Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II

Pp. 17-20, Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI.

Titolo: L’ANNUNCIO DEL VANGELO NEL MAGISTERO DI PAOLO VI – Lettura Teologico-Pastorale di Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi

Autore: Mouyéké Misère Tiburce Barbeault

Numero di pagine: 121

Lingua: ITALIANO

Stampa: 2024

Parole Chiave: Evangelizzazione, Vangelo, Paolo VI, Magistero, Missione, Propaganda Fide, Chiesa, Concilio Vaticano II, Ecumenismo, Nuova Evangelizzazione, Comunità ecclesiale, Gaudete in Domino, Evangelii Nuntiandi, Evangelica Testificatio, Dialogo interreligioso, Laici, Carità, Catechesi, Testimonianza cristiana, Giovanni XXIII.

Riassunto: Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI sull’annuncio del Vangelo attraverso una lettura teologico-pastorale delle esortazioni Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi. Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI sull’annuncio del Vangelo attraverso una lettura teologico-pastorale delle esortazioni Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi. 

1.2 GIOVANNI XXIII E IL CONCILIO VATICANO II

1.2.1 La visione di Giovanni XXIII per il Concilio Vaticano II

Il Concilio Vaticano II fu aperto da Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962 e si chiuse tre anni dopo con Paolo VI, l’8 dicembre 1965. Il Concilio ebbe dieci sessioni, ma solo una, la prima, si tenne sotto il pontificato di Giovanni XXIII. Il discorso di apertura del Concilio rese chiaro che nella Chiesa c’era una forte volontà di guardare alla società reale dopo la guerra, e che si sentiva il bisogno di rinnovamento. Così si espresse Giovanni XXIII:

“Illuminata dalla luce di questo Concilio, la Chiesa si ingrandirà di spirituali ricchezze e, attingendovi forza di nuove energie, guarderà intrepida al futuro. Infatti, con opportuni aggiornamenti, e con la saggia organizzazione di mutua collaborazione, la Chiesa farà sì che gli uomini, le famiglie, i popoli volgano realmente l’animo alle cose celesti.”

Nel discorso di apertura del Concilio Ecumenico, Giovanni XXIII aggiunse:

“In questi tempi occorre che l’insegnamento cristiano sia sottoposto da tutti a nuovo esame […]. La dottrina deve essere esaminata più largamente e più a fondo; la Fede è rimasta vera e immutata, ma deve essere annunciata con un metodo applicato con pazienza e adottando una esposizione misericordiosa e prevalentemente Pastorale […]. La Chiesa deve però mostrarsi Madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da Misericordia e da bontà anche verso i figli da lei separati.”


1.2.2 Giovanni XXIII sulla finalità e lo spirito del Concilio Vaticano II

Giovanni XXIII volle un concilio pastorale e di aggiornamento. Nella sua prima enciclica Ad Petri Cathedram del 29 giugno 1959, egli precisò che il Concilio principalmente intendeva promuovere l’incremento della fede, il rinnovamento dei costumi e l’aggiornamento della disciplina ecclesiastica. Esso avrebbe costituito uno spettacolo di verità, unità e carità, e sarebbe stato per i fratelli separati un invito all’unità voluta da Cristo.

Quanto riguarda alla pastorale, per il Romano Pontefice è inconcepibile una pastorale senza dottrina, la quale ne è il primo fondamento. L’ignoranza, il disprezzo e il disconoscimento della verità sono la causa e la radice di tutti i mali, che turbano gli individui e i popoli. Nelle finalità pastorali del Vaticano II rientrò il dialogo con i fratelli separati e il mondo moderno.

Un elemento essenziale al centro dei dibattiti nel Concilio fu l’unità nella verità. La Chiesa cattolica ritiene pertanto suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di quella unità, che Gesù ha invocato con ardente preghiera dal Padre celeste nell’imminenza del suo sacrificio.

Giovanni XXIII esortò la Chiesa a presentare la verità con diligenza e ad acquisire il sapere che riguarda la vita celeste:

“Allora soltanto, quando avremo raggiunto la verità che scaturisce dal Vangelo e che deve tradursi nella pratica della vita, il nostro animo potrà godere il tranquillo possesso della pace e della gioia.”


1.2.3 Giovanni XXIII e l’insegnamento della dottrina cristiana

Per Giovanni XXIII, il Concilio volle trasmettere pura e integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti. Questa dottrina deve essere approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Il Papa distinse tra la sostanza, cioè l’intera, precisa e immutabile dottrina, e la forma, cioè la presentazione.

Alla parola aggiornamento, Giovanni XXIII non volle attribuire il significato secondo lo spirito del mondo: dogmi, leggi, strutture, tradizioni. Mentre fu così vivo e fermo in lui il senso della stabilità dottrinale e strutturale della Chiesa da farne cardine del suo pensiero e della sua opera.

Alla severità egli preferì la medicina della misericordia. Le dottrine fallaci, le opinioni e i concetti pericolosi avevano già dato frutti così funesti che gli uomini furono propensi a condannarli. Perciò convenne mostrare loro, con un insegnamento positivo, la verità sacra, in modo che essi, illuminati dalla luce di Cristo, possano:

“Ben comprendere quello che veramente sono, la loro eccelsa dignità, il loro fine.”


1.2.4 I cambiamenti apportati da Giovanni XXIII nel Concilio Vaticano II

1.2.4.1 La riforma liturgica

Papa Giovanni XXIII apportò sostanziali modifiche al calendario liturgico e alle rubriche della Liturgia delle Ore e della Messa di rito romano, modifiche poi incorporate nell’edizione del Messale Romano pubblicata nel 1962, nella quale modificò anche il canone della Messa introducendo il nome di San Giuseppe.

Il Papa dichiarò che i principi più basilari sulla revisione generale della liturgia sarebbero proposti ai Padri del prossimo Concilio Ecumenico. Il risultato fu la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium.

Legata alla riforma liturgica fu anche la riforma biblica, che consistette in un ampliamento dell’uso comunitario della Scrittura rispetto a quanto normato dal Concilio di Trento. Quest’ultimo ne aveva fatto una prerogativa del clero e l’aveva vincolato all’antica traduzione latina. Con Giovanni XXIII fu promossa la lettura personale e di gruppo della Scrittura da parte dei fedeli.

Per i riti liturgici, si stabilì che i fedeli potessero finalmente essere accolti come parte attiva nella Messa; la Messa cantata nasce da qui. I preti iniziarono a celebrare rivolti verso i fedeli, mentre fino a quel momento davano loro le spalle. Inoltre, la Messa doveva essere comprensibile: non più in latino, ma in lingua volgare. Questo fu forse il cambiamento più grande che venne dal Concilio.

A livello di dottrina fu stabilito che la Parola di Dio dovesse essere storicizzata: si trattò di un cambiamento epocale, perché apriva alla possibilità di interpretare il testo sacro in modo che fosse collegato ai tempi moderni.


1.2.4.2 La riforma ecumenica

Prima del Vaticano II, il cattolico doveva avere un permesso speciale per partecipare agli incontri di preghiera o di dialogo con cristiani non cattolici. Con il Concilio, quella partecipazione fu raccomandata e tali incontri vennero promossi dalla stessa Chiesa cattolica.

Il 5 giugno 1960 segnò la nascita del Segretariato per la promozione dell’unità dei Cristiani, voluto da papa Giovanni XXIII, che istituì questa realtà con il Motu proprio Superno Dei Nutu.

Giovanni XXIII fu convinto che il Concilio, appena convocato, doveva avere due obiettivi: il rinnovamento della Chiesa cattolica e il ripristino dell’unità dei Cristiani. Perciò adottò importanti provvedimenti per gestire gli eventi ad esso collegati.

Papa Roncalli avvertì fortemente la necessità di una più grande collaborazione con il corpo episcopale nella responsabilità di governo della Chiesa, di una ricerca di unità con le Chiese separate, e di una pace più stabile fra i popoli e le classi sociali.

L’ecumenismo, infatti, divenne una realtà centrale e complessa. Per comprenderne la profondità, basti pensare alla Chiesa anglicana, formata da un insieme di chiese, che si definiscono “comunione di chiese”, tenute insieme da un’assemblea che dà linee guida, applicate poi in modo autonomo.

In analogia con la riforma ecumenica, il Vaticano II condannò l’antisemitismo e proclamò che i cristiani devono essere amici degli ebrei. Il Concilio volle il dialogo e la collaborazione con gli uomini di buona volontà, a favore della pace, della giustizia e della libertà religiosa.

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