Titolo: L’ANNUNCIO DEL VANGELO NEL MAGISTERO DI PAOLO VI – Lettura Teologico-Pastorale di Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi
Autore: Mouyéké Misère Tiburce Barbeault
Numero di pagine: 121
Lingua: ITALIANO
Stampa: 2024
Parole Chiave: Evangelizzazione, Vangelo, Paolo VI, Magistero, Missione, Propaganda Fide, Chiesa, Concilio Vaticano II, Ecumenismo, Nuova Evangelizzazione, Comunità ecclesiale, Gaudete in Domino, Evangelii Nuntiandi, Evangelica Testificatio, Dialogo interreligioso, Laici, Carità, Catechesi, Testimonianza cristiana, Giovanni XXIII.
Riassunto: Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI sull’annuncio del Vangelo attraverso una lettura teologico-pastorale delle esortazioni Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi. Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI sull’annuncio del Vangelo attraverso una lettura teologico-pastorale delle esortazioni Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi.
2.2 L’ANNUNCIO DEL VANGELO IN
GAUDETE IN DOMINO
2.2.1 IL CONTESTO STORICO DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA
GAUDETE IN DOMINO
In pieno Anno Santo (1975), con un gesto profetico, Paolo VI scrisse l’esortazione apostolica Gaudete in Domino, sulla gioia cristiana. È una ripresa di due passaggi biblici: la lettera di San Paolo apostolo ai Filippesi: “Rallegratevi sempre, ve lo ripeto, rallegratevi nel Signore”¹⁷¹ e il salmo 145: “Perché il Signore è vicino a quanti lo invocano con cuore sincero”¹⁷². La congiunzione di questi due testi dà il motivo che verrà continuamente ripreso in tutto il testo del documento Gaudete in Domino.
Il tema della gioia non appare improvvisamente nel pensiero di Paolo VI. Già dalla prima riga dell’esortazione apostolica Gaudete in Domino, si capisce quale sia il motivo della gioia alla quale invita: nel Signore, “rallegratevi nel Signore”¹⁷³. Non è una gioia qualsiasi, ma la gioia donata dallo Spirito Santo. Paolo VI spiega l’obiettivo della sua esortazione così: “Noi abbiamo sentito come la felice necessità interiore di indirizzarvi, nel corso di questo Anno di grazia una Esortazione Apostolica il cui tema è la gioia cristiana, la gioia nello Spirito Santo. […], che la gioia sia diffusa nei cuori con l’amore di cui essa è il frutto, per mezzo dello Spirito Santo, […] che la vostra gioia si unisca alla nostra, per la consolazione spirituale della Chiesa di Dio, e di tutti quegli uomini, che vorranno rendersi cordialmente attenti a questa celebrazione”¹⁷⁴.
Nel messaggio Urbi et Orbi della Pasqua, il 29 marzo 1964, Paolo VI sintetizzò l’identità della gioia cristiana con le sue parole: “Noi non daremo oggi della luce pasquale che un solo raggio, […] È il raggio primo della Pasqua, cioè della vita risorta in Cristo e in noi che cristiani vogliamo essere; ed è la gioia. Il cristianesimo è gioia. La fede è gioia. La grazia è gioia. Ricordate questo, o uomini, figli e fratelli ed amici. Cristo è la gioia, la vera gioia del mondo”¹⁷⁵.
L’idea di riflettere sulla gioia cristiana fu riproposta all’udienza generale del 19 aprile 1972 e verrà ripresa nel discorso di Paolo VI ai cardinali il 23 giugno 1975. A questa occasione, Paolo VI riproponeva in forma sintetica il contenuto dell’esortazione apostolica Gaudete in Domino. Per Paolo VI, annunciare il vangelo significa portare all’umanità la gioia cristiana¹⁷⁶.
2.2.2 L’ANNUNCIO DELLA GIOIA CRISTIANA NEL CUORE DELL’UOMO
La gioia cristiana non può essere estinta né dalle miserie del mondo né dalla tristezza dell’uomo. San Paolo apostolo lo dice: “Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”¹⁷⁷.
Nel magistero di Papa Montini, la gioia cristiana è la grazia di Dio che rende l’uomo felice e, “ponendo l’uomo in mezzo all’universo, che è opera della sua potenza, della sua sapienza, del suo amore, Dio dispone l’intelligenza e il cuore della sua creatura, prima ancora di manifestarsi personalmente attraverso la rivelazione, a incontrare la gioia e la verità allo stesso tempo”¹⁷⁸. Rallegrarsi nel Signore è dunque un invito alla speranza.
Certo, il vangelo non cancella il dolore, la tristezza e l’ingiustizia, ma Paolo VI esortò la chiesa ad avere fiducia nel Signore: “Guardando il mondo, l’uomo non prova forse un naturale desiderio di comprenderlo e di dominarlo con la sua intelligenza, mentre nello stesso tempo aspira al suo compimento e alla sua felicità. […], ci sono vari gradi di questa felicità. La sua espressione più nobile è la gioia o felicità in senso stretto, quando l’uomo, a livello delle sue facoltà superiori, trova la sua soddisfazione nel possesso di un bene conosciuto e amato”¹⁷⁹.
Il Papa bresciano precisa che l’uomo sperimenta la gioia quando è “in armonia con la natura, e soprattutto la sperimenta nell’incontro, nella partecipazione e nella comunione con gli altri. A maggior ragione, egli conosce la gioia e la felicità spirituale quando il suo spirito entra in possesso di Dio, conosciuto e amato come il bene supremo e immutabile”¹⁸⁰. In mezzo alle sfide quotidiane, la gioia cristiana non si contrappone ad esse, anzi, proprio in questo, sta l’autentica gioia del cristiano.
Nel pensiero di Paolo VI, la gioia non va assimilata con una realtà sempre imperfetta o fragile: “Per uno strano paradosso, la coscienza stessa di ciò che costituisce la vera felicità al di là di tutti i piaceri transitori include anche la certezza che non esiste una felicità perfetta”¹⁸¹.
La difficoltà di raggiungere la gioia è particolarmente una sfida dei tempi presenti. Infatti, “La società tecnologica è riuscita a moltiplicare le occasioni di piacere, ma trova molto difficile generare gioia.”¹⁸² In contrario, la gioia cristiana ha un’altra origine; è spirituale. Tuttavia, è vero che la noia, il dolore e la tristezza portano all’angoscia e alla disperazione. Ma queste realtà non devono impedire il cristiano di parlare di gioia, di aspettare la gioia.¹⁸³
Paolo VI considera la condizione di tristezza dell’uomo come il risultato della sua ignoranza dell’infinito: “è l’uomo, nella sua anima, che si trova senza le risorse per farsi carico delle sofferenze e delle miserie del nostro tempo. […], tanto più che a volte non riesce a capire il senso della vita; che non è sicuro di sé, della sua vocazione e del suo destino trascendente. Ha desacralizzato l’universo e, ora, l’umanità; a volte ha reciso il legame vitale che lo legava a Dio.”¹⁸⁴
Quindi, si può parlare di tristezza “quando lo spirito umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, e quindi istintivamente orientato verso di lui come verso il suo sommo e unico bene, rimane senza conoscerlo chiaramente, senza amarlo, e quindi senza sperimentare la gioia che la conoscenza, per quanto imperfetta, porta.”¹⁸⁵
All’uomo che ricerca la vera felicità, Paolo VI scrisse: “L’uomo può veramente entrare nella gioia avvicinandosi a Dio e allontanandosi dal peccato. Senza dubbio, carne e sangue non sono in grado di raggiungere questo obiettivo. Ma la Rivelazione può aprire questa prospettiva, e la grazia può portare a questa conversione.”¹⁸⁶ Bisogna accogliere la buona novella.
2.2.3 LA GIOIA CRISTIANA NELL’ANTICO TESTAMENTO
Nell’Antico Testamento, la parola “gioia” rimanda alla salvezza che viene amplificata e poi comunicata lungo tutta la storia profetica dell’antico Israele. Nei testi veterotestamentari, il soggetto della gioia è Dio: “Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira.”¹⁸⁷ Dio si rallegra di colui in cui si è compiaciuto e che corrisponde al suo disegno.
Dio è sorgente della gioia del suo popolo amato. Israele lo esprime con canto e danza di festa: “Cantiamo al Signore veramente glorioso, cavalli e cavaliere ha gettato nel mare!”¹⁸⁸ In Israele, Dio è celebrato, quale fonte di gioia: “Quando il Signore liberò i prigionieri credevamo di sognare; la nostra bocca fu piena di risa, di canti e di gioia.”¹⁸⁹
La gioia dell’Antico Testamento è una gioia che coinvolge tutta creazione per partecipare all’evento di liberazione: “Prorompete insieme con canti di gioia, uomini di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e tutto ciò che è in esso, facciano festa i campi, si rallegrino gli alberi della foresta davanti al Signore che opera.”¹⁹⁰
La gioia dell’Antico Testamento è quella della promessa mosaica, che è come “figura della liberazione escatologica che sarebbe stata compiuta da Gesù Cristo nel contesto pasquale della nuova ed eterna Alleanza.”¹⁹¹ Questa gioia si cantava tante volte nei salmi: la gioia di vivere con Dio e per Dio.
In Gaudete in Domino, “la gioia cristiana è, per sua stessa essenza, una partecipazione spirituale all’insondabile gioia, divina e umana insieme, del Cuore glorificato di Gesù Cristo.”¹⁹² Questa gioia viene spesso misteriosamente proclamata in mezzo al popolo di Dio.
2.2.4 LA GIOIA CRISTIANA NEL NUOVO TESTAMENTO
La gioia neo-testamentaria è espressa da vari vocaboli collegati agli eventi in cui il Signore si è reso presente all’uomo. Le lettere paoline affermano il paradosso della vita cristiana: “la gioia del credente è data sempre e necessariamente insieme alla tristezza, all’oppressione e alla preoccupazione; anzi essa trova proprio qui la sua forza.”¹⁹³ Tale connessione non consiste in una ricerca della sofferenza. Al contrario si tratta di una fede purificata, che ritma un’esistenza proiettata verso la vittoria escatologica sul mondo.¹⁹⁴
In carcere, San Paolo parla di gioia: “Ringrazio il mio Dio, in ogni mio ricordo di voi, sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, con gioia, facendo preghiera…”¹⁹⁵ Qui la gioia non è esperienza di un momento; al contrario si dilata e colora quell’insieme di relazioni che legano Paolo e la sua comunità.
Negli scritti giovannei si parla ripetutamente di una gioia strettamente associata all’opera salvifica di Gesù e di una gioia pienamente compiuta.¹⁹⁶ Tali affermazioni fanno notare che Gesù si è fatto presente. E la pienezza della gioia sarà propria di tutti coloro che potranno dire di essere effettivamente in rapporto stretto col Dio di Gesù Cristo.¹⁹⁷
Nelle lettere di San Pietro, il legame tra sofferenza e gioia costituisce l’insegnamento dell’apostolo: “La comunità cristiana deve rallegrarsi di partecipare alle sofferenze di Gesù Cristo per potersi rallegrare nella rivelazione della gloria.”¹⁹⁸
Paolo VI scrisse che, “Nessuno è escluso dalla gioia annunciata dal Signore.”¹⁹⁹ Il Papa lo disse riferendosi sia al popolo d’Israele sia agli innumerevoli uomini e donne che, nel corso del tempo, accoglieranno il suo messaggio e si sforzeranno di viverlo. La Vergine Maria ricevette per prima l’annuncio di gioia dall’angelo Gabriele; il suo Magnificat fu già l’inno di esultanza di tutti gli umili.²⁰⁰ E poi, si pensa anche a Giovanni Battista, la cui missione fu quella di mostrare il Salvatore a Israele, e che ebbe fatto salti di gioia alla sua presenza, mentre fu ancora nel grembo di sua madre.²⁰¹
Gesù “ha sperimentato nella sua umanità tutte le nostre gioie. Ha conosciuto, apprezzato ed esaltato in modo palpabile tutta una serie di gioie umane, quelle gioie semplici, quotidiane, che sono alla portata di tutti.”²⁰² Papa Montini parlò dell’uomo Gesù: “Essendo umano, egli esalta volentieri la gioia del seminatore e del mietitore; quella dell’uomo che trova un tesoro nascosto; quella del pastore che ritrova la pecora smarrita o della donna che ritrova la dracma; la gioia degli invitati al banchetto, la gioia delle nozze; la gioia del padre quando riceve il figlio, di ritorno da una vita prodiga; quella della donna che ha appena dato alla luce un bambino.”²⁰³
Il cristiano è beneficiario dell’amore divino mediante il Cristo: “Tu sei il mio figlio prediletto, il mio diletto.”²⁰⁴ La relazione di amore del Padre e del Figlio costituisce il segreto della vita trinitaria. “Il Padre appare in essa come colui che si dona al Figlio, senza riserve e senza intermittenza, in un palpito di gioiosa generosità, e il Figlio, come colui che si dona allo stesso modo al Padre con slancio di gioiosa gratitudine nello Spirito Santo.”²⁰⁵
La Gioia del Nuovo Testamento è “la gioia del Regno di Dio. Ma è una gioia concessa per una strada ripida, che richiede una fiducia totale nel Padre e nel Figlio, e una preferenza data alle cose del Regno.”²⁰⁶ È una gioia che scaturisce dal mistero pasquale. Nell’annuncio gioioso della risurrezione, “si trasfigura il dolore stesso dell’uomo, mentre la pienezza della gioia nasce dalla vittoria del Crocifisso, dal suo Cuore trafitto, dal suo Corpo glorificato, e illumina le tenebre delle anime.”²⁰⁷
La gioia pasquale “non è solo quella di una possibile trasfigurazione: è quella di una nuova presenza di Cristo risorto, che dispensa lo Spirito ai suoi, perché dimori in essi.”²⁰⁸ Ne segue che, lo Spirito Santo suscita nell’uomo la preghiera filiale, che sgorga dal profondo dell’anima. È proprio qui che il cristiano può gustare la gioia propriamente spirituale che è frutto dello Spirito Santo.²⁰⁹
2.2.5 LA GIOIA CRISTIANA NEL CUORE DEI SANTI
Nel discorso sulla montagna, Gesù comincia con la parola “Beati.”²¹⁰ È l’annuncio di una felicità inaudita. L’insegnamento di Paolo VI sulla gioia cristiana è simile al discorso sulle beatitudini, è un messaggio di speranza e di gioia. È “la gioiosa speranza che scaturisce dalla sorgente stessa della Parola di Dio.”²¹¹ Mai la fonte di gioia non ha cessato di fluire nella chiesa e specialmente nel cuore dei santi.
Il primo esempio dei santi che esperimentassero la gioia di Dio è la Vergine Maria: “Il primo posto spetta alla Vergine Maria, piena di grazia, Madre del Salvatore.²¹² Maria è la serva di Dio che, accogliendo l’annuncio dall’alto, […], lascia traboccare la sua gioia davanti alla cugina Elisabetta, che loda la sua fede²¹³: L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta di gioia in Dio, mio Salvatore… Perciò tutte le generazioni mi chiameranno beata.”²¹⁴
È Maria “la prima redenta, immacolata fin dal momento del suo concepimento, dimora incomparabile dello Spirito, purissima dimora del Redentore degli uomini, […] Ella è il tipo perfetto della chiesa terrena e glorificata.”²¹⁵ Insieme a Cristo, Maria ricapitola tutte le gioie, vive la gioia perfetta promessa alla chiesa.
La certezza della “vittoria della chiesa e la gioia nel celebrare la battaglia dei santi martiri, scaturiscono dal contemplare in essi la fecondità gloriosa della Croce.”²¹⁶ La vita dei santi è una lotta per il Regno dei cieli; è la via di coloro che sono bruciati dallo Spirito Santo, e pronti “per morire a sé stessi e raggiungere la santa gioia della risurrezione.”²¹⁷
La lotta per il Regno di Dio include necessariamente l’esperienza di una passione d’amore, di cui tanti maestri spirituali hanno saputo parlare meravigliosamente.²¹⁸ Ognuno dei “maestri spirituali hanno lasciato alla chiesa un messaggio sulla gioia.”²¹⁹ I Padri orientali soprattutto hanno lasciato alla chiesa delle testimonianze di questa gioia nello Spirito.
La gioia dei santi è una gioia che scaturisce dalla loro comunione eucaristica con Cristo. In Gaudete in Domino, la gioia dei santi “è il risultato di una comunione umano-divina sempre più universale. Non può in alcun modo incitare coloro che lo amano ad un atteggiamento di ripiegamento su sé stessi, ma procura nel cuore un’apertura cattolica al mondo degli uomini, ferendoli nello stesso tempo con la nostalgia dei beni eterni.”²²⁰ Questi non abbandonano mai il loro posto di combattimento per l’avvento del Regno.
2.2.6 LA GIOIA CRISTIANA PER TUTTO IL POPOLO DI DIO
In Gaudete in Domino, Paolo VI invita il cristiano a contemplare il Salvatore, mentre nella pienezza della sua umanità, con semplicità, realismo e sensibilità, fa quotidianamente esperienza delle gioie umane.²²¹ È invito a “partecipare pienamente alla gioia cioè alla festa eterna delle nozze dell’agnello.”²²² Questa è una convocazione universale per tutti gli uomini. E durante ogni celebrazione dell’Anno Santo, la Chiesa apre sempre a tutti, più largamente, “i tesori della misericordia di Dio.”²²³
Lo sguardo di Paolo VI si rivolge innanzitutto agli umili che sono come i bambini perché “essi sono idonei alla gioia evangelica. Chi vuole entrare nel Regno, ci dice Gesù, deve innanzitutto guardare a loro.”²²⁴ E poi, essendo l’annuncio della gioia, “il vangelo è stato annunziato prima di tutto ai poveri e agli umili, nello splendore della sua semplicità e nella pienezza del suo contenuto.”²²⁵ Ma questa gioia, diventa completa solo se gli uomini si rivolgono insieme, con piena fiducia, verso “Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli, in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio.”²²⁶
La gioia cristiana viene dallo Spirito Santo. Lo stesso Spirito che è stato presente e attivo nella vita di Gesù, è stato all’origine della sua gioia.²²⁷ Questa gioia, originata da Gesù, diventa sorgente del perdono dei peccati, e della consolazione spirituale. In lui abbiamo la redenzione e il perdono dei peccati.²²⁸
Il legame tra gioia e perdono dei peccati viene evidenziato nella parabola del figliol prodigo. È la parabola del Padre misericordioso.²²⁹ Questa parabola insegna che cos’è la vera gioia; è la libertà di stare con il Padre; una esperienza senza nessun rigorismo, nessun moralismo, soltanto un Padre, con due figli e una storia di dramma e salvezza.²³⁰
Il Padre misericordioso accoglie sempre il figlio quando ritornata, non lo giustifica nel suo male ma abolisce il suo peccato.²³¹ Il popolo di Dio, vivendo l’esperienza del perdono dei suoi peccati, cammina con gioia verso la felicità suprema: la vita eterna. Con il perdono dei peccati, il popolo cristiano si trova rigenerato, pieno di dignità, della vita di un uomo.²³²
2.2.7 LA GIOIA CRISTIANA E LA SPERANZA NEL CUORE DEI GIOVANI
Paolo VI scrive: “la chiesa, rigenerata dallo Spirito Santo, è in un certo senso la vera gioventù del mondo, in quanto rimane fedele al suo essere e alla sua missione, come non riconoscersi spontaneamente e preferenzialmente nella figura di coloro che si sentono portatori di vita e di speranza, e impegnati ad assicurare il futuro della storia presente.”²³³
La chiesa ha intensamente bisogno dei giovani e di un vero rinnovamento per poter rimanere in una giovinezza permanente, e quindi nella gioia della propria giovinezza.²³⁴ Il papa bresciano invita la chiesa a rivolgersi “con decisione ai giovani del nostro tempo… in nome di Cristo e della sua chiesa,”²³⁵ “che Egli stesso vuole, nonostante le debolezze umane, radiosa, senza macchia, ruga o alcunché di simile; ma santi e irreprensibili.”²³⁶
Paolo VI vede nei giovani il loro “destino di uomo e il dinamismo dello Spirito Santo, dal quale la chiesa riceve inesauribilmente la propria giovinezza.”²³⁷ La chiesa, nella sua permanente giovinezza spirituale, scaturisce necessariamente, da ambo le parti, una gioia di alta qualità e una promessa di fecondità.
La Chiesa deve rinnovare sé stessa per rinnovare il mondo, lo dice Paolo VI: “La Chiesa, in quanto Popolo di Dio in pellegrinaggio verso il Regno futuro, deve sapersi perpetuare e quindi rinnovarsi attraverso le generazioni umane: questa è per lei una condizione di fecondità e anche semplicemente di vita.”²³⁸ I giovani cristiani devono ratificare, in piena coscienza, l’alleanza contratta per loro nella chiesa nei sacramenti del Battesimo e della confermazione.²³⁹
Nella chiesa, la pastorale giovanile deve essere in grado di dedicare tanto tempo alla direzione spirituale dei giovani, al dialogo orientato al discernimento, nel rispetto della libertà, con profondo senso di responsabilità, metodo e pazienza.²⁴⁰
I giovani gioiscono nell’incontro con Dio in Gesù. Un esempio di incontro tra Dio con i giovani è quello di Maria. Da giovane, Maria incontrò Dio attraverso l’incontro dialogale con l’angelo Gabriele. Entrando da Maria, l’angelo disse: “Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te.”²⁴¹ Ecco un incontro generativo di gioia. Non servono più altre parole per dimostrare che l’incontro con Dio è un momento generativo di gioia nel cuore dei cristiani e quindi nel cuore dei giovani.²⁴²
La grazia della gioia cristiana è un dono fatto all’umanità; e non si può parlare di umanità senza includere i giovani. La gioia cristiana è annunciata anche ai giovani. Essi possano testimoniare dell’amore di un Dio Padre e Misericordioso.²⁴³
2.2.8 LA GIOIA CRISTIANA NEL CAMMINO DELLA FEDE
Per cammino della fede, si intende un pellegrinaggio del Popolo di Dio nel suo insieme e per ciascuna persona dentro questo Popolo. È un movimento, una pasqua, cioè un passaggio verso il luogo interiore dove il Padre, il Figlio e lo Spirito l’accolgono. Il pellegrinaggio è “opera dello Spirito, un dono della Pentecoste”.²⁴⁴
Il cammino della fede è il ritorno al centro, al cuore della vita della chiesa e dunque del cristiano.²⁴⁵ Di conseguenza, la celebrazione dell’anno della fede di cui parlò Paolo VI richiama tutta la chiesa all’essenziale cioè, a ritrovare l’anima, l’ispirazione vitale dell’essere cristiano e del suo operare. È un cammino verso “la nuova Gerusalemme, di cui noi siamo fin d’ora cittadini e figli”,²⁴⁶ discende dall’alto, da presso Dio.
È verso Cristo che il popolo di Dio è indirizzato nel cammino interiore.²⁴⁷ È da Roma che si inizia il pellegrinaggio, dove i santi apostoli Pietro e Paolo resero col sangue la loro ultima testimonianza. “La vocazione di Roma è di provenienza apostolica, […] è un servizio a beneficio della chiesa intera e dell’umanità.”²⁴⁸ La Roma di Pietro e Paolo conduce alla città eterna, per il fatto che essa ha scelto di affidare a Pietro, che unifica in sé il collegio episcopale, le chiavi del Regno dei cieli.
Il cammino della fede è anche una testimonianza della fede viva che indica un cammino di rinnovamento ecclesiale. E allora la chiesa cattolica, “benché diffusa in tutto il mondo, conserva accuratamente questa fede come se essa abitasse in una sola casa, e vi crede unanimemente, come se non avesse che una sola anima e un solo cuore; e la predica, l’insegna e la trasmette in perfetto accordo, come se non avesse che una sola bocca.”²⁴⁹ La chiesa è una casa dove si parla uno solo linguaggio, con uno solo cuore e una sola anima.
Invitando tutti i cristiani a raggiungersi al cammino della fede, il Romano Pontefice scrisse: “anche noi dobbiamo rendere testimonianza umilmente, pazientemente, ostinatamente, fosse pure in mezzo all’incomprensione di molti, all’incarico ricevuto dal Signore di guidare il gregge e di confermare i nostri fratelli.”²⁵⁰ Tutti i cristiani sono coinvolti nel compiere il cammino di fede nella gioia.
In verità è Dio che si è messo in cammino verso di noi, aprendo il dialogo della salvezza con noi. A questo riguardo sono eloquenti le parole di San Giovanni: “egli ci ha amati per primo.”²⁵¹ Il pellegrinaggio, allora, deve far riflettere non solo sul nostro cammino verso Dio, ma sul venire di Dio, in Cristo, incontro all’uomo, nelle condizioni concrete della vita dell’uomo.