I capisaldi teologico-pastorali del metodo di Paolo VI nel magistero dei suoi successori

Pp. 94-108, Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI.

Titolo: L’ANNUNCIO DEL VANGELO NEL MAGISTERO DI PAOLO VI – Lettura Teologico-Pastorale di Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi

Autore: Mouyéké Misère Tiburce Barbeault

Numero di pagine: 121

Lingua: ITALIANO

Stampa: 2024

Parole Chiave: Evangelizzazione, Vangelo, Paolo VI, Magistero, Missione, Propaganda Fide, Chiesa, Concilio Vaticano II, Ecumenismo, Nuova Evangelizzazione, Comunità ecclesiale, Gaudete in Domino, Evangelii Nuntiandi, Evangelica Testificatio, Dialogo interreligioso, Laici, Carità, Catechesi, Testimonianza cristiana, Giovanni XXIII.

Riassunto: Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI sull’annuncio del Vangelo attraverso una lettura teologico-pastorale delle esortazioni Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi. Tesi di licenza in Teologia Pastorale che analizza il magistero di Paolo VI sull’annuncio del Vangelo attraverso una lettura teologico-pastorale delle esortazioni Evangelica Testificatio, Gaudete in Domino e Evangelii Nuntiandi. 

3.2 I CAPISALDI TEOLOGICO-PASTORALI DEL METODO DI PAOLO VI NEL MAGISTERO DEI SUOI SUCCESSORI

Il metodo teologico-pastorale di Paolo VI sull’annuncio del vangelo e l’evangelizzazione ha ispirato i suoi successori Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco. L’osservazione di Paolo VI riguardante il rapporto tra vangelo e cultura trova una conferma della sua validità nell’epoca postmoderna. Come scrisse in Evangelii Nuntiandi, lo scisma tra vangelo e cultura costituisce senza ombra di dubbio il dramma del nostro tempo, così come lo è stato in altre epoche⁵⁴⁰.

Giovanni Paolo II, nell’udienza generale del 25 giugno 2003, che volle dedicata al ricordo dei quaranta anni dall’elezione di papa Montini (21 giugno 1963), dichiarò: “Apostolo forte e mite Paolo VI ha amato la chiesa e ha lavorato per la sua unità e per intensificarne l’azione missionaria”.

Benedetto XVI, in vacanza a Bressanone, volle così ricordare in particolare il ruolo avuto dal suo predecessore nel guidare il Concilio: “Man mano che il nostro sguardo sul passato si fa più largo e consapevole, appare sempre più grande, direi quasi sovrumano, il merito di Paolo VI nel presiedere l’assise conciliare, nel condurla felicemente a termine e nel governare la movimentata fase del post Concilio. Potremmo veramente dire, con l’apostolo Paolo, che la grazia di Dio in lui non è stata vana”⁵⁴¹.

Papa Francesco, incontrando i pellegrini giunti da Brescia il 27 giugno 2013 in occasione del 50° anniversario della elezione di papa Montini, ha avuto modo di ricordarlo così: “Paolo VI ha saputo testimoniare, in anni difficili, la fede in Gesù Cristo. Risuona ancora, più viva che mai, la sua invocazione: ‘Tu ci sei necessario o Cristo!’… L’amore totale a Cristo emerge in tutta la vita di Montini…”⁵⁴².

Il Pontefice ha poi voluto sottolineare l’attualità del magistero di Paolo VI ricordando che le sue domande sulla Chiesa valgono anche oggi e che, dunque, “siamo tutti responsabili delle risposte e dovremmo chiederci: siamo veramente chiesa unita a Cristo, per uscire e annunciarlo a tutti, anche e soprattutto a esistenziali”, o siamo chiusi in noi⁵⁴³?


3.2.1 DA PAOLO VI AL MAGISTERO DI GIOVANNI PAOLO II SULLA MISSIONE E NUOVA EVANGELIZZAZIONE

3.2.1.1 La missione della chiesa

Durante il suo pontificato, Giovanni Paolo II continuò la visione pastorale di Paolo VI sulla missione evangelizzatrice della chiesa universale: “Oggi la chiesa deve affrontare altre sfide, proiettandosi verso nuove frontiere sia nella prima missione ad gentes, sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l’annunzio di Cristo. Oggi a tutti i cristiani, alle chiese particolari e alla Chiesa universale sono richiesti lo stesso coraggio che mosse i missionari del passato e la stessa disponibilità ad ascoltare la voce dello Spirito”⁵⁴⁴.

Giovanni Paolo II richiama le fondamentali affermazioni del Concilio Vaticano II sul ruolo dello Spirito Santo nella missione della chiesa, in particolare nella Gaudium et Spes: “Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta al desiderio della dimora celeste, contribuendo così a mantenerlo vivo nell’umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio terreno degli uomini, così da preparare – attraverso tale loro ministero – quasi la materia per il regno dei cieli. Di tutti, però, fa degli uomini liberi, in quanto nel rinnegamento dell’egoismo e convogliando tutte le forze terrene verso la vita umana, essi si proiettano nel futuro, quando l’umanità stessa diventerà offerta accetta a Dio”⁵⁴⁵.

Il Papa polacco si spiega a proposito della missione della chiesa: “La Chiesa è missionaria per natura sua, poiché il mandato di Cristo non è qualcosa di contingente ed esteriore, ma raggiunge il cuore stesso della Chiesa. Ne deriva che tutta la chiesa e ciascuna chiesa particolare è inviata alle genti”⁵⁴⁶. La missione comunica alle genti la salvezza in Cristo, la fede e l’amore a Cristo, unico Salvatore dell’uomo: “Cristo è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini… Gli uomini quindi non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l’azione dello Spirito”⁵⁴⁷.

A proposito della centralità di Gesù nella missione della chiesa, Giovanni Paolo II dice con chiarezza: “Se si distacca il Regno da Gesù, non si ha più il Regno di Dio da lui rivelato, ma si finisce per distorcere il senso del Regno che rischia di trasformarsi in un obiettivo puramente umano e ideologico”⁵⁴⁸. Cristo rende presente il Regno di Dio.

La proclamazione e l’instaurazione del regno di Dio sono l’oggetto della sua missione: “È per questo che sono stato inviato”⁵⁴⁹. Giovanni Paolo II riconosce che lo Spirito Santo è protagonista della missione, che la missione non è del missionario, ma dello Spirito che guida e illumina la chiesa e che “la missione alle Genti conserva tutto il suo valore”⁵⁵⁰ ed è “ancora agli inizi”⁵⁵¹. E per il Papa, le vie della missione sono: formazione della chiesa locale, inculturazione, dialogo interreligioso, promozione umana e dello sviluppo dei popoli. Giovanni Paolo II lega strettamente la missione di annunziare Cristo all’umanizzazione⁵⁵².

Il regno che Gesù inaugura è il regno di Dio. Il Dio, rivelato soprattutto nelle parabole⁵⁵³, è sensibile alle necessità e alle sofferenze di ogni uomo: è un Padre amoroso e pieno di compassione, che perdona e dà gratuitamente le grazie richieste. San Giovanni ci dice che “Dio è amore”⁵⁵⁴. L’amore con cui Gesù ha amato il mondo trova l’espressione più alta nel dono della sua vita per gli uomini⁵⁵⁵, che manifesta l’amore che il Padre ha per il mondo⁵⁵⁶. Perciò, la natura del regno è la comunione di tutti gli esseri umani tra di loro e con Dio⁵⁵⁷.


3.2.1.2 La Nuova Evangelizzazione

Giovanni Paolo II coniò l’espressione “nuova evangelizzazione”⁵⁵⁸. La teologia della nuova evangelizzazione nel magistero di Giovanni Paolo II risponde alla crisi del modello di annuncio del vangelo da parte della chiesa nell’attuale cultura e alla sfida di una nuova inculturazione del vangelo, altrettanto impegnativa nelle culture lontane dal cristianesimo.

Il Romano Pontefice desiderò anche che la nuova evangelizzazione non sia una pianta che spunta improvvisa dal nulla, ma sia piuttosto come il germoglio che si sviluppa dalle “continue sementi che ha prodotto l’evangelizzazione iniziata tanto tempo fa”⁵⁵⁹. Niente fratture né giudizi affrettati dunque tra la prima e la nuova evangelizzazione.

Nel discorso alla XIX Assemblea del CELAM, a Port au Prince, il 9 marzo 1983, Giovanni Paolo II precisava che non si tratta di “re-evangelizzazione”⁵⁶⁰, bensì di una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni. Si precisano così due connotazioni particolari, rispetto al senso ampio che Paolo VI dava al termine: il riferimento al compito di un nuovo annuncio in aree già cristianizzate ma ormai secolarizzate; la connotazione prevalentemente esortativa dell’espressione, tesa a rinnovare nella chiesa la motivazione e lo slancio per l’annuncio⁵⁶¹.

L’espressione “nuova evangelizzazione” viene definita come seconda evangelizzazione, o ancora come approfondimento dell’evangelizzazione delle culture. Evangelizzando la cultura della postmodernità, è l’uomo l’agente principale dello sviluppo, non il denaro o la tecnologia⁵⁶². Giovanni Paolo II ci ricorda che la spinta della nuova evangelizzazione dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo integrale della persona umana. Si tratta dello sviluppo umano autentico che deve essere radicato in un’evangelizzazione sempre più profonda⁵⁶³.

Con la Lettera apostolica Novo millennio Ineunte del 2002, Giovanni Paolo II indicò la nuova evangelizzazione come missione primaria della chiesa per il terzo millennio della sua storia⁵⁶⁴. Anche nella sua ultima uscita da Roma, nel 2004, Giovanni Paolo II si rivolse da Loreto a quanti lo ascoltavano e al mondo intero, in particolare ai laici:

“Vi stia a cuore ciò che sta a cuore alla chiesa: che molti uomini e donne del nostro tempo siano conquistati dal fascino di Cristo; che il suo vangelo torni a brillare come luce di speranza per i poveri, i malati, gli affamati di giustizia; che le comunità cristiane siano sempre più vive, aperte, attraenti; che le nostre città siano ospitali e vivibili per tutti; che l’umanità possa seguire le vie della pace e della fraternità. A voi laici spetta di testimoniare la fede mediante le virtù che vi sono specifiche: la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la competenza nel lavoro, la tenacia nel servire il bene comune, la solidarietà nelle relazioni sociali, la creatività nell’intraprendere opere utili all’evangelizzazione e alla promozione umana. A voi spetta pure di mostrare, in stretta comunione con i Pastori, che il vangelo è attuale, e che la fede non sottrae il credente alla storia, ma lo immerge più profondamente in essa”⁵⁶⁵.

L’impulso della nuova evangelizzazione deve dar vita a una cultura nuova. La Chiesa ha il compito di dare alla cultura una nuova identità alla luce del vangelo. La cultura dovrebbe diventare un’alleata del vangelo. Dovrebbe svolgere il ruolo di catalizzatore della proclamazione del vangelo nonché offrire una nuova opportunità di ricerca e riflessione teologica in modo che la Parola di Dio possa trovare una nuova espressione in mezzo ai rapidi cambiamenti che si producono senza sosta in seno alla cultura⁵⁶⁶.

I destinatari della nuova evangelizzazione appaiono sufficientemente identificati: “si tratta di quei battezzati delle nostre comunità che vivono una nuova situazione esistenziale e culturale, dentro la quale di fatto è compromessa la loro fede e la loro testimonianza. Nuova evangelizzazione appare allora quell’azione pastorale che aiuta queste persone a uscire dal loro deserto interiore”⁵⁶⁷ e a porsi nuovamente la domanda su Dio.

I soggetti della nuova evangelizzazione sono i cristiani e le loro comunità. Infatti, “La trasmissione della fede non è un’azione riservata a qualche singolo individuo appositamente deputato. È compito di ogni cristiano e di tutta la Chiesa, che in questa azione riscopre continuamente la propria identità di popolo radunato dalla chiamata dello Spirito, per vivere la presenza di Cristo tra noi, e scoprire così il vero volto di Dio, che ci è Padre”⁵⁶⁸.

Da questa breve ricognizione risulta più chiaro lo sviluppo che ha avuto il tema nel tempo della chiesa. Giovanni Paolo II, con la specificazione “nuova” collegata alla parola “evangelizzazione”, mostra di essere preoccupato di fronte a un mondo sempre più scristianizzato e specifica questo compito come secondo annuncio in aree di antica tradizione cristiana⁵⁶⁹.

Il compito della nuova evangelizzazione necessita dei protagonisti della missione. Se Paolo VI ha affermato che è lo Spirito Santo l’agente principale della missione, Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris Missio dedica addirittura un capitolo intero allo Spirito Santo, che chiama “il protagonista della missione”⁵⁷⁰.

Il Romano Pontefice Giovanni Paolo II parla dello Spirito che si manifesta nella chiesa e nei cristiani, ma anche della “sua presenza ed azione universale, senza limiti”⁵⁷¹ di spazio e di tempo, nel cuore di ogni uomo, nelle iniziative religiose e negli sforzi dell’attività umana. “La presenza e l’attività dello Spirito non toccano solo gli individui, ma la società e la storia, i popoli, le culture, le religioni; è all’origine dei nobili ideali e delle iniziative dell’umanità in cammino”⁵⁷².

L’aggettivo “nuova”, posto innanzi al termine “evangelizzazione” nel magistero di Giovanni Paolo II, non sta a significare una semplice novità cronologica, ma vuole evidenziare il bisogno di una novità qualitativa di annuncio del vangelo di cui lo Spirito Santo è la sorgente. La nuova evangelizzazione vuol dire rifare il tessuto cristiano della società umana, rifacendo il tessuto delle stesse comunità cristiane; vuol dire aiutare la Chiesa a continuare ad essere presente “in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”⁵⁷³.

Giovanni Paolo II nella esortazione Christifideles Laici parla del contenuto della nuova evangelizzazione così: “L’uomo è amato da Dio! È questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa è debitrice all’uomo. La parola e la vita di ciascun cristiano possono e devono far risuonare questo annuncio: Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è via, verità e vita!”⁵⁷⁴.

Al centro, quindi, della nuova evangelizzazione c’è il kerigma pasquale. Non un annuncio puramente intellettuale o astratto, ma esperienziale, esistenziale, operativo e vitale⁵⁷⁵. “Il contenuto della nuova evangelizzazione dovrebbe avere tre caratteristiche esperienziali che si ritrovano del resto nel cherigma neotestamentario. Deve essere testimoniale, profetico, integrale”⁵⁷⁶.

Parlando della nuova evangelizzazione in suo magistero, Giovanni Paolo II dice che essa deve essere integrale, sia a livello personale che comunitario. Deve trasformare il modo di vivere personale e sociale, convertire le persone e diventare lievito di nuova umanità. La Chiesa deve fare un grande passo in avanti nella sua evangelizzazione, deve entrare in una nuova tappa storica del suo dinamismo missionario, deve impegnarsi “nell’unica e comune missione di annunciare e di vivere il vangelo”⁵⁷⁷.


3.2.2 Da Paolo VI al magistero di Benedetto XVI sulla promozione della nuova evangelizzazione e la cultura della fede

Di fronte all’indifferenza religiosa e all’ateismo dichiarato, Benedetto XVI pensa che sola una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda. Il 21 settembre 2010, Benedetto XVI, firmando il Motu proprio Ubicumque et semper, creò il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione⁵⁷⁸. Benedetto XVI ricorda che la chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il vangelo di Gesù Cristo.

All’inizio della sua Lettera Apostolica Ubicumque et semper, Benedetto XVI ha ripreso le parole della Lettera agli Ebrei: “La Chiesa… dal giorno di Pentecoste in cui ha ricevuto in dono lo Spirito Santo non si è mai stancata di far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo, annunciando Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, lo stesso ieri, oggi e sempre”⁵⁷⁹, che con la sua morte e risurrezione ha attuato la salvezza, portando a compimento la promessa antica.

Benedetto XVI, ricordando lo slancio offerto dal Concilio Vaticano II, raccolto dai Papi che lo hanno preceduto, ritiene così opportuno offrire delle risposte adeguate perché “la chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione”⁵⁸⁰.

La nuova evangelizzazione fa rimando soprattutto alle chiese di antica fondazione, che pure vivono realtà assai differenziate, a cui corrispondono bisogni diversi, che attendono impulsi di evangelizzazione diversi. Per questo, il Papa propone un attento discernimento; “parlare di nuova evangelizzazione non significa, infatti, dover elaborare un’unica formula uguale per tutte le circostanze”⁵⁸¹. Per proclamare in modo fecondo la parola del vangelo, è richiesto anzitutto che si faccia profonda esperienza di Dio.

Con la promozione della nuova evangelizzazione, il compito della chiesa è stimolare “la riflessione sui temi della nuova evangelizzazione, individuando e promuovendo le forme e gli strumenti atti a realizzarla”⁵⁸². Si tratta di una “azione al servizio delle chiese particolari, specialmente in quei territori di tradizione cristiana dove con maggiore evidenza si manifesta il fenomeno della secolarizzazione”⁵⁸³.

La nuova evangelizzazione deve far conoscere, anzitutto, la persona storica di Gesù, e il suo insegnamento così come è stato fedelmente trasmesso dalla comunità delle origini e che trova nei vangeli e negli scritti del Nuovo Testamento la sua codificazione normativa⁵⁸⁴. Il vangelo non è un mito, ma la testimonianza viva di un evento storico che ha cambiato il volto della storia.

Parlando delle trasformazioni sociali degli ultimi decenni, Benedetto XVI fa ricordare ch’è vero che l’umanità ha conosciuto innegabili benefici da tante trasformazioni e la chiesa ha ricevuto ulteriori stimoli per rendere ragione della speranza che porta⁵⁸⁵, ma è anche vero che “si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell’uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale”⁵⁸⁶.

Ci sono stati alcuni eventi nel mondo che venivano salutati come una liberazione, scrive il Pontefice, ben “presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l’uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose”⁵⁸⁷. Per Benedetto XVI, è fondamentale ribadire che la verità è il Cristo.

Papa Ratzinger ha sempre denunciato i vizi ricorrenti del mondo contemporaneo come: “Indifferentismo, relativismo, secolarismo e ateismo”⁵⁸⁸, già individuati da Giovanni Paolo II come tipici delle nazioni “del cosiddetto Primo Mondo”. Questi vizi portano ad uno scenario, sempre attuale, in cui “il benessere economico e il consumismo ispirano e sostengono una vita vissuta come se Dio non esistesse”⁵⁸⁹, e nel quale l’indifferenza religiosa e la totale insignificanza pratica di Dio per i problemi anche gravi della vita non sono meno preoccupanti ed eversivi rispetto all’ateismo dichiarato.

Di fronte alle sfide del mondo contemporaneo, il Papa vede l’urgente necessità di “rifare il tessuto cristiano della società umana”⁵⁹⁰. Ma il Papa tiene anche a precisare che lo scenario dei paesi secolarizzati non è infatti identico ovunque: “In alcuni territori, infatti, pur nel progredire del fenomeno della secolarizzazione, la pratica cristiana manifesta ancora una buona vitalità e un profondo radicamento nell’animo di intere popolazioni; in altre regioni, invece, si nota una più chiara presa di distanza della società nel suo insieme dalla fede, con un tessuto ecclesiale più debole, anche se non privo di elementi di vivacità, che lo Spirito Santo non manca di suscitare; conosciamo poi, purtroppo, delle zone che appaiono pressoché completamente scristianizzate, in cui la luce della fede è affidata alla testimonianza di piccole comunità: queste terre, che avrebbero bisogno di un rinnovato primo annuncio del vangelo, appaiono essere particolarmente refrattarie a molti aspetti del messaggio cristiano”⁵⁹¹.

Secondo il Romano Pontefice, un altro impegno è quello di “promuovere l’uso del Catechismo della Chiesa cattolica”⁵⁹², quale formula essenziale e completa del contenuto della fede per gli uomini del nostro tempo. Il Catechismo della Chiesa Cattolica è “la sfida più audace offerta al relativismo culturale che oggi minaccia di erodere i contenuti della fede cattolica”⁵⁹³.

Benedetto XVI ha voluto ribadire il rapporto dell’uomo con Dio che è determinante per il suo rapporto con sé stesso e con il mondo. Solo chi conosce Dio, conosce l’uomo. “Senza la conoscenza di Dio, l’uomo diventa manipolabile. La fede in Dio deve concretizzarsi nel nostro comune impegno per l’uomo”⁵⁹⁴.

In un’altra occasione Benedetto XVI ha precisato: “Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia […] l’uomo non è in grado di gestire da solo il proprio progresso, perché non può fondare da sé un vero umanesimo […] L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano”⁵⁹⁵.

Esiste anche un fortissimo legame tra la speranza come un fattore indispensabile della vita umana e Dio. Benedetto XVI afferma: “Chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita. La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora sino alla fine, fino al pieno compimento”⁵⁹⁶.

Alla questione della crisi di Dio diffusa specialmente nel mondo occidentale, Papa Benedetto XVI risponde, lanciando un accorato appello alla nuova evangelizzazione: “nuova, non nei contenuti, ma nello slancio interiore, aperto alla grazia dello Spirito Santo che costituisce la forza della legge nuova del Vangelo e che sempre rinnova la Chiesa; nuova nella ricerca di modalità che corrispondano alla forza dello Spirito Santo e siano adeguate ai tempi e alle situazioni; ‘nuova’ perché necessaria anche in Paesi che hanno già ricevuto l’annuncio del vangelo”⁵⁹⁷.

Il Papa è profondamente convinto che «anche l’uomo del terzo millennio desidera una vita autentica e piena, ha bisogno di verità, di libertà profonda, di amore gratuito. “Anche nei deserti del mondo secolarizzato, l’anima dell’uomo ha sete di Dio, del Dio vivente”»⁵⁹⁸.

Papa Ratzinger guarda con grande speranza i nuovi carismi che lo Spirito Santo suscita con generosità nella chiesa dei tempi presenti e dai quali nascono movimenti ecclesiali e nuove comunità. Sono i luoghi particolari in cui le energie missionarie della chiesa devono portare avanti evangelizzazione⁵⁹⁹.

3.2.3 Dall’Evangelii Nuntiandi di Paolo VI all’Evangelii Gaudium di Papa Francesco

L’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di papa Francesco fa riferimento a quel profetico documento di Paolo VI che è stato l’esortazione apostolica post-sinodale Evangelii Nuntiandi. Nel primo capitolo dell’Evangelii Nuntiandi, Paolo VI parla del passaggio da Cristo evangelizzatore alla chiesa evangelizzatrice; in tale contesto il Romano Pontefice sottolinea la necessità di comunità evangelizzate che evangelizzano⁶⁰⁰ e vede in ciò la vocazione primaria della Chiesa⁶⁰¹.

Nel primo capitolo dell’Evangelii Gaudium, Papa Francesco parla della trasformazione di tutta la chiesa in un popolo missionario⁶⁰² o meglio della chiesa in uscita, dando un’immagine immediata a quello che scrive Paolo VI: “La Chiesa esiste per evangelizzare… essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio”⁶⁰³. Con le due esortazioni, i due papi entrambi sono diventati l’eco dell’apostolo Paolo che disse: “per me evangelizzare non è un titolo di gloria, ma un dovere. Guai a me se non predicassi il vangelo”⁶⁰⁴.

Leggendo l’Evangelii Nuntiandi di Paolo VI e l’Evangelii Gaudium di papa Francesco, si accorge che il cuore dell’evangelizzazione e quindi il suo contenuto è giustamente il Kerygma. La Buona Notizia, cioè il primo kerygma sottolineato sia da Paolo VI che da papa Francesco⁶⁰⁵, appare in simbiosi nei due documenti sull’evangelizzazione. Troviamo il termine kerygma al capitolo quattro dell’Evangelii Nuntiandi e nell’Evangelii Gaudium al capitolo tre, dove appunto si indicano le vie dell’evangelizzazione, tra le quali la catechesi⁶⁰⁶.

Nelle due esortazioni apostoliche, si chiede alla chiesa di non sottovalutare la pietà popolare⁶⁰⁷; che tutta la chiesa sia missionaria⁶⁰⁸ con una predicazione vivente che parta dall’ascolto della parola e del popolo⁶⁰⁹ per giungere a tutti i lontani, al mondo secolarizzato, ai non credenti, ai non praticanti, al cuore delle masse e si ponga come sostegno dei fedeli.

I due papi mostrano una preoccupazione per un linguaggio incisivo e cordiale⁶¹⁰. In seguito, i due papi fanno un richiamo per l’intero popolo di Dio e a coloro che per primi sono chiamati all’annuncio, al fine di essere non solo annunciatori ma testimoni del dono del Vangelo⁶¹¹.

Per l’efficacia dell’annuncio del vangelo nel mondo contemporaneo, Paolo VI e papa Francesco esortano la chiesa a non temere di individuare e adoperare strumenti nuovi per evangelizzare⁶¹². Vi è dunque una reale sinergia, attenzione e preoccupazione per una chiesa che, in uscita, sappia raggiungere tutte le periferie esistenziali, avendo in animo il dovere all’intera umanità e a ogni cultura e società di dare la sua bella testimonianza: che in Cristo vi è vera pace per la famiglia umana.

Nell’Evangelii Gaudium, Papa Francesco non ha voluto presentare solamente i frutti della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che, nel 2012, durante il pontificato di Benedetto XVI, ha avuto per tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Invece di un riassunto dei lavori del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, il romano pontefice ha voluto preparare un documento programmatico del suo pontificato:

“La gioia del vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni”⁶¹³.

Il documento prosegue indicando il rischio del mondo attuale e dei credenti di lasciarsi dominare da una tristezza individualista e fa il pressante invito a rinnovare l’incontro personale con Cristo.

“Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. […] Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia”⁶¹⁴.

Si può dire che se l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium fosse un documento post-sinodale classico, nel solco della tradizione, dovrebbe incentrarsi specificamente sul tema del Sinodo 2012 dedicato alla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. In questa prospettiva, Papa Francesco invita la chiesa a camminare e seminare sempre di nuovo, sempre oltre⁶¹⁵, rispettando “la libertà inafferrabile della Parola, che è efficace a modo suo, e in forme molto diverse, tali da sfuggire spesso le nostre previsioni e rompere i nostri schemi”⁶¹⁶. Si ricorda che l’evangelizzazione è l’azione misteriosa dello Spirito e l’annuncio da parte della comunità ecclesiale è una diaconia dello Spirito, un servizio di mediazione della sua opera⁶¹⁷.

Di maniera particolare, l’Evangelii Gaudium di Papa Francesco ha una struttura che si basa su quattro punti fermi che sono: l’“annuncio”⁶¹⁸, il “vangelo”⁶¹⁹, il “mondo”⁶²⁰ e la “situazione odierna”⁶²¹. Questi sono tutti argomenti più che sufficienti per dare consistenza e vita a questo documento.

Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Francesco presenta la sua visione della missione che, dal punto di vista dottrinale, riconferma quella emersa dal Concilio Vaticano II, citando esplicitamente il riferimento a Lumen Gentium⁶²², ma implicando evidentemente anche Ad Gentes e Gaudium et Spes ad essa strettamente correlate. Il Concilio Vaticano II afferma infatti che la chiesa è per sua natura missionaria in quanto originata dalla missione del Figlio e dello Spirito, missione che nasce dall’amore del Padre⁶²³.

Da precisare che per papa Francesco, il punto di partenza di una pastorale missionaria è l’intima comunione con Gesù, personale e comunitaria, da cui nasce l’esperienza fondamentale di essere suoi discepoli-missionari, chiamati ad essere più vicini alla gente, generare ambiti di comunione viva e di partecipazione, orientati completamente alla missione⁶²⁴.

Nel magistero di papa Francesco, la missione si esplica anzitutto come “Chiesa in uscita” verso le periferie e sempre nuovi ambiti socioculturali⁶²⁵, con una attenzione particolare verso i poveri, destinatari privilegiati del vangelo⁶²⁶. È una chiesa con le porte aperte per accogliere, ascoltare, accompagnare chi è rimasto al bordo della strada⁶²⁷. Insomma, una chiesa in uscita per offrire a tutti la vita di Gesù Cristo⁶²⁸.

Leggendo il magistero di Papa Francesco, si capisce che la chiesa è spinta, dal suo compito primario ed irrinunciabile di annunciare il vangelo, a entrare in mondi sconosciuti. È già accaduto con i primi discepoli chiamati ad evangelizzare i non circoncisi e cioè i pagani, o con la grande missione ad gentes dopo il Concilio di Trento. Accade di nuovo nei tempi presenti. La chiesa cattolica è impegnata in una vasta delocalizzazione, con una crescita soprattutto in Africa, in alcune aree dell’Asia e una presenza complessivamente stabile in America Latina. Ma anche mondi che si credevano conosciuti stanno diventando sconosciuti: quello occidentale sta diventando sempre più estraneo alla chiesa.

L’esortazione apostolica Evangelii Gaudium descrive anche la prassi missionaria, usando cinque verbi: prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare⁶²⁹. Si tratta cioè di andare incontro, cercare i lontani, invitare gli esclusi. Il coinvolgimento riguarda la solidarietà con la gente, il fare causa comune, assumendo la vita umana toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo.

La chiesa in uscita è “la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”⁶³⁰. Il Papa invece ha un richiamo molto forte che collega l’uscita dalle proprie sicurezze con l’essere ferita e anche sporca della chiesa: “Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo […] preferisco una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti […] tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita”⁶³¹.

Nella Bibbia Dio appare costantemente con questo dinamismo di uscita che Egli vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova⁶³². Mosè ascoltò la chiamata di Dio: “Va’, io ti mando”⁶³³ e fece uscire il popolo verso la terra promessa⁶³⁴. A Geremia disse: “Andrai da tutti coloro a cui ti manderò”⁶³⁵. Nell’“andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della chiesa.

Si ricorda che il mondo di oggi è mediale, quindi per il successo dell’evangelizzazione vale includere l’uso dei mass media. I media sono “nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi”⁶³⁶. Da qui viene la necessità di verificare le forme di comunicazione che oggi ancora usiamo come comunità cristiana nel proporre sostanzialmente il vangelo.

CONCLUSIONE

Dal magistero di Paolo VI sull’annuncio del vangelo, i suoi successori, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, hanno sviluppato altre riflessioni per approfondire meglio il concetto dell’evangelizzazione. Nello sviluppo di questo capitolo, abbiamo mostrato che nel magistero di Paolo VI la missione della chiesa è quella di annunciare il vangelo creando allo stesso tempo le occasioni di dialogo ecumenico e interreligioso.

Nel magistero di Giovanni Paolo II, l’idea principale è quella di una nuova evangelizzazione, ma della stessa missione sin dall’epoca di Cristo e degli apostoli. Questa nuova evangelizzazione, abbiamo scritto, è uno slancio nuovo della stessa missione della chiesa di diffondere la buona notizia di salvezza e dell’amore di Dio per l’uomo.

Con Benedetto XVI, la nostra riflessione si è articolata attorno alla promozione della nuova evangelizzazione e alla cultura della fede. Il punto focale della riflessione ha consistito nel dire, con le parole del Romano Pontefice, che il mondo non crede più in Dio e che il paganesimo e l’ateismo stanno facendo danno nelle culture umane. L’atteggiamento della chiesa di fronte a queste sfide è la promozione della nuova evangelizzazione.

Con Papa Francesco, l’idea principale è quella di compiere il mandato di Cristo: “andate”, uscendo dalle nostre zone di conforto. Si tratta dunque della chiesa in uscita in un’epoca di tanti cambiamenti. L’idea di uscire per la missione nasce dal Concilio Vaticano II, e specialmente dalla Costituzione Ad Gentes ma anche dalla Gaudium et Spes.

Altri punti importanti in questo capitolo sono stati i legami stretti tra l’annuncio del vangelo e lo zelo missionario, nonché il legame con l’apertura alla missione, il dialogo ecumenico e interreligioso. Un altro legame di cui abbiamo parlato è quello tra l’annuncio del vangelo e la civiltà dell’amore e, infine, il legame con il progresso umano.

Si conclude questo capitolo accennando che l’annuncio del vangelo non tocca solo la dimensione della fede, ma anche quella sociale, dove il credente vive quotidianamente. La scomparsa della fede è causata non direttamente dalla difficoltà di credere, ma dall’assenza di una buona e salda evangelizzazione accompagnata da una testimonianza viva.

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