Titolo: Storia dell’Istituto Cavanis – Congregazione delle Scuole di Carità 1772-2020
Autore: Giuseppe Leonardi, CSCh
Numero di pagine: 3.793
Lingua: ITALIANO
Anno: 2022 (*Aggiornato 2023)
Parole Chiave:
Congregazione Cavanis, educazione cristiana, Marco Cavanis, Antonio Cavanis, Venezia, pedagogia, vocazione, spiritualità, formazione giovanile, missione educativa, carisma, scuola cattolica, storia ecclesiastica, apostolato, congregazione religiosa, povertà educativa, Chiesa cattolica, evangelizzazione, comunità religiosa, tradizione.
Riassunto:
Quest’opera offre un ampio e documentato percorso storico sulla nascita, lo sviluppo e la missione educativa della Congregazione dei Padri Cavanis, fondata dai fratelli Marco e Antonio Cavanis a Venezia nel XIX secolo. Attraverso un’accurata analisi delle fonti, Giuseppe Leonardi ripercorre i momenti chiave dell’espansione della Congregazione in Italia e nel mondo, mettendo in luce la vocazione alla formazione cristiana e civile dei giovani, in particolare dei più poveri. L’autore evidenzia inoltre la spiritualità cavanisiana, fortemente radicata nella pedagogia dell’amore, nell’apostolato educativo e nella fedeltà alla Chiesa. L’opera si conclude con una riflessione aggiornata sulle sfide e prospettive della Congregazione nel contesto contemporaneo
Box: Prima Guerra d’Indipendenza (1848-1849)
La Prima Guerra d’Indipendenza si svolse quando P. Antonio e P. Marco erano già anziani (rispettivamente settantasei e settantaquattro anni). Poco tempo dopo la fine della guerra, P. Antonio lasciò la direzione della Congregazione a P. Vittorio Frigiolini e poi a P. Sebastiano Casara. I venerabili avevano molti problemi di salute; e, naturalmente “Senectus ipsa morbus!”
La prima Guerra d’Indipendenza italiana ebbe delle gravi e pesanti conseguenze per la città di Venezia e per il Veneto in generale, inclusa la città di Lendinara, dove si trovava un’altra casa della Congregazione.
Il Risorgimento italiano, in quanto movimento di liberazione e unificazione dell’Italia, fu costellato da insurrezioni locali duramente represse. Questi periodi di tensione, che interessarono marginalmente la città di Venezia, avvennero tuttavia a cavallo tra l’approvazione dell’Istituto da parte dell’impero austriaco e a livello diocesano di Venezia (1819) e la data d’approvazione a livello di Chiesa universale (1835-38).
Nel 1848, ci furono insurrezioni contro i Borbone a Palermo, Messina e a Milano con le famose “cinque giornate”. In questa situazione di sconvolgimento generale, inizia la prima Guerra d’Indipendenza italiana, dichiarata da Carlo Alberto di Savoia all’impero austriaco. Carlo Alberto era re di Sardegna-Piemonte (regno che comprendeva Piemonte, Savoia, l’isola della Sardegna e la Liguria) e al momento era a capo di una coalizione provvisoria che comprendeva altri stati italiani.
Giuseppe Garibaldi, celebre rivoluzionario, e Giuseppe Mazzini, intellettuale e fondatore del movimento della Giovane Italia, fanno ritorno dal loro esilio per partecipare alla rivolta, ma l’accoglienza da parte dei Savoia è poco calorosa. In realtà li si temeva.
La sfida era coraggiosa, audace e forse imprudente davanti alla grande disparità numerica dei rispettivi eserciti e della disponibilità di riserve e di mezzi. Questa guerra si rivelò come una prova generale delle successive guerre d’indipendenza: ci fu la successione di alcune vittorie fra cui quelle di Goito, di Pastrengo di Curtatone e Montanara e di Peschiera del Garda, ma senza risultati durevoli, senza un coordinamento efficace delle varie unità in gioco, e con un’evidente inesperienza strategica e tattica.
A questo punto la situazione diviene incerta e papa Pio IX, poco entusiasta fin dall’inizio della guerra e impressionato ora per la carneficina che derivava dalle varie battaglie, richiama le sue armate, seguito in questo da altri stati alleati. Anche Ferdinando II, re delle Due Sicilie, infatti, comanda la ritirata al suo esercito, ma il generale Guglielmo Pepe si rifiuta di tornare a Napoli e raggiunge le sue truppe a Venezia per partecipare alla difesa della “Regina delle Lagune” e affrontare la controffensiva austriaca. Ferdinando II aveva cambiato idea soprattutto perché preoccupato dal risvolto degli avvenimenti nel suo stesso regno: il popolo napoletano si era sollevato e quello siciliano era riuscito a prendere il controllo dell’isola e le truppe reali vi mantenevano ormai soltanto la fortezza di Messina.
La Sicilia infatti sperava di proclamare la sua indipendenza e ristabilire l’antico Regno indipendente. Per questo alcuni delegati siciliani si recarono a Torino, capitale del regno sabaudo, ed offrirono la corona della Sicilia al principe sabaudo. Carlo Alberto adotta una posizione d’attesa e ciò dispiacque profondamente ai Borbone, la dinastia regnante nelle Due
Sicilie. Questo atteggiamento del principe resterà celebre e per questo Carlo Alberto sarà soprannominato, il re tentenna. I piemontesi restano così da soli, se si eccettuano corpi volontari e parte delle truppe pontificie e del regno delle due Sicilie che avevano ricusato di ritirarsi, e operavano soprattutto in Veneto.
Gli austriaci continuavano invece a ricevere rinforzi e occuparono Vicenza, Padova e Treviso. I sardo-piemontesi furono sconfitti dagli austriaci a Custoza (22-27 luglio 1848), costretti a ritirarsi oltre il Mincio, l’Oglio e poi l’Adda, ad abbandonare Milano e sono obbligati a chiedere una tregua e poi ad accettare le pesanti condizioni dell’armistizio detto di Salasco (9 agosto 1848), cioè ad abbandonare tutto il Lombardo-Veneto e a restringere le frontiere come lo erano prima della guerra, quelle fissate nel 1815 dal Congresso di Vienna. Dopo l’armistizio soltanto Brescia resiste ancora contro le truppe austriache, mentre tutta la Lombardia cade sotto il controllo austriaco. Venezia è l’unica città del Lombardo-Veneto a rimanere ancora nelle mani degli insorti.
La guerra riprende il 20 marzo 1849. Gli austriaci questa volta prendono direttamente l’iniziativa e invadono il Piemonte partendo dalla loro base di Pavia; l’armata sardo-piemontese è sconfitta durante la battaglia di Novara (23 marzo 1849) in Piemonte e ciò costringe Carlo Alberto ad abdicare a favore del figlio Vittorio-Emanuele II di Savoia e a chiedere un nuovo armistizio, che si tenne il giorno dopo a Vignale. La pace fu firmata a Milano il 9 agosto 1849.
La guerra non aveva raggiunto il fine desiderato da Carlo Alberto e aveva indebolito la posizione del regno di Sardegna-Piemonte. Tuttavia Vittorio Emanuele II fu l’unico tra i regnanti a rispettare lo statuto concesso prima della guerra, nel caso, da Carlo Alberto. Il Piemonte iniziò così a diventare un luogo di rifugio e riferimento per i patrioti degli altri stati preunitari.
Dopo il primo armistizio se ne era andato da Firenze il granduca di Toscana Leopoldo II e la Toscana fu guidata da un governo provvisorio. Pio IX era fuggito da Roma a Gaeta, una città fortificata della Campania, dopo l’uccisione del ministro dell’interno Pellegrino Rossi, e a Roma era stata proclamata a febbraio la Repubblica romana, governata da un triumvirato dal 9 maggio 1849. Del triunvirato fanno parte Aurelio Saffi, Carlo Armellini e Giuseppe Mazzini. A questa repubblica avevano aderito molte città degli Stati pontifici.
Già dal febbraio 1849, durante la tregua della guerra, le principali città degli stati pontifici erano state riprese una a una dagli austriaci; Roma, difesa da Garibaldi e da truppe volontarie è attaccata invece da truppe francesi spedizionarie che l’accerchiarono e la presero il 2 luglio 1849. Con la caduta della Repubblica romana, molti rivoluzionari sono costretti all’esilio. Garibaldi si rifugia a New York nel 1850. Lo vedremo ancora in azione in Italia e altrove.
Anche la città di Venezia, che sotto il comandante Manin si era ribellata all’Austria nel 1848 proclamando la sua indipendenza, dopo una lunga resistenza, si arrese, spossata dall’assedio, dal terribile bombardamento austriaco, dalla fame e dall’epidemia di colera.
Così finisce, piuttosto tristemente, la prima Guerra d’Indipendenza d’Italia. Fra i principali protagonisti del Risorgimento italiano, si ricorda Camillo Benso, conte di Cavour (1810–1861), membro del partito liberale, anticlericale, eletto presidente dal consiglio piemontese nel novembre 1852. Egli fu autore di una serie di riforme non solo politiche ma anche economiche, infrastrutturali, agricole e industriali che saranno alla base del futuro stato italiano. Membro della loggia massonica torinese Ausonia, fa passare diverse leggi anticlericali che miravano a distaccare il popolo cattolico dalla religione per fondare uno stato laico. Sciolse tutte le comunità religiose contro l’opinione di quasi tutta la popolazione piemontese e confiscò i beni della Chiesa, che servirono a pagare l’impressionante indebitamento dello stato piemontese, che ammontava ad un miliardo di lire.
La soppressione degli istituti religiosi e la confisca dei beni ecclesiastici e religiosi verranno estese a tutte le altre regioni italiane, compreso il Veneto, annesso al Regno d’Italia (1866), ed in particolare alle case del nostro Istituto.