La situazione veneziana: contesto storico ai tempi dei fondatori

Pp. 50-55, Libro Storia dell’Istituto Cavanis - Congregazione delle Scuole di Carità.

Titolo: Storia dell’Istituto Cavanis – Congregazione delle Scuole di Carità 1772-2020

Autore: Giuseppe Leonardi, CSCh

Numero di pagine: 3.793

Lingua: ITALIANO

Anno: 2022 (*Aggiornato 2023)

Parole Chiave:

Congregazione Cavanis, educazione cristiana, Marco Cavanis, Antonio Cavanis, Venezia, pedagogia, vocazione, spiritualità, formazione giovanile, missione educativa, carisma, scuola cattolica, storia ecclesiastica, apostolato, congregazione religiosa, povertà educativa, Chiesa cattolica, evangelizzazione, comunità religiosa, tradizione.

Riassunto:

Quest’opera offre un ampio e documentato percorso storico sulla nascita, lo sviluppo e la missione educativa della Congregazione dei Padri Cavanis, fondata dai fratelli Marco e Antonio Cavanis a Venezia nel XIX secolo. Attraverso un’accurata analisi delle fonti, Giuseppe Leonardi ripercorre i momenti chiave dell’espansione della Congregazione in Italia e nel mondo, mettendo in luce la vocazione alla formazione cristiana e civile dei giovani, in particolare dei più poveri. L’autore evidenzia inoltre la spiritualità cavanisiana, fortemente radicata nella pedagogia dell’amore, nell’apostolato educativo e nella fedeltà alla Chiesa. L’opera si conclude con una riflessione aggiornata sulle sfide e prospettive della Congregazione nel contesto contemporaneo

Breve Biografia dei fondatori 1772-1858

Non si potrebbe cominciare la storia della Congregazione delle Scuole di Carità senza un breve prologo sui fondatori anche se lo scopo di quest’opera è di esporre questa storia dal 1848 fino al 1970, con un epilogo necessariamente meno documentato, anche se piuttosto lungo, che raggiunga l’attualità.

Box: la situazione veneziana

Antonio e Marco Cavanis nacquero quando la Serenissima Repubblica di Venezia, dopo circa mille anni di vita gloriosa, era in netta decadenza. Le attività commerciali marittime veneziane si erano fortemente indebolite e più tardi destinate al fallimento dopo la scoperta da parte del Portogallo e della Spagna delle rotte per le Indie e per le Americhe. Le lunghe secolari lotte e guerre contro i turchi nel mar Mediterraneo avevano allo stesso tempo salvato l’Europa dall’invasione dell’impero ottomano e consumato le forze, il capitale e le flotte veneziane.

La Repubblica era sul punto di esalare il suo ultimo respiro. Le famiglie più ricche si interessavano più dei possedimenti nel continente, il Friuli, il Veneto e buona parte della Lombardia, che del commercio marittimo, tradizione della città, e del suo impero commerciale, ormai poco fruttuoso e troppo pericoloso. La proprietà fondiaria, l’agricoltura e la nascente industria, diventavano più importanti della navigazione e del commercio marittimo. La terra diventava una fonte di benessere maggiore rispetto al mare, per i proprietari; ma le famiglie nobili non producevano ricchezza; si accontentavano di vivere come grassi possidenti terrieri.

In un secolo caratterizzato da una generale decadenza politica, sociale ed economica, l’ambiente culturale invece, a differenza del secolo precedente in cui i principali artisti nei vari campi provenivano da fuori Venezia, la vita veneziana del XVIII secolo, è rallegrata e vivificata da pittori, scultori, architetti, scrittori, musicisti, autori di opere teatrali, attori di matrice chiaramente veneziana e di qualità a livelli straordinari.

Basti pensare a pittori del calibro dei tre Tiepolo (Giambattista, Giandomenico e Lorenzo), Sebastiano Ricci, Francesco Guardi, i paesaggisti Antonio Canal e Bernardo Bellotto, ambedue detti Canaletto, Giovan Battista Piazzetta, Pietro Longhi, la pittrice Rosanna Carriera e l’incisore e architetto Giovanni Battista Piranesi; lo scultore, architetto e pittore Antonio Canova possagnese ma veneziano di adozione.

I musicisti veneziani della scuola barocca tra cui Antonio Vivaldi, Tomaso Albinoni, i fratelli Benedetto e Alessandro Marcello, Giuseppe Tartini, Pietro Antonio Locatelli, bergamasco ma veneziano di adozione, Baldassarre Galuppi; il commediografo e drammaturgo Carlo Goldoni; gli architetti Antonio Gaspari, Andrea Tirali e Giorgio Massari (progettista tra l’altro della chiesa di Santa Maria del Rosario detta dei Gesuati, cara all’Istituto Cavanis per tanti motivi): tutti artisti di livello internazionale, ancora straordinariamente vivi oggi.

Inoltre Venezia continua a essere, anche grazie alla relativa libertà di stampa, ben maggiore che negli altri stati, la città delle numerosissime editrici e delle splendide tipografie, tra cui ricordiamo almeno quella (o meglio, quelle) di Aldo Manuzio a Sant’Agostin e di altri della “Gens Manutia”).

La città serenissima era anche la capitale della moda e del savoir vivre; lo era, purtroppo, anche di una morale molto discutibile, dalla quale la famiglia Cavanis, profondamente cristiana, si teneva ben lontana.


Venezia era inoltre una delle mete principali del Grand tour, il necessario giro di turismo e di formazione intellettuale dei giovani ricchi d’Europa. Da notare che Venezia scomparirà, si può dire da un giorno all’altro, come centro artistico e della cultura con l’invasione e l’occupazione napoleonica e poi con la dominazione austriaca, nonostante Antonio Canova e Francesco Hayez.

In qualche modo aveva perso l’anima. Il confronto tra le pale di altare ottocentesche della chiesa di S. Agnese attuale e quelle (settecentesche e una cinquecentesca) della vicina chiesa di S. Maria del Rosario, ne sono una chiara e triste testimonianza. Una nuova fase d’interesse e di pratica delle arti belle rinascerà verso la fine del secolo, tra l’altro con l’istituzione della Biennale internazionale d’arte di Venezia (1895).

Nonostante la decadenza politica e economica, la chiesa che è in Venezia continuava ad avere come pastore un vescovo che portava, quasi sempre, il titolo di patriarca, e spesso il titolo cardinalizio; in segno di onore e di tradizione; la diocesi poteva quindi chiamarsi “Patriarcato di Venezia).

Durante la loro adolescenza, gioventù e prima maturità, i due fondatori dell’Istituto Cavanis conobbero e vissero un’epoca problematica, che portò appunto a quella morte materiale e spirituale della loro città: la Rivoluzione francese (1789-1799), la frustrante e umiliante caduta della loro Repubblica di Venezia30, le invasioni e le guerre napoleoniche (1796-1815).

Napoleone Bonaparte31, ancora semplice generale ventisettenne, alla testa di un esercito di circa 45.000 soldati, passò le Alpi, invase l’Italia settentrionale e, conquistati Piemonte e Lombardia, vinti gli eserciti della Savoia e dell’Austria, entrò nel Veneto e prese Venezia (16 maggio 1797), la trasformò quasi per burla in una repubblica democratica sorella della repubblica francese, mentre la spogliava, come condizione dell’umiliante trattato di pace, di un’infinità di beni artistici (tra cui il leone di S. Marco di bronzo della colonna in piazzetta e la quadriga dei cavalli romani, installati sulla facciata di S. Marco), militari (navi, cannoni) e venali (lingotti d’oro e d’argento ottenuti fondendo preziose e raffinate opere di oreficeria). Si muoveva intanto a firmare trattati preliminari segreti (Leoben, 17 aprile 1797) con l’Austria e infine “vendette” la città e parte dei suoi possedimenti all’Austria con il trattato di Campoformido o Campoformio (17 ottobre 1797),32 in cambio del Belgio e della Lombardia.

“Comincia allora per Venezia una storia fatta di potenze e di prepotenze”. Le truppe austriache entrarono a Venezia il 18 gennaio 1798, in un clima di funerale per la città, nonostante il Te Deum cantato a San Marco.
Venezia divenne a sorpresa una capitale tradita, declassata a città di provincia; senza il suo impero de terra e de mar, senza porto, perché l’Austria aveva privilegiato Trieste, e senza Arsenale, il luogo principale di lavoro e d’attività economico-industriale, dove un tempo si costruivano le navi da guerra e di comunicazione della Serenissima, senza lavoro, senza ideali e senza speranze, culturalmente decadente, senza università (l’università di Venezia era quella di Padova), senza arti, con pochissime scuole, con una gioventù passiva e spesso viziosa, quasi del tutto abbandonata a se stessa. Da “Dominante” era diventata suddita.

Le calli (strade o vie) e i campi (le piazze) erano piene di disoccupati e dei loro figli che erano inclini a diventare ragazzi di strada.36 Il clero, diocesano e religioso, era numeroso, anzi troppo numeroso, ma sicuramente abbastanza ignorante e poco disposto a preoccuparsi dei problemi del popolo: spesso per i preti era già difficile ottenere un beneficio, una prebenda o addirittura per molti una sportula, cioè un’offerta della messa.

Si può ricordare che i due fratelli vissero con i loro concittadini sotto ben sette governi e apparati statali diversi, nel periodo che va dal 1797 alla loro morte:

  1. Repubblica Serenissima di Venezia dal 697 fino al 12 maggio 1797;
  2. Municipalità provvisoria, d’inspirazione giacobina (12 maggio 1797 – 17 ottobre 1797 o meglio al 18 gennaio 1798, con l’entrata delle truppe austriache in Venezia, quindi per otto mesi circa), che era de facto il governo militare francese di Napoleone;
  3. Prima dominazione austriaca (17 ottobre 1797 – 1805, otto anni circa);
  4. Regno d’Italia, in realtà un dominio di Napoleone, che ne era il re; il viceré era suo figlio adottivo Eugène de Beauharnais (17 marzo 1805-7 aprile 1813; per otto anni). Per Venezia e il Veneto, l’annessione al Regno d’Italia avvenne il 26 dicembre 1805. Dopo la battaglia d’Austerlitz (2 dicembre 1805) e il trattato di Presburgo (26 dicembre 1805) le truppe francesi entrarono ancora una volta a Venezia il 18 gennaio 1806. Verso la conclusione dell’avventura napoleonica del Regno d’Italia, l’occupazione militare austriaca del Veneto e di Venezia de facto comincerà otto anni più tardi, nel 1813, dopo la battaglia di Lipsia (15-19 ottobre 1813); la Lombardia resterà sotto il dominio francese ancora qualche mese.
  5. Vice-regno lombardo-veneto: seconda dominazione austriaca (1814-1848; trentaquattro anni);
  6. Repubblica di S. Marco (22 marzo 1848-20 luglio1849; quasi un anno e mezzo);
  7. Vice-regno lombardo-veneto: terza dominazione austriaca (20 luglio1849-1866; diciassette anni), fino alla terza guerra di indipendenza italiana (1866).

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