Titolo: Storia dell’Istituto Cavanis – Congregazione delle Scuole di Carità 1772-2020
Autore: Giuseppe Leonardi, CSCh
Numero di pagine: 3.793
Lingua: ITALIANO
Anno: 2022 (*Aggiornato 2023)
Parole Chiave:
Congregazione Cavanis, educazione cristiana, Marco Cavanis, Antonio Cavanis, Venezia, pedagogia, vocazione, spiritualità, formazione giovanile, missione educativa, carisma, scuola cattolica, storia ecclesiastica, apostolato, congregazione religiosa, povertà educativa, Chiesa cattolica, evangelizzazione, comunità religiosa, tradizione.
Riassunto:
Quest’opera offre un ampio e documentato percorso storico sulla nascita, lo sviluppo e la missione educativa della Congregazione dei Padri Cavanis, fondata dai fratelli Marco e Antonio Cavanis a Venezia nel XIX secolo. Attraverso un’accurata analisi delle fonti, Giuseppe Leonardi ripercorre i momenti chiave dell’espansione della Congregazione in Italia e nel mondo, mettendo in luce la vocazione alla formazione cristiana e civile dei giovani, in particolare dei più poveri. L’autore evidenzia inoltre la spiritualità cavanisiana, fortemente radicata nella pedagogia dell’amore, nell’apostolato educativo e nella fedeltà alla Chiesa. L’opera si conclude con una riflessione aggiornata sulle sfide e prospettive della Congregazione nel contesto contemporaneo
7. La casa di Lendinara 1833-1896
Nel 1852, al tempo del passaggio nel governo della Congregazione da P. Anton’Angelo a P. Vittorio Frigiolini e a P. Sebastiano Casara, come si diceva, la Congregazione possedeva due case: a Venezia (la casa madre) e a Lendinara. Sin qui si è parlato di quella di Venezia. Si presenterà adesso un sunto della storia della casa di Lendinara dal 1834 al 1852, della quale si dispone già di un cospicuo numero di dati pubblicati, e poi si svilupperà in maniera più ampia la sua storia successiva sino al suo abbandono definitivo nel 1896. Questo periodo relativo alla storia di questa casa era ancora quasi sconosciuto e comunque inedito.
Box: gli archivi e il diario della casa di Lendinara
L’archivio della casa di Lendinara è stato a suo tempo versato ed è conservato nell’archivio storico della Congregazione, nella casa madre di Venezia, in sigla AICV, nell’armadio 6, scaffale 3, buste Lendinara 1-4, nel settore «Scuole di Carità di Lendinara (fondo)». Questo archivio è estremamente interessante sia per quanto riguarda Lendinara che per la mole di dati attinenti alla storia della Congregazione e spesso per la storia della città di Lendinara e del Polesine. Eppure, nell’insieme, trattandosi di un archivio relativo a 62 anni di vita (1834-1896), quello di questa casa è piuttosto modesto, soprattutto per quanto riguarda l’attività delle scuole; si riscontrerà che anche il diario della casa è sempre troppo breve e laconico e troppo spesso presenta sensibili lacune e vuoti riguardanti parecchi anni.
I quattro faldoni dell’archivio sono organizzati in questo modo:
Faldone 1: lettere antecedenti all’apertura della casa nell’anno1834.
Faldone 2 documenti amministrativi e fondiari: contratti, acquisti, vendite, finanze.
Faldone 3: acquisti, spese, convenzioni giudiziarie, citazioni e sentenze.
Faldone 4: diario della casa, atti della Congregazione mariana, scuole, atti diocesani, rescritti e altri documenti pontifici (della Santa Sede) e della diocesi di Adria.
Il titolo completo del diario della casa Cavanis di Lendinara è: Memorie per servire alla Storia dell’Istituto delle Scuole di Carità in Lendinara. In questa sede lo si nomina per ragioni di semplificazione Diario di Lendinara, abbreviato DL.
Il nome del diario lo si trova in alto nella prima pagina del quaderno, seguito dall’acronimo e dall’anno di inizio: «LDM – 1833 » (Laus Deo et Mariae), invece dell’acronimo da noi più frequente, JMJ o IMI (Jesus Maria Joseph). Il titolo del quaderno, l’acronimo e la data sono stati scritti da P. Marcantonio, che lo iniziò lasciando poi il quaderno delle Memorie della casa alla redazione di P. Matteo Voltolini, primo pro-rettore e poi rettore, e poi di altri rettori.
Il diario in sé si conclude il 3 Novembre 1887. Poi ci sono dei fogli annessi separati che sono attinenti ai periodi 1889- 21 maggio 1894. Non c’è traccia dell’ultimo periodo della casa e nel diario non si fa neanche menzione della data e della ragione della chiusura, benché ci fossero ancora numerosi fogli bianchi nel quaderno originale preparato da P. Marco nel 1833 (o più probabilmente nel 1834).
7.1 La casa di Lendinara dal 1833 al 1866
Lendinara è una cittadina che si trova attualmente in provincia di Rovigo, regione del Veneto, per essere più precisi nel Polesine, la pianura del basso Po; 69 km a sud-est di Venezia e 15 km ad est di Rovigo.
La sua storia antica si perde nella notte dei secoli: la leggenda, assai poco probabile, dice che sia stata fondata da Antenore, uno dei fuggitivi da Troia. Nel secolo XII apparteneva al dominio veronese, e, dopo un breve periodo di indipendenza dal 1259 al 1275, passò successivamente sotto la dominazione degli Estensi, poi dei Carraresi, poi ancora degli Estensi. Nel 1485 Lendinara si diede spontaneamente alla Repubblica di Venezia, che la resse poi fino alla sua caduta (1797) per mezzo di un patrizio Veneto, che aveva il titolo di Podestà.
La città dunque apparteneva alla Repubblica di Venezia quando i fondatori erano giovani e dopo la città seguì la stessa sorte della Serenissima con le varie dominazioni francesi e austriache. Apparterrà alla fine al Regno d’Italia (e più tardi alla Repubblica italiana), come Venezia e tutto il Veneto, dopo il 1866.
Si tratta oggi di una cittadina di circa 12.000 abitanti, e ai tempi di P. Casara ne contava circa 9.000; Lendinara ha una certa importanza storica (soprattutto per gli avvenimenti del Risorgimento), artistica e culturale. Dato che è situata ai bordi di un canale un tempo navigabile, l’Adigetto, Lendinara aveva un porto fluviale di una certa importanza perché il canale permetteva ai battelli mercantili di passare dall’ Adige a molte città della regione e fino al mare Adriatico. L’industria locale era quella del legno e del cuoio sia ai tempi dei fondatori che oggigiorno. Il XVIII secolo fu il secolo d’oro della città da un punto di vista artistico-culturale: era chiamata, senza dubbio con qualche esagerazione, «l’Atene del Polesine».
Vale la pena di riportare qui la pagina 6 e parte della pagina 7 (di sette) del saggio “Cenni storici sulla città di Lendinara”, perché queste pagine, che trattano del periodo compreso tra il fine del ‘700 e il 1887, corrispondono molto bene all’epoca della vita dei Fondatori e della comunità lendinarese Cavanis.
“Verso la fine del Settecento Lendinara visse un periodo di grande rinnovamento. Molti edifici privati vennero eretti o ricostruiti. Le chiese di S. Biagio e della Madonna, restituite al clero regolare, subirono radicali trasformazioni e pregiati artisti le decorarono. Si acciottolarono le strade del paese e si lastricarono i marciapiedi. La caduta della Repubblica di Venezia e la venuta dei francesi (1797) non furono accolte in Lendinara come avvenimenti sconvolgenti. «Venezia terminò… » dirà il Boraso, come si trattasse di un avvenimento di un altro mondo — «dopo tanti anni che sono padrona, non più padrona, ma serva! ». I lendinaresi, anche nobili, che pur avevano servito la Repubblica, si adattarono presto al nuovo corso come il Conti, come Pietro Perolari Malmignati e tanti altri che trovarono miglior riconoscimento del loro valore in un ambiente che rapidamente evolveva dando agio alla fantasia e all’iniziativa di raggiungere traguardi prima impensabili. Mentre le vecchie famiglie lendinaresi riprendevano slancio (i Malmignati, i Petrobelli, i Cattaneo, i Mario, i Perolari) se ne aggiunsero presto di nuove che acquistarono terreni e notorietà nel paese come i Marchiori, i Milani, i Lorenzoni, i Ballarin, i Pavanello. Si venne così formando una nuova classe di proprietari che appartenevano alla borghesia: erano professionisti, commercianti (anche ebrei) generalmente immigrati. Tramite loro si operarono il frazionamento della proprietà terriera, e conseguentemente lo sviluppo dell’agricoltura e una attiva partecipazione alla vita pubblica. I francesi portarono in Lendinara l’amore per la musica e per gli spettacoli. Nel 1812 si inaugurò, sul corpo dell’antico granarone, il Teatro Ballarin, per molto tempo istituzione di risalto della vita cittadina.
Nel 1813 i francesi, ritirandosi dalla Russia, raggiunsero l’Adige e il 7 dicembre parte delle armate transalpine, sotto il comando del generale Marconiet, si concentrò in Lendinara e vi si fortificò. Il giorno dopo i francesi andarono ad attaccare l’armata austriaca a Boara, in destra e sinistra dell’Adige nel punto che guardava la strada postale di Rovigo. Impegnata battaglia, furono sconfitti e rientrarono in Lendinara; indi si ritirarono al ponte di Castagnaro, abbandonando il Polesine. Il generale austriaco Co. di Staremberg portò il suo quartier generale in Lendinara il 15 dicembre; iniziava così il governo del Regno Lombardo-Veneto e il 12 novembre 1816 il conte Pietro di Goess, governatore, venne a visitare la città. Vi furono illuminazioni, teatro, fuochi d’artificio, raccolte poetiche. Al paese venne confermato il titolo di Città. Con il governo austriaco le scuole elementari vennero regolate con provvedimento 7 dicembre 1818 e decreto del 1830.
Nel 1834, favorita da Francesco Marchiori, venne fondata in Lendinara la scuola dei Padri Cavanis che comprendeva, oltre alle elementari, il ginnasio. Da tale scuola, oltre al patriota Alberto Mario, uscirono molti giovani lendinaresi che nell’800, continuando gli studi, formarono un vasto corpo di ingegneri, avvocati, professionisti che innalzarono nel Polesine la considerazione di Lendinara. La scuola dei Cavanis fu soppressa nel 1866. Fu questo del LombardoVeneto un periodo di buona amministrazione. Le cariche erano in genere affidate a maggiorenti locali e si poteva accedere all’amministrazione giudiziaria. Vi furono anche iniziative di sviluppo economico. È suggestivamente descritta, nelle rime del Perolan-Malmignati, la filanda di Girolamo Ballarin. Attività sempre prospera in Lendinara fu la lavorazione artistica del legno, si può dire ininterrotta dal tempo dei Canozi fino al Novecento. Notevoli in modo particolare furono i lavori di Giovanni Ponzilacqua, dei fratelli Voltolini. Interessante anche l’arte della stampa esercitata dal Balena (1695), poi dalla Stamperia della Fenice, della Fenice Risorta, dai Michelini e dai Buffetti.
L’agricoltura intanto evolveva. Migliorò la conduzione dei terreni, fu introdotta la coltivazione della canapa e intensi lavori dei consorzi di bonifica migliorarono la produttività. Si lamentavano pero i difetti di un troppo rigido accentramento che imponeva spesso, anche in questioni di poco conto, il ricorso a Vienna. Molti sentivano di aver perduto la maggiore libertà goduta al tempo dei francesi. Le cospirazioni carbonare di Fratta, duramente represse, avevano lasciato nelle coscienze aspirazioni di libertà.
La prima e la seconda guerra d’indipendenza svegliarono ancor più gli spiriti e molti furono i lendinaresi che passarono il Po per unirsi alle truppe piemontesi e alle camicie rosse di Garibaldi seguendo l’esempio di Alberto Mario. Fino alla liberazione del Veneto le due correnti, quella appunto del Mario e quella di destra (che vide come esponenti locali i membri della famiglia Marchiori) trovarono agio di convivere e procedere insieme per la causa risorgimentale. Liberato il Veneto, fu primo sindaco Domenico Marchiori. Nel 1869 il comune di Saguedo, a richiesta dei suoi abitanti, fu unito a Lendinara. Importanti lavori edilizi furono compiuti durante e dopo l’apertura della ferrovia Rovigo-Legnago (1876). Fu ricostruito il ponte di Piazza (1889) e edificato il nuovo cimitero. A un rapido progresso economico si opposero alcuni grossi ostacoli: la pellagra, male comune a tutta la provincia, l’ignoranza dei contadini, le conseguenze della rotta dell’Adige (1882), l’emigrazione, gli scioperi agricoli. Non mancarono però valenti agricoltori tra i quali il dottor Giuseppe Petrobelli, scrittore di cose agricole. A Lendinara nacque nel 1867 la Società Operaia di Mutuo Soccorso e nel 1869 il primo Comizio Agrario d’Italia.
La Società di Mutuo Soccorso, oltre all’assistenza ai soci, promosse la costruzione di case operaie, la costituzione di cooperative di credito, di consumo, di produzione, e l’attivazione di scuole serali e festive. Fondò una biblioteca circolante e collaborò con Jessie White Mario all’inchiesta nazionale di Agostino Bertani sulle condizioni dei lavoratori del suolo.
Anima di queste istituzioni furono Dante Marchiori ed Eugenio Petrobelli ai quali si deve l’istituzione a Molinella di cucine popolari per la lotta contro la pellagra e numerose iniziative agricolo-industriali che posero Lendinara alla testa della provincia. Lendinaresi di rilievo in questo periodo furono Giuseppe Marchiori e Adolfo Rossi. Il Marchiori, che fu presidente del Consiglio Provinciale, promosse l’istituzione a Rovigo della Cattedra Ambulante di Agricoltura. Questo movimento preparatorio sfociò, agli inizi del corrente secolo, in ealizzazioni industriali di notevole importanza. Nel 1889 fu costruito lo zuccherificio…”
Lendinara è sede di un santuario mariano di forte devozione locale, la chiesa della Madonna del Pilastrello, di varie chiese e antichi conventi.
La storia di Lendinara, dal punto di vista dell’Istituto Cavanis, cominciò così: il 28 aprile 1833, festa patronale di S. Giuseppe, arrivò in Istituto un signore allora sconosciuto, un certo Francesco Marchiori, che si presentò come incaricato da un «benefattore occulto» d’offrire e domandare ai fratelli Cavanis di aprire una casa religiosa e una scuola a Lendinara. Il benefattore offriva l’edificio e il capitale.
L’idea di fondare una seconda casa era molto interessante anche perché non si poteva pensare di far riconoscere l’Istituto dalla S. Sede con una casa soltanto e l’occasione sembrava buona perché si trovava un “fondatore” che concretamente avrebbe reso possibile realizzare questo sogno.
Sfortunatamente le trattative furono lunghe e difficili e si arrivò a firmare il contratto solo il 15 Dicembre 1833, ma si dovette aspettare la fine di Febbraio del 1834 perché Marchiori accettasse di versare legalmente il capitale promesso. Le trattative si articolarono in 86 lettere, di cui una quarantina da parte dei fondatori e numerosi viaggi a Lendinara!
Si capì solo in seguito che il signor Marchiori era lui stesso il benefattore e che era sì un uomo di buone intenzioni, ma dal carattere estremamente difficile e tanto complesso che avrebbe reso felice uno psicanalista. La Positio lo considera a ragion veduta «incostante, indeciso, capzioso».
Successivamente arrivò a minacciare i padri di perseguirli legalmente per non aver rispettato gli accordi presi (1837); diede loro una quantità di problemi e di delusioni anche dopo la morte.
L’apertura di questa casa fu utile all’Istituto e ad un gran numero di bambini poveri, ma essa fu solo l’inizio di un rapporto difficile e sofferto con il suo benefattore. Si aggiunse anche una situazione locale progressivamente sempre più difficile a causa non solo di Marchiori, ma anche della situazione politica e di qualche nemico di cui si farà cenno in seguito.
Finalmente il 3 marzo 1834, ad un anno dalla prima visita del signor Marchiori a Venezia, la piccola comunità prese vita. I due padri fondatori accompagnarono P. Matteo Voltolini con i due seminaristi Angelo Miani e Francesco Minozzi che sarebbero stati i membri della nuova comunità di Lendinara, e anche tre “aspiranti” che dovevano continuare gli studi: i futuri padri Giuseppe Rovigo, Giuseppe Da Col e inoltre il giovane aspirante Odorico Parissenti. Il 6 marzo si aprì la casa religiosa e il 2 aprile la scuola.
Ad eccezione dei rapporti quasi sempre sgradevoli con il signor Marchiori, l’ambiente nella cittadina e dintorni era molto gradevole: la gente del posto, il clero e il vescovo d’Adria furono molto cordiali e generosi con la nostra comunità.
La scuola, naturalmente gratuita, essendo Cavanis, per il momento era il ginnasio; le elementari Cavanis non esistevano ancora a Lendinara nel 1841, e furono fondate e avviate dall’Istituto il 15 novembre 1850, 17 anni dopo l’inizio dell’opera Cavanis; eppure ebbero poca fortuna perché vennero chiuse nel 1857 a causa della mancanza di allievi. Del resto già nel 1840, il signor Francesco aveva scritto ai padri fondatori che era inutile aprire una scuola elementare a Lendinara, dato che la cittadina ne aveva già a sufficienza.
Abbiamo dei dati sul numero di allievi del ginnasio, tutte le classi assieme: nel 1834-35, 143 allievi, di cui 9 non erano di Lendinara; nel 1835-36, lo stesso; nel 1836-37 149 allievi, di cui 24 abitavano fuori Lendinara. Si potranno trovare dei dati sugli anni successivi cercando negli armadi dell’AICV che contiene i registri degli alunni sia della casa di Venezia che di quella di Lendinara.
La casa Cavanis e le scuole si trovavano in questo primo periodo nel territorio della parrocchia di S. Sofia nel centro cittadino. Non si conosce tutt’ora l’indirizzo esatto di questa prima casa.
La chiesa di S. Sofia è chiamata il Duomo di Lendinara, e ne è la parrocchia principale; la chiesa attuale risale al XVIII-XIX secolo. Il campanile alto 101 metri, è uno dei campanili più alti d’Italia. L’altezza fu voluta, con ogni probabilità, ad essere un po’ maligni, per arrivare, per un metro in più, ad avere un campanile più alto di quello di S. Marco a Venezia, il quale, contanto anche l’angelo dorato della sommità, arriva a 100 metri.
La comunità Cavanis abitò lì e lì si creò la scuola nel territorio di questa parrocchia sino al 1870; dopo l’episodio doloroso della soppressione degli istituti religiosi e della confisca dei loro beni, l’Istituto dovette trovare una residenza provvisoria e in seguito (1874) comprò una nuova sede nei pressi della chiesa allora arcipretale di S. Biagio. Questa chiesa è neoclassica di stile palladiano ma risale al XIX secolo. Si trova al margine dell’Adigetto.
La cappella di S. Maria Nova di cui si parla si trova in un quartiere a nord della città.
È interessante che il fascicolo 9 della busta Lendinara 1 contiene due progetti della casa e della scuola di Lendinara, cosi come lunghi elenchi del mobilio e degli utensili da cucina, del refettorio, dei dormitori, della scuola, e così via.
Nell’ottobre 1837 troviamo a Lendinara i padri Giovanni Battista Traiber e Giuseppe Marchiori P. Matteo Voltolini, rettore e il chierico Alessandro Scarella e ancora il fratello laico Pietro Rossi, quest’ultimo fino a giugno. Il fratello sarà poi sostituito in cucina come cuoco da un giovane «aspirante» durante qualche mese, e più tardi dal fratello Giovanni Dall’Agnola.
Nel momento dell’erezione canonica dell’Istituto celebrata a Venezia, nell’oratorio della sede dell’Istituto, il 16 luglio1838, i membri della comunità di Lendinara non avevano potuto partecipare, ma non si sa perché, ma avevano ricevuto una lunga lettera di P. Giuseppe Marchiori e un’altra di P. Marco con una descrizione molto dettagliata dell’evento.
Andarono a Venezia per la vestizione e per la professione l’ottobre seguente; il 4 Ottobre in effetti, durante le vacanze autunnali, i tre padri Pietro Spernich, Matteo Voltolini e Giovanni Battista Traiber e il fratello Giovanni Dall’Agnola indossarono l’abito (caratteristicamente, per una triste ma comune abitudine del tempo, i preti vestirono l’abito di mattina e il fratello di pomeriggio, separatamente), e il 29 Ottobre i tre preti emisero la loro professione religiosa. Tutte le celebrazioni si svolsero nell’ oratorio delle scuole di Venezia a palazzo Da Mosto.
Nel dicembre 1838 i padri Piero Spernich, Matteo Voltolini e Giovanni Battista Traiber appartengono ancora alla comunità di Lendinara, inoltre c’erano almeno due seminaristi che avevano fatto la loro vestizione, Giuseppe Da Col e Guglielmo Gnoato (che uscirà successivamente) e il fratello laico Giovanni Dall’Agnola.
Da diverse lettere di P. Marco e di P. Voltolini, rettore di Lendinara, si apprende che oltre ai religiosi residenti, membri della comunità locale, dei seminaristi Cavanis «transmigravano» di frequente da Venezia a Lendinara e viceversa, per ragioni varie: per aiutare i confratelli, per le vacanze, per curarsi la salute cagionevole. Anche qualche padre «trasmigrava» a Lendinara, come fece P. Giovanni Paoli nel settembre 1839,per riposare e recuperare la salute. Difficile da comprendere come ci si potesse rigenerare trovando un ambiente adatto nel Polesine, che è una pianura bassa, umida e calda durante l’estate, fredda e pure umida e nebbiosa d’inverno; ma era l’abitudine di quei tempi; non si andava in spiaggia o in montagna come si fa adesso! Anche i nobili e i ricchi costruivano le loro ville sontuose per le loro vacanze sulla riviera del Brenta o altrove, ma in pianura.
Si sperava che anche la casa di Lendinara, che era stata aperta già da quattro anni nel 1838, fosse presto eretta canonicamente dal vescovo d’Adria; una richiesta in tal senso (di cui abbiamo la minuta di P. Marco) era stata avanzata al vescovo d’Adria mons. Antonio Maria Calcagno il 18 ottobre 1837 dalla deputazione del consiglio comunale di Lendinara e un’altra sarebbe stata inviata da P. Marco al vescovo Calcagno il 6 luglio 1839; ma a causa di diverse difficoltà la casa fu eretta canonicamente solo il 6 ottobre 1860, dal successore mons. Camillo Benzon.
In molte lettere del 1838 si parla dell’acquisto di un podere nei dintorni di Lendinara, lo si farà con parecchio ritardo nel mese di Settembre di quell’anno.
Il 7 Ottobre 1839 i fondatori accettano con gratitudine la proposta del consiglio comunale (Deputazione) di Lendinara di ricevere in dono la chiesa di S. Anna con l’unico vincolo di officiare le messe corrispondenti ai legati locali.
P. Marco, d’altra parte, deve rispondere a P. Paoli, il 10 ottobre 1839, che la Congregazione non ha “operai” a sufficienza per accettare la proposta di nuova fondazione a Badia (Polesine). In questa corrispondenza con P. Paoli, frequente nei mesi autunnali del 1839, si parla anche della grave malattia del seminarista Giuseppe Magosso, che vivrà comunque in Congregazione fino al 1842.
Il 20 ottobre 1839, P. Antonio forma le due comunità di Venezia e di Lendinara in previsione del nuovo anno scolastico 1839-1840, scrivendo a P. Paoli a Lendinara:
- a Lendinara resteranno o andranno i padri Paoli (rettore o più probabilmente direttore della scuola), Spernich («gestore della casa») e Traiber, con il seminarista Giuseppe Magosso e forse almeno un fratello laico;
- a Venezia torneranno da Lendinara P. Marchiori e i chierici Giuseppe Da Col, Guglielmo Gnoato e Giovanni Francesco Mihator.
- Sembra che P. Matteo Voltolini, molto affaticato, venga richiamato a Venezia e sostituito nella direzione delle scuole da P. Paoli, ma tutto ciò non è chiaro, né nella lettera di P. Antonio del 20 ottobre 1839, ne nel testo corrispondente di P. Zanon.
- P. Antonio raccomanda a P. Paoli di mantenere ben aggiornati il libro amministrativo e il diario delle Memorie della casa.
Il 17 novembre 1839 una lettera di P. Marco, scritta anche a nome di P. Antonio, ci presenta un avvenimento doloroso che farà soffrire molto la comunità di Lendinara e finirà per distruggerla. La lettera, dai toni piuttosto duri, critica P. Pietro Spernich, come rettore della casa, o direttore della scuola, per aver accettato e iscritto nella nostra scuola, ingenuamente (e/o per eccesso di bontà di cuore) un ragazzo di 14 anni, chiamato Alberto Mario, già debosciato, come lo chiama P. Marco nella sua lettera: «troppo corrotto e troppo legato al …». Si trattava di un ragazzo che diventerà in seguito un personaggio noto anche fuori di questa storia dei Cavanis: Alberto Mario, che diventerà un politico del Risorgimento e uno scrittore anticlericale, abbastanza conosciuto negli ambienti politici e letterari italiani e che causerà molti problemi e sofferenze alla comunità Cavanis di questa città.
Nonostante l’antipatia verso i preti in generale e i Cavanis in particolare, Alberto conservava tuttavia anche più tardi una grande stima per P. Pietro Spernich. Ma, per il momento, P. Marco gli ordina di annullare la sua iscrizione scolastica al Cavanis e di dimetterlo. Durante i loro viaggi a Lendinara, i fondatori l’avevano forse conosciuto personalmente o avevano sentito parlare di questo ragazzo e/o della famiglia e delle persone e dell’ambiente che frequentava.
Una seconda lettera, questa di P. Antonio datata 21 novembre 1839, mostra un cambio di scena: il padre d’Alberto Mario, già espulso dalle scuole Cavanis, era andato a Venezia per implorare i Cavanis di riammetterlo: un viaggio del genere all’epoca non lo facevano tutti e ciò implicava grande stima dell’Istituto e un gran desiderio che il ragazzo continuasse a frequentarlo; si ha anche l’impressione che l’essere esclusi da quella scuola a Lendinara, venisse visto come una sorta di “scomunica” a livello sociale.
P. Antonio aveva accettato di riammetterlo a scuola con un periodo di prova e solo se mostrava segni veritieri di resipiscenza. Non avrebbe avuto altre possibilità. Una lettera di P. Marco del 30 novembre 1839 fa pensare che all’inizio il giovane si comportasse bene e facesse ben sperare. Della nostra Congregazione si troveranno delle notizie a riguardo solo più avanti, dopo il 1866 e ancora dopo il 1869.
Nel 1840 continuano le difficoltà con il signor Francesco Marchiori, che viene chiamato ancora a questa data «l’intermediario» nel diario della casa di Lendinara: non paga i contributi che deve e si lamenta dei padri.
Ci sono diverse lettere di quest’anno in cui i padri fondatori lamentano gli scarsi risultati scolastici e un comportamento poco consono di alcuni bambini e giovani durante quest’anno nelle scuole di Lendinara, e ne confortano la comunità locale. In generale fu un anno difficile. Fra l’altro P. Spernich si era ammalato più volte così come il P. Paoli. Da una lettera inviata da P. Marco a Lendinara, si conosce la nuova e grave malattia mentale di un Paolo Cavanis, parente dei venerabili fratelli.
P. Marco, durante una visita a questa casa riceve la visita di quattro preti diocesani di Villafranca (Verona), che gli chiedono di aprire una nuova fondazione nella loro cittadina. Il padre dovette naturalmente rifiutare in mancanza di personale, ma volle almeno visitare Villafranca ed esaminare personalmente la situazione con un duro viaggio e una «consolazione dolorosa».
Il diario della casa ci informa che a questa data l’Istituto di Lendinara non aveva ancora una chiesa o una cappella propria per l’ oratorio e per le messe degli alunni; a questo fine si andava in un primo tempo nella cappella di S. Maria Nova; poi all’Oratorio «della Costata»; poi di nuovo a S. Maria Nova, perché l’altro oratorio era cosi vetusto e periclitante che risultava “indecente e pericoloso”.
Si stava costruendo nel frattempo una nuova chiesa della comunità Cavanis. La comunità aveva sin dall’inizio adattato una stanza per disporre di una cappella sufficiente per contenere la comunità e dei piccoli gruppi di ragazzi, ma non la scolaresca intera; questa cappella era molto povera e spoglia . P. Matteo Voltolini, primo rettore della casa di Lendinara, aveva iniziato la costruzione della nuova chiesa sul progetto dell’architetto veneziano, caro amico dei padri fondatori e dell’Istituto, Francesco Astori. Il 14 giugno 1840 il provicario generale della diocesi d’Adria la benedice. Il 6 Luglio successivo, il vescovo promulgò il decreto di erezione per la nuova chiesa.
A fianco alla chiesa si costruì anche il campanile con due campane, la più grande chiamata Maria, la piccola col nome di S. Giuseppe Calasanzio. Le campane suonarono la prima volta l’ 11 giugno 1840; prima la comunità aveva solo una piccola campana ricevuta in prestito dalla parrocchia di S. Sofia.
Un momento di tristezza, in questo periodo, fu dovuto alla morte, giudicata santa, del primo allievo della scuola Cavanis lendinarense, che venne a morire il 21 giugno, tale Alessandro Bellinazzi della cittadina di Sagredo; e il 14 agosto alla morte dell’arciprete parroco di S. Sofia, don Matteo Marinelli, che aveva accolto con tanto affetto e disponibilità l’Istituto sin dal suo arrivo a Lendinara nella sua parrocchia. A settembre arrivò l’autorizzazione del governo di Vienna per aprire a Lendinara la casa filiale, che di fatto aveva aperto i battenti già sei anni prima. La notizia arriva alle autorità locali il 31 ottobre seguente.
Dopo il 31 ottobre 1840, la grafia nella redazione del diario cambia. Il preposito P. Anton’Angelo nominò rettore della casa P. Giovanni Battista Traiber”. Questa scrittura quindi probabilmente è la sua.
1841-42: Il diario della comunità all’inizio del 1843 comincia dicendo che non ci sono stati eventi degni di nota nei due anni precedenti! Ciò è tipico di P. Traiber, che non amava la compilazione dei Diari: si veda più chiaramente questa caratteristica della persona, più tardi, durante i suoi tre anni di mandato da preposito generale nel Diario della Congregazione.
1843: Ancora una volta all’inizio di quest’anno P. Marco sottopone al vescovo d’Adria la lista della comunità: essa è costituita dai padri Traiber, Spernich e Marchiori. Si trova la lista della nuova comunità, senza data, immediatamente dopo la nota suddetta sui due anni precedenti. La scrittura appartiene forse a P. Marchiori. Durante quest’anno si apre, nella nuova chiesa, una cappella laterale e la chiesa è dedicata a S. Giuseppe Calasanzio: è il titolare e il patrono.
Il 2 agosto 1843 è interessante la notizia che il nuovo vescovo d’Adria, mons. Squarcina, a nome anche della delegazione provinciale (civile) di Rovigo, chiede ai padri di Lendinara di assumersi anche la cura di educare i bambini sordomuti. P. Marco con il fratello risponde dispiaciuto e gentilmente comunica che non potevano accettare questo compito che richiedeva una specializzazione; propongono quindi di rivolgersi alla Compagnia di Maria per l’Educazione dei Sordomuti e allora a don Maestrelli, successore del fondatore dell’Istituto don Antonio Provolo a Verona. Il nuovo vescovo farà la sua prima visita canonica il 13 Settembre dello stesso anno (1843), disposto a celebrare la dedicazione della chiesa dell’Istituto (fin qui solo benedetta). P. Marco viene da Venezia e vi partecipa; chiede al vescovo di aiutare l’Istituto a comporre i litigi con il Marchiori, il benefattore/intermediario.
Mancano gli anni 1844-46 dal diario di Lendinara
1847: la prima e unica notizia di quest’anno è al 2 Giugno, e si tratta della morte di un allievo molto buono e virtuoso, un certo Paolo Cappellini. Si parla anche delle due messe funebri, celebrate la prima a S. Sofia, la seconda nella chiesa di S. Giuseppe Calasanzio.
1848: un anno vuoto nel diario. Si sa da un’ altra fonte che la prima Guerra d’Indipendenza italiana (1848-49) ha interessato anche, marginalmente, la cittadina di Lendinara e la comunità Cavanis: P. Giuseppe Marchiori il 22 marzo 1848, scrisse con gioia, ma con altrettanto stupore e preoccupazione, a P. Marco per avere dei consigli e delle disposizioni dato che aveva saputo dell’inizio della rivoluzione scoppiata a Venezia contro l’impero (17 marzo), dei primi bagni di sangue della guerra, del fatto che a Lendinara tutti, compresi gli allievi dell’Istituto, indossavano la coccarda tricolore. Ricevette risposta il giorno successivo, il 23 marzo: P. Marco scrisse a nome di suo fratello che stessero tranquilli, che anche i religiosi potevano mettere la coccarda e suggeriscono che gli allievi siano radunati a scuola o in altro luogo, fuori dai pericoli e dalla dissolutezza. Un’altra lettera foriera di notizie e di buon senso fu inviata da P. Marco a P. Spernich a Lendinara il 3 aprile 1848.
1849: C’è un cambio di redazione del giornale. Siamo ancora in guerra, ma non si ritrova nulla in questo diario spesso muto. Nel mese di marzo viene registrata la costruzione della sagrestia nella chiesa dell’Istituto; è nell’autunno di quest’anno che ebbe luogo il peggior dissidio con il signor Marchiori. Questo signore aveva in realtà (abusivamente) depositato il suo raccolto nel granaio dell’Istituto, che oramai apparteneva alla Congregazione. Dei ladri armati entrarono in casa di notte per rubare il grano, provocando dei danni e mettendo in pericolo fisicamente ed economicamente i religiosi residenti. Marchiori si rifiutò di sgomberare il granaio a tal punto che i padri residenti, Traiber e Marchiori, lasciarono la città e l’Istituto, se ne andarono a Venezia e ci restarono; i fondatori decisero di resistere e non vollero più farli tornare a Lendinara finché Marchiori liberasse completamente il granaio. Erano disposti a ricorrere alle vie legali se necessario. Il “benefattore” resistette a lungo e così la comunità Cavanis rientrò a Lendinara solo due o tre mesi dopo che si ottenne lo sgombero del grano dal granaio dell’Istituto. Il religioso che scriveva il diario di Lendinara riportò che il signor Marchiori «custodiva qui i suoi cereali solo per introdursi in casa nostra e per costringerci a cedere alle sue pretese».
Il diario, in data 25 Dicembre, giorno di Natale, registra il decesso del sig. Francesco Marchiori. Insopportabile da vivo, era anche stato poco previdente, e quando morì non lasciò alcun testamento e allora, come annotato nel diario, la comunità e la scuola perdevano i contributi periodici d’ordinaria amministrazione, ma anche la speranza di ricevere una parte di lascito dall’eredità, cosa che tutti dentro e fuori l’Istituto si aspettavano. La comunità tuttavia partecipò di buon grado ai funerali con tutti gli insegnanti e i bambini. Una lapide di marmo fu posta in segno di gratitudine da parte dell’Istituto nella chiesa annessa alla scuola. Si continuò a celebrare la messa d’anniversario per il benefattore almeno fino al 1886, come fondatore della casa.
1850: In febbraio il diario registra che la casa non è stata ancora eretta canonicamente.
L’11 marzo, si scrive che, fatta la divisione dell’asse ereditario, in cui l’Istituto non aveva parte, dato che non c’era testamento e i beni erano stati divisi tra i familiari, secondo i termini di legge, la sorella del defunto, la Signora Maria Giuseppina Marchiori, donò all’Istituto l’edificio e il terreno di Ca’ Mussato, e poi dei campi con una casa chiamati «S. Francesco», «fino al rettilineo». Senza dubbio quello fu un grande e raro segno di generosità da parte della Signora Marchiori.
Il 2 Settembre si annota nel diario che è nato un progetto per istituire la scuola elementare; ciò vuol dire che sino ad ora l’Istituto di Lendinara aveva avuto solo il ginnasio sin dai suoi inizi, e non la scuola primaria. Il 2 Ottobre il vescovo mons. Squarcina visitò Lendinara e l’Istituto per l’occasione dell’inaugurazione ufficiale delle scuole primarie; il 20 Ottobre se ne firmò il progetto dell’istituzione. L’apertura fu il 15 novembre 1850.
1851: quell’anno la scrittura del diario cambia nuovamente. Il 20.11 P. Traiber, che è ancora rettore, acquista dei terreni a S. Biagio. Il 22.11 muore il vescovo d’Adria mons. Squarcina.
1852: Il 1° Agosto le sorelle Marchiori pagano il restauro della “fabbrica” a Ca’ Mussato. Ciò vuol dire che continuavano a collaborare fin qui con l’Istituto.
Durante quell’anno memorabile, in questo strano diario, nei mesi di Luglio, Ottobre e Novembre si comunica laconicamente la nomina di P. Vittorio Frigiolini a preposito generale, poi la morte dello stesso, e poi ancora la nomina di P. Sebastiano Casara sempre come preposito: avvenimenti tanto commoventi o tragici sui quali non si tesse alcun commento. Non c’è nemmeno scritta la data esatta di queste annotazioni e degli avvenimenti che vi corrispondono.
1853: In gennaio si riceve il decreto del vicario capitolare d’Adria per conservare il santo sacramento nella chiesa. Il 24 Giugno si scrive nel diario «Ingresso nella nuova casa adattata a convento sotto la direzione di P. Giuseppe Marchiori». In Luglio la signora Maria Marchiori offre 1000 lire austriache per l’acquisto di un organo.
11 ottobre: il diario lendinarese annuncia la morte di P. Marcantonio, senza alcun commento (!). Lo chiama “il secondo fondatore”. Il 14 novembre si annuncia l’arrivo di don Giovanni Francesco Mihator. Questi era uscito dalla Congregazione, ma aveva deciso di rientrarvi e lo fece in occasione dei funerali di P. Marco, il 14 ottobre 1853. Resterà poi sempre fedele alla Congregazione sino alla morte sopravvenuto nel 1877. Il 14 novembre si celebrò a Lendinara la messa del trigesimo per padre Marco, alla presenza della municipalità e con un sermone solenne di P. Giuseppe Da Col, venuto da Venezia.
1854: Inizio di una querela ai fratelli Marchiori, dato che “si rifiutavano di versare la loro quota pur essendo gli eredi del benefattore”. L’ 8 gennaio, vestizione dell’abate Giovanni Francesco Mihator, a Lendinara, da parte del preposito Sebastiano Casara. Il 24 agosto, “professione religiosa di Mihator per mano di P. Traiber, delegato dal preposito”. Il 21 ottobre si sostituiscono (da parte del preposito ovviamente) i padri Marchiori e Mihator con i padri Paoli e Fontana. Restano a Lendinara i padri Traiber e Spernich.
1855: Il 21 Giugno, morte di Caterina Marchiori, che lascia alla nostra chiesa una fattoria e delle case in campagna per costituire un legato per messe e un patrimonio per il bene dell’Istituto». Il 15 Settembre i padri Paoli e Fontana furono sostituiti da padre Giuseppe Bassi, per insegnare il tedesco.
1856: Il 17 Luglio si annota nel diario la fine del litigio con i fratelli Marchiori, con la sentenza in appello il cui risultato fu il versamento in favore dell’Istituto di 170 lire austriache (au£). Il 24 Ottobre si aggiunse padre Vincenzo Brizzi ai padri Giovanni Battista Traiber, Pietro Spernich e Giuseppe Bassi.
1857: “Si chiude la scuola elementare data la mancanza di allievi. Si richiede e si ottiene che le due ereditiere Marchiori destinino la provvigione per le scuole elementari al ginnasio. Il 21 Ottobre P. Vincenzo Brizzi si trasferisce a Possagno per l’apertura della nuova casa. Restano a Lendinara i padri Giovanni Battista Traiber, Pietro Spernich, Giuseppe Bassi ed il fratello Francesco Avi.
1858: 12 marzo: il diario riporta e stavolta commenta un po’ (il commento è sempre della stessa persona) la morte di P. Anton’Angelo. Si celebrano i funerali a Lendinara con la presidenza del preposito P. Sebastiano Casara. Nel mese di maggio, P. Traiber, che prosegue come rettore, va a Venezia con il chierico Giovanni Fanton, malato; questi ritornerà a Lendinara, guarito e dopo aver emesso la professione religiosa a Venezia il 20 ottobre. L’ 11 dicembre il fratello laico Giovanni Battista Giacomelli arriva a Lendinara per sostituire il fratello Francesco Avi.
1859: a luglio, le nostre scuole sono occupate (come residenza o caserma) da soldati ungheresi per tutto il mese. Non si aggiungono altri commenti nel diario, ma si tratta della seconda Guerra d’Indipendenza italiana (26 aprile 1859-12 luglio 1859), in cui il regno Sardo-Piemontese con l’appoggio dell’imperatore francese Napoleone III riesce a conquistare e liberare Milano e la Lombardia, ma Napoleone abbandona l’impresa prima che si potesse occupare il Veneto. Il distaccamento ungherese doveva essere una delle tante guarnigioni di soldati dell’impero d’Austria che erano di stanza nelle piccole città in seconda o terza linea. Il fronte era abbastanza lontano, verso Mantova. In luglio tuttavia la situazione era incandescente. Il 24 giugno i Franco-Piemontesi avevano vinto due grandi battaglie: a Solferino e a S. Martino ed erano entrati in Veneto; in ogni caso il 12 Luglio Napoleone III aveva firmato l’armistizio di Villafranca e si era ritirato.
Il diario segnala che il chierico Giovanni Fanton riceve la tonsura e i quattro ordini minori l’ 8 settembre 59; il suddiaconato il 3 marzo 60; il diaconato il 7 aprile 60; è ordinato prete il 2 giugno 60. Pare che sia rimasto nella comunità di Lendinara durante tutta la sua formazione.
1860: Dal 23 aprile, si lavora per ottenere l’erezione canonica della casa di Lendinara, attraverso numerosi viaggi del P. preposito [Casara] a Rovigo, Adria e Lendinara. Il decreto fu pubblicato il 16 agosto e il 6 ottobre il nuovo vescovo mons. Benzon, alla presenza del preposito e delle autorità erige canonicamente la casa di Lendinara, ben 16 anni dopo la sua costituzione. Per occasione, il vescovo diede la tonsura anche ad altri tre giovani delle nostre scuole Zanchetta Antonio, Valleriani (sic) Gaspare e Cappello Ugo.
1861: All’inizio dell’anno (17 febbraio 1861) si trova nel fascicolo corrispondente degli archivi di Lendinara un foglio scritto da P. Casara, che espone le «ragioni per cui unire l’Istituto femminile all’Istituto della marchesa Canossa». Si trattava di una richiesta d’approvazione e P. Traiber rispose positivamente.
Il vescovo mons. Benzon fa una visita pastorale alla chiesa dell’Istituto a Lendinara il 13 Maggio, e poi resta nella casa della comunità con tutto il suo seguito come ospite, dal 24 agosto al 10 settembre (due settimane) per servirsene come base per la visita pastorale ai decanati o foranie di Lendinara e di Badia (Polesine). Fu un evento prestigioso per i padri, ma che forse creò anche del disagio.
Il 14 settembre cambia ancora una volta la calligrafia nel diario. Si parla del capitolo provinciale (lo si chiamava ancora impropriamente cosi) celebrato a Venezia dove P. Casara fu rieletto. Il 18 Settembre si scrive che P. Pietro Spernich, vicario della comunità di Lendinara, è nominato visitatore della casa-madre di Venezia.
1862 (nessun dato nel diario)
1863: il 2 Settembre il diario annota che al capitolo provinciale celebrato a Venezia è stato eletto preposito P. Giovanni Battista Traiber, che era da tempo rettore di Lendinara. Cambia ancora la grafia; la precedente era forse di P. Traiber.
Nello stesso capitolo provinciale la comunità di Lendinara è costituita così: i padri Pietro Spernich; Giuseppe Bassi come rettore; Vincenzo Brizzi, Giovanni Ghezzo [seminarista o diacono?] e i fratelli laici Pietro Rossi e Francesco Avi. Il 21 ottobre 1863 risulta aggiunto come membro effettivo della comunità anche P. Giovanni Fanton. Con sette membri, questa è la comunità più numerosa di questa casa dalla sua fondazione. Inoltre all’inizio di novembre era stato mandato da Venezia anche P. Francesco Mihator con il seminarista (futuro padre, e futuro «frondista») Giuseppe Miorelli della città di Arco [in Trentino].
1864: A luglio P. Mihator è trasferito a Venezia. Nel mese di settembre, P. Giuseppe Bassi fu nominato rettore della casa di Possagno e fu allora sostituito da P. Vincenzo Brizzi a Lendinara. Giunsero da Venezia P. Giovanni Fanton e il chierico Luigi Piva. Il 17 dicembre fu ordinato prete P. Giovanni Ghezzo a Feltre con altri due preti nostri, P. Francesco Bolech e P. Domenico Piva. Egli celebrò la prima messa solenne il giorno di S. Stefano [26 dicembre 1864] nella nostra chiesa di S. Giuseppe Calasanzio.
1865: All’inizio dell’autunno si costituisce come è consuetudine la nuova comunità. P. Fanton assieme con il chierico Luigi Piva fu assegnato alla casa di Venezia; a Lendinara furono assegnati P. Giovanni Chiereghin con i due seminaristi Giovanni Battista Larese e un seminarista dal nome illeggibile e scarabocchiato; ma si tratta di Fiorenzo Ocner, che sarà tuttavia riorientato e rimandato a casa sua il 15 ottobre.
1866: Il diario comincia raccontando l’inizio della Terza Guerra d’Indipendenza: « A Luglio l’armata italiana […] occupò il Polesine e dopo tutto il Veneto. Una compagnia di soldati fu smistata nelle nostre scuole e gli ufficiali mangiavano da noi utilizzando delle espressioni di amabilità verso la nostra comunità».
Dopo questa narrazione ci sono sette pagine, redatte dall’incaricato precedente, tagliate e il loro contenuto, che probabilmente non sarebbe stato considerato «politically correct» sotto il nuovo regime, cioè il Regno d’Italia, fu distrutto. Da settembre il diario continua con la bella e particolare calligrafia del seminarista Giovanni Battista Larese, che diventerà prete, membro permanente e poi rettore della comunità di Lendinara.
L’archivio conserva il quaderno originale del «Regio decreto (N° 3036) per la soppressione degli Ordini e corporazioni religiose” del 7 luglio 1866, decreto che darà inizio alla seconda parte della storia della Congregazione e inciderà in particolare sulla vita della povera casa di Lendinara.
Vi si trovano anche gli originali del decreto n°3070, firmato dal principe Eugenio di Savoia, luogotenente generale del re Vittorio Emanuele II, il 21 luglio 1866. Esso approva il regolamento in dettaglio per la soppressione, la confisca e i calcoli delle pensioni concesse ai religiosi degli istituti soppressi e privati dei loro beni.
Il regolamento prevedeva l’invio di un certo numero di questionari A) da compilare con i nomi dei religiosi e i loro dati e una quantità di documenti personali allegati; e i moduli B) e C) per le dichiarazioni dei redditi: beni, passività, crediti, debiti e altri beni delle case; un modulo D) per la dichiarazione della scelta personale alternativa per le pensioni vitalizie o per gli assegni; un modulo E) per i monaci, termine da interdersi come religiosi in genere; un modulo H) con uno schema del verbale da compilarsi nella presa di possesso. C’erano anche dei moduli F) e G). Una burocrazia terribile. Dalla lettura e interpretazione di questi moduli e questionari risulta chiaro che tutta l’attenzione di P. Casara, preposito generale, e dei rettori delle tre case si indirizzò per vari anni alla risoluzione di questo grave problema e che come conseguenza la Congregazione non ebbe margini d’azione e restò bloccata nei suoi progetti e nelle sue intenzioni anche pastorali.
A Settembre, come si vedrà più avanti, il diario di Lendinara annota che padre Giovanni Battista Traiber ha rinunciato al suo mandato di preposito, finito a Settembre, e che è stato eletto al suo posto, ancora una volta, P. Sebastiano Casara, in un capitolo provinciale ordinario ma irregolare (1 settembre 1866), a Venezia, in mancanza degli altri delegati delle due case (Lendinara e Possagno) dato l’immediato dopoguerra. Le due case invieranno il loro consenso per il cambiamento del preposito. P. Giovanni Chiereghin fu trasferito a Venezia e lascerà dunque Lendinara e P. Traiber vi farà ritorno; tuttavia, continua il diario, a dicembre andrà ancora a Venezia per ragioni di salute e da lì sarà trasferito a Possagno.
Il passaggio della città di Venezia e di tutto il Veneto dal Vice-regno del Lombardo-Veneto (di fatto una colonia austriaca) al Regno d’Italia come conseguenza della guerra del 1866 era un risultato prezioso per l’unità d’ Italia e storicamente inevitabile; molte cose tuttavia cambiarono, tra cui la situazione della modesta casa di Lendinara, come si vedrà nel secondo capitolo dedicatole (1866-1896).
Ci si ferma qui, per il momento, perché la guerra del 1866, ossia la III Guerra d’Indipendenza d’Italia, crea uno iato considerevole per la storia di questa casa di Lendinara, benché essa abbia continuato ad esistere e a operare senza interruzioni, a differenza di quella di Possagno.