La Chiesa di s. Agnese (1866-2020): Origine e vicende

Pp. 304-317, Libro Storia dell’Istituto Cavanis - Congregazione delle Scuole di Carità.

Titolo: Storia dell’Istituto Cavanis – Congregazione delle Scuole di Carità 1772-2020

Autore: Giuseppe Leonardi, CSCh

Numero di pagine: 3.793

Lingua: ITALIANO

Anno: 2022 (*Aggiornato 2023)

Parole Chiave:

Congregazione Cavanis, educazione cristiana, Marco Cavanis, Antonio Cavanis, Venezia, pedagogia, vocazione, spiritualità, formazione giovanile, missione educativa, carisma, scuola cattolica, storia ecclesiastica, apostolato, congregazione religiosa, povertà educativa, Chiesa cattolica, evangelizzazione, comunità religiosa, tradizione.

Riassunto:

Quest’opera offre un ampio e documentato percorso storico sulla nascita, lo sviluppo e la missione educativa della Congregazione dei Padri Cavanis, fondata dai fratelli Marco e Antonio Cavanis a Venezia nel XIX secolo. Attraverso un’accurata analisi delle fonti, Giuseppe Leonardi ripercorre i momenti chiave dell’espansione della Congregazione in Italia e nel mondo, mettendo in luce la vocazione alla formazione cristiana e civile dei giovani, in particolare dei più poveri. L’autore evidenzia inoltre la spiritualità cavanisiana, fortemente radicata nella pedagogia dell’amore, nell’apostolato educativo e nella fedeltà alla Chiesa. L’opera si conclude con una riflessione aggiornata sulle sfide e prospettive della Congregazione nel contesto contemporaneo

6. La Chiesa di s. Agnese a Venezia 1839-2020 

“Dicemmo già, che un altro grande ideale occupava in questi anni la mente ed il cuore dei venerandi Fratelli Cavanis: il ricupero della Chiesa di S. Agnese.

La Chiesa parrocchiale ov’erano stati battezzati, dove avevano assistito nella loro infanzia e nella loro giovinezza alla celebrazione delle sacre funzioni, dove avevano esercitato le primizie del loro ministero sacerdotale, dove avevano fondato quella Congregazione mariana così benedetta da Dio, non poteva non suscitare piamente in quelle nobili e sante anime una nostalgia di generosi desideri; profanata com’era, dopo la soppressione napoleonica, e ridotta a miserabile magazzino di legna da ardere.

D’altronde, il numero degli alunni delle Scuole di Carità cresceva e si trovava angustiato nell’Oratorio, pur capace, del palazzo Da Mosto, cui si aggiungeva il ristretto, umido e brutto oratorio dei piccini. Di più ancora, la novella Congregazione aveva bisogno di una chiesa appartenente alla sua Casa Madre per l’esercizio decoroso del Culto divino, da cui non conveniva che si sottraesse.

Tutto ciò in quelle Anime generose, che non guardavano alle difficoltà apparentemente insormontabili, ma solo alla gloria di Dio, suscitava già da molto tempo il grande disegno che abbiamo enunciato: ricuperare e riaprire la Chiesa di S.a Agnese.”

Così inizia, con alate parole, P. Francesco Saverio Zanon il suo capitolo sulla chiesa di S. Agnese. Pare opportuno che queste stesse parole servano di inizio anche al capitolo sullo stesso tema in questa Storia della Congregazione.

6.1 Origine e vicende

La Chiesa di Sant’Agnese a Venezia – la chiesa-madre dell’Istituto Cavanis – risale almeno alla prima metà del secolo XI (forse addirittura nel secolo IX o X), e sarebbe stata fondata da una famiglia Mellini; il primo documento certo è del 1081, quando è citato un suo parroco o piovano, il prete Pietro. La prima fabbrica fu distrutta dal fuoco nel 1105 o 1106. Ricostruita o ampiamente restaurata ben presto, fu consacrata di nuovo il 15 giugno del 1321, festa di San Vito (San Vio in dialetto veneziano), come attesta una lapide di estremo interesse che ora si conserva incassata nella controfacciata della chiesa stessa, a sinistra dell’entrata. Eccone il testo, scolpito in latino approssimato e molto abbreviato, come di costume, in caratteri gotici di non facilissima lettura, anche per le cattive condizioni di conservazione dei due terzi della pietra:

An . Dni . . MCCCXXI . mens . junii . i – die . beati . Viti . martis . inditione

 . IV . de . consensu . et . volutate . reverendi . patris . Jacobi . Dei . et . apostolica .

 gra . epi . castellani : Nos . Johes . Caprulanus . eps . Johes . Magno . eps . Equi- 

linus . et . Otonelus . Clugiens . eps . ad . petitione . Marci . Semiteculo . plebani • 

Eccle . sce . Agnetis . P. Nri . officii . debito . Eccm . suprscm . ad . honore . bea- 

tissime . virginis . et . martiris . Se . Agnetis . edificata . invocata . Sci . Sps – gra 

Ddicavims . et . onibss . qui . in . annivo . dedicationis . ipius . tribs . diebs . ante . 

et . trib . post . ipam . devote . et . humiliter . visitaverint . de – injuncta . sibi . peni-

tencia . p . crimina . liberaliter . XL . dies . p . q . libet . nrm .de.de. Xpi . mia .

 et . gloriose . Virginis . Marie . ac . beatorum . apostoloru . Petri . et Pauli . et .

 beate . Agnetis . predce . meritis . confissi . duximus . indulgendos . • .

Il testo della lapide, senza le abbreviazioni e con qualche correzione della lingua, suonerebbe così:

Anno . Domini . . MCCCXXI . mens . junii . in . die . beati . Viti . martyris . indictione

. IV . de . consensu . et . voluntate . reverendi . patris . Jacobi . Dei . et . apostolica .

gratia . episcopi . castellani : Nos . Johannes . Caprulanus . episcopus, . Johannes .

Magno . episcopus . Equilinus . et . Otonelus . Clugiensis . episcopus . ad . petitionem .

Marci . Semiteculo . plebani • Ecclesiae . sanctae . Agnetis . Pro. Nostri . officii .

debito . Excellentissimum . suprascriptum . ad . honorem . beatissimae . virginis . et .

martyris . Sanctae . Agnetis . aedificata . invocata . Sancti . Spiritus – gratia

dedicavimus . et . omnibus . qui . in . anniversario . dedicationis . ipsius . tribus. diebus

. ante . et . tribus . post . ipsam . devote . et . humiliter . visitaverint . de – injuncta .

sibi . penitencia . pro . crimina . liberaliter . XL . dies . pro . quolibet . numerum . de .

Christi . misericordia . et . gloriosae . Virginis . Mariae . ac . beatorum . apostolorum

. Petri . et Pauli . et . beatae . Agnetis . predictae . meritis . confessi duximus . indulgendos .

E in italiano: 

L’anno del Signore 1321, nel mese di giugno, nel giorno di San Vito martire, nell’indizione IV, con il consenso e la volontà del reverendo padre Giacomo per la grazia di Dio e [della Sede] apostolica vescovo di Castello:

Noi, Giovanni vescovo di Caorle, Giovanni Magno, vescovo di Equilio/Iesolo. e Ottonello, vescovo di Chioggia, secondo la capacità del nostro ufficio a riguardo dell’Eccellentissimo soprascritto, a richiesta di Marco Semitecolo, pievano della chiesa di Santa Agnese, edificata in onore della beatissima vergine e martire Santa Agnese, invocata la grazia della Spirito Santo, abbiamo compiuto la dedicazione; e a tutti quelli che nell’anniversario della dedicazione, tre giorni prima o tre giorni più tardi di essa, la visiteranno devotamente e umilmente, concediamo liberalmente – se confessati – il perdono (l’indulgenza) di 40 giorni della penitenza ingiunta loro per i peccati di qualunque numero, per la misericordia di Cristo e per i meriti della gloriosa vergine Maria e degli apostoli Pietro e Paolo e della suddetta Sant’Agnese. 

Questa lapide di (seconda?) dedicazione della chiesa, che si può dire in qualche modo, forse per una seconda volta, l’atto di nascita (della prima dedicazione attorno al mille non si ha un ricordo marmoreo di questo tipo), è stata lungamente lontana da S. Agnese. Infatti nel 1810, quando il governo napoleonico soppresse la parrocchia e vendette l’edificio, la lapide fu tolta, e ritornò ad essere infissa nella parete della controfacciata della chiesa solo nel 1964. Fu assente quindi per ben 154 anni. Ci sono due storie sul cammino della lapide, a conoscenza di chi scrive.

La tesi della Gavagnin, cita abusivamente (o con merito soltanto in piccola parte) la rivista Charitas. XXX (1964), 1: 11; ma qui si dice ben poco sull’argomento, e quanto la Gavagnin espone deve provenire dal Cicogna o da altra fonte, che cita proprio quest’ultimo prezioso autore. Dice comunque la Gavagnin che la lapide di cui si parla fu ritrovata, in uno stato di assoluta incuria, dal letterato ed erudito Zeno Apostolo, che abitava appunto in parrocchia di S. Agnese, alle Zattere, non lungi dalla chiesa. E che questi la fece istallare sulla parete esterna della facciata. Al momento della soppressione della parrocchia di S. Agnese (1810) la lapide fu tolta, assieme ad altri oggetti che si poterono salvare; la lapide completa fu salvata dall’abate Giannantonio Moschini, che la comperò da uno scalpellino o tagiapiera, ed la fece affiggere sulle pareti del chiostro dell’attuale Seminario Patriarcale di Venezia, a fianco della basilica della Madonna della Salute, dove si era costituito un vero lapidario, tuttora (2020) esistente, soprattutto con materiale lapideo ritirato dalle chiese e altri ambienti ecclesiali incamerati dallo stato napoleonico (demaniatizzati) nel primo decennio del XIX secolo. La lapide di dedicazione di S. Agnese si trovava a sinistra dello scalone principale che dal chiostro porta al primo piano, con il numero di matricola XXXIII; e lì rimase fino al 1964, quando fu riconosciuta e, per intercessione dell’avvocato Luigi Benvenuti, trasportata e infissa di nuovo a S. Agnese. 

Chi scrive però, ha sentito narrare che in realtà la lapide, che è attraversata da una frattura principale che separa il quarto di destra da tutto il resto, abbia percorso due cammini differenti; la parte di destra infatti si presenta molto ben conservata ed è di facile lettura; la seconda parte, quella di sinistra e del centro, è molto mal conservata e di lettura più difficile, perché pestata e martellinata un po’ da per tutto e particolarmente in una fascia orizzontale alla base e in una fascia verticale, a destra del primo terzo da sinistra. Ho sentito dunque narrare che il lacerto di destra, ben conservato, fu prontamente raccolto come sopra e conservato nel lapidario del seminario patriarcale, mentre la parte picchiettata ed escoriata sarebbe rimasta nella chiesa trasformata in magazzino di legna da ardere, ove, caduto in mezzo ai calcinacci e ai trucioli e frammenti di pietra, di legno e di carbone, avrebbe sofferto molti colpi e molti danni. Più tardi in tempi recenti, una persona con buona memoria fotografica si accorse che i due frammenti erano parte della stessa lapide, li raccolse, li riunì e li fece affiggere in S. Agnese nel 1964.

Sembra confermare questa seconda storia la chiara differenza di conservazione fra le due parti della lapide: tuttavia, nel libro di P. Zanon (religioso e scienziato che frequentava tutti i giorni, varie volte al giorno, il seminario per raggiungere l’osservatorio) si parla della lapide completa, come presente al n° 25 (non XXXIII) nel lapidario del seminario, nel 1925, “la prima in basso presso l’aula che si trova a sinistra dello scalone,” e ne riporta il testo completo. Forse si deve pensare che sia stato prima di questa data che le due parti della lapide hanno avuto un percorso differente, per poi essere riunite nel suddetto lapidario.

La chiesa di Sant’Agnese sorge a fianco del campo omonimo, attualmente più ampio di quando erano vivi i fondatori dell’Istituto, perché si è inglobato anche lo spazio che prima era il rio di S. Agnese. È un campo molto tranquillo e gradevole, con i suoi quattro grandi platani (disperazione dgli spazzini o operatori ecologi ad autunno, e le panchine rosse. La chiesa romanica a fianco, quella appunto di cui si parla, gli dà un fascino particolare. Il campo di Sant’Agnese comprende altri edifici di proprietà dell’Istituto Cavanis: casa Scarpa, all’inizio della Calle A. da Ponte, proprietà mista tra l’Istituto Cavanis e della Pia Società del S. Nome di Dio; e un grande casamento probabilmente del tutto ricostruito alla fine dell’ Ottocento o inizio novecento, affittato dall’Istituto, nel cui pianterreno esiste e opera il Club Delfino, stimata palestra di ginnastica, diretta dal diacono veneziano Giuseppe Baldan. Questo palazzo porta al n° civico 812 una lapide che ricorda il pittore Gennaro Favai (1879-1958), paesaggista, ritrattista, amante della natura morta. Il pozzo sito al mezzo del campo, di cui si è detto sopra che probabilmente servì anch’esso alle necessità di acqua dolce (o quasi) per la famiglia Cavanis prima e per l’Istituto Cavanis dopo, affiora dal selciato di masegni con una vera da pozzo di formato grande, del 1520, esagonale, che porta oltre a rilievi vegetali e ghirlande, un modesto bassorilievo, molto consumato, di S. Agnese e del suo agnello, cui fa riferimento il nome.

In Campo Sant’Agnese, o meglio nel sotoportego dei bisati che dal campo porta alle Zattere, si manifestò il primo caso di peste che poi diede origine alla grande pestilenza del 1630 e al voto del doge Niccolò Contarini e del patriarca Giovanni Tiepolo (ambedue morti di peste in seguito) di costruire la splendida basilica della Salute e di fare in modo che ogni anno il 21 novembre il doge e la signoria (oggi il sindaco e le altre autorità assieme al patriarca, clero e popolo) andassero a visitare la basilica per ringraziare la Madonna, il che puntualmente si compie, grazie anche a un ponte su barche che mette in contatto diretto, attraverso il Canalasso, S. Maria del Giglio con S. Gregorio. La basilica – in cui poi furono consacrati preti molti dei Cavanis, anche chi scrive – fu inaugurata e dedicata alla Madonna della Salute il 9 novembre 1687.

A portare la peste in città era stato un falegname, Giovanni Maria Tirinello che aveva contratto il morbo nell’isola di S. Clemente dove si era recato a lavorare; là erano appena morti appunto di peste il marchese di Strigis, ambasciatore del duca di Mantova e alcuni membri del suo seguito.

Così descrive brevemente la nostra chiesa, nel 1484 (o 1485), lo scrittore Marcantonio Sabellico, nella sua opera De situ Venetiae urbis, libri tres; breve opera dove descrive, come in una passeggiata, la città di Venezia. Tale testo uscì successivamente in italiano nel 1544 con il titolo: “Del sito di Vinegia”: “Ligneus pons in Agnetinam transmittit insulam in Jesuatice domus conspectu prejacenti area; Agnetis vetusta aedes modice assurgit, cui perexiguum virginium accubat; divae ara vetustissima”.

L’altare di cui si parla, realmente antichissimo, e probabilmente quello originario, è l’altare maggiore, quello di cui parla Zanon citando l’antico documento “Descritione della fabbrica dell’Altar grande” conservato attualmente nell’archivio della parrocchia di S. Maria del Rosario, con tutto quello che è rimasto dell’antico archivio della chiesa di S. Agnese. Quando su iniziativa di Lodovico Bruzzoni, benefattore e amico della chiesa di S. Agnese e del suo clero, nel 1672 si volle erigere un nuovo altare maggiore in pietra, in luogo di quello preesistente che era in legno, e ottenuto il permesso dell’ordinario si cominciò l’opera, il 1° ottobre 1674, si scoperse in parte l’altare antico, medievale, che era naturalmente al centro del presbiterio, staccato dalla parete di fondo, che portava invece la sede per il presidente dell’eucaristia, i preti e i ministri; e si scopersero anche lacerti di un antico affresco, con ogni probabilità rappresentante il martirio della santa martire patrona e titolare della chiesa:

Hor levato che era l’Altare di legno che è quello che al presente è nella scola della Misericordia, si scoperse l’altare antico che era dipinto sopra il Muro, dove per quanto si poteva discernere frà gli avvanzi del tempo si vedea à Basso un san Christoforo et in alto in mezzo una S. Agnese et dalle parti molte figure che non si puotè comprendere che cosa fossero, è ben vero che una Donna frà molti che tenevano tutti spada in mano s’argomentò parte del Martirio di detta Santa; levato poi l’Altare si diede principio alli fondamenti…. e nel far l’escavatione si trovò una Banca dove anticamente sedevano i Preti à officiare in Choro che era uguale al più basso pavimento di Chiesa et la Mensa dell’Altare antico all’altezza della Predella del presente, con il pavimento à proportione. L’Altare si conobbe essere stato in isola (isolato) per la Banca che seguitava l’Ordine attorno il Choro…

Nel 1390 la chiesa di S. Agnese fu arricchita delle preziose reliquie del corpo di S. Venereo Abate; nel 1612, quello che più contava, ha ricevuto in dono dal segretario del Duca di Urbino Giovanni Battista Faccio, tramite il parroco pro tempore don Gaspare de Martinis, reliquie della santa titolare, cioè S. Agnese, fornite di autentica: “porzioni del cranio, del sangue, delle ossa e delle ceneri”. Si nota che delle reliquie “ex ossibus” potrebbero essere anche autentiche; ben più improbabili quelle dal sangue e dalle ceneri. Comunque, la stessa fonte relata che il patriarca dell’epoca, Francesco Vendramin, esaminò le autentiche e approvò la conservazione e l’esposizione di dette reliquie alla venerazione dei fedeli.

Nel 1660 poi la chiesa di S. Agnese ricevette in regalo da Nicolò Cavanis e da suo fratello Cesare, come detto in ricevuta di cui si dirà in nota, anche il corpo di S. Secondino o Secondin Martire, donato dal Papa Alessandro VII al suddetto conte Nicolò Cavanis, che era stato membro di una ambasceria della Repubblica Veneta a Roma. Questo sacro corpo rimase sempre nella Chiesa di S. Agnese come proprietà della famiglia Cavanis, che teneva una delle due chiavi sotto le quali era custodito nella sua urna in chiesa. 

Del fatto che la salma di S. Secondino conservata fino al tempo della gioventù dei Fondatori a S. Agnese, si parla nel diario del Conte Giovanni conte Cavanis, con l’annotazione: “Addì 23 agosto 1761 – In questo giorno dal nonzolo della Scuola de’ Morti in S. Agnese mi fu data la chiave della nuova cassa di S. Secondino, ch’è sull’altare di quella Scuola, essendo stato fra questo mese trasportato in altra cassa più adeguata all’altare, con licenza della nostra casa, dalla quale l’hanno ricevuto nell’anno 1660”. Analogo testo si trova nella cartella o fascicolo relativo al corpo di s. Secondino. 

La storia del corpo di San Secondino martire, ritrovata ed estratta dalle catacombe di S. Callisto a Roma, donata dal Papa Alessandro VII a Nicolao Cavanis nel 1660, e dai Cavanis donata alla chiesa di S. Agnese pochi mesi dopo, è tanto diversa dalla storia del corpo di S. Secondo narrata e descritta ampiamente nello splendido libro organizzato dalla parrocchia di S. Maria del Rosario e dalla editrice Studium, e pubblicata a cura della dottoressa Silvia Lunardon, che si rimane con l’impressione che si tratta di due storie differenti e di due corpi (forse di due santi) diversi. Rimane in questo caso il problema di dove sia andato a finire il corpo di S. Secondin che certamente si trovava a S. Agnese dal 1660 al 1810.

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