La storia della casa di Venezia, dopo la prepositura di P. Sebastiano Casara

Pp. 233-303, Libro Storia dell’Istituto Cavanis - Congregazione delle Scuole di Carità.

Titolo: Storia dell’Istituto Cavanis – Congregazione delle Scuole di Carità 1772-2020

Autore: Giuseppe Leonardi, CSCh

Numero di pagine: 3.793

Lingua: ITALIANO

Anno: 2022 (*Aggiornato 2023)

Parole Chiave:

Congregazione Cavanis, educazione cristiana, Marco Cavanis, Antonio Cavanis, Venezia, pedagogia, vocazione, spiritualità, formazione giovanile, missione educativa, carisma, scuola cattolica, storia ecclesiastica, apostolato, congregazione religiosa, povertà educativa, Chiesa cattolica, evangelizzazione, comunità religiosa, tradizione.

Riassunto:

Quest’opera offre un ampio e documentato percorso storico sulla nascita, lo sviluppo e la missione educativa della Congregazione dei Padri Cavanis, fondata dai fratelli Marco e Antonio Cavanis a Venezia nel XIX secolo. Attraverso un’accurata analisi delle fonti, Giuseppe Leonardi ripercorre i momenti chiave dell’espansione della Congregazione in Italia e nel mondo, mettendo in luce la vocazione alla formazione cristiana e civile dei giovani, in particolare dei più poveri. L’autore evidenzia inoltre la spiritualità cavanisiana, fortemente radicata nella pedagogia dell’amore, nell’apostolato educativo e nella fedeltà alla Chiesa. L’opera si conclude con una riflessione aggiornata sulle sfide e prospettive della Congregazione nel contesto contemporaneo

5.3 La storia della casa di Venezia, dopo la prepositura di P. Sebastiano Casara

“Il 3 settembre 1887, finito il capitolo provinciale ordinario elettivo, si riunì il capitolo locale di Venezia, in cui i PP. Professi di questa famiglia (…) elessero a proprio Rettore il Preposito e poscia a Procuratore (= economo) il P. Larese. Sian benedetti il Signore, la Madonna, ed i ss. Protettori della Congregazione, che tutto si concluse in pace ed in Santa carità”. 

La scuola dell’Istituto di Venezia, essendo non statale, riceveva periodicamente delle ispezioni da parte del ministero. Il ginnasio per esempio ricevette una lunga e accurata ispezione da parte del provveditore agli studi e di due ispettori nei giorni 14 a 17 maggio 1888, con esito del tutto positivo. Anche il risultato di questa visita di controllo fu definita nel diario “consolante”, curioso aggettivo che era di costume negli ambienti ecclesiastici dell’ottocento, e del resto anche nella prima metà del novecento.

All’inizio del XX secolo, troviamo in un documento Cavanis un’interessante definizione della popolazione studentesca veneziana che frequentava a quel tempo le Scuole di Carità Cavanis nella casa-madre: “Qui abbiamo una gioventù sveglia, furba quanto mai per sottrarsi alla disciplina, terribilmente caustica nel giudicare gli insegnanti, e con la quale ci vuole anche una certa coltura esterna per imporsi”. Ed è P. Giovanni Chiereghin a pronunciarsi. Certamente non aveva visto la popolazione studentesca odierna! Ma sembra ne stia dando una descrizione accurata. Al suo tempo egli voleva far notare, con questa frase, la differenza tra i giovani della città e quelli della Pedemontana del Grappa (cioè i giovani che frequentavano il collegio Canova di Possagno). Oggigiorno la globalizzazione e particolarmente i mezzi di comunicazione sociale hanno appiattito un po’ tutto, con vantaggi e svantaggi.

1901 (23 ottobre) – Quella mattina, nella sala benedetta il giorno prima, iniziarono le lezioni del corso tecnico con 23 allievi. “Inizio magnifico, scrive P. Giovanni Chiereghin, preposito, delle feste centenarie dell’anno prossimo!”

Nel periodo 1903-1904 nel Diario di Congregazione (che è anche il diario della casa di Venezia) si parla spesso di casette situate nell’angolo di nordest del complesso di edifici dell’Istituto (zona dell’attuale biblioteca), dove si voleva costruire il noviziato, poi studentato. Si decide anche, il 18 aprile 1904, se vendere la casa natale dei fondatori e si trattano con i PP. Somaschi questioni riguardanti la “casetta” e “orto”. Sebbene la proprietà di questi beni spettasse in qualche modo alla casa di Venezia, le decisioni vennero prese a livello di Congregazione, consultando anche i definitori di Possagno: questi affari sono riportati allora nel capitolo della conclusione della prepositura del P. Giovanni Chiereghin. La casa di Venezia ne ricevette delle compensazioni economiche dalla curia generalizia.

Due anni dopo si trova la seguente frase nel Diario di Congregazione: “Capitolo di famiglia [di Venezia] per decidere in riguardo della casa Scatturin, di cui ci occorre una parte per costruire il passaggio al nuovo noviziato. Si approvò di lasciarla comperare dal Sig. Dolcetti, il quale ci cederà la parte necessaria in cambio della calle conducente al nuovo fabbricato dal Rio terrà Gesuati”. 

La “casa Scatturin” era in realtà di proprietà della signora Domenica Costantini maritata Cavagnis ed è con ogni evidenza, in base a un documento di “Perizia di compenso a proprietario confinante” accompagnato da preziosa mappa catastale dell’area, la casetta gialla, con fronte sul rio terà Foscarini, già sede della scuola tipografica Cavanis, già sede di ambienti per la pastorale universitaria e attualmente corrispondente al settore occidentale (cioè con facciata sul rio terà) della Domus Cavanis. Il passaggio coperto, attualmente chiuso, al nuovo noviziato è quello pensile che attraversa la calle suddetta e portava (dal 1904 ai primi anni del secolo XXI) dal primo piano del palazzo da Mosto (dall’area compresa tra le aule di fisica e di informatica dal 2016 al 2020 almeno) al nuovo noviziato, ora Domus Cavanis.

Della “casa Scatturin” si parla ancora il 10 gennaio 1906, in tono completamente differente: “Si è conchiuso il contratto di compra-vendita della casa Scatturin di proprietà Cavagnis (sic), adiacente alla nuova fabbrica del Noviziato. Costerà complessivamente più di £13000. Si è decisa tale compera per praticare un passaggio coperto al nuovo noviziato”. Molto interessante per comprendere questi testi il progetto del noviziato (con data 20 giugno1905), conservato in AICV nei carteggi di curia, busta Curia 17, fascicolo 1906.

Il 21 maggio 1907 la comunità Cavanis di Venezia acquista dalle suore canossiane dell’istituto alle “Romite”, dal convento e /o chiesa che era appartenuta al ramo femminile dell’Istituto Cavanis, un altare di marmo, dove tante volte aveva celebrato la S. Messa P. Marco Cavanis, tra gli altri, che viene collocato come unico altare nella cappella del nuovo noviziato, costruito nel 1905-06. Tale altare, di marmo bianco con parti incrostate in lastre di marmo verde serpentinoso, era in uso nella cappella dello studentato almeno fino al 1968; poco dopo la cappella venne ridotta ad ambiente di deposito e l’altare fu smontato e distrutto. Varie parti dello stesso si trovano oggi sparse qua e là a titolo ornamentale nel giardino della comunità tra lo studentato a l’antica residenza dei padri.

Si noti che dall’inizio del volume VI del Diario di Congregazione, pur essendo preposito il P. Vincenzo Rossi, la scrittura non è più la sua, ma di altra persona, e il diario e scritto con maggiore regolarità e frequenza. 

Una novità del 23 ottobre 1909 è l’apertura del liceo. Il DC dice: “Apertura regolare della Iª Liceale, diretta dal P. Casoli della Compagnia di Gesù, e del Pensionato sotto la responsabilità immediata del Generale, P. Vincenzo Rossi, nel locale di fronte alle scuole nostre, già appartemente un tempo alla Congregazione, ed ora alla medesima affidato dal Banco di S. Marco, che ne è proprietario”.

È poco conosciuta e interessante questa alleanza tra Cavanis e Gesuiti a Venezia, con la collaborazione del Banco San Marco, per la realizzazione del liceo Cavanis, nell’edificio che aveva sostituito parte della casetta. “21 novembre 1910. – Il Padre Rossi Vincenzo offre a nome del S.r Candiani, un pranzo ai più noti capitalisti del banco di S. Marco e ai professori tutti del Liceo nel locale stesso delle Scuole liceali, e l’adunanza servì a cementare ognora più gli ottimi rapporti che intercedono fra il Banco di S. Marco, i PP. Gesuiti e i PP. Cavanis”.

Più tardi, alla fine di maggio 1911, la comunità Cavanis sembra stanca del pensionato che, evidentemente, come tutti i pensionati universitari, dava delle difficoltà. Il liceo stesso, cui i Cavanis tenevano di più, “per una serie di avvenimenti che tolsero forse credito ai Gesuiti presso il Banco di S. Marco, restò lettera morta”. Il Sr. Candiani a nome del Banco venne a chiedere ai Cavanis di assumere di più o del tutto il liceo (anche se il testo del diario su tutta la questone non è molto chiara).

Si offrivano di fornire maggior numero di ambienti e uno stipendio per il “censore”, cioè probabilmente per il direttore laico o per l’assistente di disciplina. Una lettera del preposito e rettore di Venezia, P. Antonio Dalla Venezia, riprodotta nel diario stesso, chiede maggiore sicurezza e impegno per il futuro; la risposta orale del Banco di S. Marco fu che questo non poteva dare sicurezza e che questa dipendeva dall’accordo tra Gesuiti e Cavanis.

Si firmò dunque un impegno tra le due parti il 7 giugno 1911: “Il padre Preposito P. Antonio Dalla Venezia, ha apposto la sua firma sotto a quella del P. Provinciale dei Gesuiti a una lettera da indirizzarsi al dott. Candiani dove gli ha posta l’alternativa del pensionato con locali appositi nuovi o del solo esternato con locali da adattarsi. Ed ha dichiarato al P. Locatelli, superiore della Casa di Venezia dei Gesuiti, che in caso venissero fatti questi locali i Cavanis riassumerebbero, dietro però garanzia scritta, il Pensionato senza restrizioni di tempo”. 

Pare insomma che l’impresa non fosse stata cominciata con contratti e impegni scritti e legali. Entrerà nel litigio con una polemica pubblica anche il giornale “l’Adriatico” che attacca il quotidiano cattolico “La Difesa”, sul tema del libro di testo di storia scelto dai Cavanis per il Liceo. Si tratta del testo del Savio. “L’Adriatico” per la verità se la prendeva solo con i Gesuiti, e ai Cavanis attribuiva solo il torto di aver prestato il loro nome all’inizio dell’opera. 

L’Istituto, a livello generale, cioè per decisione del preposito con il suo consiglio definitoriale riunito a Possagno, rinuncia ad occuparsi del convitto o pensionato, pur mantenendo il liceo. Il superiore dei Gesuiti prende atto.

La scuola e la comunità di Venezia parteciparono il 25 aprile 1912, festa di S. Marco, con 70 persone, tra alunni e professori, con numero proporzionato al numero totale della scolaresca, secondo criteri fissati con il provveditorato, all’inaugurazione del campanile di S, Marco, ricostruito “Dov’era e com’era” in 10 anni, dopo la sua caduta nel 1902.

Il 6 giugno 1912 la comunità di Venezia riceve in regalo dal parroco di S. Salvador, il canonico Previtali, un tabernacolo di marmo di fattura delicata, scolpito tutto d’un pezzo, per l’oratorio domestico; è con tuta probabilità quello, ammirevole per la sua fattura, che si trova nella piccola cappella di comunità a Venezia. E dubbio però che sia di stile rinascimentale come dice il Diario di Congregazione, a me risulta di gusto nettamente barocco.

Nel 1912 circa, la comunità di Venezia costruì il muro a est del cortile delle scuole, quello compreso tra l’abitazione della comunità, costruita da P. Casara, l’ala nuova delle scuole e la chiesa di S. Agnese. Il muro fu costruito per schermare il cortile stesso e l’abitazione della comunità dalle due casette comperate poi solo nel 1952; il muro aveva lo scopo di “liberare la casa e il cortile nobile (sic) dalla schiavitù del secolo (sic)”. Dato il prezzo senza dubbio rilevante della costruzione del muro, sembra molto probabile che in una o due delle casette di cui sopra abitassero famiglie di costumi immorali o addirittura case giudicate a quel tempo in qualche modo di malaffare.

A metà ottobre del 1920 nel diario si parla con soddisfazione dell’inizio dell’anno scolastico nelle case, che ora sono tre. A Venezia, l’anno 1920-21 si apre con abbondanza di iscrizioni, 440 allievi, dopo gli anni magri del profugato dei veneziani e del loro lento ritorno; a differenza delle altre due (una nuova, Porcari, e una rinnovata dopo la guerra, Possagno); si può aggiungere il dato che a Possagno c’erano, all’inizio di quell’anno scolastico 1921, 89 convittori (oltre naturalmente agli alunni esterni, ossia non convittori, che dovevano essere ben più numerosi) e ben 18 aspiranti religiosi.

Inoltre a Venezia, a richiesta del patriarca La Fontaine, il sabato 10 gennaio 1920 “si aprì il nuovo Pensionato Universitario Cattolico “Antonio Paganuzzi” nella “Casetta” dei Padri di fronte alle Scuole.

Ci entrò un primo giovane a cui si uniranno fra domani e postdomani, al riprendersi delle lezioni alla Scuola Superiore di Commercio, altri giovani già iscritti. Ne è direttore il P. Fr[ancesco]. Sav[erio]. Zanon. Nel locale stesso si è pure trasferita da questa sera la Sede del Circolo Univ. Catt. “Luigi Olivi” di cui devono far parte i giovani per poter essere ricevuti nel Pensionato, essendo esso stato fatto apposta per quei giovani del Circolo che non hanno qui la famiglia, e per loro insistente preghiera presso il Patriarca e l’Istituto nostro . – Il Signore benedica questa nuova Opera dell’Istituto che si spera sia conforme alla Volontà di Dio essendo sorta per impulso del Patriarca, con spirito di Fede nella D. Provvidenza che ci ha facilitato in modo singolare e l’acquisto dell’arredamento e la designazione della Custode nella persona della Sig.na Bertiato, che ci ha spianate le vie difficili e in tempore opportuno mandati i soccorsi per le spese non lievi, mostrandoci di esser vigile, generosa se in lei si ha fede. Patrono speciale sia S. Antonio a cui il Preposito affidò il Pensionato fin dalla prima idea venuta della sua Fondazione.

Con Lui proteggano la nuova Opera S. Gius. Calasanzio e i PP. nostri Fondatori ai quali speriamo sia presto tributato onore di gloria e benedizione per la voce della S. Chiesa, in codesta loro Casa ritornata all’Istituto forse per la loro intercessione nel Cielo. In memoria dell’ottimo giovane Antonio Paganuzzi il Circolo che lo ebbe socio ne propose il nome al Pensionato chiedendone consenso alla Famiglia che commossa non solo acconsentì, ma vi fece dono anche di un letto e comò. Così il nome del caro ex alunno dei Cavanis, raccogliendo in sé memorie, affetti ed esempi di soavità santa e luminosa, è di comune soddisfazione, simbolo di virtù, programma ai giovani di feconda operosità nel bene”.

Il pensionato e sede del Circolo fu inaugurato e benedetto dal Patriarca il 1° febbraio 1920. La cappella fu benedetta dal preposito l’11 febbraio, per incarico del patriarca. Del pensionato si celebrò poi anche un’inaugurazione pubblica più solenne il 25 aprile 1920, festa di S. Marco, presente e discorsante anche l’assistente ecclesiastico della Federazione Universitaria Cattolica Italiana-FUCI, Mons. Domenico Pini.

In seguito le cose non andranno sempre bene con il pensionato e le associazioni annesse. Il 6 agosto 1920 il preposito fu chiamato dal patriarca che gli espose dei “lamenti” sul pensionato. Si giunse a separare il pensionato dal circolo studentesco universitario. Si continuò tuttavia a gestire in proprio il Pensionato e a mantenere il Circolo universitario S. Giuseppe Calasanzio. Nel mese di Agosto, in occasione della festa di S. Giuseppe Calasanzio, si festeggiò in buona compagnia con colti personaggi della chiesa che è in Venezia il 1° centenario dell’inizio della comunità Cavanis nella Casetta.

Un’altra impresa che si propose P. Tormene, assieme al parroco della parrocchia S. Maria del Rosario, vulgo i Gesuati, don Barbaro, fu quella di acquistare in comproprietà tra Cavanis e parrocchia la fabbrica di birra e birreria che si trovava adiacente all’Istituto e alla chiesa di S. Agnese, esattamente ove si trova ora il patronato della parrocchia, con il nome attualmente di “Patronato Parrocchiale Alberto Cosulich – Centro di Cultura – Scuola di Formazione Cristiana” e in più tutta l’area a sud, che arrivava a quel tempo, attraverso un’area di tipo industriale, coperta da tettoie per la lavorazione della birra e/o il deposito della stessa, alle case prospicienti sulle Zattere.

Il sig. Trevisan, proprietario, avendo cessato la produzione e il commercio della birra, era disposto a vendere per una somma stimata preliminarmente in circa £ 100.000. Scopo dell’acquisto era un po’ vago: per una lato si voleva impedire che essa, così “incollata” agli edifici dell’Istituto, potesse essere acquistata da altri che ne facessero cattivo uso – si presenta una lista di possibilità varie di uso improprio o sconveniente, compreso quella di sede di associazioni socialiste – per altro lato di disporre di ambienti per un futuro patronato e/o doposcuola, o per qualsiasi opera futura dell’Istituto e/o della parrocchia. La comunità fu consultata preliminarmente il 14 gennaio e dette risposta positiva all’unanimità, nonostante fosse chiaro che la comunità non disponeva di un centesimo. Si confidava totalmente sulla provvidenza.

Il 22 gennaio 1920 il sig. Trevisan ricevette tuttavia un’offerta dall’Istituto Autonomo Case Popolari-IACP per l’acquisto di tutta l’area, comprese le case che guardano verso il canale (della Giudecca?). Faceva notare che trattandosi di un ente pubblico, questo aveva diritti di requisizione.

Il proprietario vedeva più interessante per i suoi interessi vendere tutto all’IACP. Si parlamentò tuttavia con lui e con rappresentanti di detto Istituto, tra cui con un ingegner Bertanza, che era amico dell’Istituto ed ex-allievo, e si addivenne alla decisione di dividere in due parti l’area; l’Istituto Cavanis assieme alla parrocchia avrebbe comprato la parte adiacente al cortile delle ricreazioni e alla chiesa di S. Agnese, fino all’attuale Calle Cavanis, parte consistente nell’edificio abbastanza recente che porta oggi il n° civico 908 B e il cortile che attualmente è utilizzato esclusivamente (contro l’uso precedente, che era misto, cioè di ambe le parti) dalla Parrocchia di S. Maria del Rosario; e l’IACP il resto, dalla calle Cavanis alle Zattere.

Tale area attribuita all’IACP comprendeva probabilmente l’area corrispondente all’attuale Calle Cavanis, alla casa popolare a tre piani più pianterreno con i quattro numeri civici 906 E-F-G-H, la calle Antonio Da Ponte e vari edifici tra questa nuova calle e il canale della Giudecca. È poi probabile che il sig. Trevisan e famiglia abitassero nel palazzo gotico Trevisan degli Ulivi, attualmente adibito a consolato della Svizzera a Venezia.

La nuova situazione era anche più conveniente per l’Istituto, per una serie di motivi esposti nel diario. Il 25 dennaio 1920  si tenne un altro capitolo di famiglia che approvò sia l’acquisto della porzione suddetta della ex-birreria, sia l’acquisto in comproprietà con la parrocchia. Il progetto fu sottoposto al Patriarca il giorno stesso dall’Istituto e il giorno seguente dal parroco don Barbaro, e fu da lui approvato.

Fu il 31 agosto 1920 che si giunse a firmare davanti al notaio il contratto d’acquisto nella forma seguente: “Oggi alle 15 si stipulò dinanzi al Notaio Chiarlotto il definitivo contratto per l’acquisto del fondo dietro la Chiesa di S. Agnese (Casa Benedetti ed ex Birreria) per 40 mila lire versate all’ex propretario Sig.r Franco Trevisan.

La parte ritenuta dall’Istituto è la Casa Benedetti per 20.000 lire; il rimanente per egual cifra ad uso di Patronato fu acquistato dalla Parrocchia; il tutto però in perfetta comproprietà (…) e con convenzioni approvate dal Patriarca e dalla Comunità (V. Archivio, 9 maggio 1920). Ne sono intestati per l’Istituto i PP. [Agostino] Menegoz e [Alessandro] Vianello.

La Provvidenza pensò a mandare il denaro per mezzo d’un pio benefattore, Dn. Pietro Rover, che già l’aveva dato a P. Zamattio pel Collegio, e servì invece per questo urgente bisogno. Alle rimanenti spese, non indifferenti, penserà pure la Divina Provvidenza. Il Municipio di Venezia, dietro istanza fatta dall’Istituto Autonomo delle Case Popolari (acquirente della IIª parte del fondo Birreria) cedette ai Cavanis la Calle dietro la Chiesa, ma anche per ciò nuove spese”. 

Il patriarca chiese e ottenne che i padri Cavanis divenissero responsabili ed esecutori di un nuovo giornaletto diocesano, dal titolo “La Madonna di Lido”, in favore dell’erezione del Tempio Votivo di Venezia. Il Preposito accettò, con difficoltà, e ricevette l’appoggio logistico degli Orionini, con la tipografia dell’Istituto Manin o più probabilmente della tipografia Emiliana, praticamente adiacente all’Istituto Cavanis. Il 24 maggio 1921 uscì il primo numero del foglietto.

P. Tormene del resto era anche membro della commissione diocesana per la realizzazione di questo voto emesso dalla diocesi di Venezia nel corso della grande guerra, ma che la popolazione di Venezia era (e rimase) molto lenta e fiacca nel compiere.

Un momento di gioia per l’Istituto, prima di quello di un grande dolore, fu il giorno 10 dicembre 1921, quando la porzione di proprietà della ex birreria Trevisan, appartenente ora all’Istituto Cavanis e alla parrocchia dei Gesuati, separata dalla parte dell’IACP (nella quale sorse la casa popolare a tre piani più pianterreno con i quattro numeri civici 906 E-F-G-H) dalla nuova calle, questa prese il nome di Calle Cavanis, su suggerimento di Mons. Ferdinando Apollonio, amico dell’Istituto e membro della Commissione cittadina per i nuovi nomi da darsi alle strade.

La previsione era che a nuova calle si chiamasse Calle S. Agnese, come era stato concordato il 21 giugno 1921, ma il nome della calle, riferentesi specificamente ai Fondatori, fu origine di gioia per l’Istituto che porta il loro nome. Da notare, dalla stessa fonte, che il nuovo lotto, separato dalla calle Cavanis e adiacente alla chiesa di S. Agnese e al suo cortile, già in questa data del 10 dicembre 1921 portava il nome di Patronato Alberto Cosulich.

Il diario qui conclude “Felice e inaspettato epilogo questo delle lunghe pratiche e gravi spese incontrate dall’Istituto dal gennaio 1920 ad oggi per l’acquisto dell’ex Birreria e la cessione della “Calle dietro la Chiesa”.

Il 15 dicembre 1921 P. Tormene – sentiti senza dubbio i padri della casa di Venezia – assunse un nuovo incarico pastorale per l’Istituto: su richiesta del patriarca accettò per l’Istituto la responsabilità pastorale dell’istruzione religiosa dei marinaretti a bordo della Nave Scuola Scilla. Questi marinaretti erano bambini e ragazzi orfani di pescatori e marinai. Essi venivano già alla messa della domenica a S. Agnese e i padri Cavanis li assistevano per i sacramenti. Ora si aggiungeva l’istruzione religiosa.

Vedremo che questo fatto si rivelò prezioso durante il ventennio fascista, quando i ragazzi del Cavanis furono associati ai Marinaretti della Nave Scilla, e l’Istituto Cavanis poté mantenere meglio il controllo dell’educazione dei ragazzi nel sabato fascista e in altre situazioni ed occasioni, che se essi fossero dipesi dall’Opera Nazionale Balilla.

Nell’ottobre 1922 inizia il liceo Cavanis (questa volta Cavanis in senso stretto e univoco) a Venezia, con un solo studente esterno, tale Angelini Francesco, e un solo studente interno, cioè seminarista, Antonio Eibenstein. “Speriamo sia il granello di senape”.

Si trovano dati e date (1922 o 1923?) differenti su differenti documenti, a proposito dell’apertura di questo liceo classico Cavanis, che finora serviva soltanto per i seminaristi ed era un’attività interna, anche a pochi giovani esterni, non provenienti da altri licei e di buona famiglia veramente cristiana, più spesso figli di ex-allievi, naturalmente soltanto maschi.

Di questo liceo di ebbe a discutere più volte, e particolarmente nella riunione del consiglio definitoriale del 17-19 luglio 1926 (soprattutto il 19 luglio), perché non tutti erano convinti della bontà dell’iniziativa e del metodo. Il sistema di formazione a quel tempo, infatti, tendeva a isolare completamente i formandi religiosi dagli alunni esterni (e dal mondo in genere), salvo che nell’esercizio dell’educazione e delle scuole. Il liceo comunque continuò ad aprirsi agli esterni, il cui numero continuò ad aumentare.

Intanto, il 30 maggio 1926, a conclusione del mese di di maggio, la Congregazione mariana di Venezia aveva organizzato la gita annuale, con meta a Monte Rua, nei Colli Euganei. Giunti nei pressi di Noale – dice il diario- ma in realtà a Massanzago (a quel tempo un paese, in provincia di Padova), sito a sud-ovest della via Castellana (Venezia-Castelfranco), uno dei torpedoni, che erano dei piccoli pullmann scoperti, si rovesciò nel fosso e i 14 giovani occupanti avrebbero potuto essere schiacciati.

Per esempio il papà di chi scrive questo libro, Piero Leonardi, che aveva a quell’epoca 18 anni ed era associato alla Congregazione mariana e allievo del suddetto liceo Cavanis, era rimasto con il bordo del torpedone che gli attraversava la schiena, e fu necessario l’intervento di un un mezzo di soccorso stradale per rialzare il torpedone accidentato e perché il giovane potesso uscire; così accadde anche ad altri. Eppure, nessuno si accidentò veramente: “Per grazia speciale di Maria vi furono solo lievi contusioni.

Sia benedetta la nostra amorosa Madre!” Il diario, che era stato piuttosto laconico il 30 maggio, commenta anche più avanti l’avvenuto: il 13 giugno P. Zamattio scrive: “Oggi funzione speciale della Congr. Mariana per ringr. la Madonna del miracolo ottenuto il 30 maggio – Celebrante il P. Preposito.” E il 20 giugno: “Il 20 [giugno] i graziati si recarono a Noale a ringraziar nuovamente la Madonna, il dottore e le buone suore. Giornata riuscitissima.”.

Il 3 aprile 1927, in segno di gratitudine alla Madonna, si pose la prima pietra di un Sacello a Massanzago, e lo si inaugurò il 26 maggio 1927.

La Congregazione mariana di Venezia aveva l’abitudine di organizzare con una certa frequenza visite e pellegrinaggi a questo sacello o cappella, anzi era diventata un’abitudine annuale. Conchiusa praticamente sul finire del secolo XX, l’esperienza della Congregazione mariana, anche se alcuni membri della stessa continuarono a frequentare l’Istituto, e a celebrare insieme delle feste mariane, l’Istituto nella persona del preposito nel 1994 decise di donare il suddetto sacello alla parrocchia di Massanzago, che lo accettò.

Il 1927 vide un generoso dono fatto alla casa di Venezia e specialmente alla sua scuola: “… una splendida collezione di animali imbalsamati in due bellissime vetrine è venuta im quest’ultimo mese ad arricchire il Gabinetto di Storia Naturale delle nostre Scuole. Si tratta di una collezione di 242 esemplari di uccelli e mammiferi, amorosamente composta da un appassionato cultore della Natura, il Cav. Costantino Carmignani (…) La sua vedova (…) ne fece dono alle nostre Scuole.” L’articolo da cui sono tratte queste frasi è del P. Francesco Saverio Zanon, professore per decenni nelle nostre scuole di Venezia.

Interessante la notizia, del 14 settembre 1928, che a Venezia in prima elementare furono accolti ben 56 bambini! In quei tempi, e fino agli anni tardi Sessanta del XX secolo, in genere le scuole elementari erano tenute soprattutto dai chierici teologi, e questi lavoravano due per classe.

Il Preposito decide che l’edificio della casetta (chiamato nel Diario di Congregazione “dell’ex-pensionato”) non sarà più affittato a terzi, ma verrà utilizzato per diversi scopi dell’Istituto stesso e delle scuole. Tre stanze sono adattate ad appartamento per una coppia di coniugi, di cui uno sarà il portinaio delle scuole, l’altra portinaia della casetta stessa. Di passaggio, si deve notare qui che il pensionato aveva avuto breve durata, e che già nel settembre 1928 lo si chiamava “ex-pensionato”.

Nell’autunno 1928, come si dirà più ampiamente nel capitolo sulla prima guerra mondiale, a Venezia (e nel DC, vol. VIII) molto tempo e spazio sono dedicati all’evento, eccessivamente valutato dal preposito P. Giovanni Rizzardo, dell’inaugurazione della lapide dei caduti, avvenuta il 21 ottobre 1928, a 10 anni dalla conclusione del conflitto.

Il 14 maggio 1931, nel 15° centenario del concilio di Efeso, assise ecclesiale che aveva proclamato tra l’altro la maternità divina di Maria, si pose sul muro est del cortile della chiesa, muro di cui si diceva sopra, costruito nel 1912 circa, il bassorilievo della “Mater Dei”, in forma di una Madonna orante, con il bambino Gesù in una “mandorla” sul petto delle madre, prospiciente il cortile, invocando così la protezione della santa Madre di Dio sui ragazzi nelle ricreazioni in cortile. Il bassorilievo, concepito e scolpito dall’architetto e scultore Domenico Rupolo, porta la scritta: XIV.V.MCMXXXI – D. Drupolo; e alla base la frase: “Monstra te esse matrem”, tolta dall’inno Ave maris stella.

Per il quarto di secolo tra il settembre 1933 e l’agosto 1959, è particolarmente interessante leggere, come complemento alla storia della comunità di Venezia, il Diario dello Studentato Teologico, iniziato da P. Giovanni D’Ambrosi e poi continuato dai vari maestri degli studenti o chierici che si sono succeduti nella carica e nell’incarico. Sebbene sia di carattere soprattutto devozionale, con un’infinità di feste (soprattutto mariane) e novene e ore di adorazione e rosari e traccia di innumerevoli preghiere vocali, in modo francamente – per i gusti attuali – eccessivo, contiene molti dati utili per servire alla storia non solo della formazione Cavanis ma anche della casa di Venezia e dell’Istituto in genere, della liturgia di quell’epoca, e di molti altri aspetti e fatti. È un ritratto perfetto della vita di formazione religiosa preconciliare.

Si può ricordare qui che, come consta in detto diario del Teologato, i maestri o assistenti dei chierici teologi nel periodo 1933-1959 (il periodo coperto da questo diario) furono i seguenti:

Settembre 1933-settembre 1937 P. Giovanni D’Ambrosi

Settembre 1937-settembre 1938 P. Carlo Donati

Settembre 1938-settembre 1940 P. Gioachino Tomasi

Settembre 1940-giugno 1943 P. Antonio Cristelli

1943-1945: scritta “Nulla da segnalare” P. Basilio Martinelli (questi non ha scritto nulla)

1945-1946: scritta “Nulla da segnalare” P. Riccardo Janeselli (questi non ha scritto nulla)

Settembre 1946-settembre 1949 P. Guerrino Molon

Settembre 1949-settembre 1951 P. Luigi Ferrari

Settembre 1951-settembre 1955 P. Giuseppe Simioni

Settembre 1955-settembre 1956 P. Alessandro Valeriani (questi non scrisse il Diario)

Settembre 1956-settembre 1958 P. Luigi Ferrari

Settembre 1958-settembre 1960 P. Alessandro Vianello.

Il 27 agosto 1959 finisce il quaderno, e il diario passa ad altro quaderno. Dal settembre 1960 alla sua elezione come preposito generale nell’estate 1967, il maestro dei filosofi e teologi (riuniti) sarà P. Orfeo Mason. In seguito il teologato passerà a Roma.

Il 26 giugno 1936 si decide in capitolo di comunità di cominciare il restauro dell’oratorio domestico, ora aula magna, come pure di realizzare la sopraelevazione di un piano (3°) di tutto l’edificio delle scuole, sopra l’ala antica (palazzo Da Mosto) e sopra l’ala recente. Il lavori sono effetuati dalla ditta Scattolin, su progetto dell’architetto Lino Scattolin. Furono purtroppo eseguiti in economia, con pessimo materiale, con i muri in buona parte consistenti di un traliccio di travi lignee collegato da tavole di legno coperte di intonaco, con lo spazio tra le travi e le tavole riempito di materiale di risulta. Tale situazione sarà scoperta con sconcerto al momento della messa a norma (con tutti gli apparati antincendio e porte REI) degli ambienti della scuola nelle estati 2004 e 2005.

Nell’anno scolastico 1938-39 gli alunni della scuole di Venezia sono più di 700.

Nello stesso anno 1938, più precisamente il 5 dicembre, il preposito P. Aurelio Andreatta, che era anche rettore della casa di Venezia, assieme al prefetto delle scuole, P. Vincenzo Saveri, si recano dal provveditore agli studi di Venezia, su suo invito, per trattare di una questione alquanto imbarazzante. I padri avevano aperto da una quindicina d’anni il liceo, senza renderne edotto il provvedidorato, anche perché all’inizio il liceo Cavanis aveva soprattutto lo scopo di far studiare a Venezia i giovanissimi religiosi professi dell’Istituto che dovevano frequentare un liceo; a questi avevano aggiunto un gruppo selezionato di allievi laici, che dalle scuole medie passavano al liceo. Col passare del tempo tuttavia il gruppo di liceali laici era aumentato, ma l’Istituto non aveva chiesto né l’autorizzazione né la parifica. Il provveditore, gentilissimo, aveva notato che gli allievi del Cavanis, che necessariamente dovevano sostenere anno per anno gli esami presso un liceo statale (probabilmente il Marco Polo, prossimo all’Istituto Cavanis), ottenevano ottimi risultati. Invitava quindi l’Istituto a regolarizzare anche formalmente la posizione del liceo. I padri aderirono all’invito “del resto fatto con tanta cortesia e con dimostrazioni di larga stima verso l’Istituto”.

Interessante la notizia del 14 dicembre 1938, sulla benedizione e inaugurazione del “trittico dell’oratorio domestico, che rappresenta la Madonna del Carmine, S. Giuseppe Calasanzio e S. Luigi Gonzaga (…) dipinto dal prof. Umberto Martina”. Tale trittico, fatto dipingere come pala d’altare per la grande cappella o oratorio del primo piano della palazzo Da Mosto, attualmente aula magna o auditorium delle scuole, è stato successivamente spostato alla cappella privata della comunità, la quale a sua volta ha subito spostamenti nel tempo; attualmente, dal 2004, la cappella, con il suo trittico, è sita sopra una delle sale di deposito della biblioteca dell’Istituto, negli ambienti della comunità.

Due giorni più tardi, il diario di Congregazione riporta la prima riunione del comitato per i festeggiamenti in occasione di detto centenario. Esso era “così costituito: Il Preposito [P. Aurelio Andreatta] – P. Prefetto delle Scuole [P. Vincenzo Saveri] – P. Michele Busellato – P. Amedeo Fedel – Sigr. Luigi Benvenuti – Mons. [Giovanni] Urbani – Comm. Nordio – don Luigi Vio.”

Il sabato 29 aprile 1939 è benedetta e inaugurata la cappella “nuova”, su progetto dell’arch. Renato Renosto, adattata in uno degli ambienti del nuovo edificio che aveva sostituito l’ala settentrionale della “casetta”, prima sede della comunità Cavanis. Questo edificio fu poi distrutto per costruire, nei primi anni ’60 del XX secolo, la foresteria per l’opera della pastorale universitaria, detta all’inizio Domus Antoniana e subito dopo Domus Cavanis, oggi trasformata purtroppo in albergo Belle Arti. La cappella, compreso l’altare, era tutta rivestita di mosaico dorato. P. Aurelio Andreatta, preposito generale, nel discorso tenuto durante la celebrazione eucaristica di inaugurazione, ricordava che “L’aria è press’a poco, almeno in parte, quella della stanza, dalla quale, morendo, i nostri Ven.ti Fondatori spiccarono il volo per il Paradiso”. Dicendo “l’aria”, P. Aurelio, come mi ricordo di aver ascoltato più tardi più di una volta dalla sua stessa bocca, intendeva dire che la cappella non corrispondeva esattamente all’ “area” della stanza suddetta, perché il perimetro dell’ambiente non le corrispondeva pienamente, e anche perché il pavimento era stato rialzato e non corrispondeva al livello originale della Casetta, molto più basso, tanto da essere inondato in caso di acqua alta. P. Aurelio faceva un gioco di parole tra “aria” e “area”; voleva dire che il volume della cappella corrispondeva in parte a quello della camera che era stata successivamente quella di P. Marco e poi di P. Antonio, nella malattia e nella morte. In questa camera, poi nella cappella, e ora in una stanza estrema verso ovest, a pianterreno dell’albergo (deposito di bagagli, purtroppo) c’era una lapide che ricordava questo luogo santo. Bisogna però fare attenziane a non dire che detta camera è quella in cui si trova attualmente la lapide. La cappella di cui si parla si trovava esattamente di fronte all’entrata (atrio) dell’attuale albergo, come ricordo personalmente.

Nel 1939 si inaugura la cappella nell’edificio della “casetta”, si celebrano vari eventi e festeggiamenti per il centenario dell’erezione canonica dell’Istituto e si restaura l’oratorio al primo piano del palazzo Da Mosto, ove si pone una lapide-ricordo. Del restauro generale della chiesa di S. Agnese si parla nel capitolo apposito.

Il 21 gennaio 1940 si suona per la prima volta, nella festa di S. Agnese, il nuovo organo Mascioni della chiesa. Domenica successiva, il 28, si celebra in S. Agnese l’inaugurazione del restauro della chiesa stessa e dell’organo.

Dal 1941 fu anche provvisto a una dignitosa cappella funeraria per i religiosi defunti della casa-madre di Venezia: in occasione della santa morte del P. Agostino Zamattio, avvenuta appunto il 2 maggio 1941. Più esattamente, si arrivò a tanto per iniziativa degli ex-allievi di Possagno e di Venezia, guidati dal’avv. Celeste Bastianetto, e si giunse a compiere un voto della comunità veneziana: quella di avere una cappella mortuaria per i religiosi defunti della comunità nel cimitero comunale di S. Michele. “Un gruppo di ex-allievi devoti e volonterosi si fece promotore dell’iniziativa di dare all’Ist.o, in memoria di P. Zamattio, una tomba nel Cimitero di S. Michele. L’iniziativa ebbe esito favorevole. La tomba, ampia e capace, è nella Chiesetta di S. Cristoforo. Il P. Zamattio vi è sepolto a salma intera in doppia cassa. Gli altri religiosi vi saranno in seguito deposti in quei pochi resti mortali, che saranno esumati dopo un decennio o quindicennio di sepoltura nel campo comune degli ecclesiastici. E ciò per evidenti ragioni pratiche”. Il progetto della cappellina o absidiola fu redatto dall’arch. Lino Scattolin, anche lui ex-allievo, e fu eseguito dalla ditta Feifer e Mander di Venezia. Tale notizia si trova in un breve articolo della rivista Charitas, che prosegue, dopo aver parlato della traslazione della salma di P. Zamattio: “…ed in minori cassette i resti mortali del P. Sebastiano Casara, che da parecchi anni riposavano in un loculo perpetuo, e dei Padri Carlo Simeoni, Augusto Tormene, Mario Miotello, che, morti da più di un ventennio, dovevano essere riesumati proprio in quei giorni dal Campo comune degli ecclesiastici. Tutto ciò fu eseguito nella settimana precedente alla domenica 3 Maggio 1942, nella quale si era stabilito di procedere alla benedizione della nuova tomba e alla commemorazione del P. Zamattio. (…). La tomba reca la seguente scritta: Heic Scholarum Charitatis Sodales expectant diem Christi Jesu (qui i religiosi delle Scuole di Carità aspettano il giorno di Cristo Salvatore (sic). Vi saranno incise anche, a titolo di riconoscenza, le parole: Ex alumnorum cura et pietate. Il catino absidale, che sovrasta la tomba, sarà decorato a mosaico e recherà il nome e lo stemma dell’Istituto con i due alberi, i tre monti, la cavagna, la colomba e il motto: Sola in Deo sors.”. Il catino absidale è realmente ricoperto di mosaico a foglia d’oro, nella migliore tradizione veneziana, con lo stemma dell’Istituto al centro, disegnato a tessere di pietre e di pasta vetrosa a vari colori; l’abside è foderata di marmo bianco, su cui sono scritti via via i nomi dei religiosi ivi sepolti. Al centro dell’abside si trova incassata una grande croce alta e stretta, con una sindone, il tutto in marmo color porpora scura, probabilmente pavonazzetto. 

Attualmente (2020) in questa cappella sono sepolti e i loro nomi sono iscritti nell’ordine da sinistra a destra e dall’alto in basso, a sinistra della croce centrale in pavonazzetto rosso: 

Sebastiano P. Casara, Augusto P. Tormene, Simeoni P. Carlo,      Miotello P. Mario. 

D’Andrea P. Luigi,    Cognolato fra Enrico,  Fedel P. Amedeo,       Angelo fra Furian.

E a destra della croce, nello stesso ordine:

Zamattio P. Agostino, Giuseppe P. Borghese, Giuseppe fra Vedovato,  Filippo fra Fornasier.

Aurelio P. Andreatta,  Cesare P. Turetta,     Giovanni P. D’Ambrosi, Alessandro P. Vianello.

Francesco Sav. Zanon, Ausonio fra Bassan,   Mansueto P. Janeselli,   Francesco P. Rizzardo.

Alcuni altri religiosi Cavanis sono ancora inumati in terra nel campo degli ecclesiastici, e sono poi periodicamente riesumati e sistemati in cassettine-ossario ben distinte nominalmente e conservate piamente nella tomba comunitaria. 

Nello stesso anno 1941 ritornava dal fronte in Ucraina un ex-allievo di Venezia, l’architetto Renato Renosto, allora membro dell’ARMIR, che aveva collaborato e collaborerà ancora più tardi con l’Istituto con i suoi progetti. Tra le rovine di una chiesa o di un’isba di quel paese questo ufficiale aveva rinvenuto e portato in Italia, quasi a titolo di ex-voto, per la grazia di essere ritornato in patria sano e salvo, un’icona della Madonna col bambino, dipinta delicatamente su tavola e coperta da una “camicia” di metallo (ottone) a sbalzo. Aveva voluto portarla in Istituto e esporla in perpetuo nell’oratorio dei piccoli (l’attuale aula magna), incassandola nel muro di sinistra e inquadrandola in una sobria cornice di marmo. Vi si trova ancora fino ad oggi.

Il 21 gennaio 1945 si inaugura a Venezia la lapide in onore dei benefattori di questo istituto, una specie di libro d’oro. Tale lapide si trova sulle pareti del corridoio di cui sopra. Più tardi, credo negli anni Sessanta, ne fu aggiunta una seconda, che per ora rimane ancora incompleta.

Nel 1947 leggiamo al 14 dicembre nel Diario di Congregazione (che, ancora per due o tre anni, è anche diario della casa di Venezia): “Giornata fausta! Il Rettore della Casa, P. Saveri, benedice la macchina stampatrice della Scuola Tip.[ografica] Cavanis. Son passati 140 anni dacchè la prima scuola tipogr. tentata dai Fratelli Cavanis era stata chiusa per merito della Rivoluzione Francese!”

Si riproduce di seguito, su questo tema, una pagina tratta dal Diario dello Studentato, qui di mano di P. Guerrino Molon, giovane assistente o maestro dei chierici teologi: 

“Fin dall’ottobre di quest’anno [1946]si è dato principio alla piccola Tipografia, che dovrà avere, specialmente per l’instancabile interessamento del P. Livio Donati, fulgidi destini.

Il lavoro fu interrotto; si è ricominciato con i biglietti da teatro per la Congregazione Marianae si sono poi susseguite sempre nuove ordinazioni anche da gente estranea.

Cartoline all’ordine del giorno. Clichè in legno compensato di mirabile effetto. È l’arte dei nostri Chierici (l’artista disegnatore è Pinese Luigi – lo scultore in legno-traforo Don Giuseppe Colombara).

Si esordisce con la prima serie di cartoline sportive. Si stampano a migliaia cartoline con l’intestazione dei tre Probandati – Si continua con il supplemento del SOS e avanti, avanti sempre. Già si profila l’impianto di una Tipografia in grande stile. Penserà la Provvidenza.

Già con scambio di piombo e caratteri vecchi si sono acquistati in buon numero caratteri moderni a Milano, che hanno ottimi risultati, Confidite!”

Da ricordare l’inverno 1946-47, freddissimo, in cui, almeno nella casa di Venezia, si ebbero nelle due comunità dei padri e dei chierici molti malati, delle malattie più varie; probabilmente dovute anche al freddo eccezionale e alla situazione di scarsa alimentazione del periodo di guerra e dell’immediato dopoguerra, senza contare lo stress bellico e post-bellico. Tra l’altro, per fare un esempio documentato, nello studentato (nell’edificio della “casetta” in quegli anni) si riscaldava con una stufa solo la “saletta”, cioè la stanza dove i chierici si riunivano per studiare quando erano liberi dalla scuola, e anche per riscaldarsi. Non esisteva altro riscaldamento, e le camere doveva essere a temperature bassissime. Chi scrive del resto si ricorda che a quel tempo era uguale la situazione nelle famiglie. 

Il 14 settembre 1950 vede adattata una saletta a pianterreno, prospiciente alla Piscina S. Agnese come refettorio dei chierici: “Da questo momento il gruppo Chierici per la prima volta è completamente assente dal refettorio dei padri. – per motivi di spazio.”

Sebbene non se ne sia trovata traccia nel diario di Venezia, sembra che prima degli esami di riparazione del settembre 1950 la scuola media di Venezia abbia ottenuto la parifica. C’erano state in precedenza visite di ispettori a questo scopo. Il 2 aprile 1951 iniziano le ispezioni del ginnasio e liceo, in vista della parifica. Questa arriverà prima del 7 luglio 1951, dato che gli esami sia delle medie che del ginnasio e liceo si compiono finalmente nell’Istituto. L’approvazione definitiva di tutte le classi, anche pregresse, fu concessa tuttavia dal ministero dell’educazione il 20 giugno 1952.

L’11 luglio 1952 fu “firmato l’acquisto, per tre milioni, di quel blocco di casette adiacenti all’Istituto, al di là del muro di distensione, fabbricato quaranta anni fa per liberare la casa e il cortile nobile (sic) dalla schiavitù del secolo (sic). I proprietari (due) che avevano sempre rifiutato di vendere, improvvisamente hanno offerto l’acquisto, che venne a cascare in un momento economicamente opportuno. Anche se si parla di “blocco di casette”, non è chiaro dal testo, tuttavia, se si tratta delle due case, cioè il palazzetto gotico e la casa barocca con la statua della Madonna, o soltanto di questa seconda, divisa tra due proprietari. Infatti il “muro di distensione” di cui si parla è disposto in modo di separare dal cortile della ricreazione soltanto la casa barocca e annessi.

Su queste due case, si trova il seguente commento, accompagnato da disegni della facciata e della pianta, in un libro, di cui si sono trovate delle fotocopie delle pagine interessate, senza che si sia potuto risalire al libro originale e alla scheda bibliografica corrispondente. 

Per il palazzetto gotico:

“48 Dd 834 / Piscina Venier (S. Agnese) / L. 1 e 2 – Accademia / p. A.Palazzetto del XV sec. caratteristico dell’architettura veneziana del periodo: spaziature delle finestre non costanti, zona basamentale indipendente dai piani superiori; ingresso e finestre laterali raggruppati attorno al grande e bel camino.”

Per la casa barocca con la statua della Madonna troviamo il seguente commento:

“86 Dd. 830-33 / Piscina S. Agnese / L. 1 e 2 – Accademia / p. A.La parte più alta di questa casa di origine sei-settecentesca è coronata da frontone. Le quattro porte, riunite due a due, lasciano un pieno al centro della composizione che indica l’affrontarsi simmetrico di due uguali organismi planimetrici. Una figuretta di Madonna entro una nicchia anima l’ampia stesura del muro centrale,” 

Un altro acquisto viene approvato dalla comunità di Venezia riunita in capitolo il 6 ottobre 1952, cioè quello del “magazzino dell’E.C.A. (probabilmente Ente Comunale di Assistenza), situato in piscina S. Agnese, per un prezzo di £ 800.000”. Non è facile per ora comprendere di quale edificio si tratti; ciò dipende anche dal fatto che a volte si parla di “Piscina S. Agnese” per riferirsi a tutta la via che si trova a est del compound dell’Istituto; ma essa in realtà è divisa in due parti, che si chiamano rispettivamente Piscina Venier nella parte settentrinale, dalla Cale nova S. Agnese, fino all’altezza del palazzetto gotico di cui si è parlato e dell’imbocco della Cale de mezo; la parte meridionale, dalla casa con la statua della Madonna barocca fino a Cale Antonio da Ponte si chiama invece piscina S. Agnese. Ho il sospetto che il detto magazzino possa corrispondere alla grande sala di deposito principale della biblioteca dell’Istituto, a pianterreno, anche se si trova di fatto localizzata nella piscina Venier; pure per il fatto che l’Istituto attualmente e fin dagli anni ’50 non possiede nessun edificio che sembri possa essere stato un magazzino nella piscina S. Agnese sensu stricto. Detta sala di deposito libri (nelle scaffalature) ha ancora oggi un grande portone ligneo che porta alla piscina Venier, al n° civico 838, ma che non viene mai utilizzato a memoria d’uomo.

Dopo la riunione del capitolo di famiglia si dette corso alla pratica, probabilmente chiedendo licenza al capitolo definitoriale, dato l’ammontare della spesa.

Il capitolo definitoriale del 17 luglio 1953 approva la costruzione della palestra di ginnastica per la scuola, su proposta di P. Luigi Candiago, rettore della casa di Venezia. Il conte Cini collabora con una generosa offerta; il resto deve essere raggranellato con il ricavato dell’attività del doposcuola e con altre offerte. Il nuovo edificio fu costruito adiacente alla casetta, nell’angolo di nordovest del grande cortile. Fino a quella data, si utilizzavano per la ginnastica o educazione fisica i cortili e, in caso di pioggia o altre precipitazioni, e nei periodi più freddi, la sala Bernach, sotto lo studentato, ove attualmente si trova la sala di lettura della biblioteca dell’Istituto.

Il 30 settembre 1953 sul fianco nord-ovest del cortile grande, presso la “casetta”, si pone la prima pietra della palestra di ginnastica, tanto necessaria per le scuole dell’Istituto, e con tanta insistenza e costanza voluta da P. Luigi Candiago, allora rettore della casa-madre. La palestra risulta già agibile, senza che lo si dica esplicitamente, il 29 aprile del 1954, almeno al greggio. Fu inaugurata nel maggio 1954.

Nel 1968 la comunità di Venezia, tramite il suo rettore P. Gioachino Tomasi, chiede al preposito P. Orfeo Mason e al suo consiglio di poter rinnovare completamente le camere dei religiosi a Venezia, tra l’altro fornendo ogni camera dei servizi igienici per uso personale di ciascuno. La richiesta viene accolta e approvata.

A Venezia, come del resto nelle altre case dell’Istituto, non ci si limitava tuttavia a comperare edifici e a costruirne altri. Il lavoro e la vita della comunità erano costituiti soprattutto dall’impegno pastorale dell’educazione e della scuola; sarà bene quindi, per esempio per l’anno scolastico 1952-1953, preso a campione, esporre quali erano le attività ordinarie e straordinarie. 

La scuola Cavanis a Venezia era naturalmente, come in tutte le altre case, gratuita, e sia per questo, sia per il prestigio, era molto richiesta. Nei giorni dell’iscrizione dei nuovi allievi, c’erano lunghe code di genitori in Rio terà, e si cominciava già all’alba ad attendere. Alcuni passavano la notte davanti la porta dell’Istituto, per essere sicuri di vedere accolta la loro richiesta. I figli degli ex-allievi avevano qualche vantaggio sugli altri. Le classi erano numerose: alle elementari c’erano anche 40 o 50 alunni; alle medie si passavano abbondantemente i trenta. Le scuole, pur essendo gratuite, come di tradizione, accoglievano ragazzi – solo maschi, scrupolosamente – di tutte le classi sociali. Nella mia classe, alle medie, in quell’anno-campione, c’erano insieme per esempio Alberto, figlio del sindaco comunista di Venezia, Giovanni Battista (Giobatta) Gianquinto, avvocato penalista, deputato e successivamente senatore, un buon sindaco; figli di professionisti e professori universitari; e insieme, in maggioranza, figli di operai, di disoccupati; molti venivano dai quartieri poveri di allora: la Giudecca, le Terese, Santa Marta, La Baia del Re e così via. Si stava tutti insieme senza problema di classi sociali, almeno a scuola. 

Alle scuole elementari gli insegnanti erano in genere i chierici, pur senza titolo, allora forse non necessari: alla mattina, fino agli anni Sessanta, essi insegnavano, a volte due per classe, essendo difficile mantenere l’ordine e la disciplina in classi così numerose; e al pomeriggio frequentavano il corso di teologia, tenuto nell’Istituto stesso, avendo come insegnanti quasi solamente padri Cavanis, che in genere non avevano altro titolo che i loro stessi corsi seminaristici di teologia. Il livello di insegnamento della teologia era piuttosto basso e, diciamo, casereccio. Si cominciò ad avere degli insegnanti licenziati o (molto raramente) dottorati nelle varie branche della teologia nelle università romane solo a partire dal 1961. 

Nelle medie e nel ginnasio-liceo (classico), gli insegnanti erano quasi esclusivamente padri Cavanis, laureati e, almeno a partire dagli anni ’50, abilitati. Il livello dell’insegnamento era in genere da buono a molto buono.

Ogni mattina, incluse le domeniche e le “feste comandate”, c’era l’oratorio strettamente obbligatorio: per le elementari, nella grande cappella al primo piano del palazzo Da Mosto, si recitava il rosario o altre preghiere devozionali; in S. Agnese, per le medie e il ginnasio-liceo, si celebrava tutti i giorni la S. Messa. Chi faceva la comunione, dato che esisteva nella chiesa, a quei tempi, l’obbligo del digiuno eucaristico dalla mezzanotte, aveva diritto a consumare una breve colazione sul banco scolastico, durante la prima ora di scuola successiva alla s. Messa. Si portava da casa il termos con il caffelatte e un panino a altro.


Si celebravano molte feste e solennità, quasi tutte di carattere devozionale, secondo lo stile dell’epoca: Nel 1952-53, ma vale per tutta la storia degli istituti Cavanis, a Venezia e altrove, dall’inizio fino al Concilio ecumenico Vaticano II, si celebrarono le seguenti feste principali:

  • Celebrazione eucaristica per l’inizio dell’anno scolastico, domenica 12 ottobre 1952.

  • Festa di Cristo Re, allora celebrata nell’ultima domenica di ottobre (26 ottobre 1952). Spesso vi si celebrava anche la professione perpetua di nostri religiosi.

  • Festa degli Angeli custodi, celebrata “pro pueris”, cioè fuori della data del calendario liturgico (2 ottobre), perché in quella data la scuola non era ancora cominciata. Quell’anno si celebrò il 3 novembre 1952.

  • Immacolata, con grande solennità, per i ragazzi, con la presenza di numerose famiglie, e, in altro orario, per la Congregazione Mariana. Otto dicembre 1952.

  • Accademia davanti al presepio per le elementari. Tredici gennaio 1953.

  • Festa solenne di S. Agnese, patrona della chiesa dell’Istituto, il 21 gennaio, con oratorio e messa solenne alle ore 9. Molti preti veneziani venivano a celebrare la messa all’altare della santa, ogni mezz’ora, o in contemporanea su altari diversi; ma più silenziosamente e in privato, su altro altare. La chiesa era parata a festa. Messa solenne a metà mattina, per la cittadinanza. E la gente veniva. In seguito era tradizione che venissero a celebrare la messa solenne le “Beniamine” dell’Azione Cattolica, ossia le bambine, a venerare la santa vergine e martire, adolescente. La chiesa si riempiva di nuovo. La festa prevedeva una solenne novena. Era costume che il padre sacrista (da distinguersi dal sagrestano, che era un fratello laico) offriva ai padri le fragole con la panna a tavola, nell’ottava della festa, per ringraziare la comunità per la collaborazione ricevuta nella preparazione e conduzione della solennità.

  • Giornata vocazionale, con oratorio speciale e varie atività, nella domenica di sessagesima, l’8 febbraio 1953.

  • Si celebravano in date varie i compleanni e i giubilei dei padri anziani e, naturalmente del rettore e del prefetto delle scuole.

  • La festa di S. Giuseppe, il 19 marzo, era celebrata come festa delle famiglie. Non esisteva ancora a quel tempo la festa del papà, di origine posteriore e commerciale. Le famiglie degli alunni venivano all’oratorio, e poi quelle dei bambini delle elementari salivano nelle classi, all’ultimo piano, dove erano accolti in festa e assistevano ad “accademie” con poesie, canti e scenette. C’era anche esposizione di disegni e lavori.

  • Nella prima parte della settimana santa c’erano gli esercizi spirituali di tre giorni, per gli alunni delle medie e licei, predicati da uno dei padri, per tutta la mattina, per tre giorni. Al pomeriggio qualcuno dei religiosi si aggirava per la città, controllando che gli allievi non si dessero alla pazza gioia per le strade invece di rimanere in casa a meditare, come era previsto. “Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui!” C’era anche, alla sera, un triduo di prediche e meditazioni per genitori ed ex-allievi. Il mercoledì santo c’era in genere “una consolante Comunione Pasquale”: un’espressione un po’ ottocentesca, che ritorna ancora nel novecento, e appare nei diari e documenti fino almeno al 1956.

  • Il 16 aprile 1953, sempre verso la fine dell’anno scolastico, si celebrò la solennità di S. Giuseppe Calasanzio, patrono dell’Istituto pro pueris, con grande pompa, quasi sempre con la presenza del patriarca, in quest’anno con il nuovo patriarca Angelo Giuseppe Roncalli, cordialissimo. Naturalmente il piatto forte della festa era la distribuzione dei bussolai con i fichi, di cui quell’anno il rettore con una commissione portò un campione personalmente al patriarca, che dopo la S. Messa si era ritirato. La festa durava tutto il giorno. I bussolai, in clima di carestia del dopoguerra, erano molto graditi. A volte, specie in anni più antichi, qua e là si trovano nelle righe dl Diario di Congregazione e di Venezia delle lagnanze perché per la festa di S. Giuseppe Calasanzio ci sono state poche sante messe, dato la festa era caduta di domenica, però c’era stata almeno una messa ogni mezz’ora. Oppure, in un’altra festa del nostro patrono, si scrive che c’erano state soltanto 22 sante messe. Certo, a quel tempo non si concelebrava e ogni padre Cavanis o ogni prete diocesano o altro religioso celebrava la “sua” messa su uno degli altari della chiesa (nove in tutti, calcolando l’altare della sacristia e della cappella del crocifisso); e questo numero o questa frequenza oggi ci sembrano altissimi, se si confrontano queste antiche feste con le nostre attuali magre feste di S. Giuseppe Calasanzio, che erano totalmente sparite dopo il Concilio Vaticano secondo, e si stanno riprendendo ora molto debolmente. A quel tempo la devozione ai santi era molto diffusa sia nel clero che tra i religiosi che nel popolo, indubbiamente in modo troppo esagerato; si circolava per le parrocchie e altre chiese, partecipando alle novene e poi alle feste, si celebravano le messe di tutti i santi, nel giorno dei vari patroni, nelle chiese rispettive. E i preti, religiosi o secolari, erano molto numerosi.

  • A maggio c’erano le prime comunioni e le cresime degli alunni, queste ultime impartite da uno dei vescovi ausiliari di Venezia o a volte da qualcuno dei numerosi (allora) vescovi veneziani, specialmente se ex-allievi, o da Mons. Piasentini, dei Cavanis.

  • Spesso, ma non in quell’anno, si celebrava verso la fine dell’anno scolastico la festa pro pueris di S. Luigi Gonzaga.

  • Il 24 maggio si celebrò al pomeriggio la premiazione catechistica e per il profitto, sempre con la presenza del patriarca.

  • Infine, il 31 maggio ebbe luogo la conclusione dell’anno scolastico in forma di solenne ringraziamento eucaristico.

  • La festa di Fondatori si celebrava in varie date alternative, il 2 maggio, o nell’anniversario della morte di uno o di ambedue i servi di Dio.

  • Le ordinazioni presbiterali, diaconali e degli altri ordini erano, abbastanza stranamente ma in modo universale, cioè non solo per l’Istituto Cavanis ma nella Chiesa in genere, celebrate a quel tempo in forma privata, senza partecipazione di altri che delle famiglie degli ordinandi. Erano più importanti e solenni, le prime messe, che erano celebrate o meglio, come si diceva, cantate, da uno degli ordinati, dato che non esisteva ancora la possibilità di concelebrare.

A tutta la vita della scuola Cavanis, specialmente a Venezia, presiedeva il padre prefetto delle scuole, sempre presente all’entrata e all’uscita degli alunni, con molta disciplina e severità. I ritardi non erano ammessi, e il portone veniva chiuso quando suonava la campana. Il prefetto dava comunicazioni nelle classi con gli altoparlanti istallati in ogni ambiente, e questi servivano anche per ascoltare quello che dicevano gli insegnanti, e qual era il livello di disciplina o di baccano.

L’associazionismo a quel tempo era ancora molto forte ed efficiente. Nell’Istituto Cavanis di Venezia c’erano varie associazioni interne, assistite religiosamente dai diversi padri: la Congregazione mariana; l’associazione degli ex-allievi; la Gioventù maschile di Azione Cattolica (Giac), con i vari gradi (ciascuno con programma, orario, calendario ecc. indipendente) di Aspirante, Junior e Senior; gli esploratori cattolici o Scout, le Conferenze di S. Vincenzo, il movimento Oasi, Lega Missionaria Studenti dell’Istituto ed eventualmente altre.

La Giac, Gioventù Italiana di Azione Cattolica (Aspiranti e Juniores) continuerà nell’Istituto di Venezia, nella stessa sede, fino almeno al 1958, e probabilmente fino agli anni del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, 

Il passaggio tra l’anno 1954 e 1955 vide a Venezia due eventi da segnalare: la morte avvenuta il 29 dicembre 1954 del P. Francesco Saverio Zanon, quasi ottantenne, e persona estremamente importante per la comunità locale, compresi allievi ed ex-allievi, con una serie di celebrazioni funebri e commemorazioni anche a livello cittadino, lungamente registrate nel diario della casa; e un principio d’incendio nella soffitta della casa della comunità, prontamente spento dai chierici di teologia con secchi d’acqua; l’intervento dei pompieri non fece che constatare il cessato pericolo. 

È del giugno 1956 la decisione si sopraelevare di un piano l’edificio dello studentato teologico, per mancanza di spazio (buon segno, i giovani leviti erano in aumento, anche se ancora per pochi anni). L’anno successivo si approva il passaggio degli “studenti di filosofia” (in realtà erano dei liceali, di liceo classico, e pare che ricevessero un supplemento tomistico e/o scolastico con un corso specifico) da Possagno a Venezia. Lo stesso anno si chiede e si ottiene dal definitorio l’approvazione per ampliare l’edificio adibito a foresteria. Non è chiaro se si tratta già del grande edificio attualmente affittato come albergo Belle Arti, ma, dal prezzo molto esiguo della spesa (20 milioni di lire), sembra si tratti di un progetto minore.

Nel 1957, e ne dà riscontro la relazione del rettore, a Venezia si è rialzato e rifatto il pavimento dell’aula “Everardo Gasparetto”, la biblioteca fu sistemata nella sala Bernach, non più necessaria come palestra di ginnastica, e che quindi fu fornita di scaffalatura metallica. Il locale cadente, a fianco della cucina, fu trasformato in mensa per gli ospiti e i parenti; gli stanzoni, ancora allo stato grezzo “sopra la palestra furono trasformati in camerette, con acqua corrente”. La casa fu fornita di una centralina telefonica con nove citofoni, dei quali cinque possono servire anche come telefoni per comunicare con l’esterno. 

Fu rialzato di un piano, come si diceva, lo studentato, ancora chiamato “Noviziato”, così tra virgolette nella relazione, fu rifatto il pavimento negli altri due piani e tutte le stanze furono dotate di acqua corrente e di impianto di termosifone. Tale lavoro durò in complesso circa due anni, e i seminaristi continuavano ad abitarci, spostandosi quando necessario, per brevi periodi di maggiore necessità, a dormire in alcune classi, dove di notte mettevane dei lettucci o giacigli. Quando si fecero le nuove scale dello studentato, quelle attuali che si svolgono in una colonna scale sul lato nord dell’edificio (lato sul giardino che non appartiene all’Istituto) i chierici e il loro maestro (P. Luigi Ferrari) salivano da un piano all’altro su scale a pioli, pericolosamente e una volta il chierico liceale Sergio Busato di notte, senza luce, cadde nel pozzo del vano scale, ancora sprovvisto di scale, ed ebbe seri problemi alla colonna vertebrale, rimanendo ammalato anzi infermo per un lungo periodo. L’intenzione di completare, aumentare e rimodernare lo studentato era buona, ma fu fatta come se si andasse a un campeggio, invece di organizzarsi con più saggezza e previdenza. 

Sui rapporti tra la comunità generale (e locale di Venezia) verso lo studentato, P. Luigi Ferrari, maestro dei teologi e poi anche dei filosofi, il buonissimo P. Luigi Ferrari, ha delle parole dure, nel diario del teologato, su 1) eccessivo carico di lavoro, che i chierici teologi e poi anche i liceali dovevano sopportare e sostenere, con estrema difficoltà a riuscire poi anche a studiare; 2) eccessiva frequente dispersione dei chierici, che venivano inviati non solo durante le vacanze ma anche per un anno intero o più in altre case a sostituire padri o a completare comunque lo staff, perdendo anni di studio teologico; 3) eccessivo spirito di critica da parte dei padri a riguardo dei chierici, che erano accusati di lavorare poco e di studiare poco, mentre era vero il contrario, a quanto scrive P. Ferrari; 4) sul modo “pressapochistico” in cui si era organizzato e condotto il cantiere dei lavori dello studentato, con grave incomodo e pericolo per i seminaristi.

A Venezia inoltre fu progressivamente aumentata la foresteria, dove si ospitavano da anni turisti, durante tutto l’anno nell’antica “casetta”, sia sopra il teatro, sia sopra la palestra, sia ancora negli ambienti annessi alla “casetta” nel ramo verso nord, sopra alla cappella (ramo non più esistente). Il vantaggio economico era notevole e aiutava il mantenimento della comunità e aiutava a sostenere la gratuità della scuola. D’estate poi, durante le vacanze scolastiche, i “chierici” svuotavano le classi dai banchi e li sistemavano in soffitta, e nelle classi erano sistemate delle brande e dei materassi che accoglievano una clientela più economica. Era difficile tuttavia trovare un personale stagionale adatto a questa attività alberghiera e qualche volta lo sostituivano i padri più volonterosi, anche se, come nota P. Grigolo nella sua relazione suddetta, il lavoro era più adatto a laici, sia per l’orario a volte notturno degli ospiti, sia per la loro libertà eccessiva, sia ancora per il loro modo di vestire a volte molto poco modesto. 

Nell’autunno 1959 le suore Figlie del S. Nome accettano di venire a Venezia per occuparsi dell’appoggio logistico di quella comunità. In preparazione della loro venuta a Venezia, si effettuano vari lavori di miglioramento, restauro e soluzioni pratiche per la loro presenza in Istituto, in cucina, guardaroba e altri ambienti logistici. Tra l’altro la cucina era stata ampliata, con la parte ove ora si trovano i grandi fornelli industriali, e che corrisponde al piccolo terrazzo davanti alle finestre dell’ufficio amministrativo e dell’archivio della casa di Venezia. Il refettorio dei padri perdeva una finestra. 

Le suore arrivarono e furono accolte molto cordialmente il 26 dicembre 1959. Esse erano suor Alva Rovai, superiora; Sr. Elisa Vardanega e Sr. Aladina D’Antraccoli.

Per intervento dell’ex-allievo Giobatta Bianchini, l’Istituto di Venezia ricevette in una data imprecisata negli anni ’60 la gradita e improvvisa visita del ministro della pubblica istruzione Luigi Gui, che oltre a visitare le scuole, rimase a pranzo dai padri. 

Con un certo stupore, evidente dalla formulazione del resto, il diario della comunità di Venezia ricorda la sostituzione dei banchi delle scuole, che erano del tipo classico in legno massiccio, due a due insieme, con gli stipetti a coperchio ribaltabile e con il foro per il calamaio, con i nuovi banchi singoli, leggeri, in metallo, legno e copertura in formica, individuali per di più, il 24 dicembre 1959. Cambia anche l’ornato della chiesa di S. Agnese, sotto l’impulso del nuovo sagrista, P. Giorgio Dal Pos. 

Questi organizza anche un gruppo di “Zelatrici” dell’opera delle vocazioni, associazione di pie signore che si impegnavano a pregare per le vocazioni all’Istituto Cavanis, e anche, in misura minore, a sostenere i seminari. Il gruppo era in azione almeno dal 1957. Gruppi analoghi esistettero in tempi diversi anche in altre case.

Un avvenimentoimportante accadde nel 1960 – in parte discutibile – con la distruzione di parte della “casetta” e la costruzione della Domus Cavanis. Il compilatore del diario di Venezia alla data del 21 novembre 1960 commenta così, com gusto molto dubbio, l’inizio del cantiere: “Con grande fiducia nella divina Provvidenza si sono oggi iniziati i lavori di rinnovamento completo e ampliamento del vecchio e decrepito fabbricato corrispondente alla “Casetta” dei Fondatori. Brillante progettista del nuovo di fabbricato è l’ex-allievo Arch. Prof. Angelo Scattolin; esecutrice la Ditta Francalancia nella iniezione di pali in cemento per le fondazioni. Intanto si comincia col demolire completamente lo stabile vecchio dalla palestra fino al Rio Terà.” Interessante sottolineare che la nota in margine al foglio del diario dice: “21/XI Inizio dei lavori per la ‘Domus Antoniana’ ”. La casa in realtà prese poi il nome di ‘Domus Cavanis’, e questo nome si trova nel diario di Venezia già il 29 dicembre 1961; ma si continua qua e là, anche nei verbali del consiglio definitoriale, a chiamarla “Domus Antoniana” fino almeno al 1963. La palificazione, con un centinaio di pali di cemento, si conclude il 1° febbraio 1961, come recita il diario di Venezia. In occasione di questi lavori, ci si rese conto che le fondamenta della palestra di ginnastica, edificio realizzato nel 1953 purtroppo in economia, erano troppo deboli e che il fabbricato rischiava il collasso. La stessa ditta aggiunse allora dei nuovi pali in cemento per rinforzare la struttura. La relazione del preposito P. Panizzolo al 25° capitolo generale del 1967 dice che “fu costruita la “DOMUS” nel suo primo lotto; essa da qualche anno funziona come pensionato-studenti durante il periodo scolastico, e come foresteria nei mesi estivi”. La stessa relazione relata altri lavori svolti a Venezia nel sessennio: “Si devono pure ricordare i lavori di restauro e le migliorie apportate nella parte destinata a scuole e casa religiosa: la nuova portineria con le stanzette delle visite; le aule del liceo, del Ginnasio, di Fisica e Scienze, del Museo di Storia Naturale”. Il restauro di questi ultimi ambienti per l’insegnamento delle scienze e della fisica fu effettuato nel 1965, in occasione del decennale della morte del P. Francesco Saverio Zanon (marzo 1955).

In questi anni si trovano frequentemente nel diario della casa di Venezia dei cenni alla lotta ferma del P. Vincenzo Saveri, allora prefetto delle scuole a Venezia, in collaborazione con la FIDAE, per la libertà della scuola, cioè per la reale possibilità dei genitori di scegliere non solo la scuola di stato, ma anche la scuola pubblica cattolica (o altra) per i loro figli, senza dover pagare, oltre alle normali tasse, anche le rette della scuola non statale. La scuola Cavanis continuava del tutto gratuita, come al solito e ancora per almeno un decennio, ma con enormi difficoltà. La lotta del P. Saveri, dell’Istituto e della FIDAE non doveva avere purtroppo nessun risultato.

Il 23 maggio 1961 si mette in opera una bella Via Crucis in terracotta, moderna, nelle pareti della cappella detta “oratorio domestico”, al primo piano del palazzo Da Mosto.

Nel 1961, dopo il capitolo generale celebrato a Venezia, e la nomina del nuovo rettore P. Luigi Ferrari, la comunità decide di costruire una lavanderia/guardaroba, adattando l’ambiente precedente; e di risistemare il parlatorio o sala delle visite in portineria. Risulta anche che è stato nominato P. Orfeo Mason maestro dei chierici, al posto dell’anziano P. Alessandro Vianello. Ciò porta con sé un grande sviluppo spirituale e culturale dello studentato.

Nel 1962 iniziò una nuova impresa della casa di Venezia, quella di affittare inizialmente e acquistare poi una casa prima nella borgata di Cima Sappada (Belluno), poi nella borgata di Kratten, e di formarvi una casa, per uso inizialmente solo estivo, di villeggiatura con ripetizioni per preparazione agli esami di riparazione di settembre, per gli allievi di Venezia. Il promotore era stato soprattutto il P. Valentino Pozzobon, prefetto delle scuole. Una breve storia di questa casa, che in seguito (1982) esce dall’orbita della casa di Venezia e diviene immediatamente soggetta al preposito generale, si trova al suo posto tra le storie delle case della Pars Italiae, con la relativa tabella dei componenti la comunità.

Nel luglio 1982, il preposito con il suo consiglio accettarono la proposta della comunità di Venezia cosa inaudita a quei tempi – di aprire una classe di scuola mista (ragazzi e ragazze) nella IV ginnasio del liceo classico. Era una svolta notevole che, da un lato, rinforzò numericamente il liceo Cavanis, dall’altra creò qualche critica e protesta da parte di scuole cattoliche femminili veneziane, che vedevano “migrare” una parte delle loro ragazze.

Un altro avvenimento accadde nella casa di Venezia: la Congregazione ricevette nell’aprile 1982 l’invito dal patriarca di Venezia, card. Marco Cè, di assumere la direzione della scuola media e di un liceo scientifico sito a Mestre, al viale S. Marco, come sezioni staccate della scuola Cavanis della casa-madre. L’invito venne accolto, e si formò a Mestre una nuova attività, al momento con il solo P. Tino Comunian, come responsabile, anche se purtroppo non aveva il titolo conveniente né per l’insegnamento né tanto meno per la presidenza, come si scoprì più tardi, con qualche sgradevole problema. Più tardi si creò una piccola comunità di due e poi di tre religiosi. La scuola di Mestre fu accettata dall’inizio dell’anno scolastico 1982-83. 

Da un incontro successivo risulta che “L’Istituto Cavanis dovrebbe assumere, a forma di Cooperativa (PP. Cavanis – Curia di Venezia – Suore di Nevers) la direzione della scuola media, per cui il Preside della Scuola Media sarebbe anche vice-preside del liceo scientifico, che diventerebbe sezione staccata dl ns. liceo scientifico di Venezia”. In pratica le cose non andarono così, e tutto il peso della scuola, della direzione, dell’affitto degli ambienti e così via venne a gravare sulla cooperativa dei genitori e sull’Istituto Cavanis.

Nel settembre 1985 la diocesi di Venezia chiese all’Istituto Cavanis un ulteriore sforzo: di accettare la direzione per un biennio almeno (1986-88) della scuola elementare, che si trovava in un altro quartiere della città di Mestre. Nonostante le difficoltà tecniche e di personale, il preposito e il suo consiglio decise di continuare a collaborare e di accogliere anche questa richiesta per amore di chiesa. 

La casa di Venezia, già prima del resto, stava offrendo al seminario patriarcale di Venezia, su richiesta del card. Patriarca Albino Luciani (15 dicembre 196926 agosto 1978), la partecipazione alla sua condizione paritaria, allora chiamata “parificata” o “legalmente riconosciuta”. E ciò continuerà per circa 40 anni, in forma del tutto gratuita e disinteressata.

Il 15 dicembre 2005, al preposito generale P. Pietro Fietta, giunse una lettera estremamente simpatica da parte del patriarca Angelo Scola, di riconoscimento dell’aiuto offerto dall’Istituto e in particolare dalla casa di Venezia al seminario patriarcale e perciò alla chiesa che è in Venezia: 

“Il Patriarca di Venezia

Venezia, 15 dicembre 2005

Reverendo Padre,

nel momento in cui la Fondazione Giovanni Paolo I ha ricevuto la “parità”, sento il dovere di ringraziare tutta la Congregazione e in modo particolare l’Istituto Cavanis di Venezia, per tutto il sostegno e l’aiuto col quale ha accompagnato in questi anni 1’azione scolastica del Seminário prima e della stessa Fondazione poi.

Il Vostro è stato un esempio preclaro di cosa sia la comunione nella Chiesa.

Sono profondamente convinto della necessità di continuare la nostra attiva collaborazione secondo le diverse forme che non cesso di ricordare, soprattutto attraverso il Vicario Generale, a tutti i responsabili della nostra proposta pedagógica.

PregandoLa di voler estendere questo mio grazie a tutti i superiori, al preside, ai docenti e al personale dell’lstituto Cavanis, mi è grato porgerLe un sincero augurio natalizio.

Reverendissimo

Padre Pietro Fietta

Preposito Generale

Congregazione delle Scuole di Carità

Istituto Cavanis

Via Casilina, 600

00177 ROMA

Nel 2004 si celebrò nella casa di Venezia il bicentenario della prima scuola dell’Istituto delle Scuole di Carità. La celebrazione eucaristica fu presieduta dal card. Patriarca Marco Cè, molto amico dell’Istituto. Tale celebrazione del bicentenario, per qualche motivo ora non evidente, si tenne il 6 maggio 2004, anche se in realtà, la data storica dell’inizio fu il 2 gennaio 1804. Si scelse come luogo la chiesa dei santi Gervasio e Protasio, vulgo di S. Trovaso, vicina all’Istituto, sia perché questa è molto più vasta della chiesa di S. Agnese e di quella di Santa Maria del Rosario ai Gesuati, e realmente ce ne fu bisogno, perché lo spazio fu addirittura insufficiente; sia perché i due piccoli ambienti che i padri fondatori presero in affitto in una casa privata, per cominciare formalmente la scuola, prima di acquistare il palazzo Da Mosto nel 1806, si trovava nel territorio della parrocchia di S. Trovaso, prima che fosse interrato il rio che oggi corrisponde al rio terà della Carità, al fianco ovest dell’immenso edificio dell’Accademia alle Belle Arti.

La casa di Venezia, con la sua scuola, si sta rivolgendo al futuro. Come si può constatare nella lettura della tabella sulla comunità Cavanis, c’è stata un diminuzione rilevante della comunità. Intorno al 2020 i membri dell’Istituto nella comunità di Venezia sono quattro, cui si aggiungono due religiosi che risiedono a Venezia, ma sono uno superiore della Delegazione Italia-Romania, l’altro Vicario generale ed economo generale. Attualmente quasi tutte le attività pastorali di educazione della gioventù nella scuola sono svolte da docenti laici; dei religiosi, anche a causa della pandemia del covid 19, soltanto uno, il diacono congolese Moïse Kibala Sakivuvu insegna ancora nella scuola o comunque ci si dedica direttamente. Gli altri religiosi si fanno presenti con la preghiera, con una presenza piena di amore ma dalla finestra e comunque da lontano, per via della pandemia; e si occupano di pastorale collaborndo con le parrocchie e comunità religiose femminili vicine.

È importante però guardare al futuro della città di Venezia e della sua chiesa, in una città in cui la popolazione del comune diminuisce e invecchia; e in cui la popolazione del centro storico è diminuita drasticamente e si è ridotta al 28,33% di quanto era quando nacque chi scrive nel 1939. Urge pensare e meditare che cosa si può fare per aiutare pastoralmente l’infanzia e la gioventù di una città morente e in fase di invecchiamento, come si può definire con preoccupazione Venezia, nel 2022. Un aureo libretto può essere di valido aiuto per una seria meditazione su questo tema.

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