di studi accademici (il termine ritorna frequentemente) di una Studio rispettivamente Filosofico e teologico; il documento Assolutorio degli studi teologici è poi dato in formulario fornito dal Regno Lombardo-Veneto e quindi riconosciuto dallo stato.

Nello stesso anno 1837 inoltre il giovane Casara in data 10 agosto 1837 ricevette un certificato dall’“Imperiale Regio Ispettorato Generale delle Scuole Elementari Venete” che dichiara aver il Casara frequentato il corso di catechetica (contenuto e metodo) ed aver sostenuto il 4 agosto 1837 l’esame davanti al Patriarca [Jacopo Monico] e l’I.R. Consigliere ed Ispettore Generale delle Scuole Elementari nelle Venete Provincie [D. Giorgio Pancia], che firma il certificato o diploma che sia], e che “ha meritato per la Catechetica il grado di Prima Classe con Eminenza e per la Metodica il grado di Prima Classe con Eminenza”.

Per comprendere ciò che Casara pensava di se stesso e dei suoi studi, come fervido rosminiano, e sul fatto che si riteneva tuttavia un tomista di formazione e di pensiero, è importante riferire su questo periodo di studi due commenti che egli stesso scriverà, pochi anni prima della morte: “attesi con grande amore alle lezioni pei quattro anni dei Corsi teologici” e: “Studiai io Dogmatica sotto un dottissimo Domenicano, tomista vero all’antica per istituzion ricevuta, e per lungo studio fatto da se con amor grande e forte intelligenza (…). 

Divenni quindi io pure tomista, né tanto per la molta stima che meritava il Lettore, quanto perchè mi persuadevano i suoi insegnamenti, me ne sentivo appagato l’animo dalle dimostrazioni, e consolata la fede dalla bella luce che riflettevano sulle infallibili verità apprese dal Catechismo”.

Casara, dopo i suoi studi seminaristici di filosofia e di teologia, frequentati come si diceva presso il seminario patriarcale di Venezia, non compì altri studi di livello universitario. Lo fa capire egli stesso in un articolo del 1894, dicendo non essere “Dottor laureato”. Per la verità, questo articolo uscì anonimo, ma non c’è dubbio che l’autore ne sia P. Casara. Egli continua nello stesso articolo: “Potrei dire di non aver interrotto mai per quanto potevo, uno studio sopra ogni altro a me caro nei quasi sessanta miei anni di sacerdozio”. 

Tale assenza di studi accademici, oltre a quelli strettamente necessari per accedere agli ordini sacri, che forse conducevano al grado di Baccalaureato, forse a quello di Licenza, forse a nessun grado accademico formale, si deve spiegare con la necessità di personale insegnante per le proprie scuole dell’Istituto Cavanis. Casara dovette così cominciare ad insegnare già da seminarista alle scuole elementari dell’Istituto, dal 1833 almeno, ancora chierico di ordini minori, e non interruppe mai l’insegnamento nei livelli gradualmente superiori delle Scuole di Carità.

Si noti che a quel tempo non era possibile compiere studi universitari a Venezia, non essendoci un’università fino al secolo XX, e non era possibile neanche frequentare corsi all’università di Padova, che era la più vicina, e contemporaneamente insegnare a Venezia, data la difficoltà dei viaggi a quei tempi. Andare a Padova, prima in barca fino a Mestre o a Fusina, poi con le carrozze a Padova, richiedeva una giornata completa ogni volta. Deve essere stata una sofferenza e una grande rinuncia per lui, così appassionato degli studi. Sostenne tuttavia almeno 4 esami presso l’Università di Padova nel 1840, come si dirà più sotto.

Casara, ancora seminarista, il 29 novembre 1832 dovette conoscere personalmente con ogni probabilità, dato che abitava in comunità a Venezia e operava nelle scuole, il sacerdote e filosofo Antonio Rosmini-Serbati, fondatore della Congregazione della Carità, detta dei Rosminiani, e di recente dichiarato beato (18 novembre, 2007), quando costui visitò l’Istituto Cavanis a Venezia con il benefattore dell’Istituto Cavanis, il conte Giacomo Mellerio di Milano. L’abate Rosmini durante la sua visita forse lasciò in dono all’Istituto una serie delle sue pubblicazioni. Le Memorie della Congregazione, scritte dal P. Marco, descrivono così la visita di Rosmini e del Mellerio:

“29 detto — Fu visitato in questa mattina l’Istituto da S.E. il Co.  Giacomo Mellerio milanese nostro antico benefattore, il qual venuto in compagnia del Co. Ab. Antonio Rosmini fondatore di un pio Istituto in Trento ci raddoppiò l’allegrezza, ed avendo esaminato con molta benignità ambedue gli Stabilimenti se n’è dimostrato soddisfattissimo. 

In tale incontro ci riuscì pure assai caro il sentire da detto Co. Mellerio esser egli stato educato dai Padri delle Scuole Pie, scoprendo così un nuovo titolo per cui possiamo prometterci il di lui cordiale interesse a favore di un Istituto, quale si è il nostro, posto sotto gli auspicj del Santo Fondatore delle medesime Scuole Pie. Dall’Ab. Rosmini poi abbiamo avuto la sorpresa graditissima di sentirsi annunciare un recente Decreto sovrano favorevole alle Congregazioni ecclesiastiche sul proposito degli studj, del qual Decreto ha promesso pur di mandarcene la versione italiana, aggiungendo la gentil espressione del desiderio che si mantenga scambievole la corrispondenza fra noi.”

È molto interessante riprodurre qui integralmente anche la lettera che il Rosmini scrisse al P. Marco, un paio di mesi più tardi, commentando la sua recente visita e fornendo copia e traduzione di un documento sulle scuole richiesto dai padri:

“Carissimo e venerat.mo Sig.r Don Marc’Antonio.

La conoscenza per me fatta di lor Signori nella mia ultima gita a Venezia, e la visita de’ loro stabilimenti, mi ha cagionato e lasciato nell’animo dolce consolazione. Ne ho ringraziato Iddio di cuore, che ispirò loro sì utili pensieri, pregandolo di benedirne la bella impresa sino alla fine. Avendo la Provvidenza fatto che mi ritrovi anch’io aver alle mani la formazione di qualche casa religiosa e di qualche collegio, non è maraviglia se senta per essi non solo stima, ma una speciale propensione di affetto. E però mi permettano di considerarli come miei fratelli nel Signore, ed abbiano la carità di considerare e trattare anche me come un loro fratello e compagno. E mi è caro di aver occasione di scriver loro anche per dirgli queste cose.

Vedrà qui il decreto sovrano che ho promesso mandarle: desidero che possa esserle utile; la traduzione è cattiva, ma però fedele: mi scusi se qui non ho un traduttore migliore. Aggiungo qui due monete, pregandola di celebrare una messa secondo la mia intenzione; e la prego di avermi presente sempre d’innanzi a Dio.

I miei rispetti e saluti più affettuosi a don Anton’Angelo; e le bacio le mani.

Domodossola 21 dell’a. 1833

Ps. — La prego di salutarmi i suoi compagni, e raccomandarmi alle loro orazioni.

Suo Umiliss. Obbl.mo e Affez.mo Antonio Rosmini Serbati P. Casara fu ordinato suddiacono il 24 settembre 1836 dal patriarca Jacopo Monico sull’altare maggiore della basilica patriarcale e cattedrale di S. Marco, nelle tempora di settembre; diacono il 25 marzo 1837, dal patriarca Monico, nella sua cappella del palazzo patriarcale; il 23 settembre 1837 è ordinato prete come membro dell’Istituto Cavanis. 

Già da seminarista aveva collaborato con l’educazione degli allievi delle scuole dell’Istituto; da prete poi vi si dedicò in pieno, fino alla morte.

Indossò l’abito religioso specifico dell’Istituto, la talare (che come ecclesiastico portava già), la fascia, la pazienza e il bavero, assieme con il P. Marco Cavanis e vari confratelli il 15 luglio 1838, il giorno prima dell’erezione canonica dell’Istituto; professò i voti semplici lo stesso giorno. 

Questi due avvenimenti corrispondono al momento molto importante dell’erezione canonica della congregazione e della vestizione e professione religiosa dei due stessi fondatori. Come religioso di questa Congregazione, ora di diritto pontificio, Sebastiano fece parte dunque del gruppo dei primi compagni dei fondatori, anche se più giovane rispetto a loro.

Nel 1838 ci fu per P. Casara un grande avvenimento: compì un viaggio a Milano con P. Marco, con una lunga permanenza fuori Venezia di quasi due mesi, e varie tappe ricche di avvenimenti e incontri all’andata e al ritorno. 

Scopo principale del viaggio era stato quello di richiedere e ottenere, come accadde difatti, un’udienza con il viceré del Lombardo-Veneto, il Principe Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena, arciduca d’Austria, per domandargli di accettare la dedica del volumetto “Notizie intorno alla Fondazione ecc.”, e poi per presentarglielo stampato e rilegato in omaggio. P. Marco portava con sé il suo amatissimo discepolo (e poi successore) don Casara anche per presentarlo al viceré e all’ambiente del vice-regno, come aveva fatto portando con sé analogamente a Vienna, per visitare l’Imperatore, don Giuseppe Marchiori, un paio di mesi prima; il fondatore voleva preparare i giovani sacerdoti dell’Istituto a continuare la sua opera di relazioni pubbliche e al tempo stesso farli conoscere dalle autorità. 

La relazione del lungo viaggio, con le sue numerose tappe e le molte visite e attività, questa volta è completamente di mano del giovane sacerdote che accompagnava P. Marco, appunto il Casara. Vi si descrivono in dettaglio tutti gli avvenimenti e le visite. Tra queste visite ce n’è una che pone al lettore una questione intrigante, se si legge in testo non nel documento originale, ma nella trascrizione, più comoda, nel volume V dell’Epistolario, alle pagine 327-341. L’Istituto Cavanis aveva ricevuto una visita cordialissima dell’abate Antonio Rosmini a Venezia nel 1832, e P. Marco aveva mantenuto poi una certa corrispondenza con lui. Era abbastanza naturale dunque che i due religiosi recandosi a Milano lo visitassero, e ci si aspetterebbe che a desiderare di visitarlo fosse soprattutto il nostro filosofo in erba. Qui riportiamo il breve testo che si riferisce all’incontro con Rosmini del P. Marco Cavanis, chiamato qui come in quasi tutta la relazione “il Superiore”: 

“4 giugno [1838], lunedì – Si visitò Monsignor Turri, e al dopo pranzo il Superiore si recò a visitare il degnissimo Abate Rosmini e ad intendersi col Libraio editore per la spedizione a Venezia delle opere di esso Rosmini.”

Questo testo – letto nell’Epistolario – purtroppo assai laconico, contraddirebbe ciò che si è spesso detto, ossia che il P. Casara si incontrò con l’abate Antonio Rosmini a Milano nella primavera del 1838; in realtà sembrerebbe proprio che non fosse così. 

La relazione del viaggio a Milano scritta personalmente dal Casara, si può dividere – sull’esempio dei diari di viaggio contenuti negli Atti degli Apostoli – si parva licet comparare magnis – in due sotto-generi letterari: qui, nello scritto di Casara, si distinguono chiaramente le porzioni di relazione-essi (ossia in terza persona plurale, oppure con la forma impersonale: “Si visitò”, per esempio, come sopra) e le porzioni di relazione-egli (ossia in terza persona singolare, cioè con riferimento al “Superiore”, P. Marco). Sembrerebbe proprio, in questo contesto, che 1) P. Marco dopo aver visitato al mattino, insieme al giovane Sebastiano, Mons.r Turri (III persona plurale, rappresentata dall’impersonale), al pomeriggio andò da solo (III persona singolare) a visitare l’abate Rosmini: sia perché si scrive nella relazione “il Superiore si recò a visitare il degnissimo Abate Rosmini”; sia perché P. Casara non scrive nessun dettaglio sull’incontro tra i due santi ecclesiastici. Inoltre 2) Si deduce che Rosmini dette in dono a P. Marco una serie delle sue opere scritte fino a quell’anno, e che dovevano essere parecchie, perché P. Marco le inviò a Venezia per posta, tramite l’editore Pirola.

È più probabile che questa sia la prima volta che l’abate Rosmini abbia fatto dono ai padri di sue pubblicazioni, anziché nel novembre 1832, in occasione della sua visita all’Istituto Cavanis a Venezia, come si è detto a volte senza apparente fondamento.

Seguendo il testo come trascritto nell’Epistolario, sembrerebbe senza dubbio strano che il nostro filosofo, giunto a Milano e per così dire a portata di mano, lui che, a detta di P. Zanon, “avea il Rosmini, come si dice, in succo e in sangue”, non avesse partecipato assieme al P. Marco all’incontro con il Roveretano, che doveva essere, secondo alcuni, già allora il suo mentore spirituale e intellettuale, pur da lontano. 

In realtà, Casara vide il Rosmini assieme al P. Marco, il sabato 2 giugno 1838, e quest’ultimo lo vide due volte, il sabato 2 giugno e il lunedì 4 giugno 1838; e l’impressione sbagliata di cui sopra dipende da un errore del copista, raro nell’Epistolario prodotto da P. Aldo Servini, che è stato di abitudine molto accurato. Dove si vede l’importanza di esaminare i testi sempre nell’originale, quando disponibile, come nel caso. Si tratta di un caso evidente di lacuna per omeoteleuto (o homeoteleuton), ben conosciuta da chi si occupa di critica del testo.

Casara non ebbe altre occasioni di incontrarsi con il suo Maestro, il Roveretano: lo scrive lui stesso molto più tardi, probabilmente nel 1864. Infatti, nelle bozze della voce “Rosmini Serbati Abb. Antonio”, da lui preparata per l’Enciclopedia Ecclesiastica in otto volumi, in preparazione a Venezia (1854-1864), voce che venne totalmente censurata ed esclusa dal patriarca Angelo Luigi Trevisanato, e quindi non pubblicata, scrive del Rosmini: “Non lo vidi io che due volte, e per brevi momenti”. Si tratta senza dubbio della visita del Rosmini a Venezia il 29 novembre 1832 e dell’incontro a Milano il 2 giugno 1838. 

È possibile che il suo interesse per Rosmini si sia rinforzato nella lettura delle opere da questi donate, e anche dal fatto che P. Casara, in questi anni, stava diventando in qualche modo un professionista della filosofia.

Nel mese di ottobre 1839, durante le vacanze scolastiche autunnali, troviamo P. Bastian in villeggiatura a Malo in provincia di Vicenza, senza dubbio presso parenti (i suoi genitori erano infatti di Malo, come si è detto); è assieme al seminarista Giuseppe Rovigo, certamente per ottemperare alla costituzione 5, e nota 1, del capitolo VI delle costituzioni del 1837 recentemente approvate e messe in vigore. Nell’occasione, Casara fa una scappatella un po’ seria: forse approfittando di un’occasione, da Malo, probabilmente scavalcando i Monti Lessini per il passo del Pian delle Fugazze e via Rovereto, raggiunge Trento, senza avvisarne i superiori, salvo dopo compiuto il fatto; ne viene rimproverato, sia pure dolcemente, da P. Marco, e ne riceve il titolo di baroncello, un titolo scherzoso ma non tale da aggiungere al curriculum vitae!

Nel 1840 Casara riceve l’abilitazione per insegnare nel ginnasio, dopo aver superato non meno di quattro esami presso l’antica Università di Padova, una delle prime e delle più illustri università dell’occidente. Nell’anno scolastico 1843-44 e/o 1844-45 insegna Umanità nel ginnasio, che prende il nome di “Ginnasio della Congr.ne delle Scuole di Carità”. Da notare che il Prefetto [delle scuole] di detto ginnasio è il P. Marco.

Dal 1840, a 29 anni, è già professore di filosofia dei seminaristi Cavanis, e nel 1841 è coordinatore del corso stesso, prova della stima dei fondatori nei suoi confronti. In seguito divenne anche professore di teologia e mantenne questa cattedra di teologia per i chierici Cavanis per più di quarant’anni; fu anche professore di matematica e di fisica nello stesso seminario Cavanis. Nel 1841 si informò presso l’amico don Bernardo Fusari su quali testi usassero i religiosi rosminiani nell’insegnamento della filosofia; “onde adottarli egli stesso per i propri chierici; ed espresse in quell’occasione profonda stima per il ‘grand’Uomo’ e desiderio di divulgarne la dottrina.”

In seguito, per diversi anni, abbiamo poche sue notizie. Rimane comunque vincolato alla casa di Venezia, soprattutto perché professore nello Studio Filosofico e Teologico Cavanis. Il 4 aprile 1840 era, nel corso di filosofia, professore di Religione, Logica, Metafisica ed Etica: ne era insomma l’insegnante principale, anche se uno dei suoi colleghi, un laico, il prof. Bartolomeo Bizio aveva il dottorato nell’Università di Padova. Il 28 aprile 1840 P. Marco chiede alla santa Sede, tramite Don Carlo Augustinis, la licenza di leggere libri proibiti per il P. Casara che, come professore di filosofia e teologia, ne aveva certo bisogno, di quei tempi.

Nell’autunno 1841 troviamo Casara, con il P. Marchiori e il seminarista Da Col, “villeggianti” a Lendinara. Ma non era solo uomo da vacanze. Nel novembre dello stesso anno, lo troviamo impegnatissimo nelle scuole, nello studio Cavanis filosofico e teologico, nella burocrazia e nelle relazioni pubbliche, ormai chiaramente uomo di governo, in assenza di P. Marco che si trova a Vienna e con P. Antonio ormai ammalato. 

Si può anche notare che, a partire più o meno da quest’anno, P. Marco scriveva di solito a P. Casara – che ancora non aveva nessuna carica ufficiale – sia sugli affari delle nostre scuole di Venezia, della studio filosofico e teologico, e della Congregazione, quando era in viaggio. Era il suo uomo di fiducia.

Durante il 1845 e fino al 1848 accadde però una certa svolta: a questa non è estraneo il fatto che il 19 dicembre 1844 era entrato in Congregazione il P. Vittorio Frigiolini, sacerdote proveniente dalla diocesi di Novara e più esattamente da Varallo. Già il 16 aprile 1846 P. Antonio, preposito, scrive al patriarca Monico proponendo per l’anno scolastico 1846-1847 i nomi dei quattro professori di teologia dello studio teologico Cavanis che la commissione aulica degli studi dello stato richiedeva, anziché i tre che fino allora l’Istituto aveva potuto provvedere. Il quarto era il Frigiolini.

La proposta comprende i seguenti: 

  1. P. Giovanni Paoli Studi biblici e lingue ebraica e greca pel primo e secondo anno;
  1. P. Vittorio Frigiolini Storia ecclesiastica e Diritto Canonico;
  1. P. Sebastiano Casara Teologia Dommatica e Morale;
  1. P. Pietro Spernich Teologia Pastorale, Catechetica, Metodica e Pedagogia.

Gradualmente P. Frigiolini passerà ad essere l’uomo di maggior fiducia per i fondatori, e soprattutto per il preposito P. Antonio, finché nel 1848 stileranno il documento di nomina segreta a successore di quest’ultimo, come si è detto sopra. Una prova può esserne un fatto numerico: nel volume VI dell’Epistolario (anni 1841-45), a partire dalla pag. 504, che corrisponde al primo contatto di P. Marco con il Frigiolini, nelle pagine dunque che corrispondono al periodo 16 ottobre 1844 alla fine del 1845, viene citato P. Casara 13 volte (41,9%), P. Vittorio Frigiolini 18 volte (50%); il secondo già supera il primo, ma non eccessivamente. Ma nel VII volume intero (1846-1850) la situazione cambia: P. Casara è citato 15 volte (27,27%), P. Frigiolini 40 (72,72%). La cosa è significativa. Bisogna notare però che in realtà molte lettere sono inviate all’indirizzo di Casara o di Frigiolini, ma sono dirette a P. Antonio Cavanis, che era cieco e non poteva leggerle personalmente.

P. Casara è stato presentato fin qui piuttosto come l’intellettuale della Congregazione. È bene però sottolineare qui altre caratteristiche della sua personalità: il suo carattere semplice, entusiasta, un po’ ingenuo – il patriarca Giuseppe Sarto nell’elogio funebre gli attribuiva “la semplicità del fanciullo innocente” –, pieno di sentimento, di fede, di gioia, come ci può indicare la sua seguente letterina a P. Marco, che a Vienna aveva ottenuto un grande successo a proposito degli studi filosofici e teologici dei seminaristi Cavanis a domicilio, anziché nel seminario patriarcale. La risoluzione sovrana favorevole all’Istituto era poi retroattiva, rendendo validi gli studi che i seminaristi avevano compiuto in antecedenza in ambiente “domestico”, obbedendo ai superiori e “in spe contra spem”. Ecco la letterina, aggregata a varie altre:

“Evviva! Evviva! Evviva! Me la sentiva sì io che la dovea riuscir bella; ma tanto bella, così compita, sì lieta non già. Siane benedetto Iddio, la Mamma, l’Imperatore, la Imperatrice, i Principi, e il P. Marco! Sì il P. Marco benedetto! che ne ha un merito incalcolabile, e a cui la Congregazione sarà eternamente obbligata. Che giubilo! che esultanza! che tripudio! che ne facemmo noi e gli altri amorevoli ai quali la abbiamo comunicata. Un miracolo, un prodigio, un portento tutti lo dicono e lo confessano, ma bello, bello, bellissimo, stupendissimo. Oh benedetta la bontà del Signore!

Chiudo perché il tempo ristretto vuole così. Ella imagini molte altre cose di questo tenore, che tante altre ne vorrei dire. Mi saluti il mio Beppi e mi creda il suo amorosissimo

 P. Bastian.”

È interessante, di passaggio, il seguente prospetto completo dei responsabili e insegnanti delle scuole Cavanis ginnasiali e elementari del 1849-1850. Si noti che alcuni degli insegnanti, come il Maderò e il Bonlini, ecclesiastici, sono amati e stimati collaboratori volontari e membri della comunità, ma non sono religiosi Cavanis; don Pietro Maderò però viveva in comunità, nella “casetta” con i religiosi; il Signor Tommaso Castellani invece è un laico stipendiato. Alcuni sono prestanomi: particolarmente P. Anton’Angelo, che per la situazione di salute senza dubbio non poteva più occuparsi personalmente della scuola. Anche P. Marco, con i suoi impegni e viaggi, faceva senza dubbio ciò che poteva.

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