La casa di Lendinara dal 1866 al 1896

Pp. 480-488, Libro Storia dell’Istituto Cavanis - Congregazione delle Scuole di Carità.

Titolo: Storia dell’Istituto Cavanis – Congregazione delle Scuole di Carità 1772-2020

Autore: Giuseppe Leonardi, CSCh

Numero di pagine: 3.793

Lingua: ITALIANO

Anno: 2022 (*Aggiornato 2023)

Parole Chiave:

Congregazione Cavanis, educazione cristiana, Marco Cavanis, Antonio Cavanis, Venezia, pedagogia, vocazione, spiritualità, formazione giovanile, missione educativa, carisma, scuola cattolica, storia ecclesiastica, apostolato, congregazione religiosa, povertà educativa, Chiesa cattolica, evangelizzazione, comunità religiosa, tradizione.

Riassunto:

Quest’opera offre un ampio e documentato percorso storico sulla nascita, lo sviluppo e la missione educativa della Congregazione dei Padri Cavanis, fondata dai fratelli Marco e Antonio Cavanis a Venezia nel XIX secolo. Attraverso un’accurata analisi delle fonti, Giuseppe Leonardi ripercorre i momenti chiave dell’espansione della Congregazione in Italia e nel mondo, mettendo in luce la vocazione alla formazione cristiana e civile dei giovani, in particolare dei più poveri. L’autore evidenzia inoltre la spiritualità cavanisiana, fortemente radicata nella pedagogia dell’amore, nell’apostolato educativo e nella fedeltà alla Chiesa. L’opera si conclude con una riflessione aggiornata sulle sfide e prospettive della Congregazione nel contesto contemporaneo

7.2 La casa di Lendinara dal 1866 al 1896

Abbiamo interrotto la storia della seconda casa Cavanis, quella di Lendinara, con la fine della breve guerra del 1866, ossia la Terza Guerra d’Indipendenza d’Italia, perché, come si diceva, l’unione del Veneto al regno d’Italia, con la soppressione degli istituti religiosi e la confisca dei beni degli ordini e delle congregazioni, cambiò la situazione in toto. L’istituto Cavanis perse la casa, la scuola e la chiesa; ma perse anche l’atmosfera favorevole, il clima amabile e anche il luogo, ossia il quartiere centrale della cittadina, dove c’erano casa e scuola.

Il diario di Lendinara (DL) registra negli ultimi mesi del 1866, ma la data non è esatta, che arrivò “l’ordine di denunciare i mobili e gli immobili per effetto dell’esecuzione della legge di soppressione del demanio reale”.

Lo stesso giornale racconta che circa a Natale, il 22 dicembre 1866, P. Vincenzo Brizzi si ammalò gravemente e peggiorò sino a morire all’inizio del febbraio 1867; ma “P. Casara [preposito generale] gli proibì di morire perché non pensava fosse questa la volontà di Dio». In effetti, P. Vincenzo non morì, e i confratelli attribuirono questo fatto “alla grande fede di questo buon padre” (P. Casara). In questo modo viene annotato ciò che si svolse e l’interpretazione che ne diedero i confratelli nel DL, alla fine di quest’anno così duro, il 1866

1867: La convalescenza di P. Brizzi fu lunga, partì per Venezia il 20 aprile, per rimettersi in salute, e da Venezia si recò a Possagno, da dove rientrerà a Lendinara il 21 maggio con P. Traiber: il ritorno anticipato dipende dal fatto che si temeva che il Ministero delle Finanze inviasse i suoi agenti per eseguire la soppressione. Con loro andò a Lendinara anche il chierico Luigi Piva, gravemente malato. Morirà in concetto di santità nella stessa città e comunità il 5 settembre, a 21 anni. 

Il 25 maggio il chierico Giovanni Battista Larese scrive nel diario che lui stesso, chiamato a Venezia, “non è più membro di questa famiglia». Tuttavia ci ritornò più avanti (nel gennaio 1876) e diventerà a partire da questa data uno dei protagonisti della vita della casa, e un fedele compilatore del diario, dal 1866 al 1873, con la sua bella scrittura da calligrafo. Queste pagine erano state scritte da lui per ovviare a una lunga lacuna.

Il 29 novembre «Si presentò il dr. Angelini, commissario reale in qualità di incaricato del demanio statale con Marino Pelà, commissario del comune per eseguire la soppressione civile di questa famiglia. Il padre rettore dichiarò formalmente la sua opposizione a tale atto e volle che tale dichiarazione fosse inserita nel verbale di procedimento. Nella stessa dichiarazione disse che si opponeva e protestava contro questa soppressione e che se partecipava a tale sessione era solo per evitare delle cose più gravi, ma che non intendeva rinunciare ai suoi diritti come direttore della comunità religiosa e ancor meno contravvenire alle regole della Santa Chiesa che prevedono la scomunica per chiunque osi usurpare i beni ecclesiastici a prescindere dai modi utilizzati per farlo.» Ciò naturalmente non impedì ai due commissari di compiere l’espropriazione.

“La famiglia dei religiosi era composta a quel tempo [dal riferimento temporale “a quel tempo” capiamo che P. Larese scriveva questa parte del diario molto più tardi, quando rientrò a Lendinara, nel 1876, alla morte del Brizzi] da P. Vincenzo Rizzi, rettore, da P. Pietro Spernich, P. Giovanni Battista Traiber, P. Giovanni Ghezzo, fratel Pietro Rossi, e fratel Giacomo Barbaro.»

1868: Nel mese di marzo l’ispettore reale delle scuole, il signor L. Barbaro venne a visitare la scuola media e si mostrò soddisfatto sia del profitto e del progresso dei giovani sia dell’insegnamento attuato. Ma le cose stavano per cambiare e non ci sarebbe stata sempre tale cordialità. Anche l’ispettore esterno doveva cambiare, anche perché ufficialmente non c’era più la Congregazione delle Scuole di Carità: i padri erano diventati preti secolari per la società civile. Il 19 marzo con la decisione «del capitolo della famiglia di Venezia», dice il diario di Lendinara, ma più probabilmente con la decisione del preposito generale e del suo consiglio, anche se incompleto e per decreto di mons. Colli, vescovo di Adria, i religiosi di questa famiglia deposero la «pazienza » e i sacerdoti anche il bavero. 

1869: P. Francesco Bolech, trentino, fu inviato come membro in questa famiglia e P. Traiber passò a Venezia. Era stato a Lendinara quasi sin dall’inizio della casa dal 1836, fino al 1869, con l’interruzione dei tre anni 1863-66, il tempo del suo mandato come superiore generale.

1870: Si tratta dell’anno in cui l’esercito italiano, dopo un breve assedio e attraverso la breccia di porta Pia, il 20 settembre 1870 prese la città di Roma, che divenne (fortunatamente per l’Italia e per la Chiesa!) capitale d’Italia; e l’anno in cui il Papa Pio IX dovette ritirarsi in Vaticano. L’anticlericalismo in Italia, e a Lendinara, raggiungeva il suo climax; e di riflesso, ma anche per spirito poco evangelico, cresceva l’integralismo cattolico. Il 13 marzo P. Giuseppe Miorelli, che forse era stato seminarista a Lendinara negli anni precedenti, fu ordinato prete e celebrò la sua prima messa a Lendinara, nella chiesa di S. Giuseppe Calasanzio, che era evidentemente ancora in uso alla comunità, nonostante la soppressione e la confisca e nonostante la proprietà dell’edificio non fosse più dei padri. Dato che la diocesi di Adria si trovava “sede vacante” dal 30 ottobre 1868 al 27 ottobre 1871, P. Miorelli era stato ordinato a Padova il giorno prima, sabato 12 marzo 1970. Canterà una prima messa solenne poi il sabato successivo 19 marzo, forse a Venezia.

Tra giugno e luglio, la comunità Cavanis di Lendinara cominciò a recuperare i suoi beni: il 17 giugno «La signora Maria Onorata Brozzolo fece una donazione a P. Vincenzo Brizzi di tutti i diritti sui fondi della soppressa Congregazione delle Scuole di Carità». L’11 luglio “una donazione uguale la fecero il sig. Agostino Moda e i suoi figli don Giuseppe e Lucia con un contratto privato firmato a Vighizzo di Padova”. La Congregazione era soppressa e aveva perso la sua personalità giuridica; poteva accettare delle donazioni e/o comprare dei beni fondiari solo nella persona fisica dei suoi membri. Ben presto vedremo che quasi tutti i religiosi Cavanis saranno proprietari di case religiose, chiese, fattorie a titolo privato, ma in realtà come fiduciari prestanome della comunità.

Il fratello Pietro Rossi morì santamente quest’anno il 2 agosto 1870 a Lendinara, a 73 anni. Il DL commenta: «Fu il primo fratello laico che raggiunse i padri fondatori». Era dei nostri dal 1822.

L’8 agosto «Le finanze pubbliche mediante il sig: Talamini, agente delle tasse, ordinò lo sgombero degli edifici della Congregazione in 15 giorni. L’impiegato ne volle l’esecuzione il giorno successivo, che era una festa religiosa. Il rettore (P. Vincenzo Brizzi) s’oppose con fermezza. L’agente dovette allora ripartire senza alcun risultato. Il rettore inviò allora un telegramma al direttore dell’ufficio amministrativo delle imposte e dei beni pubblici mettendolo al corrente dell’accaduto ed egli ammonì gli impiegati per il loro agire violento». 

L’11 agosto P. Brizzi partì per Firenze (che fungeva ancora per un po’ di tempo da capitale provvisoria d’Italia) dove visitò il ministero delle finanze per far rispettare i suoi diritti e chiedere la sospensione dell’espulsione. Riuscì ad averla ed anche ad aumentare le pensioni. L’ottenne e riuscì anche ad ottenere l’aumento delle pensioni vitalizie. Rientrò a Lendinara il 17, «felicemente, tra la gioia dei buoni e la rabbia dei tristi [cioè dei cattivi] ». La vittoria fu tuttavia effimera e breve per i nostri confratelli. Il 23, 24, 29 agosto, il diario di Lendinara racconta con vividi particolari la lotta accanita degli agenti del demanio statale appoggiati dal prefetto di Rovigo (capoluogo di provincia) e dai nemici dell’Istituto che erano adesso molto attivi nel municipio di Lendinara, contro la nostra comunità, e allo stesso tempo la resistenza altrettanto accanita del coraggioso rettore Brizzi. 

Resistette in tutti i modi, dichiarando che avrebbe ceduto solo dinnanzi alla forza armata. Il commissario di polizia gli mostrò allora l’ordine del prefetto di Rovigo dichiarante che «si dovrà fare uso della forza e che si sarebbero inviati tanti carabinieri quanti ne sarebbero serviti per mettere pace in città». La resistenza andò avanti ancora per qualche giorno anche per l’intervento personale di P. Casara, Preposito, a Rovigo, ma invano. L’1° settembre 1870 si firmò l’atto di consegna dei mobili e degli immobili e la comunità se ne andò dall’istituto per dimorare provvisoriamente nella canonica della parrocchia di S. Sofia, come ospiti del vicario don Ferdinando Cappellini, che li accolse con generosità. Erano le 14 del 1 settembre. La casa dell’Istituto a S. Sofia era perduta per sempre. 

Il 15 dicembre essendo stato nominato parroco e arciprete di S. Sofia don Cappellini, che prima ne era vicario, si trasferì nella canonica (che sino a quel momento era in « sede vacante »); e lasciò ai padri la sua stessa casa «domenicale», dove i padri traslocarono nuovamente.

1871: il 13 gennaio i padri dovettero resistere a un tentativo di ispezione delle scuole che tuttavia non potevano essere sottomesse a ispezione comunale o statale trattandosi di scuole definite giuridicamente «paterne». Nel marzo 1873 seguiranno ulteriori tentativi di questo genere.

Dal 28 giugno al 9 ottobre, la comunità comprò e occupò una casa e un giardino contigui alla casa di don Cappellini e guadagnarono in questo modo più spazio per vivere e organizzare meglio le scuole (che in quel momento e nella situazione dovevano essere molto piccole). Questo blocco di case e orto era situato nella parrocchia/quartiere di S. Giuseppe.

All’inizio dell’anno scolastico il 15 ottobre, Michele Marini subentrò a P. Francesco Bolech per la cattedra di disegno.

1872: il 14 maggio morì il caro P. Pietro Spernich, «vir simplex ac timens Deum», che aveva trascorso gran parte della sua vita religiosa a Lendinara (1838-60; 1866-72).

Durante gli anni scolastici 1872-73 e 1873-74 la comunità era composta dai padri Vincenzo Brizzi, rettore; Giovanni Ghezzo; Michele Marini, Giuseppe Miorelli. 

1873: L’archivio di Lendinara conserva una lettera del preposito, P. Casara, al rettore Brizzi, datata 6 aprile 1873, nella quale si lamenta della serie di critiche, calunnie e problemi provocati dai «nemici di Dio» e dell’Istituto; si dispiace che l’arciprete [di S. Sofia, don Ferdinando Cappellini] e don Luigi [Fabbri, vicario], considerati sin qui degli amici caritatevoli non abbiano reagito a questa situazione. Sente necessario uscire fuori dalla canonica, dove la comunità si era collocata dopo essere stata cacciata dalla propria sede e propone a P. Brizzi di acquistare una nuova casa per la comunità. 

Il 13 aprile, in effetti, il diario commenta che ci si trova a dover restituire la casa «padronale» dell’arciprete Ferdinando Cappellini, e si cerca un nuovo edificio adeguato. Tra giugno e luglio si conclude l’acquisto di un grande edificio (e caro, £ 8.500, circa il doppio della casa acquistata a S. Giuseppe) nel territorio della parrocchia di S. Biagio, e il 19 settembre si trasloca nuovamente con la comunità e la scuola. Tale edificio è chiamato «convento di S. Biagio» in una lettera del sindaco di Lendinara alla comunità Cavanis.

L’archivio di Lendinara conserva anche una lettera del vescovo diocesano d’Adria, datata 9 agosto 1873, nella quale si dispiace delle incomprensioni e dei dissapori sorti fra P. Vincenzo (Brizzi) e l’arciprete Cappellini; la lettera sembra dar ragione ai Cavanis, ma il vescovo scrive che non saprebbe come cambiare la situazione. Dice che scrive contemporaneamente all’arciprete sperando che i padri possano rientrare nella loro antica dimora. Scrive inoltre che il Papa invitava ad “aspettare l’evolversi delle cose”; lo stesso vescovo esortava P. Brizzi a dire che “nonhabemus hic manentem civitatem”.

Nella loro situazione di sofferenza, e di certo immaginando l’angoscia più ampia e universale del Santo Padre, «i religiosi Cavanis del Veneto» scrissero una lettera nella quale rassicurarono Pio IX che nonostante la soppressione, restavano fedeli e uniti, al lavoro; essi non si «lascerebbero sottrarre dal loro fianco i poveri figli del popolo». Chiesero che il Papa li benedicesse e li confortasse. Pio IX rispose e concesse la benedizione il 22 luglio 1873.

Tuttavia contro la speranza manifestata dal vescovo, che era piuttosto ottimista o più probabilmente voleva indorare la pillola e incoraggiare i padri, la piccola comunità Cavanis di Lendinara, con la sua scuola, resterà in questo luogo, nella sua terza residenza, fino alla fine (1896). 

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